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Autore: SoffioDiVento    02/01/2014    1 recensioni
Una storia di una ragazza che non riesce a buttarsi alle spalle il passato, che è sull'orlo della depressione per ciò di cui lei si sente in colpa. Il suo nome è Mia, e nonostante tutto, lei nasconde la sua tristezza a tutti, persino alla sua migliore amica: la madre. Si mostra sempre sorridente e spensierata e nel frattempo scivola sempre più nell'oscurità. L'unico modo per salvarla dalle tenebre e riportarla alla luce sarà l'arrivo del suo angelo custode, Stefano, che diventerà in men che non si dica suo amico. Ma la loro, resterà solo amicizia?..
Genere: Fluff, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Era Sabato, e data la mia decisione di allontanarmi da Stefano, gli dissi che non potevo scendere. In realtà gli inviai un messaggio. Non avevo il coraggio di sentire la sua voce. Così passai il Sabato alla vecchia maniera: Leggo finché non mi scoppia la testa, mangio a più non posso e vedo film. Non mi mancavano per niente serate del genere.  

Con l'inizio della settimana di scuola, cambiai percorso per raggiungere la metropolitana e mi accertavo sempre di scendere tardi per non incontrare Stefano. E mi sentivo sempre più male. Ero stata davvero cattiva, perché Stefano credeva che andasse tutto bene, che avremmo continuato ad essere amici, ma non era così. E mi faceva stare ancora più male leggere i suoi messaggi, non rispondere alle sue chiamate. Ma io non vedevo altro modo. 

Ogni sera obbligavo mia madre a farsi il giro del balcone mentre io restavo al sicuro in casa, e ogni giorno ignoravo le domande di Elena finché non fui stufa. 

«Allora, hai intenzione di raccontarmi ciò che é successo? Sono tre giorni che ti assillo» Mi chiese il Giovedì durante l'intervallo. 

«Mi ha baciata El!» esclamai esasperata. 

Lei si fermò di botto e strabuzzò gli occhi. «E non sei felice?» Mi chiese guardandomi come se fossi impazzita.  

«Perché dovrei esserlo?». 

«Perché hai trovato qualcuno in grado di farti buttare alle spalle ciò che è successo». 

«Non so di cosa parli» Mentii. 

«Lo sai benissimo. Parlo dell'incidente» 

«Sai cosa c'è El? Non credo che tu possa capire cosa ci si prova. Non posso e non riesco a buttarmelo semplicemente alle spalle» Risposi stizzita. 

«Oh, andiamo, non fare la drammatica. Io riuscirei a buttarmelo alle spalle». 

Stava cominciando a darmi sui nervi. «Ah, davvero? riusciresti a dimenticare qualcuno che è morto per colpa tua? Riusciresti a dimenticare l'immagine di quella persona stesa per terra con gli occhi vitrei e una pozza di sangue che la circonda? Ci riusciresti? Riusciresti a non odiare te stessa?» Rrlai facendo girare tutti nel corridoio della scuola dove ci trovavamo.  

Tutti si zittirono e mi fissarono. «Tu non sai cosa ci si prova, quindi non parlare» Aggiunsi con voce più bassa. 

«Hai ragione, non so cosa ci si prova, ma so per certo che io non continuerei a torturarmi come te. Io andrei avanti anche se quel ricordo mi facesse stare male. Lasciami dire una cosa, la promessa che hai fatto a te stessa non c'entra nulla con la morte di Peter. Ci deve essere qualcosa dietro e solo tu puoi sapere cosa». 

«Il ruolo di saggia non ti si addice» Feci una smorfia. «E poi, tu credi veramente che con Stefano riuscirei a voltare pagina? Io credo che se iniziassi una storiella con lui finirebbe in meno di un mese e io non voglio questo. So che sono troppo piccola per desiderare una storia a lungo termine, quindi aspetterò l'età giusta. Non si muore da soli, e poi, diciamoci la verità, i ragazzi sono quasi tutti dei coglioni». 

