-
Bene. – fui
la prima a riprendere in mano la situazione. Mi asciugai le lacrime e mi alzai,
sforzandomi di non sentire il dolore. Quello non era decisamente il momento
adatto per fare storie per una bruciatura, né per piangere. – Ettore aiutami.
Prendiamo il forziere. -.
Odisseo
mi lanciò un’occhiata interrogativa. – Achille è morto. -.
Lo
guardai, ma era come se non lo vedessi. – Lo so. – dissi solamente. - È per
questo che dobbiamo prendere il forziere. L’abbiamo pagato a caro prezzo per permetterci
di lasciarlo qui, in questo modo, inutilizzato. -.
-
Non sono
sicuro di volere una vita da eroe. – confessò Ettore. – Io stavo bene prima.
Non avevo una vita da eroe ma Achille era vivo. -.
-
Avrebbe
dovuto morire comunque prima o poi. – da dove trovassi tanta freddezza non lo
sapevo. Il mio tono di voce poi dall’atono passò all’imperativo. Allungai una
mano verso il forziere afferrandolo. – Odisseo, aiutami! -.
Odisseo
mi guardava storto. – Credevo che tu fra tutte saresti stata distrutta dalla
sua morte. -.
Ettore
lo guardò male e lo superò avvicinandosi a me e mi afferrò per sorreggermi. –
Non abbiamo nient’altro da perdere. -.
-
E da
guadagnare che abbiamo Ettore? -.
-
La speranza.
– rispose Ettore. – La speranza di trovare un futuro migliore. -.
-
Non c’è
nessun futuro migliore! - sbottò
Odisseo. – Solo gloria in cambio di morte! -.
-
E cos’è la
morte paragonata alla gloria? – domandammo in coro io e Ettore.
Odisseo
si sorprese. E anche noi ci sorprendemmo.
Una
terza voce si sera unita alla nostra. L’eco della voce di Achille. Io e Ettore
sorridemmo speranzosi. Sentire la voce di Achille era stato rincuorante.
Era
stato un conferma alla speranza mia e di Ettore.
Era
quello che serviva a Odisseo per capire che prendere il forziere a quel punto
era l’unica cosa che potevamo fare.
-
È leggero. –
si arrese. – Ettore tu aiuta lei. Io porto il forziere. -.
Non
trovammo ostacoli durante il percorso di ritorno. Tutto era sparito. Anche i
corridoi che fino a quel momento erano stati bui e stretti erano tornati normali.
Ci saremmo persi se non ci fosse stata un’unica direzione possibile.
Dopo
circa 20 minuti comparve davanti a noi la stanza dove gli altri ci aspettavano.
Entrammo. Ma sebbene le loro espressioni fossero allegre le nostre non erano
affatto. Cassandra ci guardò interrogativa.
-
Dov’è
Achille? – domandò.
La
guardammo tutti e tre contemporaneamente e ancora abbassammo lo sguardo.
Calò
il silenzio.
Salirono
le lacrime agli occhi di Andromaca.
Clitennestra
abbassò lo sguardo. Era una ragazza forte. Non si sarebbe mai messa a piangere.
Mai. Odiava le lacrime e odiava mostrare la sua debolezza, e questo lo sapevamo
tutti. Quindi la lasciammo al suo pianto interno.
Patroclo
ci guardò interrogativo. – Morto? – chiese. – Achille è morto? -.
Ettore
annuì. Era inutile girarci intorno. Patroclo lanciò un urlo. Un urlo di cui non
lo credevo capace. E stava per mollare un pugno alla parete in pietra quando il
suo braccio fu bloccato da Cass. – Ma bravo Patty. Rompiti la mano così saremo
a posto. -.
Non
aveva fatto una piega lei a quella notizia. Era rimasta impassibile come
sempre. Poi mi osservò e non le sfuggì la fasciatura. – E tu che hai fatto? -.
-
Ho la gamba
bruciata. – risposi cercando di minimizzare.
Lei
si avvicinò, mi scostò la benda. Era diventata nera la mia gamba. Richiuse
subito la benda, perché le faceva abbastanza schifo vedere una cosa del genere.
E onestamente anche a me. Apprezzavo il sangue freddo di Cassandra: non si
lasciava trascinare e una persona completamente concentrata era quella di cui
avevamo bisogno.
-
È quello il
tesoro? – domandò lei.
-
Sì. – rispose
Cerbero che nel frattempo si era avvicinato. – Il fantomatico tesoro di
Pisistrato. -.
Annuii
anche se tutto mi sembrava meno che fantomatico. All’improvviso sentimmo dei passi.
Che si fermarono proprio sulla porta della stanza. – Tesoro che deve uscire di
qui. E subito. -.
Ci
voltammo tutti verso l’entrata. Eris era appoggiata alla porta. – Salve
ragazzi! -.
-
Eris! –
esclamò Odisseo.
Lei
annuì. – Siete in pericolo. – ci disse senza mezzi termini. – Tutti quanti. -.
