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Autore: Water_wolf    04/01/2014    13 recensioni
Tutti conoscono Percy Jackson e Annabeth Chase. Tutti sanno chi sono. Ma ancora nessuno sa chi sono Alex Dahl e Astrid Jensen, semidei nordici che passano l'estate a sventrare giganti al Campo Nord.
Che cos'hanno in comune questi ragazzi? Be', nulla, finché il martello di Thor viene rubato e l'ultimo luogo di avvistamento sono gli States.
Chi è stato? No, sbagliato, non Miley Cyrus. Ma sarà quando gli yankees incontreranno il sangue del nord che la nostra storia ha inizio.
Scritta a quattro mani e un koala, cosa riusciranno a combinare due autori non proprio normali?
Non so bene quando mi svegliai, quella mattina: so solo che quel giorno iniziò normale e finì nel casino. || Promemoria: non fare arrabbiare Percy Jackson.
// Percy si diede una sistemata ai capelli e domandò: «E da dove spunta un arcobaleno su cui si può camminare?» Scrollai le spalle. «L’avrà vomitato un unicorno.» «Dolcezza, questo è il Bifrost» mi apostrofò Einar. «Un unicorno non può vomitare Bifrost.»
Genere: Avventura, Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Annabeth Chase, Gli Dèi, Nuovo personaggio, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache del Nord'
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Vengo morso da un ragno extralarge
♠Percy♠

La mattina ci si sveglia davvero bene, soprattutto se hai appena sognato una bella ragazza dai capelli biondi che a te piace. Nello specifico, per me, queste parole facevano rima con Annabeth. Non potevo certo dimenticare che, il giorno prima, ci eravamo scambiati un complimento e lei sembrava veramente sollevate, nonostante il difficile argomento che si era posto.
Già… Un tema fin troppo scottante.
All’inizio ero cresciuto pensando che mio padre fosse un vecchio pazzo, andato per mare, sparendo completamente dalla faccia della terra, poi ti ritrovi al Campo Mezzosangue, dove scopri che tuo padre è un dio - o dea, se il genitore rimasto è un uomo- greco e fin qui, tutto a posto. Ma certo, non ci si aspettava di ritrovarsi davanti a un semidio che veniva da un altro giro di divinità che, a quel che aveva capito, aveva anche stracciato i tuoi genitori.
Dovevo ammettere che un po’ capivo gli altri. Non capita tutti i giorni di scoprire certe cose e, essendo in guerra, si era subito imposto il sospetto. Crono aveva portato dalla sua parte un sacco di semidei. E se anche loro fossero stati mandati dal Re dei Titani per spiarci?
No, non sembravano affatto agenti del nemico, ci avrei giocato la mano destra. Il problema era che, però, la fiducia mancava. Dopo che Chirone aveva spiegato il motivo della separazione tra i due campi, l’aria si era fatta tesa, e non solo in senso metaforico.
Il cielo sopra il Campo, di solito sempre terso, era, invece, occupato da una coltre di nubi tonanti e, poco lontano, sul mare anch’esso in subbuglio, un altro fronte temporalesco avanzava. Entrambi sembravano sul punto di scontrarsi, ma una sottile striscia di ciel sereno li separava, come un confine.
A quanto pare Zeus e chiunque fosse il Re degli Dèi dall’altra parte stavano mostrando i muscoli.
Pregai mio padre e mio zio di non fare pazzie; eravamo già in guerra contro Luke e i suoi. Non ci serviva un altro fronte aperto.
Uscii dalla Casa numero tre, deciso ad ignorare il cielo e concentrarmi su quello che dovevamo fare quel giorno. In primo luogo, un buon riscaldamento all’arena, poi dovevo trovarmi con Beckendorf alla baia vicina per l’esercitazione. Da tempo stavamo progettando di affondare la Principessa Andromeda e le navi abbandonate da quelle parti facevano proprio al caso nostro.
Appena uscii notai subito due fatti che mi incuriosirono parecchio: i fratelli Stoll che avevano un muso lungo che mal si addiceva al loro carattere allegro e Einar, il nuovo arrivato, che si allontanava con aria soddisfatta dalla casa di Artemide.
«Ehi, ragazzi! Come mai quelle facce?» chiesi allegramente, cercando di elargire un po’ di buon umore.
Mi resi conto di quanto dovessi sembrare stupido: con il cielo che minacciava di bombardarci e le loro espressioni, il mio sorriso era davvero fuori luogo.
La loro risposta, poi, sembrò quasi una ferita all’orgoglio: «Ci ha battuto a poker… ha sicuramente barato, ma nessuno ha capito come.»
