Fanfic su artisti musicali > One Direction
Ricorda la storia  |      
Autore: Sleepingalone    02/01/2014    4 recensioni
Cominciasti a raccontarmi del lungo viaggio che avevi compiuto sino in Irlanda solo per chiedere al tuo fidanzato, il quale si trovava a Mullingar per motivi di lavoro, la mano esattamente il 29 Febbraio: un vecchio detto irlandese che tua madre ti aveva tramandato, diceva che se durante quel giorno presente solo durante l'anno bisestile una donna avesse chiesto al suo uomo la mano, egli avrebbe dovuto accettare obbligatoriamente.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


Di' soltanto di sì
 
‹‹Vuoi sposarmi?››, ti chiedo, mentre in un attimo rivivo la sera in cui ti conobbi. 

Eri entrata per caso all’interno del mio Irish Pub, in condizioni pessime: i tuoi capelli rossi erano bagnati fradici a causa della pioggia e l’impermeabile avorio che indossavi era sporco di fango.
Avevi tanto freddo e tanta fame; dunque ti avevo 
offerto un tramezzino al prosciutto e una stanza per passare la notte e tu, anche se riluttante, avevi accettato.
Successivamente ti eri messa a urlare perché il bagno che dovevi usare risiedeva al di fuori della tua modesta camera impolverata, ed io, infastidito, ti avevo proposto di usare il mio.
Ti lamentasti perché la mia toilette era priva di una porta, ma in un secondo momento ti arrendesti all’evidenza e facesti una doccia. Io mi sorpresi a sbirciare la tua conformazione coperta dalla vecchia tendina plastificata che ti separava dalla stanza. Grazie al cielo non ti rendesti conto della mia presenza, ma se in caso contrario te ne fossi accorta, penso che mi avresti denunciato.
Lasciasti asciugare la tua cascata di capelli color ruggine al vento invernale della contea di Mullingar ed io, borbottando, ti prestai una maglione pesante che ti arrivava alle ginocchia.
Ti mettesti a ridere perché sulla lana verde era cucita una renna marrone ed io avevo seguito la tua azione con sguardo ammaliato, pensando che per un momento avrei potuto innamorarmi di una sconosciuta di cui anche il nome mi era tale.
Perciò mi atteggiai goffamente, offrendoti un bicchiere di Irish Mist che tu non avevi mai assaggiato. Ti spiegai che quella miscela alcolica era un intreccio di miele ed erbe e tu osservasti il bicchiere da sopra, sul quale la tua immagine si rifletteva giallastra e sfocata.
‹‹Mi chiamo Libby››, sussurrasti con tono farsesco. ‹‹E sono italiana››.
Quella volta fui io stesso a sorridere, perché avevo finalmente capito il motivo del tuo accento strampalato e distorto.
‹‹Ma Libby è un nome inglese››, constatai, corrucciando lo sguardo.
‹‹Mia madre è irlandese››, replicasti, spostandoti una ciocca ribelle dietro l’orecchio destro. ‹‹E tu?››.
A quella domanda avevo scosso la testa e finto di non aver sentito, ma tu ti eri innervosita e avevi deciso di ritornare in camera. Ricordo ancora che mi precipitai immediatamente fuori dal bancone di lavoro e ti urlai il mio nome, da sotto la balaustra della porta che portava alle stanze affittate.
‹‹Mi chiamo Niall!››.
Ritornai alla mia postazione e, quasi sognante come un bambino, bloccai le porte della locanda a chiave e mi recai in camera mia, ove mi spogliai degli indumenti che indossavo e, dopo essermi inoltrato in bagno, notai i tuoi vestiti accantonati sul piano di ceramica della doccia. Pertanto, decisi di lavarti per bene l’intimo color carne in pizzo e il vestitino di flanella celeste.
Tornando in camera, lasciai sbadatamente la porta aperta, poi mi diedi una sciacquata veloce e avvolsi il mio bacino tra le setole di un asciugamano bianco panna. E con grande stupore ti trovai seduta sul mio letto, intenta a fissare i miei movimenti.
Diventasti rossa come un pomodoro e ti mordesti il labbro.
‹‹Volevo prendere la mia roba››, ti giustificasti, balbettando. ‹‹Io non avevo la minima intenzione di-››.
‹‹La tua roba è pulita ed è stesa fuori››, ti interruppi, ancora nudo e bagnato su due piedi.
Tu annuisti, mi ringraziasti sbadatamente e facesti per tornare in camera tua.
Perciò indossai un paio di boxer neri e andai a letto, ancora frastornato da quello che mi era accaduto a causa della tua presenza.
La mattina seguente mi svegliai infreddolito; tu stavi raccogliendo i tuoi vestiti con ancora il mio maglione addosso.  Avevi lasciato le persiane della portafinestra spalancate, e non ti eri accorta di me che ti osservavo da dentro.
Quando rientrasti dal mio balcone, finsi di essere ancora appisolato: tu ti fermasti a guardare. ‹‹So che sei sveglio e che ieri mi hai sbirciata sotto la doccia››.
A quelle parole avevo sorriso con nonchalance e tu eri uscita da camera mia con la mia stessa espressione divertita. Comunque, indossai i pantaloni di una tuta consumata e feci per recarmi in rivendita, dove versai del latte all’interno di una ciotola blu che, successivamente, inondai di cereali all’avena. Tu arrivasti mediante grazia e rubasti il mio sguardo.