-
Tu sei il
Guardiano? – domandò Ettore.
-
No Ettore. –
rispose lei. – Ma so con certezza che il Guardiano non ha ancora deciso di far
nulla per aiutarvi. E il poliziotto che dovrebbe catturare Apollo interverrà solamente
col Guardiano. -.
-
E Grease? –
domandò Clitennestra.
-
È con tua
sorella. – rispose Eris. – Vi stanno aspettando all’uscita. Per prendere il
tesoro. -.
Si
era accorta della mancanza di Achille. – Com’è morto? – domandò senza che
neppure uno di noi gli avesse accennato la sua morte.
-
Ade. –
risposi.
-
Ah. – fu il
suo unico commento. Poi mi squadrò. – E quando tutto questo sarà finito vedremo
di risistemarti la gamba. -.
Si
avvicinò al forziere. Tutti noi, compreso Cerbero, ci facemmo più vicini per
osservare quel tesoro che ci aveva fatti dannare. Dentro c’era un altro baule
più piccolo. Eris aprì anche quello scrigno sotto lo sguardo attento di tutti.
Persino Andry si era asciugata le lacrime smettendo di piangere per vedere per
bene il tesoro. Uscirono fuori dei fogli di papiro rilegati l’uno con l’altro
che formavano un libro. Un libro scritto in greco antico, con qualche
rappresentazione di tanto in tanto. E tutti si stupivano nel vedersi
raffigurati. Patroclo, Odisseo, Ettore, Andromaca, Cassandra. Clitennestra non
c’era e le spiegai il perché. Io non c’ero… non che mi aspettassi di esserci…
Eris
lo chiuse all’improvviso. – Dobbiamo uscire da qui. – concluse velocemente. –
Come vi ho detto fuori ci aspettano per prendere questo manoscritto. Non dobbiamo
permetterglielo. – me lo porse. – La tua fasciatura capita a proposito.
Nascondilo tra le bende. Ettore, Patroclo voi porterete il forziere grosso.
Appena usciti ci divideremo. Seguiranno voi. Giulia raggiungerà Omero
all’interno del palazzo. E aspetteremo che il Guardiano faccia la sua parte. È
tutto chiaro? – domandò lei.
Cerbero
abbaiò. – Che c’è? – domandò Eris.
-
E noi? –
domandò Besso.
-
La vostra
maledizione si infrangerà non appena il Guardiano avrà fatto quello che deve.
Allora tornerete nel passato e vivrete la vostra vita, felici. -.
Besso
sembrava soddisfatto. Così Cerbero ci fece salire tutti sulla sua groppa e ci
condusse all’entrata dell’Ade… che per noi, ma solo in via esclusiva, sarebbe
stata l’uscita.
Tutti
meno Eris. Lei ci aveva solamente dato delle disposizioni, ma era rimasta lì.
Aveva detto che prima di andare via doveva fare una cosa.
Ade
osservava con piacere l’anima di Achille che girovagava per il suo regno da una
stanza della sua casa. Pensava con piacere di aver fatto un bell’affare.
L’anima del grande Achille nel suo regno! Posò sul tavolo il bicchiere da cui
stava bevendo dello spumante facendo schioccare le labbra.
Per
poi accorgersi che c’era una ragazza seduta a quello stesso tavolo. – Ciao Ade.
-.
Lui
sussultò. – Saramestris! – esclamò. – Non devi farmi questi scherzi! -.
-
Qual è il tuo
problema Ade? – domandò lei. – Se anche fosse un malintenzionato cosa potrebbe
fare contro di te? Spedirti nel regno dei morti? -.
Ade
non rispose. L’umorismo della ragazza non gli piaceva. Non temeva i
malintenzionati. Temeva solamente una persona. E di solito quando Saramestris
usava quel tono con lui voleva dire che quella persona era di cattivo, pessimo,
cattivissimo umore.
Saramestris
si scosse indietro i capelli. – Sta arrivando. – lo informò infatti la ragazza.
Ade
si sedette accanto a Saramestris. – Quanto è arrabbiata da 1 a 10? -.
-
11. – rispose
lei. – Ho cercato di calmarla un po’, ma è stato inutile. Lo sai com’è quando a
darle le cattive notizie è Eris. -.
-
Eris! Quella
piccola misera dea della Discordia! Di nome e di fatto! – sbottò Ade.
Sentirono
dei passi provenire dall’ingresso. Saramestris si alzò. Ade fece cadere la
testa sulle braccia appoggiate sul tavolo.
–
Buona fortuna Ade. –
gli augurò Saramestris.
E
andò via prima che con passo di furia entrasse lei, Persefone.
-
ADE! – urlò.
-
Mogliettina
cara adorata… - tentò di calmarla lui.
-
ZITTO! – la
voce di Persefone sovrastò quella di lui. – Eris mi ha detto che tu hai preteso
la vita di Achille in cambio del tesoro. È vero? -.
-
Tecnicamente
non è andata così teso… - fu interrotto.
