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Autore: Dejanira    25/05/2008    3 recensioni
Col passare del tempo molte cose cambiano, e a volte è difficile che tutto ritorni come un tempo. Hermione Granger è ormai stanca della vita, e quando torna a Londra non è più quella di una volta. E se fosse proprio Draco Malfoy a farle tornare la forza di ricominciare a sperare?
Genere: Romantico, Triste, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Luna Lovegood, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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EVERYTHING BURNS

EVERYTHING BURNS

di Dejanira

 

 

1. FIREWHISKY

 

Meglio ardere subito che spegnersi lentamente.

Kurt Cobain

 

La porta si aprì cigolando e un soffio della fredda aria di dicembre entrò nel locale, facendo rabbrividire appena uno dei clienti seduto al tavolo più vicino all’ingresso. La porta venne richiusa e il forte rumore del vento si placò completamente. C’era un’atmosfera calda lì, data forse dalle tante persone che ridevano e chiacchieravano, dalle tazze di cioccolate calde fumanti e liquori molto forti, o dalle numerosi decorazioni natalizie che adornavano tutto il locale. La ragazza appena entrata si abbassò il cappuccio dal capo e si tolse alcuni fiocchi di neve dalle spalle e dalle braccia. Fece vagare velocemente lo sguardo ambrato sulla sala, e quando scorse, seduta da sola a un tavolino, una piccola figura che faceva di tutto pur di farsi notare, la raggiunse velocemente. Al centro del tavolo c’era un piccolo vaso con delle stelle di Natale, e la tovaglia e i tovaglioli erano rigorosamente rossi, abbinati ai fiori e alle decorazioni.

- Hermione! – cinguettò Luna Lovegood, allegra, vedendo l’amica dirigersi verso di lei e poi prendere posto. – Finalmente, temevo che non saresti più arrivata –

Hermione non provò nemmeno ad abbozzare un sorriso; erano due anni che non rideva e non sarebbe riuscita mai e poi mai a fingere un sorriso che risultasse anche solo lontanamente credibile.

- Mi dispiace di averti fatto aspettare – disse semplicemente, e la sua voce era molto più dura e aspra di quel che Luna ricordava. Era dall'Aprile di due anni prima che non si vedevano, da quando Hermione aveva deciso di andare a stare per un po’ di tempo in Irlanda, dove i suoi genitori si erano trasferiti tempo prima per motivi di lavoro.

- Sono così felice di vederti! – esclamò Luna, allegra, i grandi occhi grigi che sprizzavano gioia. – Ti ho mandato delle lettere ma mi hai risposto solo a poche. Sei stata molto impegnata? Come li hai passati questi mesi? –

- Beh – iniziò Hermione. – No, non sono stata molto impegnata, anzi: ho avuto molto tempo per… riflettere –

- Oh – fece l’altra. – Si è sentita la tua mancanza. Io, Neville e Ronald pensavamo che saresti venuta quest’estate, almeno per alcuni giorni, e invece ti sei fatta viva solo a Natale – disse, ma non c’era traccia di rimprovero nella sua voce. – Ron sarà felicissimo di rivederti, quando gli ho detto che saresti tornata a Londra ha quasi fatto un balzo sulla sedia; avresti dovuto vederlo –

- E’ da tempo che non sento Ron. Come sta? –

Luna fece per rispondere, ma uno dei camerieri del locale la interruppe, arrivando proprio in quel momento per prendere le ordinazioni.

- Cosa vi porto? – chiese con voce cortese.

- Per me un’Acquaviola – disse Luna.

- Un Firewhisky – disse invece Hermione.

Il cameriere annuì senza battere ciglio e poi andò via a passi veloci dirigendosi subito verso il bancone. Tornò alcuni istanti dopo, con l’Acquaviola di Luna e il Firewhisky di Hermione.

Quando si fu allontanato, Luna bevve un sorso dal suo bicchiere e poi lo poggiò sul tavolo, continuando a tenerlo con entrambe le mani.

