Fanfic su artisti musicali > 30 Seconds to Mars
Segui la storia  |       
Autore: EffieSamadhi    30/12/2013    3 recensioni
{Su YouTube è disponibile il trailer della storia: http://www.youtube.com/watch?v=diyTY0QZwSA}
Contrariamente a quanto pensa la gente, la vita di un rocker non è tutta 'sesso, droga & rock'n'roll': ci sono momenti in cui, come ogni persona normale, ci sentiamo stanchi e solitari e stufi del mondo, e se a volte ci capita di sembrare scostanti e scontrosi è solo perché vogliamo andare a casa, perché vogliamo infilarci sotto una doccia bollente o perché vogliamo spalmarci sul divano a guardare un programma trash in tv. [...] Mi chiamo Shannon Leto, ho quarantatré anni e mezzo e non vedo l'ora di andarmene a letto.
Tutti hanno bisogno di tempo per se stessi, e nessuno lo sa meglio di Shannon, che così preso dalla ricerca di un attimo di respiro si trova coinvolto in qualcosa che di privato e personale ha ben poco. Ma alla fine di tutto, Shannon si accorgerà che a volte la pace non si trova soltanto nella solitudine e nel buio, ma anche nella luce degli occhi di chi ci sta accanto.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Shannon Leto, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Direzioni ostinate e contrarie.'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Portagioie di tristezza | 1

Di nuovo, grazie a tutti per il supporto e le belle parole. Siccome siamo in periodo natalizio e non credo che un capitolo nuovo sia sufficiente come regalo di Natale, vi lascio una minuscola 'chicca' – è questo il look con il quale immagino Shannon in questa ff (perché capellone è bello!).

EffieSamadhi






Portagioie di tristezza






Capitolo ottavo
È molto divertente fare l'impossibile.1


Milano, 04 novembre 2013


    Sono quasi le undici e mezza, e sta continuando a piovere. Lascio cadere il mozzicone nel posacenere improvvisato e penso che sarebbe meglio alzarsi, fare una doccia e andare a dormire, perché qualcosa mi dice che domani le prove saranno a dir poco estenuanti. Prima, però, voglio provare ancora una volta a chiamare Daria. Seleziono il suo numero dalla rubrica e faccio partire la chiamata, convinto che la cosa si risolverà in niente, come prima. E invece, incredibilmente, dopo appena tre squilli mi arriva la sua voce, acuta e affaticata come se rientrasse da un giro di corsa attorno all'isolato. «Scusami, Shannon! Scusami, scusami, scusami! Ero a cena da mia nonna, non avevo il telefono e non ho visto le chiamate, chissà che cosa...»
    «Ehi, ehi, ferma» la interrompo, senza riuscire a fare a meno di sorridere nel sentirla parlare così rapidamente. «Non ti scusare, non l'hai fatto apposta. Divertita a cena?»
    «Sì, abbastanza. C'erano anche i miei cugini, sono ragazzi divertenti. È stato bello passare una serata insieme. Tu che hai fatto?»
    Dopo averci pensato brevemente su, decido di dire la verità. «Sono rimasto seduto sul terrazzino della mia camera a guardare la pioggia e a cazzeggiare con il cellulare. Stasera mi sei mancata.»
    «Anche tu mi sei mancato, Shannon. Certo che sei chiamate perse... avevi qualcosa di urgente da dirmi?»
    «No, volevo solo sentirti. Forse lo volevo un po' troppo. Scusa, non volevo diventare uno stalker.»
    «No, va bene. Insomma, nessuno mi ha mai cercata in maniera tanto ossessiva. A dire il vero non so bene come sentirmi.» Fa una breve pausa, ma decido di non rispondere: ho come la sensazione che stia per dire qualcosa di straordinariamente dolce o simpatico. «Insomma, una chiamata è per parlare con me, due perché hai qualcosa da dire, ma sei chiamate... o sei innamorato perso, o sei un maniaco sessuale.»
    Non riesco a fare a meno di sorridere. «Se le scelte sono queste, direi la prima.»
    Come me, anche lei sorride. «Noto con piacere che sei fedele al cliché della star, e che esageri in ogni tua considerazione.»