-
ADE! E’ vero o
no? – i suoi occhi viola lanciavano fulmini.
Ade
cominciò a far battere tra di loro i suoi due indici. – Ehm… sì. – ammise alla
fine.
-
Tu hai
abusato dei tuoi poteri! – sentenziò lei, sempre sbraitando, come figura
demoniaca. – Fai tornare immediatamente quell’anima nel suo corpo! Achille è
destinato ad avere una vita breve ma gloriosa! Mi spieghi che razza di vita
gloriosa è quella di un ragazzino morto durante un campo estivo? -.
-
Ma… ma….
Persy… -.
Persefone
sapeva perfettamente che Ade aveva sbagliato. Inoltre aveva detto ad Ettore che
non avrebbe dimenticato la sua determinazione. Ed era vero: era del tutto
intenzionata a restituire al principe di Troia il suo migliore amico. – Non
volevo arrivare a questo… ma tu mi ci costringi. -.
-
Che cosa vuoi
fare zucchero? – lui non si fidava.
-
Da oggi sono
in sciopero! – sbottò. – Da oggi non godrai più del mio amore! -.
Fece
per andarsene quando sentì che Ade la stava richiamando. – Hai vinto, strega! –
sbuffò. – Achille tornerà nel suo corpo e continuerà a vivere. -.
Persefone
sorrise. – In fondo amore, Achille ha tutta l’eternità da passare qui con noi.
– sorrise e leggiadra, uscì dalla porta.
Ade
non sorrideva più. Persefone l’aveva avuta vinta anche stavolta.
Arrivammo
alle porte nell’Ade senza problemi, in quanto Andromaca al minimo ostacolo
tirava fuori il sigillo di Persefone e più nulla osava mettersi sulla nostra
strada.
–
Dovremo dividerci
subito. – ci ricordò Odisseo.
-
Ne vale
ancora la pena? – domandò Patroclo.
Nessuno
rispose. Neppure io avevo la voglia né la forza di rispondere quella volta. A
che sarebbe servito? Forse avevano ragione quelli che dicevano che ormai era
finito tutto. Era incredibile: Achille era morto e sembrava che tutto si stesse
sgretolando intorno a noi. Come se Achille fosse stato il collante capace di
tenere unito il mondo in cui vivevamo. Il mondo che credevo magnifico.
Il
modo in cui poi era morto mi lasciava senza parole: all’improvviso, per sua
scelta. Avrebbe potuto mandare Ettore o Odisseo. Ma lui era fatto così: era
l’eroe e in più credeva nell’amicizia. Più degli altri. E voleva dimostrare di
sapersi prendere le sue responsabilità. Sembrava così lontana la notte in cui
ci eravamo addormentati insieme, la notte in cui per la prima volta avevo
imparato a combattere. Il giorno in cui ci eravamo conosciuti. Lui con quel suo
bellissimo sorriso. Come era potuto accadere una cosa del genere? Era stata per
colpa di noi 3: eravamo troppo attaccati alle nostre vite. Eravamo troppo attaccati
alla vita, e la nostra voglia di vivere ci ha resi ciechi. Per Achille vivere o
morire non faceva molta differenza, l’unica cosa che gli interessava era che il
suo nome fosse ricordato. Non avevamo fatto nulla per fermarlo. Avevamo
infranto il giuramento dello sputo.
Achille
era morto. Ed era solamente colpa nostra.
Mi
salirono le lacrime agli occhi. Forse era qualcosa di più di una semplice
lacrima, perché sentii Andromaca abbracciarmi. – Sii forte. – mi disse.
Annuii
e asciugai il mio volto segnato dalle lacrime. Poi le porte dell’Ade si
aprirono. E noi uscimmo.
Andò
tutto come previsto. Gli altri, infide serpi, erano lì ad aspettarci. Anche
Grease che se ne stava lì con aria innocente.
-
Ci eravamo
preoccupati per voi. – ci disse col miglior tono preoccupato che riuscisse a
tirar fuori.
Sentii
Ettore che mi afferrava per il braccio. – Corri! –.
Gli
altri si erano già sparpagliati. Strinsi i denti e cominciai a correre
nonostante la gamba. Sperai che nessuno mi stesse inseguendo. Sbagliato. C’era Grease
dietro di me. Arrivammo nel folto della foresta e fu in quel momento che sentii
una fitta fortissima alla gamba. Continuare a correre non aveva senso. Estrassi
la spada.
-
Giulia! Sei
proprio sicura di voler sfidare un dio? – mi domandò lui, con tono di sfida. Mi
stava sbeffeggiando.
-
Ho avuto il
maestro migliore. – replicai. Onore alla memoria di Achille.
-
Ma non è
riuscito a battere la morte, eh, Giulia? -.
