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Autore: kk549210    30/12/2013    6 recensioni
Un giardino di rose. Un incontro ben noto, con qualcosa di inaspettato...
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harmon 'Harm' Rabb, Sarah 'Mac' MacKenzie
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Amare è per sempre'
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-Papà, starai via tanto?  – chiese Julia, mentre suo padre le infilava un secondo maglione. A Washington la temperatura era polare e nevicava già da dieci giorni di fila. Harm non voleva che la sua bambina si buscasse un malanno.
- Spero di sbrigarmela presto, tesoretto bello. Non ho potuto dire di no: l’ammiraglio me l’ha ordinato.
Avrebbe fatto volentieri a meno di andare in Australia, sebbene là il clima fosse decisamente più piacevole. Il fatto che l’infausta profezia del capitano Brumby si fosse avverata – “Quello è come un boomerang”, pensava - lo irritava parecchio, ma l’ammiraglio era stato irremovibile. Ad occuparsi di quel caso controverso, l’omicidio di un marinaio americano avvenuto nel porto di Sydney nel 1972, dovevano essere proprio lui e il tenente Roberts.
-Ma è vero che dove vai ci sono i canguri?- La piccolina era piena di curiosità.
-Sì, amore. Come quelli del libro che guardavamo l’altra sera. Quando torno, te ne porto uno bellissimo di peluche.
- Io li voglio vedere davvero… portami con te, papà! – insistette Julia, attaccandosi ai galloni della manica.
- Ma io vado in una città. Lì non ci sono i canguri… E poi lo sai che non posso portarti! Starai da Harriet, non sei contenta?
- Uhm… Harriet è tanto buona, ma AJ è un maialino… -  La bambina mise su il broncio – E non gioca con me!
- È solo piccolo, Julia. Aspetta un po’ e vedrai quante ne combinerete, insieme!  
 
 
Appena messo piede a Sydney, la situazione si era rivelata più intricata che mai. Il presunto omicida, ritenuto dagli inquirenti il marinaio Jan Densmore, era in realtà il sottufficiale Kevin Lee, in forza al cacciatorpediniere Chicago, cioè la presunta vittima, che aveva scambiato la divisa e le piastrine con il morto e si era nascosto per ben ventotto anni sotto una terza, falsa identità. L’esame delle impronte digitali lo aveva confermato. E anche il corpo sepolto a Nashville risultava essere quello dell’australiano Densmore. Il quadro completamente ribaltato apriva una complessa questione giurisdizionale sul luogo di celebrazione del processo. Ma l’ammiraglio Chegwidden, sentito il presidente della Corte suprema australiana, aveva convenuto che fosse più semplice che la causa si discutesse in Australia. A Brumby sarebbe andata l’accusa, a Rabb la difesa. Harm non riusciva proprio a tollerarlo, ma doveva compiere il proprio dovere. Lee, anche se non era un omicida, era pur sempre un disertore della guerra del Vietnam. E lui provava disgusto per quell’uomo, al pensiero di Harmon Rabb sr, che invece, abbattuto nell’adempimento dei suoi doveri, aveva trovato la morte dopo una lunga prigionia. Ma forse era più il fatto che dall’altra parte ci fosse l’urticante capitano della Reale Marina a renderlo così inquieto sotto il cielo della calda estate australiana. Non solo non aveva smesso i suoi modi da duro con il ghigno sardonico e continuava a fare l’amicone con Bud, ma tra poco quello lì avrebbe avuto tutto l’agio di fare il galletto con la sua amica Mac. Il colonnello MacKenzie, infatti, si era offerta volontaria per accompagnare le spoglie di Densmore in Australia. Una buona scusa per scappare dalla morsa del gelo americano e crogiolarsi al sole – Harm lo sospettava – in compagnia del suo corteggiatore in braghe corte e calzettoni bianchi.
 
