1
Settembre 1944. Hogwarts
Osservai
con un sorrisetto tutti i primini che mi circondavano
venire smistati dal cappello parlante e fissai la mia divisa nuova.
Dopo aver
parlato con un più giovane Albus Silente della mia
situazione, avevamo
convenuto entrambi che la cosa migliore da fare per me fosse seguire le
lezioni
con gli studenti del settimo anno, per non dare adito a domande
scomode.
Nessuno
all’infuori di noi due doveva sapere che provenivo dal
futuro.
Silente
mi aveva presentata al preside Dippet come la figlia
di alcuni suoi amici uccisi recentemente da maghi oscuri.
Aveva
spiegato che non avevo altri parenti in vita, e che i
miei genitori prima di morire mi avevano affidata a lui anche se ero
già
maggiorenne.
Era
bastato davvero poco per convincerlo ad accettare la mia
iscrizione all’ ultimo anno.
Avevo
parlato molto con Silente: di Harry, della guerra, di
Voldemort…
Ero
rimasta sorpresa nel vederlo quasi impassibile di fronte a
quelle rivelazioni: forse già sospettava che un giorno Tom
Riddle sarebbe stata
la rovina del mondo magico.
Tuttavia,
ero stata avvisata: non era Lord Voldemort che avrei
incontrato, ma Tom Riddle. Non era ancora il mago oscuro che avevo
imparato a
temere, ma solo un diciassettenne.
“Cattivi
non si è ma si diventa.” mi aveva ammonita, e per
quanto le sue parole continuassero a ronzarmi nella testa non avevo
alcuna
aspettativa di trovarmi davanti un Lord Voldemort diverso da come lo
avevo
conosciuto.
Riportai
la mia attenzione al preside Dippet che stava
annunciando alla scuola il mio arrivo.
«…
e quest’anno Hogwarts avrà anche una nuova alunna
che si
unirà direttamente a quelli del settimo anno: Hermione
Evans.»
Sorrisi
nel sentire il mio nuovo cognome: Evans era comune
anche tra i maghi, e inoltre mi ricordava tanto Harry. Avevo deciso di
cambiare
il mio per fare in modo di essere meno rintracciabile possibile nel
caso
qualcuno avesse deciso di fare qualche ricerca su di me.
Granger,
purtroppo, era un cognome unicamente babbano.
Mi
avvicinai allo sgabello e mi sentii di nuovo undicenne
quando posarono il cappello parlante sulla mia testa.
«Molto
bene, vedo che
abbiamo una viaggiatrice nel tempo qui!»
«Ma
come…»
«Sono
uno strumento magico,
signorina Granger, creato da Godric Grifondoro in persona. Il tempo non
esiste
per me.» mi
spiegò il cappello
«Vedo
nella tua mente il
progetto che hai intenzione di mettere in atto. Hai intenzione di
cambiare
questo passato, e il tuo futuro addirittura!»
«Devo
farlo.» gli
dissi
risoluta, «Non posso permettere che
tante
persone vengano uccise da Voldemort. Almeno, non adesso che posso fare
qualcosa
per modificare il corso della storia!»
«Non
riuscirai mai ad
ucciderlo.» ribattè
il cappello «Sei una Grifondoro fin
dentro l’anima.»
«Cambierò
il futuro.» sentenziai.
Ripensai a tutte le morti che c’erano state: Lily e James
Potter, Sirius Black,
Cedric Diggory… sarei riuscita a salvarli tutti. Sentii il
cappello emettere un
sospiro, e capii che stava per emettere la sua sentenza.
«Non
tutto andrà come
credi.» mi
avvertì, ed io incrociai le dita sperando che avrebbe
esaudito il mio desiderio.
«SERPEVERDE!»
urlò a tutta la Sala Grande, e mentre il tavolo
verde-argento
applaudiva, stranamente ghignai.
Una
ragazza dai lunghi capelli rossi mi sorrise facendomi
spazio accanto a lei, ed io mi sedetti ricambiando il suo sguardo
cordiale. Non
sembrava proprio una serpeverde! O, almeno, non si comportava affatto
come
quelli che io avevo conosciuto nel mio tempo.
«Ciao,
io sono Dorea Black. Piacere di conoscerti!» mi disse,
poco prima che apparisse la cena sui tavoli ed iniziasse a servirsi.