Feci
roteare la spada. – Chiacchieri troppo Apollo. Fai vibrare meno la lingua e più
la spada. – volevo aggiungerci un “Se hai coraggio” ma sarebbe stato troppo. E
quindi cominciammo a combattere. Non sentivo niente. Non mi importava di
niente. Sembrava che la spada e il braccio facessero tutto da soli, come
guidati da una forza invisibile. La spada roteava e colpiva tra le mie mani con
la velocità di una saetta e la potenza di un tornado, e più di una volta Apollo
fu costretto ad indietreggiare. Ma non potevo reggere a lungo con la gamba in
quelle condizioni.
Lo
sapevo.
Lo
sapeva.
Entrambi
lo sapevamo. E infatti guidai il duello, sporca di sangue, il mio, il suo, non
lo sapevo e non mi importava, almeno fino a che non mi accorsi che dietro di me
si ergeva una grande quercia. Mi ero distratta. Sentii la fredda lama della
spada di Apollo entrare nella pelle della mia gamba. Credo di non aver mai
urlato così tanto. Ma piangere no. Piangere mai. Non gli avrei dato questa
soddisfazione. Però caddi per terra, e volente o nolente ero in sua balia.
Sorrideva trionfante.
Non
lo degnai di uno sguardo. Non meritava neppure quello.
-
Lo so che hai
tu il tesoro. Dammelo. – allungò una mano verso di me.
-
Non hai il
coraggio di prendertelo? – l’occhiata che gli rivolsi era di sfida unita a
disprezzo. Rimase fermo qualche istante.
Poi
sollevò la sua spada su di me. Era la fine. Quella volta ero sicura. Io non
potevo salvarmi. Nessuno poteva salvarmi.
Ma
vidi che qualcuno stava picchiettando il dito sulla spalla di Apollo.
Grase
si voltò. – Che c’è? – domandò scocciato.
-
Giù le mani
dalla mia ragazza! – era una voce molto arrabbiata.
E
subito dopo fu colpito da un gancio destro dritto sul naso. Setto nasale
andato. Cadde per terra.
I
miei occhi si illuminarono. Come potevano non illuminarsi alla vista di quel
bellissimo sorriso. Il bellissimo e biondissimo Achille mi tese la mano.
-
Sei vivo. –
riuscii solamente a dire, mentre mi prendeva in braccio.
-
Già. – era
felicissimo. – E anche tu. -.
Apollo
nel frattempo si era ripreso. – Ma che bel quadretto! – commentò.
Achille
lo gelò con lo sguardo. Si afferrò a quella che sembrava essere una liana. –
Reggiti forte. – mi consigliò.
E
si lanciò tipo Tarzan a saltare sulle liane con io aggrappata al suo torace. Lì
per lì mi venne l’idea di chiedergli da quando in qua io ero diventata la sua
ragazza. Poi sentii uno sparo. E conclusi che decisamente quello era il momento
meno adatto per fare domande sceme. Una domanda intelligente sarebbe stata
chiedere ad Apollo dove accidenti aveva preso la Magnum che stava utilizzando.
Fummo
inseguiti dai proiettili ma Achille si fermò non appena vide Aressa. Allora
scese dalle liane.
Aressa
aveva usato i suoi poteri da dea per fare un campo di forza. – Venite qui! – ci
ordinò. – Subito. -.
Obbedimmo.
Apollo arrivò poco dopo. – Aressa! – esclamò. – Io stavo cercando di… -.
-
Zitto Apollo.
– lo interruppe. - È finita. – fece una pausa e poi esplose in una terribile
risata liberatoria. – 17 anni passati in questa ridicola copertura. Io il dio
della guerra. ARES! -.
A
quelle parole fu avvolto dal fuoco. Fiamme dorate e sanguigne sfavillavano
intorno al suo corpo. E quando la danza delle lingue infuocate fu finita al
posto di Aressa si ergeva Ares, in tutta la sua lucentezza. Brillava la corazza
dorata con scene di guerra, la lama della sua spada che scuote la terra, i
capelli neri sciolti, fissati all’indietro e sul volto dipinto l’espressione
più bellica che io avessi mai visto fare. – Di nuovo me! Finalmente! – esclamò.
Ecco
perché di notte Aressa portava la maschera: per non mostrare di essere Ares in
realtà. E quindi era lui il poliziotto sotto copertura.
-
Tu sei… tu
sei… -.
-
Sì. – rispose
Ares. – E tu, Apollo, sei nel più grosso guaio della tua vita. -.
Aveva
una voce terribilmente virile. – Vuoi sfidare il dio della guerra o ti catturo
così? -.
Apollo
gli lanciò un’occhiata contrariata, ma tese le mani, in attesa che Ares gliele
legasse con catene di ferro. Sapeva di non avere speranze contro il dio della
guerra. Che dopo aver sistemato Apollo si voltò verso di noi. – Torniamo al
campus! – ci annunciò. – E non voglio più sentire nominare le parole vestiti,
scarpe e trucchi per almeno 30 anni! – sbottò con voce burbera.
Tirò
fuori la frusta. – Cammina! – minacciò Apollo, che cominciò a camminare.
Ares
era veramente bello. Alto, possente, maestoso, forte. Il dio della guerra. E
che dio.