- Dicevamo? Ah, sì, Ronald. E’ piuttosto sereno in questo periodo, sai, suo fratello Charlie è tornato un mese fa dalla Romania e ha portato con sé la sua ragazza, Jeanine. L’ha conosciuta in Romania, e pare che si debbano sposare al più presto –

- Oh, mi fa piacere. Spero che a Molly piaccia più di quanto non le piaccia Fleur –

- Jeanine sembra piuttosto simpatica, l’ho incontrata, una volta. Comunque adesso la signora Weasley e Fleur vanno molto più d’accordo. A proposito, Ron ti ha detto che Fleur è incinta? –

Hermione scosse la testa.

- No. Te l’ho detto, è da molto che non lo sento –

- Rimedieremo: organizzeremo un bell’incontro tutti insieme al più presto. Lui non vede l’ora di vederti, e anche Neville. Ci sei mancata tanto, sai? Voglio dire, già è stato terribile perdere… insomma, sembra quasi che a poco a poco ci stiamo allontanando un po’ tutti, e io non voglio questo. Mi dispiacerebbe molto, ne abbiamo passate tante a Hogwarts e sarebbe davvero un peccato perderci di vista –

Non rispose nulla, Hermione, prendendo il suo bicchiere e portandoselo alle labbra. Al primo, breve sorso, avvertì subito una piacevole sensazione di bruciore alla gola, che andava facendosi sempre più forte man mano che il Firewhisky le scendeva lungo la gola. Un altro sorso, e di nuovo avvertì quel bruciore che ormai poteva dire di conoscere abbastanza bene. Non amava particolarmente le bevande alcoliche, ma col Firewhisky era tutto un altro discorso; era l’unico che prendeva.

Assunse un’espressione strana, un po’ amara e triste, e Luna la guardò, indecisa su come comportarsi.

- Ci siamo proprio divertiti alcune sere fa, sai, abbiamo cenato tutti insieme, io, Ron, Neville e Lavanda, intendo, e ci siamo divertiti davvero, avrei tanto voluto che ci fossi anche tu solo per vedere Ronald che… -

- Luna –

Lo disse così, con quella sua voce aspra e per certi versi quasi strana, lontana, sconosciuta, gli occhi fissi sul bicchiere e le mani pallide immobili sul tavolo. Alzò lo sguardo e allora Luna si accorse che era molto dimagrita in quegli anni, e si era fatta più pallida, smorta, sembrava così stanca.

- Luna – ripeté. – Apprezzo il tuo sforzo, ma, ti prego, non cercare di far finta che sia tutto come prima, perché non lo è –

- Ma io… -

- Tu sei sempre stata ottimista, e tra noi sei sempre stata la più forte. Non è più la stessa cosa, Luna. Senza Harry non è più la stessa cosa –

Luna chinò il capo, e per la prima volta in quella serata la sua espressione si fece triste e gli occhi grandi, che Hermione ricordava sempre sgranati per lo stupore e sprizzanti di gioia, adesso erano più cupi. Avrebbe voluto dire tante cose, ma anche lei, Lunatica Lovegood, quella stramba, quella che immaginava strane creature che solo lei poteva vedere, quella che andava in giro con collane di tappi di burrobirra e con la bacchetta dietro un orecchio, incurante dei mormorii e dei sussurri e delle occhiate divertite che le lanciavano quando passava per i corridoi col naso all’insù nella speranza di incrociare un Gorgosprizzo, anche lei chinò la testa, cercando parole che, lo sapeva, non avrebbe potuto trovare da nessuna parte. Perché non c’era più nulla da dire. Si erano detti tutto quello che c’era da dire il giorno successivo alla morte di Harry Potter e di Lord Voldemort. Che nulla sarebbe stato come un tempo Hermione e Ron l’avevano capito molto prima, ma lei non si era mai arresa nella speranza di poter continuare a vivere come una volta. Si erano detti tutto quando Hermione aveva annunciato che se ne andava a stare dai suoi genitori per un po’, perché sentiva il bisogno di stare sola per qualche tempo, lontana da giornalisti indiscreti e da persone che si congratulavano con lei per aver aiutato il Prescelto a liberarsi del Signore Oscuro.