«Il
piacere è tutto mio, Dorea.» esclamai sorridendo,
prima di
volgere la mia attenzione altrove.
Iniziai
a dare un’occhiata agli altri occupanti del tavolo
alla ricerca dell’Erede di Serpeverde, ma riuscii solo a
riconoscere quello che
dai capelli platinati aveva tutta l’aria di essere un Malfoy.
Probabilmente
Dorea doveva essersi accorta che lo stavo fissando perché mi
diede una gomitata
nel fianco ed io la fissai con un sopracciglio inarcato.
«Lascialo
perdere Herm!» mi consigliò «Quello
è Abraxas
Malfoy. È solo un pallone gonfiato fissato con le arti
oscure, anche se è
davvero un bel ragazzo, questo devo ammetterlo…»
Iniziai
a boccheggiare. Ci mancava solo che pensassero avessi
una cotta per Malfoy!
«Nono
ti sbagli!» la rassicurai in fretta «A me non piace
assolutamente quel tizio!»
Dorea
mi guardò scettica.
«E
allora perché lo stavi guardando?»
Perché
stavo cercando
colui che tra circa quarant’anni ucciderà i
genitori del mio migliore amico!
Ma
questo non potevo davvero dirglielo.
«Perché
stavo cercando uno dei caposcuola.» mentii sul momento
«Il preside Dippet mi ha detto che è di
serpeverde, e che avrei potuto chiedere
aiuto a lui nel caso mi servisse qualcosa.»
Pensavo
di essere riuscita a cavarmela con quella risposta
improvvisata, infatti Dorea sbuffò.
«Fossi
in te non ci farei tanto affidamento. Tom Riddle non è
il tipo di ragazzo a cui piace essere disturbato per certe cose.
Comunque puoi
contare su di me per qualunque cosa e, a proposito, questo è
mio fratello,
Cignus Black.»
Mi
indicò un ragazzo dai capelli rossi che le si era appena
seduto di fronte, e questi mi fece un cenno che io ricambiai. Si
somigliavano
molto, avevano entrambi i tratti tipici dei Black, ma c’era
una cosa che non mi
quadrava.
«Scusa
Dorea, ma i Black non hanno tutti i capelli neri?»
La
mia curiosità venne ripagata dalla sua risata quando con
gli occhi spalancati le vidi i capelli colorarsi immediatamente di
nero. Mi
voltai stupita verso Cignus e vidi che anche lui adesso esibiva dei
capelli
neri oltre ad un sorrisetto divertito.
«M-ma…
siete Metamorfomagus!» esclamai stupita, mentre vedevo
i loro capelli ritornare al consueto rosso.
Non
pensavo che esistessero Metamorfomagus anche nel ramo dei
Black!
«Esatto
miss Evans, sono colpita dalla sua arguzia! Però il
rosso è il nostro colore naturale, e siamo i primi da secoli
ad averlo
ereditato!» disse orgogliosa, usando però con un
tono da presa in giro, come se
a dire quella frase fosse uno con la puzza sotto il naso.
Scoppiammo
entrambe a ridere ma prima che potessi dire altro
una voce ci interruppe.
«Black,
non starai mica assillando di nuovo qualcuno con
quella patetica imitazione del tuo precettore, vero?»
Mi
impietrii sul posto, e lentamente mi voltai verso il
ragazzo che aveva parlato. Prima ancora di vederlo, sapevo che era lui.
«Non
sono affari tuoi, Riddle!» disse acida Dorea.
Dallo
sguardo che aveva probabilmente il ragazzo non le era
simpatico, anche se appartenevano alla stessa casa.
«Lo
diventano nel momento stesso in cui sono costretto ad
ascoltare le tue stupidaggini.» rispose tagliente Tom, e
Dorea si zittì.
Probabilmente
lui doveva aver vissuto conversazioni del genere
molte volte per riuscire a zittire così facilmente il suo
interlocutore.
Il
suo sguardo si posò su di me, e finalmente potei guardarlo
bene in faccia rimanendo alquanto sorpresa. Era alto, Tom Riddle, e
bello di una
bellezza carismatica che ti impediva di togliergli gli occhi di dosso.
