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Autore: Fata dei sogni    02/01/2014    0 recensioni
Superai le porte della recinzione scortata da Blue Jeans. Tutto sembrava tranquillo, una normale giornata di vacanze natalizie. L'aria fredda pungeva il naso e la neve posata nel parco faceva sì che il posto sembrasse surreale.
-Eccoli - disse Lottie, stringendomi un polso e infondendomi tutto il suo coraggio.
Alicia posò una mano sul muso del mio cavallo. Claire e Harriet, invece, si guardarono e poi guardarono me. Rivolsi loro un sorriso sincero, per ringraziarle. Tutte e quattro erano ancora una volta li a sostenermi, ed io ero eternamente grata alle mie amiche. Poi mi voltai verso la direzione che Lottie mi aveva indicato e li vidi che mi guardavano con aria di superiorità e di sfida. Un sorriso nervoso mi curvò le labbra, strinsi i pugni e poi mi aggrappai alla criniera di Blue Jeans che impennò, come se avesse compreso che eravamo di fronte al nemico. I suoi occhi erano così...travolgenti. Potevano quasi confondermi. Zayn inarcò il sopracciglio destro e incrociò le braccia al petto, poggiando il piede destro sul muretto.
-Asia- Alicia richiamò la mia attenzione. Mi conosceva troppo bene e sapeva che stavo fantasticando su di lui.
-Tranquille, metteremo la parola "fine" a questa storia.-
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti, Zayn Malik
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: Incompiuta
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[One direction as them;
Emma Stone as Asia Wittemberg;
Jessica Alba as Alicia Collins;
Selena Gomez as Charlotte Madley;
Ashley Benson as Claire Mc Connor;
Amanda Bynes as Harriet Johnson]
 
 
Mi abbandonai ad un flebile sospiro al contatto con l’acqua calda. La vasca era piena quasi fino all’orlo e i petali di rosa gialli e rossi galleggiavano come se avessero voluto danzare. Mi immersi lasciando fuori solo la testa: in quella sera d’inverno l’aria era gelida ed io ero stata talmente tanto distratta da dimenticare la finestra della sala da bagno aperta. La tendina, infatti, fluttuava nell’aria e le luci delle tre candele rosa ondeggiavano indecise tra lo spegnersi e il continuare ad ardere. Chiusi gli occhi e drizzai le orecchie: nessun rumore in quartiere. Ciò significava che tutti erano sotto le coperte e che la signora Butter si era già recata nel garage per recuperare il cibo da distribuire ai suoi undici gatti: Medea, Sissi, Luna, Spartaco e compagnia bella. I miei pensieri ricominciarono a vagare un po’ dappertutto: il compito di matematica del giorno dopo, le mie quattro amiche pazze, Blue Jeans - il mio murgese nero dagli occhi azzurri – mia madre, che era morta tre anni fa a causa di un pazzo ubriaco al volante, ma, soprattutto, lui: la ragione della mia testa fra le nuvole. Non in senso positivo, eh. Zayn era l’individuo che più odiavo: una presenza inutile, pericolosa e fastidiosa come una mosca. Si divertiva con la sua banda di pagliacci a importunare ogni singolo studente della nostra scuola. Per fortuna non eravamo in classe insieme, altrimenti avremmo litigato ogni secondo di quelle otto ore, ora di pranzo compresa. Come se non bastasse, era come se quei cinque tipacci nutrissero uno spiccato senso di antipatia e ferocia nei miei riguardi. Io, dal mio canto, provavo repulsione. Sin da piccola non avevano fatto altro che prendermi in giro, infastidirmi e rendermi la vita un inferno. In più, dopo la morte di mia madre era come se tutte le loro cattiverie nei miei confronti si fossero triplicate. Per colpa mia poi ci andavano di mezzo tutte le mie amiche, ma per fortuna loro erano sempre pronte a difendermi e sostenermi. Erano simili a quattro angeli, infatti pensavo di avere più di un angelo custode.
La porta dell’entrata si chiuse silenziosamente, o meglio, non l’avrei sentita se non fossi stata sveglia. Mia sorella Nikki era rientrata clandestinamente dopo il solito appuntamento con Jared, il ragazzo dei suoi sogni, che a mio padre, George, non stava di certo simpatico. Lui era molto geloso delle sue tre figlie. Nikki era la più grande, bella da far paura, aveva vent’anni ed era il capitano delle cheerleader al college. Dopo di lei, la sottoscritta, Asia, avevo diciassette anni e quasi mezzo, frequentavo la scuola superiore e amavo andare a cavallo, fare pattinaggio artistico e suonare il mio amatissimo pianoforte a coda nero corvino, anche se non lo sfioravo più dalla morte della mamma. Eravamo due persone molto affiatate, con molte cose in comune, come l’equitazione e la musica. Era stata lei a regalarmi Blue Jeans. Mamma aveva anche fatto in modo che mi venisse regalato il pianoforte al mio decimo compleanno, lunga tradizione di una famiglia di musicisti. Infine vi era la più piccola, Sophia, di cinque anni, spensierata ed allegra, piena di perché.
Stavo per richiudere gli occhi e rilassarmi quando, d’un tratto, un piccolo aereo di carta si schiantò contro le piastrelle celesti del muro, attirando la mia attenzione. Prima di vedere di cosa si trattasse, finii per bene di lavare via la schiuma dal mio corpo non così perfetto come quello di una modella. Afferrai quel foglio, dal quale emergevano alcune scritte dalla calligrafia sconosciuta. Scomposi il piccolo aereo e ciò che ne venne fuori fu una lettera. Eccitata e sorpresa, chiusi la finestra dopo aver scrutato la zona per scovare il suo mittente, ma non vidi nessuno a causa del buio pesto. Indossai velocemente il pigiama che avevo lasciato riscaldare sul termosifone del bagno e sgattaiolai in camera mia. Impaziente, mi sedetti sul letto e accesi l’abat-jour posizionata sul comodino.

