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Autore: CowgirlSara    30/12/2013    7 recensioni
Holmes, da dietro il quotidiano, percepisce un profumo che il suo naso registra – inaspettatamente – come invitante. Non può negare a se stesso che si è alzato con un certo appetito. Non gli capita spesso, ma deve ammettere che la scorsa notte non è stata esattamente ordinaria.
Abbassa lentamente il giornale e fissa incuriosito il piatto davanti a se, poi alza gli occhi su un compiaciuto John, già intento a mangiare.
“Che cos’è?” Domanda Sherlock con tono sospettoso.
“Colazione di Natale.” Risponde tranquillo Watson.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Your love is like a soldier, loyal till you die'
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Christmas Morning
Idea nata la notte di Natale, che ho scritto nel minor tempo possibile – sennò andavo fuori periodo festivo!

Non so, era un po’ che mancavo dal fandom, forse ci ho un po’ perso la mano, perché il finale non mi convince. Ma il giustizio sta a voi! Aspetto commenti!

Buona lettura e buon anno nuovo!
Sara



- Christmas Morning -


John si ferma sulla soglia della cucina e si concede un momento per osservare il soggiorno.


Le luci di Natale sono appese in modo disordinato lungo il bordo del caminetto, l’albero – nell’angolo vicino alla libreria – pende un po’ di lato. È una stanza piena, di oggetti, di colori, di calore… di vita.

Fuori c’è il sole, strano per essere un giorno d’inverno, ma John se ne rallegra, soprattutto per il modo in cui la luce colpisce i capelli di Sherlock.

Lui è seduto dal suo lato del tavolo, indossa la vestaglia, tiene le gambe accavallate ed il giornale alto, davanti al viso.

John sorride. Perché è Natale. Perché entrambi sono vivi. Perché ha fame e la colazione è pronta. Perché è ancora a Baker Street. Con lui.

Si avvicina al tavolo e posa con leggerezza il piatto davanti a Sherlock.

***

Holmes, da dietro il quotidiano, percepisce un profumo che il suo naso registra – inaspettatamente – come invitante. Non può negare a se stesso che si è alzato con un certo appetito. Non gli capita spesso, ma deve ammettere che la scorsa notte non è stata esattamente ordinaria.

Abbassa lentamente il giornale e fissa incuriosito il piatto davanti a se, poi alza gli occhi su un compiaciuto John, già intento a mangiare.

“Che cos’è?” Domanda Sherlock con tono sospettoso.

“Colazione di Natale.” Risponde tranquillo Watson.

“Intendo materialmente.”

“Brioche salata tostata con salmone e uova strapazzate.” Descrive l’altro con una serenità imperturbabile.

Sherlock guarda di nuovo il piatto e ancora John.

“Perché?” Chiede quindi.

Il dottore fa il primo sospiro rassegnato della giornata, posa le pagine sportive che Sherlock gli ha lasciato dal suo lato del tavolo e che stava sbirciando fino ad un attimo prima. Alza gli occhi e guarda l’altro, mentre racimola la pazienza.

“È la mattina di Natale, non posso farti una colazione speciale per Natale?” Domanda retorico. “E adesso smetti di dedurre qualsiasi cosa tu stia deducendo e mangia.” Aggiunge, alzando appena la voce.

Sherlock fa una smorfia enigmatica, poi piega rumorosamente la sua parte di quotidiano e prende la forchetta.

***

La colazione speciale di John è buonissima, probabilmente la cosa più buona che abbia mangiato da molto tempo. Non che faccia molto caso a quello che mangia, di solito. Il cibo serve soltanto a mantenere attivo il corpo e soprattutto il cervello. Apprezzarne le qualità organolettiche non rientra nei suoi interessi.

Ma non è la prima volta che Sherlock si accorge della premura, della cura che John mette nei piatti che cucina per lui.

Pulisce il piatto dai residui di uova con l’ultimo pezzo di brioche e poi lo mastica lentamente, fissando il dottore.

“È per stanotte?” Domanda inaspettatamente il consulente.

John alza il viso di scatto, arrossisce appena, si guarda intorno per un veloce attimo, poi torna su di lui.

“Non c’entra niente, è solo una colazione di Natale, accidenti!” Sbotta quindi.