Aveva
gli occhi grigi, e lisci capelli neri con un ciuffo che gli ricadeva
sulla
fronte.
Sembrava
a prima vista un ragazzo attraente perfettamente
normale, tuttavia sprigionava un’aura di pericolo impossibile
da nascondere, e
d’istinto portai una mano alla bacchetta.
Mi
aspettavo che si sarebbe presentato dal momento che ero
nuova, ma non lo fece. Tuttavia, sentii una leggera pressione nella
mente, come
se qualcuno stesse cercando di leggerla.
Chiusi
gli occhi in un attimo, riportando alla memoria tutti
gli insegnamenti che avevo letto su di un libro per imparare
l’Occlumanzia, e
riuscii a bloccare l’intruso e a spingerlo via prima che
potesse vedere
qualcosa di interessante.
Ero
diventata piuttosto brava nell’ultimo anno in
quest’arte,
oltre che nella Legilimanzia ovviamente.
Quando
aprii di nuovo gli occhi, Tom Riddle si era seduto
accanto a Cignus Black con la sua solita aria impassibile, anche se si
poteva leggere
distintamente un’ombra di stupore in quelle iridi argento.
Mi
sentii tirare la manica, e voltandomi capii che era Dorea
che mi chiamava. Sembrava avere l’aria spaventata.
«Herm!
Ti senti bene?»
«Sto
benissimo Dorea, stai tranquilla!» cercai di
tranquillizzarla e la vidi emettere un sospiro di sollievo.
«Pensavo
che Riddle ti avesse fatto qualche incantesimo. Non
la smettevi più di fissarlo! Comunque non è
l’uomo giusto per te, quindi ti
consiglio di rinunciare in partenza.»
Dorea
Black sembrava avere una vera passione nel combinare
accoppiamenti, ma, sinceramente, l’idea di me innamorata di
Riddle mi sembrava
davvero ridicola.
Oh,
Dorea, se sapessi! pensai
divertita, mentre la cena scompariva dal tavolo e tutti ci alzavamo per
andare
nelle Sale Comuni.
Era
la prima volta che mi avventuravo nella Sala Comune dei
Serpeverde, e Dorea mi fece da guida spiegandomi le strade
più veloci per
andare alle lezioni e raccontandomi aneddoti dei suoi anni ad Hogwarts.
Era
molto simpatica, mi ricordava tanto Ginny, e pensai che
saremmo diventate buone amiche nel periodo che avrei trascorso nel
1944.
Qualcuno
gentile con me era proprio quello che mi serviva,
anche se avrei potuto solo mentirle se mi avesse fatto domande scomode.
Arrivammo
davanti ad un muro di pietra e Dorea esclamò:
«Drago
sputaguai.» e la parete di pietra si spostò
lasciando
il posto ad un ingresso.
Guardai
Dorea con un sopracciglio inarcato.
«Drago
sputaguai?»
Ma
che razza di parola d’ordine era?!
Dorea
mi fissò imbarazzata.
«Le
parole d’ordine le scelgono i prefetti e quello di
quest’anno è piuttosto… eccentrico, se
vogliamo chiamarlo così!»
Scrollai
le spalle divertita ed entrai nella Sala Comune di Serpeverde.
Dovevo
ammettere che l’ambiente non era così male,
considerato
che ci trovavamo sotto il Lago Nero.
Certo,
era tutto verde-argento, ma c’erano delle poltroncine
ed un fuoco che erano piuttosto invitanti.
Dorea
mi mostrò dove avrei dormito, e fui felice di vedere che
saremmo state nella stessa camera.
Mentre
lei sistemava le sue cose, io vidi ai piedi del mio
letto un baule, dei libri ed una busta indirizzata a me.
Era
una lettera del professor Silente.
Cara
Hermione,
spero
che non ti
dispiaccia, ma ho provveduto a farti recapitare libri e abiti adeguati
che
credo potranno servirti.
Mi
sono anche permesso di
stilare il tuo orario delle lezioni che, come noterai, sono tutte con
il signor
Riddle.
Ho
pensato che così
sarebbe stato più facile per te conoscerlo.
Oltre
ai libri di scuola,
non ho potuto fare a meno di notare come ti si sia incantata
nell’osservare la
mia libreria personale, per cui ho pensato di prestarti alcuni dei
libri che la
compongono, sperando che tu possa trovarli istruttivi oltre che
piacevoli.
