E ora aveva la bocca che sapeva di panna, fumo e vomito. Soprattutto l’ultimo.
Aveva fumato per ricordare i suoi baci al sapore di sigarette.
Aveva mangiato per consolarsi, per ricordarsi delle mangiate fatte insieme.
E poi aveva vomitato.
Aveva vomitato perché si sentiva in colpa. In colpa per un corpo che odiava e che, forse, aveva portato via lui da lei.
In colpa per aver fumato solo per ricordarsi quei baci, lei che odia il fumo.
In colpa per non rendere abbastanza soddisfatti gli altri, lei che pensa solo agli altri.
Si guardava allo specchio inutilmente.Vedeva solo il suo orribile corpo, gli occhi spenti che, ormai, non trasmettevano più nulla, le labbra secche che non aspettavano altro che un’altra sigaretta da accogliere e le gambe pronte a cedere da un momento all’altro.
Questa era lei: un piccolo essere che non reggeva più il peso di un cuore spezzato.
Non ne poteva più.
Lui le aveva insegnato ad accettarsi, a volersi bene. Le aveva fatto capire cos’è la felicità, l’amore, la speranza. Le aveva fatto vedere le cose bella della vita, senza mai soffrire. L’aveva protetta e amata fin ad un certo punto. E poi lui stesso mandato all’aria quel loro mondo.
Come aveva potuto abbandonala? Come aveva potuto tradirla?
Non se ne faceva una ragione.
Come potevano quelle labbra, un tempo sue, aver accarezzato quelle di qualcun’altro?
“Se magari quel giorno…” si diceva.
“E’ colpa mia” si ripeteva ogni volta che le lacrime le rigavano il volto.
Non aveva sbagliato nulla. L’aveva amato più di se stessa, gli aveva dato tutto.
Forse era colpa di lui. Non l’aveva mai amata davvero, eppure continuava a darsi la colpa
Smise di pensare, non ne poteva più.
Si rimise nel letto.
Ora si sentiva solo “sporca”.
Ormai aveva completato il suo rito.
Aveva fumato per ricordare i suoi baci al sapore di sigarette.
Aveva mangiato per consolarsi, per ricordarsi delle mangiate fatte insieme.
E poi aveva vomitato.
Aveva vomitato perché si sentiva in colpa. In colpa per un corpo che odiava e che, forse, aveva portato via lui da lei.
In colpa per aver fumato solo per ricordarsi quei baci, lei che odia il fumo.
In colpa per non rendere abbastanza soddisfatti gli altri, lei che pensa solo agli altri.
Si guardava allo specchio inutilmente.Vedeva solo il suo orribile corpo, gli occhi spenti che, ormai, non trasmettevano più nulla, le labbra secche che non aspettavano altro che un’altra sigaretta da accogliere e le gambe pronte a cedere da un momento all’altro.
Questa era lei: un piccolo essere che non reggeva più il peso di un cuore spezzato.
Non ne poteva più.
Lui le aveva insegnato ad accettarsi, a volersi bene. Le aveva fatto capire cos’è la felicità, l’amore, la speranza. Le aveva fatto vedere le cose bella della vita, senza mai soffrire. L’aveva protetta e amata fin ad un certo punto. E poi lui stesso mandato all’aria quel loro mondo.
Come aveva potuto abbandonala? Come aveva potuto tradirla?
Non se ne faceva una ragione.
Come potevano quelle labbra, un tempo sue, aver accarezzato quelle di qualcun’altro?
“Se magari quel giorno…” si diceva.
“E’ colpa mia” si ripeteva ogni volta che le lacrime le rigavano il volto.
Non aveva sbagliato nulla. L’aveva amato più di se stessa, gli aveva dato tutto.
Forse era colpa di lui. Non l’aveva mai amata davvero, eppure continuava a darsi la colpa
Smise di pensare, non ne poteva più.
Si rimise nel letto.
Ora si sentiva solo “sporca”.
Ormai aveva completato il suo rito.