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Autore: Xima_    01/01/2014    3 recensioni
{ Personaggi serie Metal, BeyWhezzel e OC | AU!Sovrannaturale | ispirata al manga “Bibliotheca Mystica de Dantalian” }
Non ha mai fatto male a nessuno leggere un libro, giusto? Eppure, ci sono testi che è bene non siano letti. Libri che non dovrebbero nemmeno esistere, poiché un destino terrificante attende chi si azzarda a leggerli. Questi testi devono essere custoditi in un posto sicuro, una leggendaria biblioteca dove vengono raccolti libri con un potere immenso: la Bibliotheca Mystica de Illusion.
Sarà compito di una ragazza, Miku Kurogane, figlia del Custode della biblioteca e nipote del grande Bibliotecario Nero, trovare questi libri pericolosi, prima che finiscano in mani sbagliate. Verrà aiutata da una persona particolare, precisamente da un demone, che tutti conosciamo con il nome di “Principe dell’Ade”

Scusate per questa fan fiction penosa, ma quando mi viene in mente qualcosa niente mi ferma. Io, grande amante del soprannaturale, non potevo trattenermi nel scrivere qualcosa di questo genere, e, grazie al manga che ho da poco comprato, è spuntata fuori questa idea. Spero vi piaccia.
Xima_

(Capitoli uno, due, tre revisionati)
Genere: Mistero, Sovrannaturale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Damian Hart, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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L a  B i b l i o t h e c a  M y s t i c a

d e  I l l u s i o n

 
 
La Bibliotheca Mystica de Illusion era la biblioteca più famosa di tutto il mondo. Si narrava che contenesse più di mille libri demoniaci, custoditi dal Demone Indice, Tithian. Nessuno sapeva dov’era, nessuno osava parlarne, nessuno sapeva se esistesse davvero. Solo voci.

Una leggenda.

Eppure molti bibliotecari erano alla ricerca disperata di quella biblioteca per avere i poteri mistici dei sacri “Libri delle Illusioni”. Si diceva che a chi ne possedeva uno venisse donato un potere nero in grado di modificare la realtà.
Ma alla fine il libro consumava il proprietario ed egli era destinato a soccombere tra l’Ade e la vita terrena, in uno spazio pieno di rimpianti e disperazione.

Oppure moriva.




 «Miku, mi racconti una storia?»
«Che genere di storia, piccolo Sho?»
«Zero-kun mi ha raccontato della famosa Bibliotheca Mystica de Illusion. Esiste davvero?»
«Purtroppo sì, ed è una storia lunga e spaventosa.»
«Me la racconti?»
«Ecco…»
«Ti pregooo!»
«Solo se non lo dici a Mado-chan.»
«Okay!»
«Bene. Allora, iniziamo…»
 
 

Pagina uno
 
H a d e s,  i l  L i b r o  d e l l a  M o r t e
- Hades, the Book of the Dead -
 
 
I remembered black skies, the lightning all around me
I remembered each flash as time began to blur
Like a startling sign that fate had finally found me
And your voice was all I heard that I get what I deserve
 
Ricordavo cieli neri, fulmini tutt’intorno a me
Ricordavo ogni lampo mentre il tempo iniziava a sfocarsi
Come un segno sorprendente che il destino mi avesse finalmente trovato
E la tua voce è tutto ciò che ho sentito che io avessi quanto meritavo