Indossavi gli stessi abiti della sera precedente, con la differenza che da asciutti, risaltavano ancora di più la tua femminilità. I tuoi capelli erano sciolti e spettinati e avevi persino truccato gli occhi e le labbra leggermente di rosa.
Eri bellissima ed in quel preciso momento capì che un giorno tu saresti diventata importante per me: ero rimasto affascinato da una ragazza di cui conoscevo appena il nome e la nazionalità, i quali occhi luminosi riflettevano l’innocenza di una sognatrice.
Mi togliesti la ciotola dalle mani e cominciasti a raccontarmi del lungo viaggio che avevi compiuto sino in Irlanda solo per chiedere al tuo fidanzato, il quale si trovava a Mullingar per motivi di lavoro, la mano esattamente il 29 Febbraio: un vecchio detto irlandese, che tua madre ti aveva tramandato, diceva che se durante quel giorno presente solo durante l'anno bisestile una donna avesse chiesto al suo uomo la mano, egli avrebbe dovuto accettare obbligatoriamente.
‹‹È oggi il ventinove Febbraio››, commentai sbalestrato.
Tu ti mettesti a ridere e mi rivelasti che durante la notte avevi pensato di declinare la proposta al tuo ragazzo perché troppo indifferente e legato al suo impiego, perché non ti meritava e perché avevi capito che l’amore in lui non lo avevi mai trovato.
‹‹Avrebbe potuto chiedermi in moglie ogni volta che lo desiderava››, sentenziasti, diventando seria. ‹‹Ma è evidente che lui non mi vuole almeno quanto credevo io››.
Quelle parole trafissero il mio cuore e sgozzarono la mia gola, che non emise parola.
Pensai che se fossi stato io il tuo ragazzo di allora, ti avrei voluta dalle stelle ai mari senza mai lasciarti con l’amaro in bocca.
Ti diedi una pacca sulle spalle e tu sospirasti alquanto sollevata.
Mesi dopo avevi trovato un impiego in una lavanderia di Mullingar e lasciato il tuo fidanzato secolare. Io, dal canto mio, ti avevo ospitata a tempo indeterminato a dormine all’interno del mio locale nel quale, di tanto in tanto, mi aiutavi a gestire il lavoro.
Durante la notte ti sorprendevo concentrata sui libri, perché ogni due settimane tornavi in Italia e conferivi i tuoi esami universitari, ed io ti tenevo compagnia con una tazza di camomilla tra le mani, anche se finivo con l’assopirmi sulle tue spalle per la stanchezza, ogni volta. Capitava, infatti, di risvegliarci abbracciati sul tuo letto ancora accuratamente ordinato.
Dopo qualche mese avevi deciso di ritirarti dallo studio e mi avevi rivelato di voler lavorare al mio fianco. Ricordo che rifiutai la tua proposta senza pensarci due volte, poiché sapevo che con me non avresti potuto avere il futuro che da sempre sognavi. Ma tu, d’altra parte, mi confessasti che il tuo sogno ormai consisteva nell’intrecciare il tuo avvenire al mio e, mentre una lacrima scivolava sulla tua guancia destra, ti baciai per la prima volta, poggiando appena le mani alle estremità del tuo volto.
Ti rivelai il mio amore e tu, senza dire una parola, ti spogliasti dei tuoi indumenti. Prendendoti in braccio, ti portai in camera mia, nella quale, appena atterrata sul letto, sbottonasti la mia camicia di seta e accarezzasti i miei pettorali bianchi. Simultaneamente, slacciai il ferretto del tuo reggiseno in pizzo e affondai il mio viso tra i tuoi seni che adempievano perfettamente alle mie grandi mani.
Ci dedicammo al nostro piacere per tutta la notte ed infine, stanchi e stremati, ci addormentammo l’uno tra braccia dell’altra.
Nel cuore della notte tu mi svegliasti. Stavi piangendo, di conseguenza io ti strinsi a me con fare austero, e ti baciai dolcemente la nuca.
‹‹Prima, quando hai detto di amarmi io non ti ho dato risposta››, replicasti solo dopo aver poggiato delicatamente le tue piccole mani fredde sul mio torso nudo. ‹‹Ero paralizzata. Nessuno me l’aveva detto prima, nemmeno il mio fidanzato. Non ero pronta a questa tua affermazione, perciò… puoi ridirmelo?››.
La tenerezza che avevi negli occhi celesti mi riempiva il cuore di calore e affetto. ‹‹Okay, facciamo un gioco. Chiudi gli occhi e rilassati››.
Ti asciugai le lacrime con i pollici, tu tirasti su col naso e obbedisti.
‹‹Sei incatenata sott’acqua e non riesci ad emergere in superficie, ma fai di tutto per liberarti, perché se rimani ancora a mollo, morirai soffocata››.
Tu ansimasti e sudasti fredda, poi apristi la bocca e ti mettesti a respirare in modo affannoso.
‹‹Stavi perdendo l’aria, eppure non eri sott’acqua››, continuai, sollevandoti mento con le dita. ‹‹Vedi, Libby, ogni volta che ti allontani da me io mi sento soffocare. Ma, a dispetto di ciò, l’aria c’è. E se questo sintomo si ripresenta per tante volte, capisci di tenere a una persona più della tua stessa vita; perciò qui e ora, io prometto di amarti. Ti amo così tanto che potrei scoppiare, così tanto che potrei morire››.
Baciasti le mie dita, bagnandole con nuove lacrime, poi spezzasti il silenzio. ‹‹Sei la mia aria mancata››.
 
