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Autore: _Camelia    03/01/2014    1 recensioni
Talulah Mary Dolw….mi ero interrogata tante volte sul perché di quel nome, eppure non ne ero mai giunta a capo; forse perché mio padre non mi aveva mai parlato sul serio di mie madre e del significato che quel nome aveva per lui, forse perché era proprio la figura di mia madre, morta alla mia nascita, che aveva fatto in modo che non fosse più toccato il discorso, da nessuno.
Non riuscivo a capire perché mi fosse venuta in mente ora quella cosa, sarà stata colpa del freddo, probabilmente, visto che ero nata proprio in inverno inoltrato, anche se non sapevo con precisione il giorno e il mese, ma poco importava; mi avevano sempre ricordato quanto freddo facesse quando sono nata io, probabilmente la causa della morte di mia madre fu proprio il pungente e penetrante freddo.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Partii subito, lo stesso giorno che scesi a patti con il vecchio lasciai la città, cambiando la mia meta e facendola così diventare l´ Helgrind, monte situato a poca distanza da Dras Leona, città che mi ero ripromessa di visitare il meno possibile; i cittadini, al suo interno, non avevano ottenuto la mia simpatia, troppo dediti a scambi commerciali più o meno illegali e molto diffidenti nei riguardi dei visitatori, soprattutto se erano donne, soprattutto se non erano accompagnate da nessuno e con un’attrezzatura palesemente maschile. A quanto pareva non vedevano di buon occhio persone come: soldati, spie, assassini di professione, praticamente la maggior parte della gente che si avventurava per Alagaesia, cambiando città in continuazione; gentaglia, a perer mio, ma le esigenze mi avevano spinto ad intraprendere quel viaggio, inoltre l’idea di poter trovare uova appartenenti a quei mostri di cui tanto si era detto, mi eccitava non poco, cacciarsi nei guai, d’altro canto, era sempre stata una mia specialità.
Il viaggio si preannunciò abbastanza lungo, sarebbero state una decina di giorni a cavallo, senza fretta, con delle pause previste per la notte, dove mi sarei procacciata qualcosa, oppure avrei semplicemente fatto tappa in villaggi nei quali mi sarei imbattuta durante il viaggio; comunque, essendo io a piedi, ci avrei impiegato più di due settimane, riducendo le pause ad una ogni due giorni, per dormire qualche ora, e facendo dei pasti fugaci. La prima settimana di viaggio, fu tranquilla: nessun problema, ne con il cibo ne con l’acqua, con la poca magia che riuscivo a padroneggiare, che comunque nel tempo si era fatta più forte e tenace, riuscii a procurarmi le dosi d’acqua necessarie per dissetarmi e non farmi morire disidratata, di selvaggina , invece, ne trovai a sufficienza, mi sarebbe bastata anche per la settimana a venire visto che mangiavo poco e un cervo, almeno per me, costituiva una preda piuttosto grande. Decisi di costeggiare la Grande Dorsale, rimanendone sempre ai piedi, in modo tale da non dovermi preoccupare troppo di trovare cibo, in caso di necessità; inoltre tutte le cittadelle e i villaggi, si accostavano ad essa, come a cercar riparo dalle intemperie che provenivano dalla pianura, io stessa avrei potuto trarne riparo in caso di necessità, sempre che il pericolo non provenisse dal suo interno, cosa molto probabile; d’altronde la Grande Dorsale non era vista di buon occhio quasi da nessuno, anche se non riuscivo a capirne le motivazioni…In passato essa pullulava di Urgali e soldati dell’impero, ma ora di loro non v’era più traccia, a parte qualche piccolo gruppetto, che gironzolava qua e la per Alagaesia, senza però costituire una vera minaccia per nessuno: se ne stavano per i fatti loro, combattendo per loro interesse personale, con gente della loro stessa razza; quindi nulla di che, insomma…non costituivano un vero problema no!?
