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Autore: kk549210    30/12/2013    6 recensioni
Un giardino di rose. Un incontro ben noto, con qualcosa di inaspettato...
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harmon 'Harm' Rabb, Sarah 'Mac' MacKenzie
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Amare è per sempre'
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Nella sala mensa ufficiali della Coral Sea, Mac aveva appena terminato di interrogare il tenente Edmond.
- Il colloquio è finito, tenente. Può andare!
- Con rispetto parlando, signora, lei mi sembra ostile.
- Non c’è niente di personale.
- A me non sembra. Ma come faccio a difendermi da queste accuse che lei muove contro di me?
- Questa è una domanda che deve fare al suo avvocato.
- E il suo avvocato le risponde che cercherà tutte le prove esistenti per scagionarla, tenente – disse  Harm, quasi comparendo dal nulla.
Mac rimase interdetta, senza saper proprio dove guardare. Aveva sperato con tutte le sue energie mentali che Chegwidden mandasse Bud, o Mattoni. O qualsiasi altro ufficiale del JAG, ma non Harm, che la travolse subito con la sua irrefrenabile e sicura parlantina. Quell’uomo era sempre il migliore.
- Mac, l’F-14 che ha subito l’incidente era già molto usurato e aveva affrontato una serie di appontaggi molto duri.  La responsabilità dell’accaduto può essere attribuita non a errore umano, ma a guasto tecnico. Danni strutturali al velivolo. O difetti acquisiti dalla strumentazione di bordo proprio per il prolungato uso dell’apparecchio in condizioni limite. Pertanto, prima di procedere contro il mio cliente, bisogna avere in mano solidi elementi accusatori.
Mac era parecchio contrariata di essere messa così alle strette. Si sentiva già sconfitta in partenza. Soprattutto dopo che l’ammiraglio aveva inviato proprio lui, un pilota, ad indagare su un incidente di volo.
- E da dove ti viene tanta sicurezza, Harm? – meglio rispondergli con il “tu”, visto che anche lui l’aveva usato. Aveva fatto proprio come se niente fosse. Tipico degli uomini.
- Dalla lettura del rapporto tecnico – asserì lui, mostrando un fascicolo – e dalle registrazioni delle attività di ponte. Riuscirò comunque ad avere dati più precisi e accurati nel corso delle indagini. Sono qui proprio per questo. Sempre che tu me lo lasci fare. Per quanto riguarda la colpevolezza del mio cliente, sarai tu a dover provare che io sono in errore.
Edmond li guardò stupito. Aveva la netta impressione che tra quei due non corresse affatto buon sangue.
- Buona fortuna – fece lei congedandosi. Ne aveva avuto già abbastanza. 
 
 


Più tardi, Mac stava lavorando al computer nella sua cabina.
- Posso entrare? – chiese Harm affacciandosi sulla porta lasciata aperta.
Mac si girò e lo guardò con una espressione a metà tra l’offeso e il disperato.
-Ci mancherebbe.
L’aria le sembrava mancare, con quell’essere gigantesco piazzato dentro quello spazio così angusto. Lo osservò con maggiore attenzione. Prima era stata distratta dal caso. Sembrava molto diverso dall’Harm che conosceva e che, accidenti a lei, le aveva fatto perdere la testa quasi tre anni prima. Appariva smagrito, con il viso segnato dalla stanchezza e gli occhi spenti. Si era anche fatto crescere i capelli in uno strano ciuffo che gli ricadeva sulla fronte. Un omaggio alla memoria di Livia, che proprio di quel ciuffo ribelle si era innamorata.
- Mac, dobbiamo parlare – esordì lui con tono pacato.
- Certo, sei tanto bravo in questo. Me l’hai dimostrato poco meno di due ore fa in sala mensa. Mi hai praticamente fatto fare la figura dell’avvocatina alla sua prima causa. E ora non ho bisogno di ripetizioni private a domicilio – ribatté lei con una massiccia dose di veleno. Avrebbe voluto iniettargli in corpo tutto quello che aveva accumulato in quei mesi.
- Mac, – ripeté lui con dolcezza – non sono qui per il caso. Dobbiamo chiarire le cose tra noi. Pensavo che avresti richiamato, almeno una volta. Sei mesi sono lunghi. Perché sei scappata in quel modo?
.- Mi vuoi parlare solo perché ti senti in colpa! – Mac alzò il tono.
- Perché mi vuoi aggredire? Dai, Mac. Si può parlare civilmente… – fece lui, cercando di mantenere la calma. Doveva controllarsi il più possibile. Uno sbalzo d’umore eccessivo avrebbe potuto mandare in fumo mesi interi di terapia. “Sì,  mi sono sentito in colpa, per tanto tempo. Ma in quel letto non c’ero solo io”.
- E tu, perché ti sei approfittato di me?
“Non sono mai stato né uno stupratore né uno che costringe le donne… e tu non sei certo una ragazzina inesperta…” pensò lui.
- Non mi sembra che le cose siano andate così. Ognuno di noi ha la sua parte di responsabilità. Io ammetto di avere sbagliato, e ti chiedo scusa se ti ho ferito…
- Le lacrime del coccodrillo. Prima azzanna la preda, si pente – Mac era sempre più stizzita.
“Chi ha azzannato chi? Appena Livia è morta, hai usato la tua amicizia per infilarti nel mio letto” Harm si pentì di aver fatto un pensiero così limpido, ma così brutalmente vero.
- Mac, arrabbiandoci peggioriamo solo la situazione. Mi dispiace che tu ne soffra ancora. Non avrei mai voluto farti del male, soprattutto in questo modo… ti chiedo perdono. Visto che il passato non si può cancellare…
Almeno non aveva condito il suo bel discorso –“Da prete o da strizzacervelli?”- con quel suo solito sorriso a trentadue denti. Sarebbe stato davvero insopportabile. Mac si sentì mancare l’aria. Uscì dalla cabina senza dire una parola.
Harm rimase per un po’ in piedi a pensare. Lui ce l’aveva messa tutta. Ora stava a Mac fare la sua parte. Forse il tempo avrebbe aggiustato le cose. In quel momento, lui non aveva energie da sprecare per cercare di comunicare con una persona che gli sbatteva in faccia la porta. Doveva prima di tutto finire di mettere a posto la sua vita. Lo doveva a se stesso. A sua figlia e alle persone che gli volevano veramente bene. Uscì fuori. Il caposquadra aerea gli aveva garantito di fargli fare un paio di appontaggi prima di cena. Così avrebbe potuto tenere aggiornato il suo stato di volo. In fondo, Chegwidden non gli aveva fatto un dispetto a mandarlo lì. Nessun dispetto, ne era certo.    
  
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