    So che è solo una battuta, ma d'improvviso divento serio e raddrizzo la schiena contro il muro, abbassando un po' la voce e facendo attenzione a scegliere bene le parole. «Daria, non sto tenendo fede ad un cliché. E non sto mentendo, e non è una bieca strategia per tentare di portarti a letto, e non è una presa in giro. Io sono innamorato di te, sono innamorato di te con tutta la magia che comporta, e ogni muscolo del mio corpo canta.»
    «Springsteen» la sento sussurrare. «Hai appena citato Night di Bruce Springsteen.»
    «La conosci?»
    «Naturale che la conosco. Mio padre è stato giovane negli anni ottanta. Ha tutti i suoi dischi. La mia ninna nanna è stata I'm on fire. Me la cantava tutte le sere quando mi metteva a letto.» Un'altra pausa, un altro silenzio che decido di non riempire. «Ma che fai, cerchi di conquistarmi con la musica?» mi prende dolcemente in giro.
    «Se funziona, allora sì.» Sospiro, passandomi la lingua sulle labbra. «Che stai facendo in questo momento?»
    «Stavo scegliendo i vestiti da mettere domani.»
    «Scegli i vestiti la sera prima?»
    «Scegliendo la sera, la mattina posso stare a letto dieci minuti di più. È un vantaggio da non sottovalutare.»
    «E sentiamo, che cosa ti metterai?»
    «Perché vuoi saperlo?»
    «Sono curioso. E poi sono un maniaco, l'hai detto tu. Dai, voglio sapere come sarai vestita domani.»
    «Dunque, domani metterò... un paio di jeans neri, una maglietta verde e una camicia in jeans. Poi una cintura marrone e scarpe da ginnastica. Niente di particolare, in fondo è per il lavoro.»
    «Sarai comunque bellissima, ci scommetto.»
    «Non sarò niente di speciale.»
    «Tu sei tutto di speciale, mettitelo bene in testa» la correggo, sperando si pianti nella zucca che è bella, e che questa condizione non potrà mai cambiare. «Comunque c'è un motivo se ti ho chiamata così tante volte. Volevo chiederti... anzi, volevo dirti una cosa.»
    «Allora spara, forza.»
    «Beh, ecco, io... sai che ti avevo detto che saremo impegnati fino a gennaio con le date del tour? In realtà, riuscirò ad avere un paio di giorni liberi prima di gennaio.»
    «Davvero? E quando?»
    «Questo fine settimana. Da sabato a lunedì, se vuoi, sono libero e posso venire da te.»
    «Questo fine settimana?»
    «Sì, proprio questo fine settimana. Sempre che tu non abbia altri programmi, in tal caso non...»
    «No, figurati, non ho programmi. Beh, insomma... in realtà prevedevo di iniziare con il trasloco. Mercoledì vado a firmare il contratto, e contavo di entrare in casa il prima possibile, magari già questo fine settimana. Quindi forse potrei essere presa a disfare gli scatoloni, ma... beh, niente di non rimandabile, ecco. Insomma, se decidi di venire domenica io le valigie le disfo sabato e lunedì, senza problemi.»
    «Beh, veramente io avevo in mente qualcosa di diverso.»
    «Del tipo?»
    «Del tipo che dopodomani parto per Colonia, e quindi per venire lì devo prendere un aereo, e quindi non sarebbe una visita di poche ore. Pensavo più una cosa del tipo... non so, arrivare sabato nel primo pomeriggio e ripartire lunedì verso sera. Pensavo che potrei cercare un alberghetto o un bed & breakfast, qualcosa di non troppo vistoso. Avremmo più occasioni per vederci. Insomma, non sarebbe una cosa di poche ore, come oggi.»
    Di tutte le risposte che mi aspettavo, quella che ricevo è l'unica che non avevo previsto. «Shannon, sei sicuro di volermi vedere per tre giorni di fila?»
    «Abbastanza sicuro, sì. E comunque ho già comprato il biglietto» mento.
    «Hai comprato il biglietto senza nemmeno sapere se fossi libera o meno?»