«Questo è vero. Adesso basta parlare di te. Parliamo di me e del mio nuovo ragazzo, Travis» Disse con un sorriso raggiante.  

«Tu invece non ti fai problemi a cambiare ragazzo un giorno si e un giorno no, giusto?» Dissi scuotendo la testa. 

«La nostra vita è basata sulle esperienze che ci fanno apprendere. Un qualcosa di psicologia in questa cavolo di scuola l'ho imparata. Dovresti sapere anche tu che le esperienze sono alla base dell'apprendimento». 

«Non ti giustificare con queste regolette! Saresti più credibile dicendo che ti piace cambiare spesso ragazzo, che tra l'altro è la verità» Ridacchiai. 

«La professoressa sarebbe orgogliosa di me». 

«Peccato che io non lo sia». 

«Ragazze, l'intervallo è terminato circa cinque minuti fa. Che ne direste di tornare in classe?» Ci interruppe facendoci sobbalzare la voce della preside.  

«Ma certo, ci scusi. Sa che le sta proprio bene questa pettinatura?» Rispose Elena facendo diventare tutta rossa la preside. 

«Sei proprio una lecchina!» Sghignazzai quando arrivammo in classe. 

«Devo pur trovare un modo per essere simpatica, no?». 

Io mi limitai ad alzare gli occhi al cielo. 

Il resto della giornata passò velocemente per nostra fortuna e all'uscita di scuola ci dirigemmo come sempre alla metropolitana, ma poi mi bloccai di botto. Stefano quel giorno usciva al mio stesso orario e sarebbe stato inevitabile incontrarlo. 

«Ragazze, che ne direste di prendere il pullman?» Le fermai.  

«Sei ridicola Mia. Fai tutto questo per evitarlo?» Sbuffò El. 

«Evitare chi?» Si intromise come al solito Serena.

«Nessuno», risposi evasiva. 

«Dai andiamo. Veniamo con te» Disse Elena alzando gli occhi al cielo. 

«Ieri sono tornata con Stefano da sola. Tu dov'eri?» Mi chiese Barbie. 

«Non con voi» Risposi corrucciata. 

«Non ti darà mica fastidio?» 

«Certo che no» La rassicurai facendo spallucce.  

«Perfetto perché Sabato ci proverò con lui!» Esclamò tutta felice. 

Ma non ci aveva già provato spudoratamente?  

Quando scendemmo dal pullam, liberarmi di Serena fu piuttosto facile dato che voleva tornare alle metropolitana per incontrare Stefano, e io presi la solita strada isolata e tornai a casa. Non sapevo quanto altro tempo poteva durare questa storia. Prima o poi l'avrei dovuto affrontare. Meglio poi che prima. 

Arrivata a casa mi squillò il cellulare e io ignorai la chiamata. Era Stefano. Chiamò altre dieci volte ed io spensi il telefono. Non ero ancora pronta a dirgli che lo volevo lontano da me.  

Ma sembrava che il ragazzo non si arrendesse. 

«Mia, c'è Stefano al citofono» Annunciò mia madre, e io mi sentii quasi svenire. 

«Non aprirlo! Vengo a parlarci io» Mi affrettai ad urlarle e corsi al citofono. Attesi in silenzio non sapendo cosa dire, non avendo il coraggio di parlare. 

«Mia? So che sei lì in ascolto». 

Ebbi un fremito. Erano ben sei giorni che non sentivo la sua voce. 

«Ehi, che ci fai sotto al palazzo?» Gli chiesi cercando di mantenere la voce salda e facendo finta di nulla. 

«Lo sai bene cosa ci faccio qui» Rispose con voce triste. 

«No, non lo so» Insistetti. 

«Si che lo sai. Non ti stai più facendo sentire ne vedere». 

Respirai a fondo. «Si lo so, ho avuto parecchio da fare». 

«Fammi salire Mia, ti prego» Implorò.  