 
-Io non riesco proprio a capire da che parte stia la moglie di Lee.  – disse Harm commentando il caso, mentre si trovavano sul ponte del battello – In fondo, anche se parlano la stessa lingua, quale uomo è in grado di capire una donna?
-Ah, lo so che ti stai riferendo a me. – ribatté Mac con aria divertita – Vuoi sapere perché sono andata in spiaggia con Mic?
-Forse… - commentò lui laconico. Non riusciva proprio a digerire Brumby. E l’antipatia era ampiamente ricambiata. In quei giorni, complice anche la grande animosità creata dal confronto in aula, erano stati più volte sul punto di mettersi le mani addosso. Ma Bud, con il suo fare pacato e sensibile, facendo leva sull’amicizia che lo legava ad entrambi, aveva diplomaticamente evitato il peggio – Questa baia è bellissima… - aggiunse poi, cercando di stornare l’attenzione sullo spettacolo suggestivo della baia di Sydney, intensamente blu per cielo e mare che si confondevano insieme, accarezzati dalle luci della città.
-Sì, è fantastica… ma non cambiare argomento. È stato per via del topless?
-Perché, eri in topless? – Harm fece finta di non capire. Non gli andava di infilarsi in un vicolo cieco.
-Harmon Rabb, non sarai mica un bacchettone! – esclamò lei sgranando gli occhi per canzonarlo e stuzzicarlo insieme.
-Bacchettone io? Figuriamoci! – E con un sorriso ripensò a Livia, che sulla spiaggia dimenticava proprio a cosa servisse il reggiseno. E quando le era possibile, faceva addirittura a meno del costume – Per me ti puoi mettere come vuoi!
-Allora è stato perché l’ho fatto mentre ero in compagnia di Mic…
“Mac, perché non mi lasci un po’ in pace? Se ti piace quello zoticone, perché mi devi tormentare con queste domande cretine?” disse tra sé e  alzando il capo si accorse che stavano passando sotto il suggestivo Sydney Harbour Bridge. Pensò di deviare di nuovo la conversazione sulle bellezze paesaggistiche, per evitare di ritrovarsi intrappolato di nuovo in qualche imbarazzante cul de sac.
- Per Capodanno, su questo ponte hanno scritto “Eternità” – disse a titolo puramente informativo, rammentandosi di una notizia che aveva letto sul giornale.
 -   Ed è quanto dobbiamo aspettare noi? – disse Mac, avvicinandosi a lui e lanciandogli uno sguardo languido e supplichevole con i suoi grandi occhi scuri.
- Mac…
- Non siamo al JAG, non siamo neanche sullo stesso continente…
- Il luogo non cambia le cose.
- Molti uomini non sarebbero d’accordo con te.
- Lo so… il fatto è che non ce la faccio ancora.
- E’ una cosa che hai solo con me?
- No, è una faccenda più complicata. Un problema mio… sono ancora bloccato – disse Harm. Era meglio essere schietto fino in fondo. Di incomprensioni e problemi tra loro ce n’erano stati fin troppi. E lui non voleva guastare la loro amicizia che si stava rinsaldando di nuovo.
Mac lo guardò intensamente e sospirò. Ma nel profondo del suo cuore sapeva che da un uomo che continuava a portare la fede  non poteva aspettarsi troppo. Almeno, non ancora.
 
 
Ripartendo dall’Australia, Harm si era autoconvinto di non riuscire più a capire l’universo femminile. O forse, era proprio Mac che era venuta al mondo senza libretto per le istruzioni. Appena due sere prima, lei si era presentata al loro appuntamento a cena con un abbigliamento molto provocante e sul battello gli aveva fatto esplicitamente capire che lo voleva ancora. E ora, all’aeroporto, si sbaciucchiava con l’australiano e sfoggiava al dito un diamante di inequivocabile significato. “E’ alla mano destra, in segno d’amicizia” si era giustificata. Excusatio non petita, accusatio manifesta.
  
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