È passato un anno da quel ventotto febbraio in cui ti precipitasti nel mio pub madida, tuttavia la situazione ora non è dissimile.
Siamo entrambi sotto la pioggia, perché stamani mi hai implorato di vedere le stelle cucite sul cielo blu cobalto dal terrazzino della nostra locanda, ed io ti ho assecondata. Ma la serata che avevamo programmato insieme si è incupita ed è andata a sfasciarsi.
Hai insistito per rimanere sotto l’acqua scrosciante, e di conseguenza mi ritrovo in ginocchio sul lastrico freddo, con una piccola scatola in camoscio rosso, che contiene l’anello di fidanzamento di mia madre, tra le mani.
‹‹Di’ soltanto di sì››, aggiungo nella speranza che tu accetti la mia proposta.
Fingi di non ascoltare e fai per rientrare e scendere al piano di sotto. Io vengo travolto da una folata del tuo profumo al cocco e, frastornato, mi reco in cima alle scale.
Tu sei giù, sotto la balaustra della porta, e mi guardi con fare compiaciuto.
‹‹Sì, lo voglio.Voglio sposarti, Irish Mist!››, dici urlando, proprio come avevo fatto io con il mio nome, un anno fa.
 
 
 

Angolo autrice
Salve gente, come va? Spero bene :)
oggi pomeriggio ho visto un film 'una proposta per dire sì' e sono stata ispirata per scrivere questa fan fiction, dalla quale ho preso -in parte- spunto.
Ringrazio xxl per il fantastico banner. E niente, se vi è piaciuta perché non lasciare una recensione?
Grazie dell'attenzione, Sleep.
PS: attualmente sto procedendo con una long 'Maria', con Harry Styles come protagonista. Cliccate sul banner se volete leggerla!

 
 
   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: Sleepingalone