- Il passato è passato, e noi non possiamo fare nulla per cambiarlo. Non serve passare la vita a guardarsi indietro, perché un giorno potresti tornare a guardare avanti e accorgerti che è ormai troppo tardi –

Mentre Luna parlava, Hermione non trovò nemmeno la forza di guardarla negli occhi, ostinandosi a tenere lo sguardo puntato su una piccola famigliola che chiacchierava animatamente. Mise le mani sotto il tavolo e iniziò a torturarsi l’orlo del maglione grigio, non riuscendo stare ferma. Quando azzardò ad alzare gli occhi su quelli di Luna, vide che lei non aveva smesso di fissarla nemmeno per un istante.

- Non sei venuta al funerale di Harry – proferì Luna, lo sguardo così penetrante che sembrava leggere dentro. Stettero a guardarsi alcuni istanti senza che Hermione aprisse bocca, prima che Luna riprendesse a parlare.

- Perché? – domandò, e il tono lievemente più severo di alcuni secondi prima si raddolcì. Rimase a guardarla ancora, ma vedendo che lei cercava in tutti i modi di non incrociare il suo sguardo indagatore, quasi preoccupata di scovare una nota di rimprovero in quelle iridi plumbee, lasciò perdere. Fissò gli occhi sulle stelle di Natale, simbolo di una festa che da loro non sarebbe arrivata.

Vide la mano di Hermione muoversi sul tavolo e afferrare il bicchiere di Firewhisky, berne un lungo sorso e svuotarlo del tutto, senza lasciar una sola goccia sul fondo del bicchiere. Lo ripose sul tavolo con un movimento più violento e brusco di quel che avrebbe voluto, e quando guardò un’altra volta il viso di Luna fu solo per pochi istanti.

- Il tempo passa – disse Hermione. – E le persone cambiano. Io sono cambiata –

- Hai abbandonato tutto, te ne sei andata e non ci hai più dato tue notizie se non per qualche breve lettera con la quale ci dicevi poco o niente. Perché? A cosa è servito? Che motivo c’era di mollare tutto così? –

- Non avevo più nulla da fare qui a Londra –

- Non è vero! – strillò Luna, e fu una fortuna che il locale fosse piuttosto animato e che le voci degli altri clienti coprissero quella rotta e spezzata di Luna. – C’ero io. E c’era Ron. Noi avevamo bisogno di te, e tu te ne sei andata quando più avevamo bisogno di restare uniti –

Hermione scosse la testa violentemente.

- Che motivo avevo di rimanere qui? Cosa c’era che mi legava a questo posto, se non un opprimente senso di vergogna? –

- Vergogna? – fece Luna, gli occhi sgranati e l’espressione perplessa e sorpresa. – Vergogna di che? Cielo, Hermione, avevi una fama di ottima Auror e quando camminavi per strada la gente ti fermava per congratularsi con te! Tu, che insieme a Ron sei rimasta sempre accanto a Harry, tu, che l’hai aiutato nella battaglia contro Tu-Sai-Chi! Come puoi dire una cosa del genere? –

L’espressione di Hermione si fece più dura, quasi arrabbiata, e sembrava sul punto di urlare o vomitare. Pareva che stesse lottando contro sé stessa, e Luna credeva che sarebbe balzata in piedi e si sarebbe messa a gridare inferocita; non fece niente di tutto questo. Guardò Luna, e quello che disse lo disse con voce paurosamente piatta e atona.

- Io non c’ero – disse semplicemente.

Luna aggrottò un sopracciglio.

- Cosa vorrebbe dire che non c’eri? Non c’eri dove? –

- Io non c’era quando Harry aveva bisogno di me –

- Ma che sciocchezza… -

- Io mi sono ritirata. Ho avuto paura. Ero stanca della guerra, stanca di vedere morti ovunque portassi lo sguardo, stanca di tutto. E ho mollato –

- Hermione, tu sei rimasta  - ribatté Luna, spazientita. – Tu sei rimasta fin quando Harry ha avuto bisogno del tuo aiuto. La battaglia finale era tra lui e Voldemort, l’aveva detto Harry stesso, ricordi? Tu ti sei fatta da parte quando dovevi –

- Tu non sai. Non puoi capire –

Si alzò in piedi, spostando la sedia con un rumore stridente, si abbottonò il mantello.