A dire il vero, di cose che costituivano grossi e reali problemi, non cen’ erano molti, quindi non mi sarei dovuta preoccupare, almeno non finché non avessi raggiunto l’ Helgrind, di sicuro li qualche fanatico mi avrebbe dato filo da torcere, inoltre l’aria che si respirava gia nei dintorni del monte, era malsana e vi era una tensione tangibile e palpabile; era un postaccio, non avrei voluto recarmi li, sul serio, ma non ne avevo avuto scelta o almeno…avevo voluto scegliere così, ma la missione mi avrebbe fatto ottenere un bel gruzzoletto, che avrei speso a mio piacimento, magari sistemandomi finalmente da qualche parte, mettendo da parte il mio lavoro da spia…più probabilmente, però, avrei utilizzato quel denaro per comprare nuova attrezzatura.
Dopo dieci giorni, meno rispetto a quelli che avevo previsto io, giunsi al lago Leona, una bellissima distesa d’acqua cristallina, che ti invogliava ad immergersi al suo interno, nonostante il freddo pungente scoraggiasse qualsiasi persona anche solo a chinarsi e bere dalla sua superfice, cosa che mi limitai a fare io; mi chinai, con le mani raccolsi un po’ d’acqua che portai alle labbra, bevendo a piano per fare in modo che non mi andasse di traverso, l’acqua fredda scese lungo la gola, facendomi rabbrividire e stringere nel mantello pesante, che mi proteggeva egregiamente dalle intemperie del tempo, dalla pioggia e dal vento gelido, era un amico fidato, certo e lo sfruttavo forse un po’ troppo, ma pazienza; riempii poi la borraccia, prima di riprendere il cammino: solo una manciata di giorni mi separava da Dras Leona, li avrei raccolto le informazioni necessarie riguardo all’Helgrind, mi sarei riposata per bene e sarei ripartita alla volta del monte.
I giorni passarono alla svelta, decisi di non fermarmi a dormire e continuare a viaggiare, anche di notte, in modo da giungere alle prime luci dell’alba alle porte della città; le guardie, come previsto, mi guardarono con diffidenza, ma non mi impedirono d’entrare, d’altronde erano gli stranieri che permettevano che girasse un flusso d’oro all’interno della città e , sempre gli stranieri, permettevano ai mercanti di concludere i loro affari, piazzando qua e là la loro merce; li salutai, alzando una mano, con un sorriso beffardo dipinto in volto, prima di addentrarmi per le viette della città, alla ricerca di una locanda nella quale avrei passato parte del giorno, prima di dirigermi in qualche negozio dove avrei potuto recuperare dei guanti in pelle più spessi, quelli che avevo ora non mi proteggevano abbastanza le mani e le nocche, ora tutte screpolate, presentavano dei tagli abbastanza profondi e piuttosto dolorosi, grazie ai quali non avrei potuto combattere al pieno delle forze; guarirli serviva a poco, si rifacevano dopo pochi giorni e, purtroppo, non conoscevo un incantesimo di protezione, almeno non per quella specifica situazione, quindi avrei semplicemente comprato dei guanti più resistenti, risolvendo così il problema dei geloni e dei tagli, piccoli, ma incredibilmente dolorosi. Sospirai serrando a pungo le mani, scossi poi la testa e spinsi la porta di una locanda, recante il nome Jack’s and Son; il locandiere era fermo al bancone, e non appena si accorse del fatto che fosse entrato qualcuno nel locale, si alzò dallo sgabello al quale era seduto, e con voce assonnata mi salutò, dandomi il buon Giorno
« Salve a lei. »
Risposi, scostandomi i capelli e levando i guanti, per buttarli sul tavolo più vicino e sedermi su una delle quattro sedie in legno, vecchio e scricchiolante, che non si sapeva nemmeno quanto avrebbe retto; a quanto pareva, da un primo sguardo, il locale era vecchio e il locandiere non sembrava aver la minima intenzione di dargli una risistemata, ma non c’era di che stupirsi, non ero che nei bassifondi della città, per trovare un locale che meritasse di avere quel nome, dovevo dirigermi più verso il centro della città, magari sotto le mura della fortezza, ma non era ovviamente di mio interesse trovare una locanda con una buona fama, mi bastava che essi servissero qualcosa di caldo da mangiare; il locandiere, sotto mio ordine e pagamento, mi portò una pagnotta di pane, che immersi in una tazza di latte riscaldato, avrei preferito una torta fatta in casa, come quelle che facevano le donne nei villaggi e che mettevano a raffreddare, di prima mattina, sulle finestre, ma a quanto pareva, li era gia tanto vi fosse qualcosa da offrire ai clienti, da quel che potevo capire, li si recavano per lo più uomini decisi ad ubriacarsi di con sidro ed altri alcolici.