Achille
mi stava portando in braccio e procedeva dietro Ares che era visibilmente
soddisfatto di aver riacquistato il suo aspetto virile. E finalmente gli alberi
cominciarono a diradarsi intorno a noi fino a sparire del tutto.
E
davanti a noi il campus e tutti quanti.
Che
si stupirono nel vedere Ares. Eris lo guardò accennando appena un sorriso.
Allargò le braccia.
-
Fratello! –
esclamò.
-
Sorellina! –
replicò lui.
Lei
gli corse incontro e lui la sollevò in aria, abbracciandola. – D’ora in poi sarò
sempre il fratello che non hai mai potuto avere in questi 17 anni. -.
-
L’importante
è che adesso siamo insieme. – rispose Eris.
L’attenzione
degli altri invece era ricaduta su Achille.
-
Sei vivo! –
esclamò Andromaca, stringendolo forte.
Odisseo
ed Ettore gli tirarono una sonora pacca sulla schiena ciascuno.
-
Chi non muore
si rivede. – commentò Clitennestra. – E chi muore si rivede lo stesso se il
morto sei tu. -.
Achille
sfoggiò il suo miglior sorriso a 52000 denti. – Dovresti saperlo Nastrina.
Nessuno può nulla contro il grande Achille. -.
Cassandra
inarcò le sopracciglia dubbiosa. E allora lui si rivolse a lei. – E dai Cass.
Non l’abbracci il tuo amico tornato or ora dal mondo dei morti? -.
-
Dopo aver
parlato di te in terza persona, Achille, l’unica cosa che ti puoi aspettare da
me è un “bentornato”. – replicò lei serissima. E poi entrambi scoppiarono a
ridere.
E
poi gli si parò davanti Patroclo. – Non farlo mai più. – gli disse.
-
Tranquillo
Patty. Non ci tengo a tornare nell’Ade. -.
-
Come hai
fatto a tornare? – domandò Ettore.
-
Merito tuo. –
rispose. – Persefone ti doveva un favore e ha pensato che avresti gradito
riavermi in vita. -.
Si
voltò indietro perché qualcuno gli aveva appoggiato una mano sulla spalla. Si
voltò. Il volto grave di Menelao era davanti a lui.
-
Sono contento
di scoprire che stai bene. – disse solamente. – E mi dispiace per quello che è
successo. -.
Achille
sorrise benevolo. – Eri solamente innamorato Menelao. Non ho certo intenzione
di incolparti per quello che è successo. -.
Menelao
aveva sempre la sinistra appoggiata sulla spalla di Achille, e gli strinse la
mano.
-
È un onore
per me conoscerti. – disse infine.
Achille
questa volta era serio. – Anche per me. – ricambiò la stretta di mano. E per la
prima volta li vidi sorridersi come veri amici.
Nel
frattempo Ares ed Eris si erano ripresi da quel bel momento di riunione di
famiglia.
-
Dov’è la
mamma? – domandò Ares.
Ares ed Eris. Ma certo! Come avevo fatto a non pensarci
prima? Erano figli di Era. Era passava molto del suo tempo con Aressa. Soprattutto
la sera! A conferma dei miei sospetti i bianchi cancelli del campus si
aprirono. Calò il silenzio intorno a noi. Omero era sulla soglia del cancello e
con lui vi era una persona col mantello rosso.
Il
Guardiano. Aveva il cappuccio tirato giù sul volto quindi non potevamo vedere
chi fosse. Poi delle bianche braccia spuntarono da sotto il mantello e
liberarono il volto dal cappuccio. E il volto ovviamente era quello di Era.
Apollo
rimase molto sorpreso. – Era? – domandò.
-
Non l’avresti
mai detto, vero? – sorrise trionfante.
-
E cosa
vorresti fare adesso Guardiano? – domandò Apollo.
-
Credo proprio
che… sì… lo dirò a tuo padre. – Era concluse la sua sentenza. – E niente
gelatina per 10 anni! -.
Febo
Apollo impallidì. – Che cosa? Lo dirai a papà? Non puoi dirlo a papà! E non
puoi togliermi la gelatina! -.
-
Oh, io invece
direi proprio che posso. – replicò lei, mentre Apollo continuava a
scongiurarla.
Poi
si voltò verso di noi e ci scrutò bene uno per uno. Ogni minima ferita o danno
che avevamo riportato, comprese le occhiaie. Poi mi tese la mano.
-
Il
manoscritto. -.
Mi
feci aiutare da Eris a toglierlo. Meglio non descrivere le condizioni della mia
gamba. Adesso era veramente da amputare: il piede non me lo sentivo più e mi
chiesi se ci fosse ancora o se fosse completamente andato in cenere. Non avevo
il coraggio di controllare.
E
non ne avevo modo. Avevo la versione originale dell’Iliade tra le mani. Il mio
poema epico preferito era nelle mie mani e stavo per passarlo nelle mani di una
dea. E intorno a me c’erano i personaggi mitologici che facevano parte di quel
poema. Vi sembrerà strano… ma era la prima volta che ci pensavo. Non avevo mai
seriamente pensato di considerare tutti quelli che avevo intorno come
personaggi frutto della fantasia.