Sherlock solleva le sopracciglia e si scosta appena dalla tavola, in apparenza sorpreso dalla sua reazione, ma poi sorride storto e riprende il giornale.

***

Minuti di strano silenzio si susseguono nel soggiorno. John legge notizie di calciomercato e nemmeno capisce i nomi delle squadre. Sherlock sembra assorto sulle pagine di cronaca.

C’è talmente tanta calma che un clacson improvviso per strada fa quasi sobbalzare il dottore.

“È stato - in un modo che sto ancora cercando di classificare - interessante.” Dice Sherlock all’improvviso.

“Cosa?” Replica confuso John.

“Stanotte.”

“Stanotte…”

“È stato una sorta di… regalo di Natale?”

“Io… temo di non averci pensato…”

“Perché sai bene cosa penso di questo tipo di convenzioni sociali.”

“Se anche fosse stato un regalo di Natale, potresti ritenerlo almeno un po’ originale, no?”

“Più che altro, inaspettato.”

Il silenzio è pesante, anche se più breve del precedente. Non si guardano: Sherlock non ha alzato gli occhi dal quotidiano, John fissa le stoviglie sporche sulla tavola, gratta con l’unghia un graffio sul legno.

“Non so perché l’ho fatto.” Afferma il dottore, sempre ad occhi bassi. “Ho dato la colpa al ponch alla birra di Mrs. Hudson…”

“Non eri ubriaco, John.” Precisa impassibile Sherlock.

“Sì, grazie di avermelo ricordato…” Mugugna lui, scrollando il capo.

“Anzi, sembravi piuttosto lucido e consapevole.” Rincara il consulente.

“Ehrr…” Rantola l’altro.

“Sei pentito?”

John alza il viso e si ritrova fissato dagli occhi di Sherlock, trasparenti e taglienti come sempre, ma ci vede dentro una qualche incertezza, un’insicurezza che il dottore non capisce.

“Sherlock, io…”

“Perché il tuo comportamento di stanotte ha palesemente contraddetto tutte le tue precedenti dichiarazioni e non devo essere io a ricordarti quante volte hai affermato che quella non era decisamente la tua area.” Sottolinea l’altro interrompendolo.

“A quanto ne so, non era nemmeno la tua, eppure sembravi molto partecipe…” Controbatte acido il dottore.

“Sono il primo a stupirsene.” Dichiara lui, incrociando le mani sul piano del tavolo.

“Io, Sherlock… davvero non so cosa mi sia preso…” Holmes fa per ribattere ma una mano alzata di John glielo impedisce. “L’ultimo anno è stato… intenso: il tuo ritorno, tutto quello che è successo con Mary, la mia vita è stata completamente stravolta. Di nuovo.”

Sherlock lo fissa, lo studia, un’espressione impenetrabile sul viso.

“Tu sei come una molecola impazzita che provoca reazioni imprevedibili.” Aggiunge serio il dottore.

E la metafora chimica è voluta.

“Quindi, le tue azioni di stanotte sono conseguenti a reazioni imprevedibili causate da… dalla mia esistenza.” Commenta Sherlock.

“Detto così, sembra che la tua esistenza mi faccia del male e… e non è così!” Protesta John.

No, non è così. Perché Sherlock è sì una molecola impazzita, ma la vita di John senza di lui sarebbe come un liquido fermo, senza alcuna utilità. Indagare con lui, vivere con lui, aver cura di lui, è ciò che rende la vita di John degna di essere vissuta. In nessun altro modo avrebbe senso.

Non ha avuto senso, negli anni in cui Sherlock è mancato. E nemmeno l’ha trovato quando John s’è deciso ad andare avanti, non con Mary.

Solo lì, a Baker Street, con l’insopportabile, misantropo, sociopatico, geniale Sherlock Holmes, John Watson si sente veramente vivo.

E allora, forse, quello che è successo la notte prima non è altro che l’inevitabile apice di tutto questo.

L’assurda notte di Natale appena trascorsa.
 
“Devo, quindi, presumere che si sia trattato di un evento irripetibile?” Domanda Sherlock, riportando John alla realtà.

Lo guarda, i suoi occhi sembrano un po’ delusi.

