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Autore: Josie Walking_Disaster Vengeance    03/01/2014    4 recensioni
Tutti gli occupanti del Cavern gridarono immediatamente la loro approvazione verso il lavoro compiuto dai quattro ragazzi. O forse solo a tre di loro.
Aspettò, in attesa di quelle parole. Sapeva che sarebbero arrivate, era solo questione di tempo.
-Pete forever, Ringo never!
[Starrison]
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: George Harrison, Ringo Starr
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buongiorno/Buonasera :) E' la prima volta che scrivo in questo fandom, ma era parecchio che volevo farlo perciò sono contenta di esserci riuscita alla fine! Amo moltissimo le McLennon, ma mi è venuta l'ispirazione per questa OS leggendo di quando George si è beccato un occhio nero per difendere Ringo dagli insulti (Adorabile Geo <3) e poi ci sono già parecchie McLennon e mi andava di contribuire con una Starrison :D Quindi, come avrete capito, è una OS Slash e se la cosa vi turba, lasciate pure la pagina senza rancori u.u  Detto questo, buona lettura!





Black Eye.



L'ultima canzone della serata terminò e i quattro musicisti si godettero le acclamazioni del loro piccolo pubblico, prima di cominciare a smontare gli strumenti. Paul, George e John erano stati impeccabili e così lo era stato lui, dando il ritmo ai loro movimenti. Quel piccolo palco rialzato solo di pochi centimetri  da terra non aveva mai tremato così forte.
Tutti gli occupanti del Cavern gridarono immediatamente la loro approvazione verso il lavoro compiuto dai quattro ragazzi. O forse solo a tre di loro.
Aspettò, in attesa di quelle parole. Sapeva che sarebbero arrivate, era solo questione di tempo.
-Pete forever, Ringo never!
Eccole. Puntuali come sempre.
Era normale. Pete era stato il batterista dei Beatles per un lunghissimo tempo e i suoi fan gli erano affezionati.
Ma era necessario prendersela con lui?
Ringo aveva cercato di non farci caso, di lasciar perdere. In fondo era nato nel bel mezzo di una guerra, aveva passato buona parte della sua infanzia in ospedale e aveva vissuto in una famiglia che ce la faceva a stento ad andar avanti. Davvero aveva intenzione di farsi abbattere da un gruppo di ragazzini che spasimavano per il precedente batterista, senza sapere che non era adatto al gruppo, che se i Beatles lo avevano scelto era per il bene di tutti?
Ci aveva provato davvero, ma quelle parole lo trafiggevano come lame ben affilate.
E quel dannato coro continuava a ripetersi, ogni volta sempre più incalzante.
-Ridateci Pete, questo non lo vogliamo!- gridò una voce, sopra le altre. L'ennesima lama pronta a spingere un po' più a fondo.
Nonostante tutto, Ringo decise di ignorarlo. Ringo lo fece, ma non George.
-Hai qualche fottuto problema?- chiese il più piccolo dei Beatles, sorprendendo tutti gli altri.
-Sì, ce l'ho un cazzo di problema. Vogliamo Pete, cosa ci dovremmo fare con questo sfigato?
L'offesa non era neanche questa grande cosa, Ringo aveva sentito di peggio, ma quelle parole sembrarono aver fatto infuriare Harrison che, scagliatosi via la chitarra di dosso, si gettò sul tizio in questione, palesemente il doppio di lui.
Ringo sentì il cuore salirgli in gola mentre vedeva George sparire trascinato in mezzo alla folla. Quello che era cominciato come una discussione fra due persone non impiegò  molto a trasformarsi in una rissa, come spesso succedeva in locali del genere.
Senza pensarci minimamente Ringo si tuffò fra la folla alla ricerca del suo compagno di band e scorse la sua testa a pochi metri da lui. Era ancora impegnato con l'energumeno di prima e, riuscendo a non dare troppo nell'occhio grazie al caos dovuto alla ressa, Ringo afferrò George per la manica  del giubbetto di pelle e lo trascinò a fatica tra la folla e su per le scale del locale, finché non sentì l'aria fresca inondargli i polmoni.
Una volta ripreso il fiato perduto per via del caldo asfissiante e del piccolo spazio angusto che era appena stato reso irrespirabile da tutto quel caos, Ringo si voltò verso George per dirgliene quattro. Apprezzava il fatto che avesse voluto difenderlo. Ma buttarsi su un tizio di cento chili era da fottuti fuori di testa.