    «Scherzo, non l'ho ancora preso. Ma ci è mancato poco che lo facesse Jared al posto mio. Lui e Tomo mi hanno praticamente costretto a mostrargli una tua foto, e tutti e due hanno convenuto sul fatto che sei molto carina.»
    «Hai mostrato quella foto orrenda a tuo fratello e ad uno dei tuoi migliori amici? Sarei stata meno in imbarazzo se ne avessi fatto una gigantografia e l'avessi appesa in mezzo a Times Square.» Non riesco a non ridere, mentre lei aggiunge: «Comunque puoi venire, se la cosa ti fa piacere. Ma scordati di dormire in albergo: verrai a stare da me.»
    «Non ti posso chiedere tanto.»
    «Il bello è questo: non me lo devi chiedere.»



*



Torino, 5 novembre 2013


    La telefonata tra me e Shannon è durata poco meno di un'ora, ma è stata l'ora più intensa e appagante della mia vita: battute, risate, progetti, complimenti, sdolcinatezze – con Andrea non ho mai parlato tanto, e soprattutto non mi sono mai sentita così a mio agio. È come se Shannon mi conoscesse da sempre, come se conoscesse ogni più piccolo dettaglio di me, come se mi avesse studiata a memoria, come si fa con una poesia o con una partitura. Quando ho messo giù, il fine settimana era pianificato: arriverà sabato pomeriggio, e aspetteremo la sera facendo un giro per la città, visitando i luoghi che ieri pomeriggio non sono riuscita a mostrargli; sabato sera usciremo per una bevuta tranquilla, domenica lo porterò al museo del Cinema, e lunedì probabilmente lo porterò di nuovo in giro, consegnandolo poi ad un taxi per l'aeroporto verso sera.
    Parlare con lui mi ha resa incredibilmente felice, e ho la conferma del mio nuovo status quando, arrivando al lavoro, il capo mi accoglie con un sorriso e una battuta: «Però, qualcuno ha passato un fine settimana soddisfacente...»
    «Non iniziare anche tu, per favore. Già ieri sera ho dovuto sopportare un terzo grado da manuale. Sono soltanto stata ad un concerto, niente di più. Mi sono divertita, ma non c'è altro da raccontare.»
    «Sarà» risponde Marco, seguendomi con lo sguardo mentre raggiungo il retro per lasciare giubbotto e borsa. «Visto che sei arrivata, io ne approfitto per uscire un attimo.»
    «Non dovevi andare dal commercialista, stamattina?»
    «Alle otto, ma ho dovuto chiamare per farmi spostare l'appuntamento perché non potevo lasciare il negozio scoperto.»
    «E Carlotta?» domando, rendendomi conto soltanto in questo momento che sono le nove, e che la mia collega doveva essere qui un'ora fa.
    «Mi ha telefonato alle sette e mezza dicendomi che la bambina è raffreddata e che doveva stare a casa per badare a lei» risponde, un po' scocciato. Carlotta è una ragazza madre, quindi deve affrontare un buon numero di difficoltà, ma siamo entrambi concordi nel pensare che spesso e volentieri approfitta del buon cuore delle persone per fare i propri comodi e faticare il meno possibile. «Comunque non ti preoccupare, non c'è il caso che tu faccia gli straordinari. Mi posso fermare io fino alla chiusura.»
    Mentre esce, chiudendosi alle spalle la porta cigolante, io inizio con le mie solite routine: andare in giro a controllare che i libri siano in ordine, che non ci siano buchi tra le file di volumi allineati sugli scaffali, che l'ambiente sia pulito e accogliente. Marco mi ha assunta cinque anni fa, poco dopo il mio diciottesimo compleanno, dapprima part-time e in seguito a tempo pieno, e da allora non sono mai riuscita ad immaginare di lavorare in un luogo diverso. Adoro i libri, la letteratura ha sempre fatto parte della mia vita, e mi ritengo estremamente fortunata per il fatto di aver trovato un lavoro che mi permette di unire l'utile al dilettevole. Per non parlare di Marco, che è davvero un capo straordinario: nonostante abbia ormai compiuto quarant'anni, è un uomo moderno e attento alle nuove tendenze, uno che conosce i gusti e le idee dei giovani e che sa parlare con gli adolescenti senza sembrare un vecchio marmittone. È un bel tipo, insomma, anche se la maggior parte delle clienti donne sceglie il suo negozio principalmente a causa del suo aspetto a dir poco incredibile – un po' com'è successo a Jared e Shannon, per lui il tempo sembra essersi fermato nei dintorni dei trent'anni, rendendolo decisamente appetibile agli occhi di un buon numero di acquirenti.