«Cosa!?» fu la mia più che sorpresa risposta. «Chi vi ha battuto!?»
Credetemi: i figli di Ermes sono degli ottimi ladri e truffatori, se qualcuno era riuscito a metterli nel sacco, significava che qualcosa non andava.
Per tutta spiegazione mi indicarono il figlio di Loki con un cenno del capo. Il ragazzo era poco lontano dalla casa di Afrodite e aveva bloccato Silena prendendo quello che, dalla mia distanza, sembrava un pendente. Lei sembrava sconvolta e gli occhi le si erano riempiti di paura e di terrore, mentre l’altro non sembrava né preoccupato, né minaccioso. Aveva stampato in faccia un sorriso astuto, come se stesse immaginando cosa farne.
Non capivo come quel ragazzetto riuscisse a mettere in difficoltà semidei ben più esperti di lui. Più lo guardavo, più mi sembrava innocuo e mingherlino. Tuttavia non mi piaceva il modo in cui Silena lo stava guardando e decisi di intervenire, ma, appena mi avvicinai, lei fu scossa da un tremito e lanciò un urlo. Strappò di mano il pendente a Einar e scappò via, come se fossi io il mostro.
«Che le hai fatto!?» chiesi furioso.
Ospite o no, quel tipo aveva fatto del male a un mio compagno e la cosa mi faceva venire i nervi.
«Io non ho fatto nulla… è lei che ha fatto qualcosa. Se fossi in voi mi guarderei da voi stessi, invece che da noi» rispose lui, senza abbandonare quel suo sorriso allusivo.
Non si era minimamente scomposto, le mie parole, che volevano essere aggressive, non l’avevano minimante toccato, mentre le sue mi avevano lasciato spiazzato.
Non capivo se stesse cercando di ingannarmi o di darmi un consiglio spassionato. La sua espressione era così palesemente finta che era impossibile capire cosa intendesse. Era come una maschera: vedevi la sua finzione, ma non capivi cosa ci si nascondesse dietro.
Mi resi conto che forse lo stavo sottovalutando e che quel ragazzo dall’aria astuta nascondeva molte più insidie e pericoli di qualsiasi figlio di Ares.
«Se mi vuoi dire qualcosa, dimmelo subito e diretto. Non mi piacciono i giochi di parole!» sbottai sfoderando vortice, cercando di assumere un’aria più minacciosa. Dovevo capire se quel tipo voleva ingannarmi o no.
Fu allora che lui esibì un sorriso davvero strano. Per pochi istanti, mi parve che la figura di Annabeth, si sovrapponesse alla sua e una voce mi dette un ordine: «Sono un ospite, non è molto ospitale sguainare un’arma. Perché non parliamo civilmente?»
Furono parole che mi suonarono talmente dolci e soavi che non pensai nemmeno di disubbidire. Vortice tornò ad essere una normalissima penna e la riposi in tasca.
«Grazie per la collaborazione!» esclamò Einar, ridendo, mentre una Cacciatrice avanzava a grandi passi verso di lui.
Aveva il viso furioso e in mano, brandiva un mazzo di rose rosse come se fosse una clava. A quanto pare era un regalo poco gradito.
Mentre quello si allontanava di corsa, mi resi conto che era stato il figlio di Loki a darmi quell’ordine e, con una strana magia, era riuscito a convincermi ad ubbidirgli senza fiatare. Presi mentalmente nota di stare attento quando lo incontravo. Poteva rivelarsi più pericoloso di quanto sembrasse.
Lasciando la Cacciatrice a caccia del suo spasimante senza speranza, mi diressi all’arena. Da quando eravamo apertamente in guerra era la zona più affollata del campo. Anche i figli di Afrodite - che di solito snobbavano qualsiasi attività fisica per potersi dedicare a trucchi e vestiti- avevano iniziato ad allenarsi diligentemente per poter rispondere a qualsiasi attacco di mostri. Da quando avevamo ricevuto un assalto dal Labirinto di Dedalo, nessuno voleva più rischiare di trovarsi impreparato.
Quel giorno, però, sembrava che l’azione si fosse incentrata su due contendenti. Clarisse stava continuando a lanciare insulti contro Alex, il capo di quell’impresa di semidei norreni e continuava a sfidarlo, ma quello non sembrava intenzionato a farsi provocare. Continuava a eseguire mosse lente e misurante contro un manichino. Alcune volte stringeva i denti o strizzava gli occhi, ma non perdeva la pazienza. Ammirai il suo autocontrollo, dato che io, probabilmente, avrei già affogato Clarisse nel fiume più vicino.