Scossi la testa, poi pagai e uscii da li, cambiando i miei programmi; prima avrei levato le tende da li, prima mi sarei sentita meglio, anche se dubitavo altamente che sarei stata felice di raggiungere L’Helgrind, riuscire ad entrare in quell’ammasso di roccia e cercare ciò per cui ero giunta sin li; riuscii a prendermi un nuovo paio di guanti e, facendo un buon affare, un nuovo mantello; mi diressi così nuovamente in una locanda, stavolta nella parte alta della città, un posto abbastanza frequentato, dove avrei potuto fare domande ed ottenere risposte da persone più o meno affidabili e non da un gruppo di ubriaconi perditempo.
Rimasi li sino all’ora di cena, presi quindi qualcosa di caldo da mangiare e una stanza per la notte, la mattina mi sarei recata sul monte, per adempiere così ai miei doveri; addentando l’ultimo boccone di pane, chiamai il locandiere al mio tavolo, invitandolo a sedersi con me
« Devo lavorare, signorina e voi dovreste andare a casa! Non è posto per delle signore questo! »
Sempre la stessa storia, tutte le volte, diffidenti con le donne, che robe; ancora una volta, come poco prima quando gli chiesi il mio consueto boccale di sidro, gli allungai una manciata di monete d’oro, che lo convinsero a sedersi al tavolo, ponendosi difronte a me
« Allora….che mi può dire di interessante riguardo al Monte che è situato nei pressi della città? »
chiesi, sorridendo e osservandolo interessata alla sua risposta, cosa assolutamente vera, volevo vedere se ci fossero reali problemi, o se fossero solo le malelingue a descriverlo tanto pericoloso; il locandiere si passò una mano fra i capelli grigi e abbastanza unti, guardandosi attorno a disagio
« Non si vorrà avventurare su quel monte, spero! Un gruppo di fanatici religiosi ne fa rigorosamente la guardia, offrendo sacrifici umani ad un loro ipotetico dio. La gente muore di fame la, ormai, ma un tempo venivano completamente divorati, ne restavano solo le ossa! »
Scosse la testa, rabbrividendo e passandosi poi la mano sul collo
« E’ un consiglio, non vi avventurate sull’ Helgrind, davvero…»
Lasciò la frase in sospeso, allontanandosi dal tavolo e consigliandomi di andare a dormire, per meditare bene su quello che stavo per fare, come se sapesse alla perfezione che io, nonostante i suoi avvertimenti, mi sarei spinta in perlustrazione del monte; ebbene, le cose che dicevano a suo riguardo sembravano essere vere, ma di certo un gruppo di fanatici religiosi non mi avrebbe dato del filo da torcere, anche se ero più che certa che il locandiere avesse omesso qualche informazione, che avrebbe potuto essere per me piuttosto importante; decisi di non pensarci, almeno, non per il momento e mi diressi nella mia stanza: erano giorni che non dormivo e un letto caldo, era comunque invitante, in qualsiasi situazione mi fossi presentata li, non avrei rifiutato una dormita in un letto, piuttosto che per terra avvolta in un mantello. Salii le scale, passando dal primo l secondo piano, dove il locandiere aveva detto si trovava la mia stanza, per quella notte; aprii la porta al numero 14, chiudendola dietro le mie spalle; una volta assicuratami di aver chiuso per bene ogni possibile via d’entrata, mi tolsi i vestiti buttandoli su una cassapanca, ai piedi del letto, mi buttai sul materasso infilandomi sotto le coperte e caddi in un sonno, abbastanza profondo, dal quale sarei uscita poi solo il giorno seguente, alle prime luci dell’alba.

Note dell'autore :
Ah hem ok, scriviamoci qualcosa! Allora...credo che questo captolo si sia rivelato piuttosto noioso, a dire il vero volevo aggiungere cose, ma non volevo allungare troppo la storia e avevo deciso di suddividerla in soli tre capitoli, un qualcosa di breve insomma. Quindi, per non lasciare il prossimo capitolo vuoto, ho deciso di mettere meno azione qua e descrivere poi il tutto nel prossimo e, credo, ultimo capitolo. Grazie per aver letto, baci.
   
 
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