New Divide – Linkin Park
 
 
Fin da quando ero piccola, avevo sempre avuto timore delle leggende che si narravano in giro: mostri, fantasmi, morti viventi, sparizioni di persone; queste storie del terrore non mi erano mai piaciute, le credevo solo stupidaggini per spaventare i bambini. Leggende senza alcuna prova concreta che potesse dar certezza dei fatti. Eppure, quando andai da mio zio, conosciuto in tutto il Giappone con il nome di “Bibliotecario Nero”, cambiai idea molto presto.
Come al solito, mia madre, sorella dello zio, voleva andargli a far visita per educazione. Ma io sapevo che a lei non piaceva affatto l’idea, come non piaceva a me: a noi, lo zio pareva strano, anzi pazzo! Aveva venduto metà del proprio terreno per un solo libro e aveva pagato un mucchio di soldi per avere un vecchio diario di un antico scrittore fenicio. Insomma, strano in tutti i sensi. Magari l’amore per la lettura lo aveva portato alla pazzia.
Non usciva mai, era sempre rinchiuso nella sua biblioteca; i vicini di casa non lo avevano mai visto in tutti quegli anni in cui lo zio aveva ereditato dai bisnonni una villa isolata dal resto del mondo, nella la Foresta Dimenticata.
Lo consideravo noioso e serio, anche odioso. Non mi piaceva vederlo, proprio per niente, per questo ogni volta volevo protestare, ma mia madre continuava a insistere sulla questione dell’educazione.
 
Infatti, da quel giorno in cui lo andai a trovare, lo odiai ancora di più, perché mi cambiò terribilmente la vita…

 
 
 
 
Dlin - Dlon
 
Mia madre, Arisa Ikarisa, suonò con delicatezza il campanello della villa dello zio, il signor Ziggurat Ikarisa. Io ero rifugiata dietro il vestito della mamma, stringendo stretta la stoffa di lino per cercare sicurezza. Già, sicurezza, perché quel luogo sembrava quello di un film dell’orrore: erba alta e morta, alberi spogli su cui poggiava un gruppo di corvi terrificanti, l’abitazione, ricoperta da edera morta, era circondata da un vecchio cancello arrugginito, e al di fuori di esso, c’erano delle lapidi di circa duecento anni. Come se non bastasse, il cielo era cupo e tenebroso, segno che si stava preparando un bel temporale.
Mi domandavo ancora come mio zio potesse abitare in un luogo del genere, proprio nella Foresta Dimenticata, un luogo evitato da tutti, a parte una coppia di vecchietti che viveva un po’ distante, ma almeno la loro casa era bella e colorata, a differenza di questa.
Con noi c'era anche mia sorella maggiore, Kurai, come sempre seria e silenziosa, con una posa altezzosa e ben dritta, degna della primogenita della famiglia Kurogane. Era ferma come una statua, perfino i suoi capelli corvini erano illesi dal vento forte che tirava. Possibile che lei non avesse paura? Non mostrava la minima attenzione per ciò che ci circondava.
All’appello mancava solo mio fratello Zero, di tre anni; la mamma lo aveva lasciato a casa con la nonna, perché, a detta sua, avrebbe creato solo caos. Invece, a parer mio, sarebbe dovuto venire, almeno avrebbe rallegrato l’atmosfera con il suo carattere vivace.