Mi si formò un groppo in gola. «Non posso perdere tempo con te, ho delle cose importanti da fare». 

«Mia so cosa stai tentando di fare». 

«Va tutto bene, te lo assicuro. Vedrai che domani mi farò sentire» Mentii e mi sentii subito in colpa. 

«Promesso?». 

Aspettai qualche secondo prima di rispondere. «Mi sta chiamando mia madre. Devo andare. Ciao Ste» Dissi e non attesi una sua risposta. Mi scapparono delle lacrime che asciugai subito.  

«Mia, cosa succese?» Mi chiese mia madre vedendomi così triste.  

Io mi sedetti sul divano e le raccontai tutto quello che era successo. 

«Tesoro, ascolta, tu non puoi vivere nel passato, devi vivere nel presente. Purtroppo Peter é morto, e non è colpa tua, ma questo non vuol dire che la tua vita è finita qui. Secondo te Peter vorrebbe vederti così? Non puoi restare sola per sempre. Negli ultimi tempi, grazie a Stefano, eri più serena, spensierata. Lui ti ha baciata, d'accordo, ma se non sei pronta per avere un ragazzo basta che tu glielo dica e io sono sicura che lui accetterà di essere solo un tuo amico. Tu hai bisogno di lui, non mandarlo via» Sentenziò lei. 

«Mamma, con il tempo non gli basterà solo l'amicizia». 

«Non basterà a lui o non basterà a te? È di questo che hai paura?». 

Non risposi. Mi alzai dal divano in silenzio e tornai nella mia stanza a studiare, anzi, più che studiare a fissare le pagine bianche del mio quaderno.  

Il giorno dopo era Venerdì e dovetti sorbirmi Serena che raccontava di aver incontrato magicamente Stefano con il suo cane in un parco. Ci raccontò di come lui era sexy con il cane al guinzaglio e di come lei avesse tentato di domare Jack quando aveva preso lei il guinzaglio e del suo fallimento seguito da una caduta. Io mascherai le risate con dei colpetti di tosse. Le ragazze mi invitarorno a scendere con loro quel Sabato, ma logicamente risposi che non sarei scesa. Purtroppo però non potevo rifiutarmi di partecipare alle festa di compleanno di Serena che si sarebbe tenuta il Sabato della settimana seguente.  

Sia all'andata che al ritorno da scuola, stetti in allerta sperando di non incontrare Stefano. Arrivai sana e salva a casa e nel pomeriggio decisi di giocare alla playstation per non pensare. Eh si, adoravo giocarci, e sembravo quasi un maschiaccio. Per non parlare delle volte in cui mi battevo contro qualcuno! Ero irriconoscibile.  

«Mia, invece di stare lì a perdere tempo con la plastion, chiuderesti Silvestro bella stanza e verresti a mettere la tavola?» Mi interruppe mia madre proprio nella parte più eccitante del gioco. 

«Prima cosa si chiama Playstation, seconda cosa per favore chiudi tu Silver». 

«Non posso, fallo tu». 

«Fantastico» Borbottai. 

Spensi la playstation e mi lanciai alla ricerca disperata del mio gatto. 

«Oh, andiamo, vieni qui gatto!» Gridai esasperata al terzo giro intorno al tavolo. «Adesso non avrò più pietà per te» Lo avvertì acciuffandolo.

«Ti rendi conto di parlare con un gatto, vero?» Ridacchiò mia madre. 

«Ma senti chi parla!». 

Arrivata nella stanza chiusi Silver al solito modo e mi preparai per la corsa fuori al balcone. 

'I concorrenti si preparino per sfrecciare! Uno .. Due .. Via! ' 

Così iniziai a correre finché non arrivai alla finestra della stanza da pranzo e bussai. 

«Dai mamma, apri» Borbottai ansiosa. 

Subito dopo essere stata aperta mi precipitai in salvo dentro, e sopo magiato costrinsi mia madre ad andare ad aprire Silvestro. Io mi riufiutavo di uscire. 