Spero
che tu stia
riuscendo ad integrarti bene tra i tuoi nuovi compagni di casa, e non
dimenticare che la mia porta è sempre aperta se ti servisse
qualcosa.
Albus Silente
Ps.
Questa lettera brucerà
dopo la lettura.
Posai
la lettera per terra mentre iniziava a bruciare per poi
scomparire senza lasciare traccia e, curiosa, aprii il baule.
C’erano
molti abiti casual ed alcuni eleganti.
Li
trovai di mio gusto, anche se erano stile anni ’40.
Dei
libri lessi alcuni titoli, e fui felice di trovare tra
quelli ‘Orgoglio e Pregiudizio’.
Lo
presi in mano accarezzando la copertina, e mi tornarono in
mente tutti i pomeriggi ad Hogwarts e a casa mia passati a leggerlo
immaginando
di essere Elizabeth Bennet.
«Buona
notte, Hermione.» mi disse Dorea, ma prima che potessi
ricambiare il saluto si era già addormentata.
Non
avevo sonno, probabilmente a causa dell’adrenalina provata
nelle ultime ore, e d’impulso presi una decisione che ci si
sarebbe aspettata
più da Harry Potter che da Hermione Granger.
Con
il libro ‘Orgoglio e Pregiudizio’ in mano, dopo
aver
lanciato un sorriso a Dorea, uscii dalla mia camera ed iniziai ad
avviarmi
verso l’uscita. Non c’era nessuno in giro per i
corridoi, e guardando il mio
orologio capii il perché: erano le undici e mezzo ed il
coprifuoco era scattato
da un pezzo, però quella sera avevo voglia di infrangere le
regole oltre che di
uno spuntino di mezzanotte. Sapevo come trovare le cucine e come
entrarci,
quindi non ci sarebbero stati ostacoli. O almeno così
pensavo.
Con
un sorriso stavo per uscire dalla Sala Comune quando mi
ritrovai faccia a faccia niente di meno che con Tom Riddle, che stava
rientrando.
Ci
fissammo per qualche secondo con aria stupita, poi lui
riprese il controllo di sé ed assunse la sua solita facciata
indifferente.
«Evans,
dove credi di andare? C’è il coprifuoco nel caso
tu
non lo sappia.» il suo tono autoritario mi fece andare in
bestia e subito mi
preparai a rispondergli per le rime. Dopotutto, anche lui aveva appena
violato
il coprifuoco!
«E
che mi dici di te, allora? Si dia il caso che mentre io lo
stessi per infrangere tu lo avevi fatto già da qualche ora,
quindi non credo
che ti trovi nella posizione di farmi la predica. Inoltre,»
aggiunse, «anche se
tu sai il mio nome, io non so il tuo e sarebbe educazione che ti
presentassi!»
ribattei piccata, venendo ripagata dalla sua espressione smarrita.
Probabilmente
non si aspettava che riuscissi a tenergli testa,
e ringraziai mentalmente la mia capacità oratoria che mi
aveva salvata in più
di un’occasione.
Quello
che non mi aspettavo io, tuttavia, era che lui invece di
rispondere mi afferrasse per un braccio e mi costringesse a rientrare
in Sala Comune
iniziando a trascinarmi fino alla mia camera con espressione
impassibile.
«Ehi!
Lasciami andare immediatamente!» esclamai, iniziando a
dibattermi, ma quando vidi che non sarebbe servito a niente lasciai
cadere il
libro che avevo ancora in mano e prendendo la bacchetta pronunciai un
incantesimo non verbale contro di lui.
«Elektron!»
Una
scarica elettrica si irradiò in tutto il mio corpo, e Tom
Riddle si trovò costretto ad interrompere la sua corsa e a
lasciarmi andare
all’istante.
Strano.
Adesso dovrebbe
stare per terra a contorcersi dal dolore! Quella scarica era potente, e
nessuno
era mai riuscito a resistervi prima d’ora.
Come
prima, io e Riddle iniziammo a squadrarci in silenzio,
poi lui sorrise cordiale e mi porse la sua mano destra.