"Non so quanto tu possa trovare folle questa lettera, ma io folle lo sono diventato anche solo osservandoti. A scuola non fai altro che seguire le lezioni e startene a sorridere per molto tempo con le tue amiche. Il tuo sorriso è così luminoso che basterebbe a far risplendere l’intero universo e la tua naturalezza è così familiare nei miei pensieri che a volte credo addirittura di averti qui al mio fianco. È brutto svegliarsi dai miei sogni ad occhi aperti e ritrovarmi senza di te. Sei semplice, ed è la cosa che più apprezzo di te. Non sei come le altre ragazze “barbie” bionde ossigenate e iper truccate. Vado matto per il fatto che tu preferisca un bel libro a uno smalto rosa confetto o un trancio di pizza all’insalatina verde che fa mantenere la linea.  Vedi, queste cose – insieme a tutte le altre che penso su di te costantemente – non usciranno mai dalla mia bocca e non te le dirò mai di persona. Tu mi rifiuteresti in quanto la mia vita è tutta una maschera. Mai nessuna aveva scatenato queste sensazioni in me, così cinico e orgoglioso. Eppure tu sei diversa. Piacevolmente diversa e interessante."

Dichiarazione. Naaah, dormivo già prima di mettermi nelle coperte. Eppure, Sophia, che entrò in camera mia impaurita, mi diede la conferma di quanto quella lettera fosse reale.
-Piccolina! - dissi, ottenendo che si avvicinasse al mio letto. Cautamente riuscii a confondere il foglio bianco con le lenzuola altrettanto candide. -Che ti succede?-
-Il mostro è tornato. - piagnucolò.
-Ma chi, il terribile e spaventoso mostro nell'armadio? - mi intenerii.
-Sì, proprio lui. Non mi fa dormire, posso fare la nanna qui con te? - mi chiese, con aria supplichevole.
-Non ho ancora sonno e devo finire i compiti -mentii- Piuttosto andiamo a sconfiggerlo, questa volta insieme, così si spaventerà e non tornerà mai più ad importunarti. Ci stai? - proposi, infondendole coraggio.
- Sì, grazie! - esclamò, esausta.
 
Dopo aver combattuto contro il mostro nell'armadio, che poi magicamente si trasformò nel cappotto della mia sorellina, tornai alla lettera. Una dichiarazione per me? Ma come potevano sapere che c’ero io in quel momento proprio in quella stanza? E soprattutto, chi pensava tutte quelle cose su di me? Analizzai la lettera in ogni suo particolare, in ogni suo angolo. Nessuna traccia di un nome. Beh, era un po’ contro senso dichiararsi senza rivelare l’identità, del tutto inutile. E se invece la lettera fosse giunta al destinatario sbagliato? Non avevo mai avuto un fidanzato ed ero la classica ragazza che passa inosservata e che non si fa notare. Troppe domande e nessuna risposta. Ma un’unica certezza si faceva posto nella mia mente tanto che le mie labbra si inarcarono in un sorriso: mi aveva maledettamente fatto piacere ricevere quel romantico aeroplano di carta.
  
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