Mentre seguivo un film stesa sul divano assieme ai miei fui distratta dalla suoneria del telefono che mi avvertiva che avevo un nuovo nessaggio da leggere. Era di Stefano e diceva: 

«Ci vediamo al solito posto tra cinque minuti?». 

Io gli risposi che avevo sonno ed ignorai il resto dei messaggi.  

Il giorno dopo era Sabato e passai gran parte della mattinata a giocare alla playstation con mia madre che ogni venti minuti si presentava nella stanza dicendo che non sapeva cosa ci trovavo di divertente in quello che facevo, così quando sentii la porta aprirsi non mi voltai neanche per risponderla. 

«Si, lo so, non ci trovi nulla di divertente in quello che faccio ma io si quindi potresti smetterla di fare irruzione nella mia stanza e di dire sempre le stesse cose? E potresti anche chiudere la porta quando esci?». 

«Mi spiace piombare qui senza preavviso, ma dobbiamo parlare» Mi rispose, e non era affatto la voce di mia madre. Ebbi un tuffo al cuore quando la udii. 

«Cosa ci fai qui Stefano?» Gli chiesi strabuzzando gli occhi ed alzandomi di scatto dal letto. 

«Io credo che la domanda che ha più urgenza di una risposta sia: Che succede Mia?» Mi chiese avvicinandosi. 

«Non succede niente» Risposi guardando altrove. 

«Andiamo Mia, smettila! Dimmi che succede, non continuare a mentirmi» Rispose infuriato. 

«Lo sai benissimo che succede!» Escamai io, anche se sapevo di essere in torto. 

«Avevi detto che non mi avresti mandato via» Disse chiudendo gli occhi per calmarsi. 

«Infatti sono stata io ad allontanarmi». 

«È la stessa cosa! Sono comunque lontano da te! Se non volevi vedermi ne sentirmi dovevi dirmelo, almeno mi sarei messo l'anima in pace! Non puoi sparire così all'improvviso senza avvertire! Se me l'avessi detto non ti avrei mica costretta a stare con me! Stavolta si che sei stata egoista! Non hai pensato minimamente a come mi sarei sentito male dopo quello che hai fatto?» Urlò ancora più infuriato di prima, e lo vidi per la prima volta arrabbiato sul serio. 

Feci per rispondere, ma non sapevo cosa dire. Avevo torto marcio. 

«Scusami non avrei dovuto dire che sei stata egoista» Disse tornando serio. 

A quel punto mi infuriai io. 

«Smettila di scusarti! Ogni cosa che succede ti scusi anche se non è colpa tua!». 

Lo presi in contropiede, poi però rise del mio eccesso di ira. «Adesso ti riconosco.Mi sei mancata» Disse inspirando rumorosamente dal naso e richiudendo gli occhi. «Cosa vuoi tu realmente Mia? Vuoi che mi allontani da te?» Aggiunse tornando serio. 

«Si». 

«Perché ti senti in colpa?». 

«Per cosa mi dovrei sentire in colpa?» Chiesi accigliata.  

« Per il nostro bacio. Ti senti in colpa nei confronti di Peter». 

«Peter é morto! Perché dovrei sentirmi in colpa?» Urlai infuriata. Ormai tutti lo mettevano in mezzo e si comportavano come degli strizzacervelli, ma loro non sapevano nulla del mio passato e di Peter. Dovevano smetterla. 

«Questo dovresti saperlo tu». 

«Adesso basta. Tu non sai niente di me! Và via!». 

«Va bene, scusa. Ciao Mia» Esitò, prima di dirigersi alla porta della mia stanza ed andarsene. 

Avevo fatto la scelta giusta? 

'No'. 

Sarei stata meglio ora?  

'No'. 

Cosa avevo combinato? 

'Un disastro Mia. Ma l'hai fatto per me' Sentii risuonare nella mia mente la voce di Peter.

  
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