    Sono le nove e mezza quando la porta si apre, rivelando la figura decisamente irritata di Alice. «Belle amiche che siamo!» esordisce, senza preoccuparsi di regolare il tono della voce. Per fortuna il negozio è vuoto. «Mi scrivi alle undici e mezza di sera per dirmi che hai passato il pomeriggio con Shannon Leto e che sei appena stata al telefono con lui per un'ora e poi mi lasci lì appesa senza dettagli? Ti odio, dovrei andarmene e cancellarti dalla mia vita.» Sto per rispondere, ma aggiunge: «Però poi non avrei più occasione di sapere com'è andata, quindi parla. Posso farti uscire dalla mia vita anche più tardi.» Si accomoda su una delle poltroncine messe a disposizione dei clienti e ascolta con attenzione il mio resoconto, mentre io vado in giro rifornendo alcuni scaffali. Quando termino il racconto mi squadra con attenzione, stringendo gli occhi fino a ridurli a due fessure, e con voce bassa sussurra: «Mi stai dicendo che per un intero minuto sei stata sdraiata sotto Shannon Leto?»
    «Sinceramente speravo che fosse stato qualche altro dettaglio a colpirti, ad esempio che...»
    «Oh, taci» mi zittisce. «Ho sentito tutto, non mi sono persa nemmeno un dettaglio. È solo che fa un certo effetto immaginare uno come lui... sai, no? E se fa effetto da vestito, immaginatelo un po' nudo!»
    «Non è qualcosa a cui ho voglia di pensare in questo momento.»
    «Beh, ma ci dovrai pensare prima o poi. O pensi di trascorrere il fine settimana giocando a briscola?» mi domanda con un sorrisino di cui ben conosco il significato. «Al massimo, potreste fare una partita di strip-briscola.»
    «Non ho intenzione di sfilarmi le mutande questo fine settimana. E se quello è il suo unico scopo, allora può anche rimanersene a Colonia.»
    «Daria...» sussurra Alice, costringendomi a voltarmi verso di lei. «So che probabilmente non vorrai sentirtelo dire, ma non credo venga qui solo per sfilarti le mutande. Perché spendere una fortuna per venire da te quando potrebbe strappare le mutande a mezza Colonia senza spendere un centesimo?» In effetti, il ragionamento fila – o meglio, filerebbe se io fossi una ragazza sicura di sé e se fossi seriamente convinta dei sentimenti di Shannon nei miei confronti. «Nel dubbio, comunque, io farei una bella ceretta. Non si sa mai.»
    «Alice, non ho intenzione di andare a letto con lui questo fine settimana. Anzi, non ho intenzione di andare a letto con nessuno questo fine settimana.»
    «Daria, da quant'è che non ti vedi con un ragazzo? Due anni, più o meno?»
    «Sono uscita con dei ragazzi dopo Andrea.»
    «Sei uscita due volte con quell'amico di mio fratello e una volta con mio fratello, non lo chiamerei uscire con dei ragazzi» mi corregge. «E comunque non parlavo di uscire e basta, parlavo di... hai capito, no? Io dico che due anni di astinenza sono un po' troppi, anche se seguono una rottura abbastanza dolorosa. Insomma, so che hai sofferto un sacco quando è finita con Andrea, anche se io ti avevo avvisata che era un idiota, ma... andiamo, è ora di ricominciare! E guarda il lato positivo: hai la possibilità di ricominciare con uno che definisce affascinante è dir poco! Ti ricordo che c'è chi pagherebbe, per andare con uno come lui.»
    «Alice, no. Non interromperò due anni di castità andando a letto con uno di cui dicono che... insomma, con uno che soprannominano 'animale'. Sarebbe già una cosa traumatica di per sé, immagina con uno con la sua fama! E poi vuoi mettere l'imbarazzo? Conosco sì e no cinque posizioni e ne so replicare a malapena tre, mentre lui probabilmente conosce a memoria il libro del Kamasutra, e...»
