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Autore: quirke    02/01/2014    4 recensioni
Il primo a sfiorare l’acqua sei sempre tu, il primo a cadere, a rialzarsi, a graffiarmi ed a sparire. Comunque hai quello strano odore di abitare troppo lontano da chi ti vuole vicino.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'ça va pas du tout'
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quando poi per tutto


Quando poi per tutto

 

Gli alberi hanno quel colore che ho quando mi ricordo di quelle escursioni, in montagna o tra le coperte. Quando ci perdevamo tra i sentieri o tra qualche parola di troppo, con la lingua lunga e le tende stropicciate, comunque non mi dispiacerebbe rimanere a dormire con te anche questa notte, solo che i muri si assaporano una volta sola e poi diventano sempre stretti. Lo sai no?
Le undici del mattino sono sempre un po’ troppo lontane per ricordarsi tutto, poi si aggiunge sempre il clacson e le pasticcerie aperte da un pezzo, però i fiori nella veranda appassiranno, ed ora che ti sono abbracciata, il ticchettio dell’orologio da parete potrebbe spaventarci.
Quando il mare è tranquillo e troppo in basso, e noi siamo nel piano superiore, con le auto che vanno troppo veloci e non si godono gli accordi dell’aria che sembra accarezzare solo noi, con quelle gomme fuori uso, mi fanno male i sassi sotto le gambe ed il petto a forza di ricordare e non rivivere.
Loro se ne stanno sui confini delle scogliere, tu t’eri pure inoltrato dentro di me, e con il conto alla rovescia per un futuro disastroso, vogliono tuffarsi e vivere quelle note su un pentagramma forse troppo giallo già domani.
Arrivi sempre in ritardo, l’ho provato nella mia pelle che poi te ne vai anche troppo presto. Come ti togli i pantaloni, l’ho imparato a memoria e se chiudo gli occhi comincio a ricordare e non riesco nemmeno a proteggermi la gola, perché a parlare con te prima era difficile, ma a piangere per te poi è diventata un’abitudine quotidiana.
Il primo a sfiorare l’acqua sei sempre tu, il primo a cadere, a rialzarsi, a graffiarmi ed a sparire. Comunque hai quello strano odore di abitare troppo lontano da chi ti vuole vicino.
Allora i tuoi occhi spaventati mi riportano agli scogli, le mani si stringono, gli scogli diventano lame e pure questi dannati ricordi, che a stringermi i cuscini addosso, lo faccio ancora.
Se piove, inoltre è nuvoloso, almeno il mio ombrello mi ripara anche se ci sono quelle dannate gocce che fanno a gara, io sono sempre stata dietro ed a correrti affianco è sempre stata un’impresa.
Allora ho gli anfibi slacciati contro l’asfalto, con il bus che arriva sempre dopo e la pelliccia umida, la montatura che scivola sul naso e tu che scivoli tra le mie dita, sempre così dannatamente in silenzio che è passato tanto tempo ormai che nemmeno ricordi che suono facevano le tue dita contro i miei fianchi levigati, ed il petto che non va a tempo, mi sei sempre mancato. Sai come si colmano i vuoti o sai solo crearli?
Oscillo continuamente la testa, scommetto sulla pioggia leggera e le occhiaie ma ancora non ti sei fatto vedere, magari ti ritrovo nelle altalene e ricominciamo tutto dagli inizi, cerco di non sbagliare ma sappi che anche le mie, di cose giuste, sono sbagliate.
I miei battiti si sono sempre disconnessi quando le mie scapole si avvicinavano alle tue labbra, quando quello che è stato ritorna nei tempi che nelle elementari ho studiato sempre con fatica, e la guancia che mi spezzavi ogni volta con i tuoi baci, non la sento nemmeno più.
I corridoi della scuola sono sempre stati così difficili perché se te ne stai fermo sdraiato a terra, riesci a scorgere mille passi, scarpe di tutti i tipi ma qualcuno diverso per davvero, se alzi lo sguardo, nemmeno riesci a scorgerlo perché ci siamo sempre nascosti da tutti, ed anche io da me.
Inoltre, se svolto l’angolo, mi sono sempre trovata stretta ed agitata quando c’erano tutti, ma tutti come?, se non ci sei tu.
Tu ti smuovi, smuovi me, smuovi un po’ tutto perché se l’alba arriva, ed i taxi non ci sono, devo fare chilometri per scappare dalle tue mani strette sempre a pugno, che ce l’hai col mondo intero ed a botte ci fa solo con te stesso.
Do fiato ma sospiro, è difficile venirti contro se sai sempre dove e quando voltarti e nasconderti.
Nell’acquario è sempre stato difficile, perché le luci sono soffuse e sei riflesso in ogni angolo interno, esterno, sai baciare così tanto che le birre della tua gioventù fanno da riassunti.
Se poggio la mano, mi perdo al contrario e mi tendo fino a spezzarmi, e la chitarra che ho dentro l’armadio ancora devo ripararla.
Vado giù e mi accorgo di essere in apnea da così troppo tempo che non ne vale la pena, di riprendere a respirare perché un minuto in più od uno in meno non fa differenza, tu sei diverso ma io rimango uguale.
Quando battono le matite ritmicamente sui banchi, allora mi accorgo di quanto sia io fuori tempo, sempre in ritardo ovunque e le porte degli alberi che urtano contro la mia faccia, ma ho bisogno solo di abbracci perché sono quelli i veri benvenuti.
La solitudine è un silenzio abituale perché la pioggia è più fitta. La quotidianità ti regala un approccio sicuro dove abbandonarti ogni qualvolta pervade la malinconia della felicità. Chi ha già assaporato quest’ultima, la aspetterà sempre, comunque non muovendosi dalla propria posizione. Perché se te ne stai sempre in silenzio e fermo a dondolarti sulla sedia di plastica del vecchio bar, allora ti manco almeno un po’? Hai paura di muoverti?
Il desiderio di chi ancora non l’ha intravista s’indebolisce ogni minuto di più, fino a dissolversi e svuotare ogni articolazione con l’agonia che s’instaura tra i silenzi.
La cartina geografica è piena di puntine dei luoghi che non ho mai visto ed il calendario va così veloce che mi sono persa, ed una puntina verde sulla cartina non l’ho messa e se mi trovi, riportami indietro, comunque.
L’unica consolazione che ho è rendermi partecipe in questi silenzi strazianti, ma allontano ogni essere vivente ed elimino le assenze che mi pervadono. Siamo tutti insiemi di atomi e tristezza uguali, ci pieghiamo allo stesso modo ma ancora non la tua parte di letto, e mi tocca riempirmi da sola con solo i nostri ricordi, solo questi.

 

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