- Tu sei oppressa da assurdi sensi di colpa che non hai motivo di provare – le disse Luna, alzandosi a sua volta. Glielo ripeté tante volte, mentre abbandonavano il locale, ma Hermione sembrava non ascoltare, nemmeno quando si trovarono fuori, con la neve che cadeva leggera a piccoli fiocchi.

- Ci vediamo, Luna –

- Cosa? Guarda che il discorso non è mica finito! – disse, senza smettere di camminare.

- Non c’è più niente che dobbiamo dirci. Hai ragione, il passato è passato e ormai non possiamo più cambiarlo. Io non avrei dovuto essere qui, e invece ci sono, ed  inutile piangere sul latte versato –

- Ma cosa dici… -

- Ci vediamo, uno di questi giorni – la ignorò Hermione. – Mi farò sentire io –

Ed Hermione Granger si smaterializzò con il tipico pop, lasciando Luna Lovegood sola in mezzo a quella via di Londra illuminata da luci colorate e dalle decorazioni natalizie.

 

 

Avevano comprato quella casa nella periferia di Londra una volta terminata la scuola. Harry non aveva la minima voglia di tornare dai Dursley nemmeno un’altra volta soltanto, Ron non era stato affatto dispiaciuto di allontanarsi per un po’ dalla Tana, non perché la detestasse ma semplicemente perché l’alternativa di vivere insieme ai suoi migliori amici era piuttosto allettante, e Hermione aveva acconsentito subito sapendo che dalla casa dei suoi genitori non avrebbe potuto essere tanto attiva come avrebbe potuto essere se fosse stata più vicina a Harry, Ron e gli altri membri dell’Ordine. Nonostante fossero passati anni dall’ultima volta che era stata lì, portava ancora la chiave sempre con sé, e quando aprì la porta e varcò la soglia avvertì subito un forte odore di chiuso arrivarle alle narici. Accese l’interruttore della luce (dopotutto quell’appartamento gli era stato venduto da un uomo babbano), e pose le chiavi sul piccolo mobiletto dell’ingresso, sul quale vi era un piccolo vaso blu con alcuni fiori ormai vecchi e appassiti.

C’era uno spesso strato di polvere su tutti i mobili e sugli angoli del soffitto c’era anche della fuliggine. A parte ciò, la casa era la stessa di due anni prima, solo più spoglia. Ma i mobili erano lì, così come le graziose tende che Molly Weasley aveva cucito apposta per loro, e la libreria ricolma di alcuni libri e tante vecchie copie della Gazzetta del Profeta, del Cavillo e di altre riviste.

Hermione si diresse verso la sua stanza e la trovò ordinata come l’aveva lasciata, con quella finestra che dava sulla strada, la scrivania all’angolo e il letto con la coperta blu. Aprì la finestra, per far cambiare l’aria e per il semplice piacere di sentire almeno alcune voci provenire dall’esterno, insieme ad alcune vivaci musiche natalizie. Si lasciò cadere pesantemente sul letto facendo sollevare un po’ di polvere, e sospirò. Chiuse gli occhi, e stranamente si accorse di non sentirsi poi così a casa propria in quell’appartamento di Londra. Perché non era a quelle pareti che si era affezionata, ma ai suoi abitanti. E senza Harry e Ron, quelle quattro mura di casa avevano assai poco.

Si rimise a sedere e si alzò in piedi, gettando disordinatamente il mantello sulla sedia della scrivania, uscì dalla sua stanza e entrò in quella di Ron. Anche quella era sempre la stessa, col letto e il piccolo armadio sempre al loro posto, ma sembrava più spoglia di quella di Hermione.

Una volta fuori, si diresse verso la porta della camera di Harry, e questa volta indugiò un poco, la mano ferma sulla maniglia della porta.