    «Noto con piacere che non hai ancora smesso di farti seghe mentali!» mi blocca lei in tono fintamente entusiasta. «Senti, non è che ti puoi prendere una pausa e venire a prendere un caffè? Così studiamo un piano d'attacco: devi comprarti qualcosa di carino, depilarti, e...»
    «Oggi Carlotta non viene al lavoro e Marco è andato dal commercialista. Sono sola, non mi posso allontanare.»
    «Proposta bocciata, ho capito. Domanda: ma la tua collega ogni tanto si degna di presentarsi in negozio, o è solo una muta voce sul libro paga?» Alice non ha mai potuto soffrire Carlotta, e per quanto ne so il sentimento è reciproco.
    «Ha una bambina piccola, è normale che se ne prenda cura quando sta male» rispondo. Nonostante come Alice e Marco disprezzi il suo comportamento, non posso fare a meno di difenderla quando qualcuno ne parla male: credo sia un'assurda reazione del mio cervello, come l'inconscio desiderio di essere a mia volta difesa se mai mi capitasse di trovarmi in una simile situazione.
    «Balle» ribatte Alice senza mezzi termini. «Tuo padre è un genitore single e ne ha tirati su tre, non mi sembra abbia fatto un lavoro così pessimo. E non cercare di vendermi la balla che tuo padre ha avuto il supporto dei tuoi zii e dei tuoi nonni, perché non me la bevo. Ce li aveva anche lei dei genitori in grado di aiutarla, solo che ha mandato tutto a quel paese per...»
    «Alice, per favore, la smettiamo di parlare di Carlotta? La settimana per me è iniziata piuttosto bene, non mi va di rovinarmela il primo giorno di lavoro.»
    «Ok, cambiamo discorso. Dicevi che Shannon ha mostrato la tua foto a suo fratello e che lui ti ha trovata carina?»
    «Possiamo portare il discorso su qualcosa che non riguardi me o Shannon?»
    «Assolutamente no, è la notizia del secolo. Quando mai ad una delle mie migliori amiche capiterà di stregare un batterista di fama mondiale?» Alzo gli occhi al cielo e faccio per allontanarmi, ma all'improvviso Alice mi trattiene per un braccio, fissando un punto sulla mia maglietta. «Daria, dov'è la tua collana?»
    «Quale collana?»
    «Come sarebbe a dire 'quale collana'? Quella con il bullone, quella che non ti togli da più di dieci anni. Non dirmi che l'hai persa!»
    «Oh, quella. No, non l'ho persa. L'ho data a Shannon» spiego, ricordandomi di non averle raccontato dello scambio fatto poco prima della partenza del treno.
    «Come sarebbe a dire che l'hai data a Shannon?»
    «Poco prima che il treno partisse lui mi ha dato il suo libro e mi ha chiesto di tenerlo fino alla prossima volta che ci vedremo. E allora... non lo so, non so cosa mi sia scattato in testa... mi sono sfilata la collana e gliel'ho messa al collo. Lui mi ha affidato una cosa importante, e io ho affidato a lui una cosa altrettanto importante.»
    «Quindi sei stata pronta a dargli una collana da cui non ti separi nemmeno quando fai il bagno... e non saresti pronta a dargli altro?» mi canzona lei. «Sei un essere troppo complicato da capire. Tra l'altro non mi hai mai spiegato il perché di quel bullone. Insomma, ha un significato o...»
    «No, nessun significato. Lo trovo solo bello da vedere.» In realtà un significato c'è, ma in questo momento non ho voglia di spiegarlo. Per fortuna a salvarmi da nuove domande arriva Marco, che apre la porta appoggiandocisi con una spalla ed entra reggendo due bicchieroni fumanti. «Andata bene dal commercialista?» gli domando mentre richiude la porta.
    «Sì, tutto a posto... oh, Alice, ciao! Se avessi saputo che eri qui avrei preso qualcosa anche per te.»
    «Non ti preoccupare, sono solo passata a fare un saluto. In realtà devo andare a lezione, sono quasi in ritardo. Beh, buon lavoro e a presto. Ah, Daria, allora ci vediamo oggi alle quattro, va bene?»