“Sherlock…” Mormora rammaricato.

John vorrebbe dire che il suo gesto è stato impulsivo e che, sì, non succederà più. Ma la realtà è che ci ha pensato per molto tempo.

Vorrebbe dire ancora che è stata colpa del ponch. Ma il ponch non c’entra niente col sovraccarico di sentimenti che si porta dietro dal ritorno di Sherlock.

Ha messo in conto di essere respinto. Ha messo in conto di restare deluso. Quello che non aveva previsto era la fiduciosa, silenziosa, resa di Sherlock. È stato come se se lo aspettasse e gli si consegnasse con un abbandono inevitabile. Così vulnerabile, così bianco. Così suo.

Ora, cosa può dirgli?

Mrs. Hudson passa alle loro spalle, diretta in camera di Sherlock con un cesto di biancheria pulita in braccio. Loro si stanno fissando negli occhi e non le prestano molta attenzione.

“Non aver paura di dirmi che sei pentito, John.” Dichiara Sherlock, le mani davanti alla bocca, unite per i polpastrelli.

“Perché pensi che lo sia?” Replica il dottore.

Sherlock solleva sorpreso le sopracciglia. “Il tuo stile di vita, finora, è stato totalmente opposto alle tue azioni recenti e ti sei sempre premurato di ribadire quali fossero le tue preferenze…”

“E poi sono io quello che guarda ma non osserva.” Commenta sarcastico John, scuotendo appena il capo.

“Ho osservato, John.” Precisa Sherlock. “Ma mi domando se le tue emozioni abbiano sufficiente forza per… abbattere i muri eretti da anni e anni di convenzioni morali e sociali.”

“Credevo fosse una colazione di Natale, non una conferenza di sociologia…” Mormora abbattuto Watson.

“Tu mi vuoi, John?” Chiede allora Sherlock, diretto e implacabile e finalmente lui.

Gli occhi azzurri e graffianti di Sherlock si fissano in quelli calmi e blu di John. I dubbi lunghi anni sembrano inutili ora, tanto da dissolversi nell’argento liquido di quello sguardo. Adesso John è sicuro.

“Come non ho mai voluto niente in vita mia, Sherlock.” Risponde il dottore.

Continuano a guardarsi, immobili uno di fronte all’altro.

***

Mrs. Hudson si ferma sulla porta della cucina, le mani sui fianchi e fissa i due inquilini con espressione di rimprovero.

“Sherlock, benedetto ragazzo!” Esordisce. “Dovresti agitarti meno nel sonno! Santo cielo, il tuo letto sembra un campo di battaglia!”

Sherlock, mentre ancora fissa gli occhi gentili del suo John, increspa le labbra in un sorriso storto.

“Mrs. Hudson, temo di aver perduto quella battaglia.” Afferma poi, inspiegabilmente compiaciuto, ancora occhi negli occhi col dottore, che lentamente sorride. “L’onore delle armi è per il Capitano Watson.”

E John si lascia andare ad un sorriso disteso e felice.

“Ah, chi vi capisce è bravo!” Si lamenta Mrs. Hudson con le mani in aria, mentre si gira e lascia l’appartamento.

Loro, però, non hanno davvero bisogno di qualcuno che li capisca. Perché si sono trovati, molto tempo fa. Potranno fare errori di comunicazione, di tanto in tanto, ma gli basterà solo guardarsi negli occhi per ritrovare quella complicità nata subito, immediata come una reazione chimica.

La reazione chimica che li ha resi entrambi migliori.

“Mrs. Hudson avrà rifatto il letto?” Domanda Sherlock, con uno scintillio ironico nello sguardo.

“Sai che ci stavo giusto pensando anche io?” Replica John con lo stesso divertimento.

Si alzano, lasciando le stoviglie sporche sul tavolo e si sbrigano verso il corridoio.

In cucina, Sherlock ferma John acchiappandolo per la manica. Lui si gira e gli sorride, incerto ma felice.

“Buon Natale, John.” Gli dice dolcemente l’altro.

“Buon Natale, Sherlock.” Risponde il dottore.

Le dita di Sherlock, allora, scendono piano lungo il braccio di John e stringono la sua mano.




   
 
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