Stava già per iniziare la ramanzina quando notò che George si premeva la mano sull'occhio. Sotto la mano un livido che gli copriva l'intero occhio destro.
-Geo...
Ringo si avvicinò e spostò la mano del ragazzo, che gemette dal dolore.
-Non è niente- fece quest'ultimo in fretta -quel tipo mi ha preso alla sprovvista.
Ringo si guardò intorno. Aveva bisogno di parlare con George, ma li intonro c'era troppa gente. Prese perciò George per il braccio e lo trascinò in un vicoletto che costeggiava la via.
-Hey, fai piano!- si lamentò il più giovane.
-Non avresti dovuto gettarti su di lui in quel modo, era almeno tre volte più grosso di te!- Nonostante l'intenzione di non essere troppo duro con lui, Ringo non era riuscito a trattenersi. La paura che aveva provato nel vedere l'altro venire risucchiato in quel modo dalla folla era troppa -non lo sai che la gente che frequenta questi posti quando vuole farti male è perché vuole farti male sul serio? E poi in ho sentito dire di peggio, perché te la sei presa in quel modo?
George distolse lo sguardo e si appoggiò con la schiena al muro dietro di lui, seccato. Probabilmente quella non era la reazione che si era aspettato, ma in fondo sapeva che non poteva biasimare l'altro. Quello che aveva detto era vero. La gente, per Liverpool, ci si ammazzava di botte, per via della bande e tutta quella roba là. Ma lui non era riuscito a trattenersi. Non ne poteva più di sentir la gente dire certe cose su Ringo, che era così speciale e nessuno se ne accorgeva. Sin dalla prima volta che si erano visti, George aveva sentito crescere un sentimento sempre più forte nei suoi confronti. All'inizio ne era rimasto abbastanza spaventato, ma poi aveva finito per non trovarlo così strano. Ringo era una delle persone migliori che avesse mai incontrato, che c'era di male a volergli bene in quel modo? E come potevano gli altri essere così ciechi nei suoi confronti? Lui se ne era accorto sin dalla prima volta e alla fine aveva anche finito per dirglielo.
Okay, forse dirglielo non era la definizione giusta. Qualche settimana prima, ad una festa in cui aveva bevuto quel poco che bastava per renderlo disinibito abbastanza, George aveva deciso che non avrebbe resistito un minuto di più a tenere nascosto quello che provava e a fine serata, poco prima di lasciare la festa, si era ritrovato abbastanza alcol nel corpo per premere le sue labbra contro quelle di Ringo. Esatto. Il "piccolo" George Harrison aveva trovato non si sa come il coraggio di baciare Richard Starkey, che aveva tre anni più di lui, la barba e una macchina. Una macchina, capite? Centinaia di miglia più avanti di lui. Era un adulto e lui era solo un ragazzino. In realtà non li separavano neanche tre anni di distanza, ma a diciott'anni, tre anni in più sembrano così tanti.
E George era rimasto così sorpreso dal suo stesso gesto. Doppiamente sorpreso, in quanto, per prima cosa, non si sa quale forza misteriosa lo aveva spinto a fare ciò che aveva fatto e, seconda cosa, non aveva ricevuto la reazione che si era aspettato. Nel momento in cui aveva sentito quelle labbra calde sotto le sue, la cosa subito successiva che si sarebbe aspettato di sentire erano le mani di Richard che si appoggiavano sul suo  petto per spingerlo e allontanarlo il più possibile. E lui in effetti aveva poggiato i palmi sul petto di George. Ma poi aveva stretto la camicia del ragazzo fra le mani e l'aveva avvicinato più a sé, per poter meglio assaporare le labbra del più giovane. George ne era rimasto totalmente esterrefatto. Dovette far ricorso a tutta l'energia che aveva in corpo per imporre alle sue gambe di non cedere, di rimanere salde e ferme per poter rimanere ancora qualche secondo a bearsi delle labbra dell'altro che sapevano leggermente di fumo e alcol, un po' come le sue. Quando Richard si era poi  separato, perché George era fottutamente immobilizzato, aveva allentato la presa sulla sua camicia e gli aveva sorriso e George dovette di nuovo chiamare a sé tutte le sue forze per non cadergli fra le braccia come una dannata ragazzina.
Era allora che tutto era cominciato.
-George? C'è qualcuno lì dentro?
Ringo schioccò le dita all'altezza del suo viso, seccato, e George ritornò bruscamente alla realtà. L'altro lo guardava a metà fra il preoccupato e l'infastidito.
-Ascolti almeno quello che dico?