    «Certo, ti passo a prendere io» rispondo, confermando l'appuntamento che avevamo stabilito già ieri sera via sms. Alice esce e Marco mi porge uno dei bicchieri. «Cappuccino bollente con doppio caffè» sospiro, scoperchiando la tazza e annusando il profumo della bevanda. «Non dovresti viziarmi così, lo sai?»
    «Non sono vizi, ma premi. Ti ho mai detto che sei la migliore commessa che abbia mai avuto?» L'entrata di un cliente mi impedisce di rispondergli.

    Esco dal lavoro alle quattro del pomeriggio, e invece di andare dritta a casa faccio una deviazione per passare davanti a Palazzo Nuovo, dove ho appuntamento con Alice: finite le lezioni verrà a casa mia per aiutarmi ad iniziare ad imballare le mie cose. L'aver deciso di passare il fine settimana con Shannon sconvolge lievemente i miei piani: se prima non avevo urgenza di sistemarmi nella nuova casa, ora so di dover per forza sistemare tutto entro sabato, a meno di non volerlo far dormire su una pila di scatoloni e valigie gonfie di roba. Mentre aspetto Alice al fondo delle gradinate, non riesco a non guardarmi attorno con un minimo di tristezza: quattro anni fa avrei potuto compiere una scelta diversa e accettare l'aiuto di mio padre, iscrivermi all'università e vivere un'esperienza che tutti descrivono come indimenticabile... però poi ci penso in maniera razionale, e mi viene in mente che, se non avessi cercato subito lavoro, non avrei avuto soldi da sperperare in cose non necessarie come i concerti, e dunque non avrei avuto l'occasione di incontrare Shannon – o forse sarebbe comunque andata così, ma non ne sono sicura.
    «Ehi, eccoti!» mi saluta Alice dopo essersi separata da un gruppetto di compagne di corso. «Senti, visto che sono una persona buona e generosa e vengo ad aiutarti con il trasloco, vero che mi prepari la tua leggendaria cioccolata calda?»
    «Se ti comporterai bene, può darsi.»
    «Sai cosa stavo pensando stamattina, dopo essere uscita dal negozio?»
    «No, e ad essere sincera ho paura di chiedertelo.»
    «Pensavo» riprende mentre scioglie sulle spalle i lunghi capelli biondi finora racchiusi in un nodo stretto, «pensavo che se anche ti andasse male con Shannon, potresti puntare su Marco.»
    Mi volto verso di lei strabuzzando gli occhi. «Alice, ma che cazzo stai dicendo?» Non sono una che dice molte parolacce, ma... quando ci vuole, ci vuole. «Marco è il mio capo, e potrebbe quasi essere mio padre.»
    «Oh, perché Shannon invece veniva a scuola con noi» ribatte in tono canzonatorio. Touchée. In effetti, non era una buona obiezione. «Per carità, sono assolutamente pro-Shannon» riprende, infilandosi le mani in tasca, «ma se per qualche ragione dovesse andare male, io dico che Marco potrebbe essere un possibile obiettivo.»
    «E sentiamo, su quali basi poggia la tua teoria?»
    «Oh, mi baso semplicemente sul fatto che ti mangia con gli occhi ogni volta che ti vede. Esce per una commissione e torna con il cappuccino bollente con doppio caffè che ti piace tanto. E ti copre di complimenti. E non dimentichiamoci che per lui sei 'la migliore commessa che abbia mai avuto'» conclude, tentando di scimmiottare il modo in cui lo dice lui. «Non vorrei sbagliarmi, ma credo che ti abbia immaginata senza vestiti più di una volta.»
    «Alice, mi spieghi perché con te ogni discorso deve finire sul piano del sesso? Marco è il mio capo e mi stima dal punto di vista professionale, ma sono più che sicura che non abbia intenzione di portarmi a letto.» In realtà, la teoria di Alice non è del tutto campata per aria: nel corso di questi cinque anni parecchie volte mi è venuto il dubbio che Marco potesse essere interessato a me in un modo che esulava dalla sfera professionale, ma mai... insomma, non lo avrei mai detto ad alta voce. E invece Alice, come al solito, ha trovato il coraggio di dare una forma ai miei pensieri – e un po' sto male al pensiero che Marco potrebbe essere innamorato di me, mentre io sono totalmente, follemente, completamente presa da una star.