Loro
non esistevano. Esistevano solo tra le pagine di quel libro che avevo in mano.
Per
un momento mi passò per la testa che tutto quello che avevo passato nelle
ultime settimane fosse un sogno. Un lungo sogno. Avevo paura a consegnare il
manoscritto nelle mani di Era. Temevo che sarebbero scomparsi tutti.
Ma
lei aveva ancora la mano tesa. Strinsi la mano di Achille e glielo porsi. Lei
lo prese. E loro non sparirono.
-
Stanotte a
mezzanotte venite qui ai cancelli. – ci informò. – E prendete la vostra roba.
Tornate nella vostra vera casa. -.
-
E loro non li
punisci? – Ares indicò Elena e gli altri del suo gruppo.
Era
lo guardò sorridendo. – Avranno quello che spetta loro, tranquillo. -.
Sparì
non appena varcò la soglia del cancello. Come un fantasma. Sentii una mano sulla
mia spalla, una mano ruvida e forte. – Non succederà anche a loro. – cercò di
rassicurarmi Ares. - È tutto vero. Adesso vieni, dobbiamo pensare alla tua
gamba. -.
E
senza aggiungere altro mi portò dentro il campus mentre Omero aveva preso la
parola e spiegava quello che avrebbero trovato dentro al libro. E annunciando
il ballo di quella sera. Il ballo d’addio. L’ultima sera nel XXI secolo.
Con
Ares andammo fino all’infermeria, e mi sedetti su un lettino. – Ti fa male? –
mi domandò mentre mi sfasciava la gamba.
Annuii.
Era vero. Mi faceva male. Quando tolse la fascia vidi la mia gamba
completamente nera. Molle. Pelle bruciata e anche le ossa probabilmente. Sperai
che Ares facesse in fretta a fare qualunque cosa dovesse fare. Ma lui invece
sembrava non avere nessuna fretta.
-
Devo
ammettere Giulia che mai mi sarei aspettato che tu ti spingessi a tanto. -.
-
Credevi fossi
una debole, Ares? – domandai.
-
No, ma non
credevo che fossi in grado di affrontare una cosa del genere. Osservavo le
prove a cui vi sottoponeva Eris, e certo tu non brillavi. Ma questo ci fa
capire una cosa. -.
Lo
guardai interrogativa. – Che avrei fatto meglio a non immischiarmi? -.
-
No. – ribatté
lui. – Che quando sei in pericolo tu riesci a fare cose che mai avresti fatto
prima. E tutto questo per cosa? Per amicizia. -.
-
E tu sai
cos’è l’amicizia, dio della guerra? -.
Sorrise,
un sorriso aperto. – Certo che lo so cos’è l’amicizia. Non sono il dio cattivo
e codardo che tutti pensano. -.
-
Mai pensato
che tu fossi un codardo. – replicai. – Solo che non ce lo vedo il dio della
guerra a parlare di amore e amicizia. -.
Scoppiò
a ridere. – Scommetto che non ce lo vedevi nemmeno alle prese con smalti e
profumi. – continuò a ridere. – Eppure a volte la vita mette davanti a queste
situazioni nuove e bisogna avere sempre il coraggio per affrontarle. E tu ce
l’hai avuto quel coraggio. Saresti una guerriera magnifica. È per questo che –
cambiò la sua voce in quella di Aressa. – il dio più fashion di tutto il mondo
farà una cosa che nessuno ha mai fatto prima. -.
Mi
appoggiò una mano sulla gamba. Ci fu un lampo di luce. E la mia gamba era di
nuovo una gamba. Come se non fosse mai stata bruciata. Ero senza parole. – Io…
grazie. – lo ringraziai solamente.
-
Prego. – si
alzò e fece per uscire. – Dormi adesso. – mi suggerì. – Stasera c’è la festa.
-.
Mi
intristii. – Stasera torneranno tutti nell’Iliade. Sarà come se non vi avessi
mai conosciuti. -.
-
Ma dentro di te saprai sempre che ci hai conosciuti. Ti riporterò a casa tua stasera
e spiegherò tutto ai tuoi genitori. – concluse.
Non
feci in tempo a fermarlo per chiedergli spiegazioni, per parlare con l’unica
persona che si era mostrata disposta a darmi delle informazioni fin
dall’inizio… decisi che da quel giorno codardo o no avrei preso le difese di
Ares sempre e comunque.
Quello
che mi importava era che avevo vissuto un sogno fino a quel momento e non me ne
ero mai resa conto bene prima di allora, ma di lì a poche ore quel sogno si
sarebbe rotto per sempre.
Non
pensai per molto altro tempo ancora: Ares doveva avermi fatto anche un
incantesimo per farmi addormentare, quindi affondai la mia testa nel cuscino e
chiusi gli occhi per rifugiarmi in altri sogni. La realtà sempre e comunque
faceva male.