Dopo cinque minuti, in cui stavo quasi per scoppiare a piangere, la porta di legno, alta il quadruplo della mia altezza, si aprì con uno stridio spaventoso, provocandomi un brivido per tutta la schiena. Eccolo lì, vestito come sempre in modo elegante e in tinta unita, Ziggurat. Oltre agli abiti neri, portava anche degli occhiali scuri, che mi impedivano di vedere i suoi occhi. A dirla tutta, in tutti quegli anni che lo conoscevo, non avevo mai visto il colore delle sue iridi, e ne ero contenta.
Mia madre lo salutò cordialmente, come sempre. «Che piacere rivederti, fratello mio!» esclamò allegra, stupendomi per la sua gioia di vedere quell’uomo serio.
«E' un piacere anche per me». Poi mostrò un piccolo sorriso a mia sorella e alla fine il suo sguardo finì su di me, così mi nascosi ancora di più dietro al vestito della mamma.
«Ciao, piccola Miku». Il modo in cui aveva pronunciato il mio nome mi mise paura, perché c'era una nota inquietante nella sua voce.
Ci fece accomodare nel salotto, accogliente e ben ordinato, ma questo non mi rassicurò minimamente. Ci offrì the e biscotti, che iniziai a divorare.
Mia madre aveva iniziato a chiacchierare interrottamente con Ziggurat, che rispondeva brevemente alle sue domande.
Sia io che Kurai rimanemmo in silenzio, ascoltando distrattamente le parole dei due adulti. Mentre mangiavo i biscotti al cioccolato, osservavo anche l’arredamento della villa: le pareti, di un bel rosso porpora, apparivano cupe, come se volessero inghiottirmi da un momento all’altro; i mobili erano tutti in legno, neanche uno sembrava rovinato o impulito. Insomma, si poteva proprio notare a colpo d’occhio che quel posto apparteneva a quel bibliotecario pazzo.
Ma non ero distratta solo da quello: stavo tentando in tutti i modi di trattenere la pipì. Esatto, avete capito bene. Non andavo in bagno da quattro ore e quella villa non mi aiutava di certo, anzi, peggiorava la situazione. Ma non avevo la minima intenzione di andare in bagno lì, precisamente, non volevo andare in giro da sola.
Peccato che Kurai notò subito questo particolare, visto che stavo strizzando gli occhi e la mia faccia aveva assunto un colorito sul rosso, quasi viola.
«Devi andare al bagno?» chiese.
“No, no”, avrei voluto rispondere, ma qualcuno mi precedette.
«Il bagno si trova in fondo al corridoio di ingresso, dovresti trovarlo a sinistra» mi informò lo zio, indicandomi l’uscita per quella stanza.
Gli lanciai uno sguardo di puro odio. Al contrario, lui non fece trasparire alcun sentimento da dietro i suoi occhiali. Impassibile come sempre.
Supplicai mia madre di accompagnarmi, ma non la convinsi. Appena misi piede fuori dal salotto, mi sentii disorientata e abbandonata a me stessa. Tutto quello che mi circondava (mobili, pareti e tappeti)  era spaventoso, con dei colori sfumati verso il nero e rosso inglese, perfettamente in contrasto con i miei vestiti bianchi.
C’era troppo silenzio, interrotto dal rumore dei miei passi che rimbombava tra le pareti. Comunque stavo andando in giro a vuoto, perché mi ero già dimenticata le indicazioni che mi aveva fornito lo zio; tutti i corridoi erano uguali, stesso colore e forma, e non distinguevo dov’ero precedentemente passata. Ecco che nome avrei dato a quel posto: la Villa Labirinto.
Strinsi il ciondolo che portavo al collo: una chiave. Non sapevo se aprisse qualcosa, non me lo avevano mai detto. L’avevo ricevuta al mio settimo compleanno, l’anno scorso, da mio padre, deceduto pochi mesi fa per cause ancora ignote.
 