    «Ti sei appena resa conto che ho ragione, vero?» mi sento dire. «Ti si legge in faccia.»
    «Io ti odio, lo sai?»
    «Ah, sì? E sentiamo, perché mi odi?»
    Mi volto appena verso di lei, senza riuscire a trattenere un sorriso. «Perché tu mi costringi a guardare in faccia la realtà.»

    Appena arrivata a casa, mi sono messa sotto a preparare la cioccolata calda: a me non sembra di preparare qualcosa di incredibilmente ricercato, ma Alice dice sempre che mi riesce in maniera speciale. Mentre lei cerca tazze e biscotti, iniziamo a fare piani per organizzare il trasloco nel nuovo appartamento. Poi, ricordandomi che a quest'ora mia nonna è in casa da sola, spedisco Alice dall'altra parte del pianerottolo per invitarla da noi. E così, alle quattro e mezza di un tiepido pomeriggio di inizio novembre, me ne sto seduta attorno al tavolo della cucina insieme a mia nonna e alla mia migliore amica, impegnata a fare salotto come la comare più navigata del mondo.
    Mia nonna ha sempre avuto simpatia per Alice, sin dalla prima volta che è stata ospite a casa nostra: l'ha sempre considerata come una nipote, al punto da invitarla per ogni festa o ricorrenza possibile; viceversa, Alice l'ha sempre adorata, anche perché lei ha perso entrambe le nonne quand'era molto piccola. Inoltre, nonostante l'età – compirà ottant'anni in aprile – mia nonna rappresenta una compagnia molto piacevole, così come i miei fratelli e i miei cugini rappresentano una compagnia divertente; nonna è una donna incline alla risata, una donna moderna, una che si è saputa adattare ai cambiamenti del mondo e che li sa accettare, nonostante sappia anche essere molto critica nei confronti delle cose che non la aggradano. Sotto questo punto di vista, anche lei è stata una buona guida negli anni più bui della mia vita, anche se ci sono questioni – ad esempio quelle riguardanti il sesso – di cui ho sempre discusso soltanto con zia Beatrice.
    Stiamo ridendo per qualche cavolata, quando Alice se ne esce con un: «Che ne pensi della differenza d'età in una coppia, Caterina?» L'impulso di allungarle un calcio è forte, ma in qualche modo riesco a dominare l'istinto omicida.
    «Oh, beh, di certo non la condanno. Mio marito era più vecchio di me di dieci anni, e non ci sono mai stati problemi. Siamo stati felici, abbiamo avuto una bella famiglia... certo, erano altri tempi, ma credo che in fondo le cose non cambino mai davvero.» Alza gli occhi e ci guarda entrambe con attenzione. «Immagino che il problema sia tuo» aggiunge, rivolgendosi a me, «a meno che tra te e Federico non sia finita» conclude, tornando a rivolgersi ad Alice.
    «No, tra me e Fede va tutto bene, ci siamo visti sabato al concerto» risponde lei. «In effetti il problema è di Daria. Sempre che di problema si voglia parlare.» Sento che il mio sguardo si sta affilando: potrei ucciderla con il cucchiaino che tengo in mano. «Scusa, Daria, ma con qualcuno ne devi parlare.»
    «Cos'è successo?» mi interroga mia nonna, rivolgendomi tutta la sua attenzione.
    «Niente, nonna, non è successo niente. È Alice che si fa idee strane.»
    «Beatrice ieri sera mi ha detto che hai conosciuto un americano, ma avevo capito che fosse uno studente, che avesse più o meno la tua età.»
    Mi copro gli occhi con una mano, chiedendomi dove andrà a finire questa conversazione, mentre Alice si incarica di spiegare la situazione – e, soprattutto, si assicura il riserbo di mia nonna. «Beh, la verità è che Daria non ha incontrato uno studente. È una piccola bugia che ha inventato per non incuriosire troppo Francesca. Solo che poi Francesca ne ha parlato, e quindi è venuta fuori una storia... Caterina, se noi ti diciamo la verità, puoi prometterci che non ne farai parola con nessuno?»