Quella
sera erano già tutti nel salone quando scesi le scale che vi portavano. Tutti
eccitati che banchettavano. Tutti che pensavano alla partenza verso quel nuovo
mondo che Omero aveva loro illustrato. Un viaggio verso l’immortalità. Un
viaggio che li avrebbe portati via da me per sempre. Non riuscivo a divertirmi.
C’era musica, tutti ballavano, tutti mangiavano. Ero io il fantasma tra loro.
Ero io di troppo. Quello era il loro mondo e io non ne facevo parte. E questo
mi faceva male.
Non
mangiai nulla, parlai poco e solo quando si chiedeva la mia opinione su
qualcosa di quel fantastico nuovo mondo.
Sorrisi
forzati.
Sorrisi
e finzione.
Ad
un certo punto vidi Achille che mi si avvicinò.
-
Ti diverti? –
mi domandò.
-
Sì. –
sorriso.
Sorriso
forzato.
Sorrisi
e finzione.
-
Dovrei
parlarti. – mi disse solamente. Sul suo volto non c’era la traccia del minimo
imbarazzo. Perché dopotutto avrebbe dovuto essere imbarazzato lui? lui stava
per entrare in quel mondo dove lui era il grande eroe.
Annuii.
Mi prese per mano e uscimmo dal campus, verso la foresta. Sentivamo gli ululati
dei lupi venire dal folto. Il buio che ci avvolgeva abbracciandoci, la melodia
del fruscio delle foglie che si fondeva con la sinfonia proveniente dalla sala.
Eravamo tornati alla casa che lui aveva costruito, ma non aveva nessuna
intenzione di entrare lì dentro. Eravamo sulle rive del lago. Era come la prima
sera che ci eravamo stati. C’erano le lucciole.
-
Allora? –
cercai di rompere il silenzio che si era fermato intorno a noi.
-
È per quello
che ho detto oggi. – mi spiegò.
Capii
quello a cui si riferiva. – Già… in effetti me lo sono chiesta. – ammisi. –
Quand’è che avresti deciso che sarei stata la tua ragazza? – domandai.
-
Quando hai
letto il tuo nome sul braccialetto. – scoppiò a ridere.
Proprio
non aveva capito quanto mi ero sentita imbarazzata quella volta. Comunque in
quel momento capii che mi aveva dato un po’ fastidio il fatto che avesse dato
per scontato che io volessi essere la sua ragazza. Ok, volevo diventarlo… però
poteva anche chiedere prima. Gli lanciai uno sguardo di rimprovero.
-
Partiamo. –
mi annunciò.
Annuii.
-
Non ci
rivedremo più. – continuò lui. – Tu andrai per la tua strada e io andrò per la
mia. E saranno strade che probabilmente mai si incroceranno di nuovo. -.
-
Già. – tentai
un sorriso. – Credo che ci siano giusto una trentina di secoli di distanza fra
noi. – feci una pausa. - Mi hai dato la più bella estate della mia vita. -.
Scosse
la testa. – Avrei voluto che fosse più di un’estate. – ammise.
-
Achille
fidati. Tornerai nel passato, sarai un eroe famoso e acclamato e schiere di
principesse vorranno sposarti, re di Ftia. Non penserai più a me. -.
-
Vieni con me.
– mi propose.
-
Che cosa? Non
posso lasciare tutto per seguire voi? -.
-
Avventura.
Amicizia. Amore. Non puoi lasciare tutto quello che hai qui per questo? – non ci
credeva.
Ecco.
Mi conosceva. Aveva fatto leva su delle ottime argomentazioni. Ma non potevo
andare. Non potevo seguire né lui né gli altri. Lasciare la scuola, lasciare i
miei genitori, lasciare i miei amici per andare nel passato. Per poi fare cosa?
Per tessere. Perché ero realista e non credevo che avrei potuto fare molto
altro in quella società. Tessere e pochi altri lavori femminili, e se c’erano
cose che non mi riuscivano, per mille balene, quelli erano proprio i lavori femminili.
Ci stavo pensando fissando il lago davanti a noi.
Vidi
che teneva in mano qualcosa. Era un anello. Era la serpentina che aveva preso
dall’Ade.
-
Achille… -
ero rimasta senza parole.
-
Zitta! –
esclamò. – Non importa quello che succederà. – prese la mia mano. – Almeno per
quello che mi riguarda tu sarai sempre la mia ragazza. – mi infilò l’anello al
dito e fui colpita dal suo brillare.
Sentii
la sua mano sulla mia schiena che mi tirava verso di lui e riconobbi la musica
che proveniva dalla festa nel campus. Sentirlo così vicino quasi mi convinse
che quello che mi aveva detto era vero, che sarei stata sempre la sua ragazza. Misi
la mia mano sinistra sul suo fianco e lui mi prese la destra: cominciammo a
ballare come un valzer.
E
la voce di Billy Joel di sottofondo.