La spinse con un getto secco e aprì la porta, fermandosi all’entrata, quasi intimorita dall’idea di entrarvi, perché quella stanza, se solo non fosse stata per la polvere e l’aria viziata, sembrava quasi abitata.

Fogli dappertutto, copie di giornali e riviste, appunti, fotografie, cornici, pochi soprammobili, una sveglia, una tazza di caffè sporca…

La mano ancora sulla maniglia, trasse un sospirò ed entrò nella stanza. Si avvicinò alla scrivania, e sfoglio una rivista del Profeta che portava la data di mercoledì 14 giugno 1998. Alcuni giorni prima della morte di Harry. Toccò il manico della tazza bianca e passò l’indice sul bordo, poi si avvicinò al comodino guardando la sveglia le cui lancette non giravano più. La prese tra le mani, ricordando tutte le volte che aveva sentito Harry lanciarla sul pavimento nel tentativo di farla smettere di suonare, mentre Ron, che dopo anni non si era ancora abituato allo squillante rumore di quell’aggeggio infernale che squillava tanto forte da svegliare tutto il vicinato, si alzava all’improvviso tutto preoccupato, prima di ricordarsi che era solo la sveglia.

Allora Hermione, sempre mattiniera, si arrabbiava con loro accusandoli di essere dei pigri scansafatiche, che se ne stavano a poltrire quando avevano mille cose da fare. Rimise delicatamente la sveglia dove l’aveva trovata e questa volta dedicò la sua attenzione a qualcosa che, se solo lei fosse stata quella di un tempo, le avrebbe fatto venire le lacrime agli occhi.

Era una foto di lei, Harry e Ron, scattata il venticinque dicembre del loro ultimo anno a Hogwarts. Ricordava benissimo quel giorno. Quell’anno tutti e tre erano rimasti a scuola per le vacanze di Natale, e proprio la mattina del venticinque, Colin Canon, con la sua inseparabile macchina fotografica ben stretta al collo, aveva acconsentito a fargli quella foto, della quale si fecero fare successivamente delle copie, in modo da poterle conservare. Harry era al centro, Ron alla sua sinistra e Hermione a destra. Indossavano tutti e tre sciarpe e pesanti cappotti, e stavano abbracciati, ridendo, e pareva che Ron stesse dicendo qualcosa a Colin mentre lui scattava la foto, ed Hermione quasi si stupì scoprendo di non ricordare le loro parole.

Strano. E dire che aveva sempre creduto che momenti come quelli, gli ultimi veramente felici e spensierati, non li avrebbe più dimenticati. Eppure adesso quei giorni sembravano così lontani, così distanti da lei che a Hermione parve quasi strano che potessero appartenere alla sua vita. La serenità era ormai per lei cosa così insolita e rara che faceva quasi fatica a credere che esisteva un tempo in cui lei era felice, con Harry Potter e Ron Weasley al suo fianco. Smise di guardare la foto, si sedette sul bordo del letto e vi si distese, stanca di quella giornata fin troppo piena di ricordi. Chiuse gli occhi lasciandosi cullare dalle lontane melodie natalizie provenienti dalla strada, gli occhi aperti che fissavano il soffitto e le mani dietro la nuca. Avrebbe tanto voluto versare qualche lacrima per poter sfogare quell’orrenda sensazione che le attanagliava le viscere, ma erano anni che non piangeva.

Non le era rimasta forza nemmeno per quello.

 

 

 

 

NOTE AUTRICE

L’idea per questa fan fiction mi è venuta già un po’ di tempo fa, e finalmente adesso, che sono un po’ più libera da impegni vari, sono riuscita a metterla per iscritto. Non tiene conto degli ultimi due libri di HP, e non credo che sarà molto lunga, anche se non so di preciso quanti capitoli verranno fuori. Ovviamente questi personaggi non mi appartengono ma sono di proprietà di J. K. Rowling, che ne detiene tutti i diritti, la storia non è scritta a scopo di lucro, io non ci guadagno niente, eccetera eccetera.

Dejanira.

 

  
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