George sbuffò -anche la predica, mi sembri mio padre, cazzo.
-Se tuo padre ti avrebbe detto di evitare di lanciarti su un fottuto gigante tutto muscoli per evitare di ucciderti, allora va bene, ti sembrerò tuo padre, cazzo!
Ringo era davvero arrabbiato. Non gli capitava spesso e sentiva che forse stava esagerando. Il fatto però, era che non poteva farne a meno. Da quanto quel ragazzino era piombato letteralmente nella sua vita, aveva sentito che tutto era cambiato. Ne aveva bisogno come si aveva bisogno dell'ossigeno per vivere. E non aveva idea di quanto avrebbe avuto bisogno di lui in futuro.
Gli aveva parlato in quel modo perché l'idea che si facesse male per lui gli faceva rivoltare sottosopra lo stomaco.
-Mi ha dato semplicemente fastidio il modo in cui si è rivolto a te- fece George, lo sguardo ora basso e il tono appena udibile -mi da fastidio il modo in cui quell'intero branco di idioti si rivolge a te!- sbottò infine, rosso in viso, per la rabbia o l'imbarazzo, Ringo non poteva dirlo.
Il modo in cui il ragazzo si affannava per lui lo divertiva e allo stesso tempo gli scaldava il cuore. Non si sentiva più arrabbiato.
Portò una mano fra i capelli di George, spostandogli la frangia a lato del viso, mentre con l'altra lo cingeva in vita, facendogli poggiare la schiena con un lievissimo tonfo al muro dietro di lui. I centimetri che separavano i loro visi si potevano contare sulle dita di una mano, gli occhi alla stessa altezza nonostante la differenza di età. Dannata la sua bassa statura!
Spostò brevemente gli occhi dai suoi solo, il minimo che bastava per controllare che non ci fosse nessuno nei paraggi e posò le labbra su quelle del più giovane, incapace di trattenersi. Le labbra di George erano morbide e calde, come lo erano state tutte le volte che lo aveva baciato nelle precedenti settimane, e soprattutto erano sue.
George aveva chiuso gli occhi e li aveva riaperti solo quando l'altro si era staccato di qualche millimetro.
-Non ti capisco. Prima mi sbraiti addosso e poi mi baci- sbottò corrucciato, non riuscendo a comprendere quel suo strano comportamento.
Ringo ridacchiò -sei tenero quando cerchi di difendere quelli più grandi di te.
-Io non cerco di difendere quelli più grandi di me- protestò -solo te!- disse, e le sue guance si colorarono immediatamente, ma fortunatamente il buio che avvolgeva il vicoletto nascondeva questa sua debolezza.
Ringo si intenerì e portò una mano ad accarezzargli il viso -non c'è bisogno che ti fai ammazzare per me.
Non mi stavo facendo ammazzare- sussurrò George, le labbra a un soffio di distanza da quelle di Ringo. Poteva sentirne il calore anche senza che si toccassero -ti ci devi abituare perché ucciderò di botte chiunque provi a dire qualcosa contro di te.
Ringo non poté far a meno di aprirsi in una risata -wow, ho il mio piccolo cavaliere personale!
Se possibile, George arrossì di più. L'altro non poteva vederlo, ma sentiva aumentare il calore delle guance sotto le sue mani.
-Bè è così e lo sarà sempre. E piantala di ridacchiare!
Il più grande si avvicinò di nuovo, premendo senza fretta il corpo contro il suo, e lo baciò, l'unico modo che aveva per potersi distrarre dalle risate, anche se le sue labbra non poterono far a meno di curvarsi all'insù. Era sicuro che George lo sentisse sorridere sulle sue labbra, ma la situazione lo divertiva troppo:
Ringo, il più grande fra i due, aveva un cavaliere che giurava di proteggerlo per sempre, era innamorato di un ragazzo e sentiva di desiderarlo con tutto se stesso. Era sbagliato, tutto sbagliato. E non poteva importargliene di meno.
Diede al ragazzo un leggero bacio sull'occhio ormai nero, facendolo gemere per il lieve dolore, e si staccò definitivamente da lui, pur mantenendo una certa vicinanza. Era più forte di lui, non poteva stargli troppo lontano.
-Sarà meglio tornare dentro, fra poco è di nuovo il nostro turno e siamo via da un po', che diciamo agli altri se fanno domande?
-Che stavamo limonando dietro il locale- rispose George facendolo ridere.
-Certo, sarebbe una scenetta da non perdere. Vedo già Paul che sviene tra le braccia di John!
-Quei due tanto se la fanno allegramente- fece George noncurante.
Ringo scosse la testa. Ma in che razza di band era finito?











 

   
 
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