Mi raccomando, tienila sempre con te. E’ la chiave del tuo futuro.
 
Non avevo ancora capito a cosa si riferiva quando me la porse, comunque gli avevo promesso che l’avrei tenuta costantemente con me, per ricordarmi di lui.
Dopo diversi minuti di ricerca, i miei occhi blu oltremare notarono una porta diversa delle altre. Era bella, piccola e bassa, con delle incisioni particolari. La osservai per qualche secondo, indecisa se aprirla o meno. Dimenticai che la mia vescica stava per esplodere, la curiosità prese il sopravvento. Abbassai il pomello della porta, provocando uno stridio appena si aprì.
Ed ecco cosa mi trovai davanti: una biblioteca, il luogo preferito dello zio, dove passava la maggior parte del tempo. Una stanza circolare, forma alquanto insolita, occupata a sinistra da scaffali stracolmi di libri, davanti a questi stava una scrivania coperta da un mucchio di fogli, mentre a destra c’era una grande finestra, che occupava tutto il muro, circondata da delle tende verdi smeraldo. Sul vetro di quest’ultima, si vedevano piccole gocce scendere lentamente, creando figure immaginarie: stava piovendo.
Mi avvicinai alla scrivania per curiosare tra i documenti, la maggior parte scritti in inglese, per capire come passava la sua vita quel pazzoide.
All’improvviso un lampo illuminò la stanza, seguito da un tuono molto forte che fece tremare non solo il vetro, ma anche me. E solo in quel momento notai una figura davanti alla finestra.
Un ragazzo.
Aveva un abbigliamento strano: una tuta bianca e gialla, con un girocollo nero simile al collare di un cane, dei mezzi guanti del medesimo colore e un mantello giallo come quello dei supereroi. Sarei scoppiata a ridere per i suoi bizzarri vestiti e i capelli azzurri, ma non lo feci, non avevo il coraggio.
Com’era arrivato lì? Prima non c’era, ne ero sicura. Che fosse un amico dello zio? Oppure un fantasma? A questa seconda possibilità, tremai leggermente: non avevo mai creduto a quelle dicerie, eppure una parte di me mi avvertì di stare attenta, lo sconosciuto era troppo pericoloso. Lui non mi prestava attenzione, continuava a guardare la pioggia scendere incessante, con le braccia incrociate sul petto.
Non seppi il perché lo feci, il mio corpo si mosse da solo e affiancai il ragazzo.  L’osservai curiosa, squadrandolo da capo a piedi. Una cosa che attirò la mia attenzione furono i suoi occhi grigio-azzurri. Somigliavano al ghiaccio. Odiavo il ghiaccio. Eppure, le sue iridi mi attraevano, come delle calamite.
Lui non sembrava infastidito dal fatto che lo esaminavo attentamente, non mi aveva rivolto nemmeno uno sguardo, quasi fossi invisibile.
Che tipo strano. Che divertimento c’era nel fissare delle piccole gocce bagnare ogni superficie su cui si poggiavano?
«La pioggia è il segno che qualcuno sta soffrendo». Le sue parole mi fecero sobbalzare, interrompendo i miei pensieri.
La voce di quel ragazzo era… meravigliosa. Calda, profonda, alle mie orecchie era giunta come una melodia, non di quelle dolci. Ma la sua frase mi lasciò perplessa. Qualcuno stava soffrendo? E come faceva a saperlo?
«E’ segno che qualcuno sta male, sta piangendo per tristezza, o magari per odio. Non è fantastico? Non è fantastico vedere qualcuno soffrire?». In quel momento si voltò verso di me e il suo sguardo mi paralizzò.
Quelle iridi erano un pozzo senza fondo, potevo riflettermi in esse, eppure avevano una sfumatura maligna e spaventosa.
Non risposi, né aprii bocca, strinsi tra le dita la mia collana. Lui la fissò, quasi curioso, poi la sua attenzione tornò alla pioggia, con la stessa espressione dipinta sul volto. Già, era proprio un ragazzo strano.
Decisi di prendere coraggio, presi un bel respiro e domandai: «M-ma tu… chi sei?».
Aspettai dei secondi interminabili, forse minuti, in cui si poteva sentire unicamente la pioggia abbattersi furiosamente sul vetro della finestra. Quell’atmosfera mi stava mettendo a disagio. Iniziai a giocherellare con i miei capelli castani, lasciati sciolti sulle spalle, capitava ogni volta che ero nervosa o imbarazzata.
Tuttavia non mi importava più di tanto, volevo avere delle spiegazioni sulla sua apparizione, ma soprattutto… volevo ancora sentire la sua voce.
«In tutti questi anni, mi hanno appropriato diversi nomi, così tanti… Ma tutti con lo stesso significato», si voltò verso di me e ghignò. «Io sono la morte. Io sono il principe dell’Ade».
Un fulmine illuminò le nuvole grigie, dividendo il cielo in due parti, seguito da un rimbombo fortissimo. Il tuono mi mise così paura che chiusi gli occhi d’istinto, finché non fui sicura che il peggio fosse passato. Ma prima di chiudere le palpebre,  avevo visto un sorriso diabolico sul volto del ragazzo dai capelli azzurri.
Pensando proprio a lui, mi affrettai a riaprire gli occhi, ma appena lo feci rimasi stupita: era sparito. Che fosse davvero un fantasma? Che io avessi parlato davvero con uno spirito?
Mi guardai attorno, cercandolo perfino sotto la scrivania, ma niente. Al suo posto, poggiato per terra, c’era qualcos’altro: un libro. Era grande con una copertina nera, ma il titolo attirò la mia attenzione: Hades. Che significava?
Lo raccolsi timorosa e lo osservai attentamente, catturandone ogni minimo particolare. Era un semplice libro, come tutti gli altri, ma allora perché sentivo che nascondeva qualcosa tra le pagine?
«Sembri molto interessata da quel libro». Mi voltai appena per notare la figura alta di Ziggurat sulla soglia della porta.
Non avevo avvertito la sua presenza, come non avevo notato l’apparizione e la sparizione di quel ragazzo misterioso.
Mi si avvicinò lentamente, fino ad abbassarsi alla mia altezza. «E’ un libro molto bello e… affascinante» disse con ammirazione e enfasi. «Accettalo come regalo».
Mio zio che mi faceva un dono? Mai successo nei miei otto anni di vita, per questo mi sorpresi.
Poi tornai con lo sguardo sulla copertina nera, puntando sulla parola rossa scritta al centro del libro.
«Zio, cos’è questo libro?». Non era quella la domanda che volevo porgli, ma comunque il concetto era quello: che libro era? Perché aveva quell’aspetto misterioso che mi incuriosiva? Che cosa significava la parola “Hades”?
Lui mi sorrise, e potevo vedere una certa soddisfazione sulle labbra incurvate verso l’alto. «E’ un libro molto speciale. Quello è… il libro della morte».
Un altro fulmine illuminò la stanza, ma questa volta il tuono che seguì non mi spaventò, troppo presa dai miei pensieri.
Alle mie orecchie giunse una risata diabolica.
 