She can kill with a smile
She can wound with her eyes
She can ruin your faith with her casual lies
And she only reveals what she wants you to see
She hides like a child,
But she's always a woman to me
She can lead you to love
She can take you or leave you
She can ask for the truth
But she'll never believe
And she'll take what you give her, as long as it's free
Yeah, she steals like a thief
But she's always a woman to me
Oh--she takes care of herself
She can wait if she wants
She's ahead of her time
Oh--and she never gives out
And she never gives in
She just changes her mind
And she'll promise you more
Than the Garden of Eden
Then she'll carelessly cut you
And laugh while you're bleedin'
But she'll bring out the best
And the worst you can be
Blame it all on yourself
Cause she's always a woman to me
--Mhmm—
Sentimmo
un fruscio tra le foglie ma non ce ne curammo. In quel momento c’era solamente
una cosa che ci interessava e quella cosa era ballare come stavamo facendo.
Eravamo come un principe e una principessa durante il loro primo ballo. Mi
sembrava che tutto l’ambiente intorno a noi rispecchiasse il nostro stato d’animo.
Le lucciole si posarono sul mio peplo rendendomi più luminosa di come già mi
sentissi e quando gli apparvi come una stella cadente esplose nella sua
bellissima risata. Mi sollevò da terra facendomi fare un giro in aria. Le
lucciole volarono via. E poi riprendemmo a ballare.
-
Ragazzi! – comparve Cassandra.
– Venite c’è il dolce e… - vide proprio mentre Achille mi stava sollevando in
aria. - … e immagino che a voi non interessi minimamente. – Alzò gli occhi al
cielo, scotendo la testa. Per poi lasciarci soli. Ce lo meritavamo.
Oh--she takes care of herself
She can wait if she wants
She's ahead of her time
Oh--and she never gives out
And she never gives in
She just changes her mind
She is frequently kind
And she's suddenly cruel
She can do as she pleases
She's nobody's fool
And she can't be convicted
She's earned her degree
Mi
fece fare una giravolta terminata con un casquet. Mi tenne in quella posizione.
- And the most she will do
Is throw shadows at you
But she's always a woman to me – cantò a voce bassissima.
E mentre il
pianoforte suonava le ultime note finali mi guardò negli occhi. Si abbassò.
Chiusi i miei occhi. E mi baciò.
Poi mi rialzò.
Stavo sorridendo. Lui era serio, terribilmente serio. Mi abbracciò.
E avvinghiata a
lui vidi Ares che sorrideva ammiccando come se si fosse immaginato una cosa del
genere. E incontrando il suo sguardo capii quello che dovevo fare.
Presi la mia
decisione.
Ciaooooo
a tutti!!!
Spero
che questo capitolo vi sia piaciuto… tra parentesi questo è l’ultimo vero
capitolo… il prossimo sarà l’epilogo e questa storia finirà… sigh.. sob..
Ad
ogni modo, passando al capitolo, volevo scusarmi per l’accidente che vi ho
fatto prendere l’altra volta con la morta di Achille… ho provato a lasciarvi
dei segni nelle risposte alle recensioni del fatto che Achille non era morto in
realtà, ma evidentemente erano un po’ troppo criptati… per i credits la canzone in questo capitolo è "She's always a woman to me" di Billy Joel.
–
Myki: ma sempre a pensare ai
matrimoni tu, eh? XD Sì sì, senza secondi fini… eheh… grazie mille per la
recensione! Però una cosa… pena? Compassione? Se c’è una cosa che Giulia odia è
essere oggetto di pena e compassione! È troppo orgogliosa per esserlo!!! Bacione!
–
Lallix: grazie mille per la
recensione! Non odiarmi. Come hai visto tutto si è sistemato! Ho provato ad
avvertirti la settimana scorsa che tutto si sarebbe risolto promettendoti altre
storie d’amore… quella tra Giulia e Achille, che come hai visto qui ha preso
una piega un po’ più esplicita finalmente. Mi ha fatto davvero piacere leggere
che lo trovi sempre più bello… grazie! Bacione!
–
Aila: grazieeee!!! No, Orfeo
e Euridice non è nel mio stile… spero comunque che questo escamotage di Ade e
Persefone ti sia piaciuto lo stesso!!! Quanto al fatto della vita breve ma
gloriosa ha ragione la nostra Persefone… che vita gloriosa è quello di un diciassettenne
morto in un campo estivo? Ah, addirittura ho fatto sciogliere un cuore di
pietra? Grazie! Troppo gentile! Bacione!
–
LizzieMalfoy_Dracolover:
grazie per la recensione!!! Spero che questo capitolo sia stato abbastanza
romantico per tirarti su di morale, e ovviamente spero che tutto abbia ricominciato
ad andare meglio tra te e il ragazzo che ti piace. In effetti Stephen King non
è la classica lettura che mette il buon umore… io personalmente mi addormento a
leggere i suoi libri… Fammi sapere che ne pensi anche su questo capitolo!!!
Bacione!
Alla
prossima e ultima puntata…
@matrix@