    «Se non è successo niente di grave...»
    «Ma no, ma che doveva succedere? No, è solo che al concerto Daria non ha conosciuto uno studente. Ha incontrato uno dei musicisti della band che siamo andate a sentire.»
    «Miseria ladra!» esclama mia nonna, sorprendendoci entrambe. «Beh, capisco che non sia una cosa che vai a strombazzare ai quattro venti... ma dite un po', ce l'avete una foto da farmi vedere?» Alice mi rivolge un'occhiata molto eloquente, e senza nemmeno sforzarmi di protestare tiro fuori il cellulare, cercando lo scatto che Shannon mi ha spedito ieri sera. «Insomma, potremmo dire che la mia nipotina ha accalappiato un bel... cosa suona, scusate?»
    «La batteria» rispondo, sentendomi molto in imbarazzo. «Suona la batteria.»
    «Insomma, mia nipote ha accalappiato un bel batterista.»
    «Nonna, non ho accalappiato nessuno. Ci siamo incontrati e ci siamo messi a parlare, tutto qui.»
    «Raccontala a qualcuno che ci crede... ma qui siete in piazza San Carlo o sbaglio? Non hai detto che l'hai incontrato sabato sera a Milano?»
    «Lui è venuto qui, ieri» risponde Alice con un sorriso enorme. «Sono stati insieme tutto il pomeriggio. L'ha persino accompagnata a vedere degli appartamenti.»
    «Un appartamento, in realtà, ma solo perché era un'occasione che non potevo lasciarmi sfuggire.»
    Mia nonna mi guarda sorpresa. «Hai trovato un appartamento?»
    Alzo gli occhi al cielo, sospirando, preparandomi a raccontare di nuovo la storia dal principio.

    «Per favore, mi spieghi di nuovo che bisogno c'era di raccontare a mia nonna di Shannon?» chiedo più tardi ad Alice, mentre mi aiuta a sigillare alcuni scatoloni pieni di libri. «E per fortuna abbiamo lasciato perdere il discorso dell'età! Come glielo spiegavo che potrebbe essere mio padre?»
    «Tua nonna è una persona intelligente e conosce bene il mondo» risponde lei, schiacciando le alette della scatola per permettermi di fissare bene lo scotch. «E, cosa più importante, non è una persona abituata a giudicare le altre. Dice la sua, questo sì, ma non sputa sentenze. È una differenza importante.»
    «Continuo a non capire lo scopo della rivelazione.»
    «Beh, lo scopo della rivelazione è che tua nonna è palesemente dalla tua parte, in questo momento. Shannon le piace, lo reputa un bell'uomo, e il fatto che sia un musicista non la disturba. Ha sentito il racconto di come vi siete conosciuti e ha apprezzato molto la sua decisione di stravolgere i propri impegni per venire qui a passare un pomeriggio con te. In sostanza, le piace l'idea di te e Shannon insieme.»
    «Sì, e allora?» Non riesco a capire dove voglia arrivare, e ad essere sincera non ho nemmeno voglia di lambiccarmi il cervello per arrivare alla soluzione dell'enigma.
    «E allora sarà pronta a prendere le tue difese quando sarai costretta a presentarlo in famiglia e tuo padre ti dirà che non va bene per te. Se non sbaglio, tua nonna ha ancora una certa influenza su tuo padre.»
    «Beh, sì, ma... ehi, frena un po'. Io non ho intenzione di presentare nessuno a nessuno, almeno per un bel po' di tempo. Tu voli troppo con la fantasia, a volte.»
    «E tu invece non lo fai mai. Prova a lasciarti andare, ogni tanto. È divertente.»
    Evito il suo sguardo ed evito di risponderle: la verità è che sono dovuta crescere in fretta, forse troppo, e ho saltato a piè pari quella parte della vita in cui si riesce a sognare l'impossibile.



1È molto divertente fare l'impossibile. | Il titolo del capitolo è ispirato ad una frase pronunciata dal celebre Walt Disney.

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > 30 Seconds to Mars / Vai alla pagina dell'autore: EffieSamadhi