 
Ed ero troppo ingenua per capire che, tra le mani, avevo un oggetto che non doveva esistere, qualcosa di pericoloso per tutta l’umanità: Hades, il libro della morte.
 
 
 
Fine pagina uno

 
Angolo di Xima
 
Buona sera, Minna!
Che piacere essere ritornata su questo sito, era da un pò che non mi facevo sentire.
Adoro il mistero e i demoni, così ho pensato di scriverci una storia.
Il ruolo adatissimo del demone malvagio e strafigo andava proprio a Damian, dai c:

Tutta la fic verrà raccontata in prima persona dalla mia Oc, Miku Kurogane. Forse qualcuno lo sa, ma il cognome l'ho preso da Zero o Zyro della serie Metal Zero-G, infatti Miku sarà la sorella del piccolo blader.
Apparirranno i personaggi della serie Metal e BeyWhezzel, più dei personaggi inventati da me, alcuni avranno un ruolo importante, altri no. Ma se per caso mi serve un personaggio, potrò chiedere a voi autori o lettori di creare un Oc da inserire nella fic -sempre se volete, mica vi obbligo-.
Allora, vi piace l'inizio?
Forse alcuni avranno notato che ho scritto all'inizio e fine storia "pagina uno" e così via...
Ho voluto rendere la storia come un libro, scrivendo così le pagine. Invece se qualcuno si domanda chi è Sho, nominato all'inizio, non è altro che il protagonista della serie BeyWhezzel.

Se in questo periodo non mi sono fatta sentire è per questa storia, ho pensato di portarmi avanti fino al capitolo tre.

Beh, che dire... Ovviamente continuo a fare schifo e ne sono perfettamente consapevole, ma a questa fic non ci rinuncio perché la amo e metterò tutta me stessa per mandarla avanti.
Spero che piaccia anche a voi le se per caso ci sono degli errori, vi prego non esitate a dirmeli perché io ci tengo.

Finisco col augurarvi buon anno e buone vacanze!
Ci sentiamo.
Xima_

 
  
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