«Hai
ragione, sono stato sgarbato. Mi chiamo Tom Riddle e sono
uno dei caposcuola.»
Spalancai
gli occhi di fronte al suo improvviso cambio di
atteggiamento, e fui riluttante nello stringergli la mano.
Lui
però continuò a tenderla verso di me riprendendo
a
parlare.
«Mi
scuso per averti trascinata, ma l’osservanza delle regole
è una delle cose che ha sempre caratterizzato questa casa e
tu, in quanto nuovo
membro, ti ci devi attenere. Per oggi chiuderò un occhio, ma
vedi di non farlo
ripetere.»
Gli
strinsi la mano con un sorriso falso quanto la mia
identità.
«È
davvero un piacere conoscerti, Tom Riddle. Ho recepito il
tuo avvertimento, ma permettimi di farti una domanda: come caposcuola,
non
dovresti attenerti tu stesso alla regola che mi hai appena
esposto?» dissi
melliflua.
«Stavo
facendo il mio turno di ronda.» replicò lui, ma io
non
mi feci abbindolare.
Mi
avvicinai a lui fino a che non fui ad un palmo dal suo
viso.
«Scommettiamo
che non è così?» lo sfidai.
Aspettai
un po’ prima di sorridere vittoriosa e tornare
indietro a prendere il mio libro. Avevo appena fatto due passi, quando
la voce
di Riddle mi richiamò indietro.
«Non
ti conviene sfidarmi, Evans. Potresti uscirne male.»
Mi
voltai quel po’ che mi permetteva di guardarlo in volto.
«Ah
che paura sto tremando!» lo schernii io senza pensarci due
volte. «Facciamo così, io non dico che tu hai
infranto le regole se tu non dici
che lo sto appena facendo anch’io. Ci stai?»
Stavo
giocando con il fuoco e lo sapevo, ma non riuscivo farne
a meno. Avevo davanti a me colui che era responsabile di centinaia di
morti e
dovevo essere educata? Tuttavia mi resi presto conto che questo
atteggiamento
non mi avrebbe fatto ottenere la sua fiducia. Il mio piano si basava
soprattutto su questo. Mi ero appena decisa a chiedergli scusa per la
mia
arroganza quando lo vidi sorridere feroce ed alzare la bacchetta.
Non
feci in tempo a fare altrettanto prima che una forza
invisibile mi spinse indietro verso di lui alzandomi da terra e
trattenendomi
per la gola.
«Io
non cedo ai ricatti, Evans, faresti meglio a ricordarlo.»
mi sibilò sul volto.
Io
annaspai in cerca d’aria, e finalmente lui, dopo qualche
secondo, ruppe il contatto.
Dopo
un’ultima occhiata verso il mio corpo che tossiva ancora
sul pavimento, mi voltò le spalle ed entrò nella
sua stanza.
Io
fissai la porta dove era scomparso ancora per qualche
attimo, prima di alzarmi con il mio libro in mano.
Il vero Tom Riddle si
era appena rivelato a me per quello che veramente era: spietato e
calcolatore.
Lanciai
un ultimo sguardo all’uscita della Sala Comune, e
d’un
tratto quella passeggiata alle cucine non fu poi tanto invitante.
Rientrai
nella mia camera facendo attenzione nel fare meno
rumore possibile, e dopo essermi cambiata mi stesi sul letto
abbandonando la
bacchetta ed il libro sul comodino.
Mi
era passata addirittura la voglia di leggere, ed iniziavo
finalmente a sentire la stanchezza di tutte le ore passate.
Mi
tornarono in mente i miei genitori obliviati, che adesso
non sapevano neanche di avere una figlia, il mio duello con i
mangiamorte, la
mia cattura, le mie torture. Ma soprattutto mi tornò in
mente Voldemort, al cui
viso inaspettatamente si sovrappose quello di Tom Riddle.
Il
mio passato, presente e futuro. Mentre cadevo tra le
braccia di Morfeo, piansi.
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Eccomi
tornata con un nuovo capitolo! La nostra Hermione ha
finalmente incontrato Tom Riddle e si può dire che non
è stato proprio un’
incontro cordiale. Ci vediamo al prossimo capitolo per sapere cosa
succederà
durante il primo giorno di scuola! Un abbraccio, Mary Evans.