Intorno a loro tutti gli altri semidei continuavano ad allenarsi, ma era evidente che il loro interesse non era quello di sconfiggere i manichini. Accennavano occhiate veloci ai due contendenti, come se si aspettassero che esplodessero da un momento all’altro.
«Sta giocando con il fuoco» sussurrò una voce preoccupata alle mie spalle.
E solo quel suono bastò a farmi rivoltare lo stomaco dalla felicità.
Annabeth era bella come al solito, i capelli biondi un po’ mossi le incorniciavano il viso, che attraeva il mio sguardo come una calamita. L’aria inquieta mi faceva sentire protettivo nei suoi confronti, tanto che dovetti fare uno sforzo per non dire “non preoccuparti, ci sono io.”  Sapevo che l’avrei fatta solo arrabbiare. Inoltre, sapeva benissimo difendersi da sola.
«In effetti, io non ignorerei Clarisse che mi lancia contro qualche ingiuria» concordai, cercando di sembrare tranquillo.
«Non intendevo quello. Ieri sera, ho fatto una ricerca sugli Dèi Norreni e, a quel che ho capito, sono dei tipi tosti. Odino è il Re degli Dèi ed è uno dèi cinque dei della guerra. Inoltre, è il signore della magia, degli elementi e dei cieli» spiegò lei, osservando pensierosa Alex che continuava ad allenarsi, ignorando Clarisse.
«Accidenti, sembra forte… Quali sono gli altri Dei della guerra?» domandai incuriosito. Cavolo, però. Gli Dèi Norreni dovevano essere proprio un branco parecchio litigioso, se addirittura cinque di loro si divertivano a menar le mani.
«Allora: Odino, dio della guerra, della strategia militare e della saggezza; Thor, dio dei fulmini e della guerra; Eir, comandante delle Valchirie e dea della guerra e della medicina; un certo Vir, mi sembra, che è il dio della guerra e Freyja, dea dell’amore, della passione, della guerra e della magia» elencò Annabeth con aria saputa. Mi chiesi se avesse fatto notte bianca a fare ricerche.
«Oh… accidenti, se tutti loro sovrintendono alla guerra, hanno proprio poco da fare, eh?»
Appena lo dissi un rombo tuonò tra le nubi che sovrastavano l’oceano. Calma, Odino, era un modo di dire, non volevo mica insinuare nulla. Eh.
«E Einar e Astrid? Sono figli di qualche divinità particolare?» feci, cercando di cambiare discorso.
«Allora, Hell è la dea dell’Hellehim… sarebbe una sorta di… Campo delle Pene Norreno e non è proprio il massimo della simpatia. Invece, Loki, be’… è un po’ difficile… sembra una specie di versione corrotta di Odino. È il dio della magia nera, degli inganni, delle trasgressioni e dei raggiri.»
A quella spiegazione mi tornò a mente quello che era successo prima, quando ero uscito, il modo in cui era riuscito a farmi abbassare la spada, come aveva spaventato Silena e come aveva battuto i fratelli Stoll. Forse non era così indifeso come sembrava. Forse era più pericoloso di Alex e Astrid.
Fu, però, quest’ultima a interrompere il filo dei miei pensieri. Le Cacciatrici avevano fatto il loro ingresso e la figlia di Hell si era subito spinta in difesa del suo comandante. Mi chiesi se tra i due non ci fosse qualcosa.
«Senti, piccoletta, voi siete ospiti, qui. E di certo io non intendo aiutarvi. Se i vostri Dèi sono scemi, non è colpa nostra» la rimbeccò Clarisse, acida. Era stata una dei pochi a non essersi alzata, la sera prima, al richiamo di Annabeth e questo non aveva fatto altro che aumentare il senso di antipatia che provavo per lei, anche se, ultimamente, avevamo iniziato a rispettarci.
Le due continuarono a battibeccare con aria di sfida fino a che non fu proprio Alex a porre fine al confronto.
«Ora basta. Non siamo qui per portare guai, ma se proprio non ci vuoi possiamo andarcene. Di certo non siamo venuti a farci insultare. Finitela, una buona volta.»
«Però, Clarisse ha ragione! Perché non provi ad allenarti con uno di noi? Dopotutto non c’è nulla di male a fare una… dimostrazione, no?» protestò Michael Yew, cercando di conciliare un po’ la discussione. Anche se diffidente, aveva accolto in modo abbastanza tranquillo la proposta di pace.
«E con chi?» chiese il figlio di Odino, dubbioso. «Io con lei non mi batto, la sconfiggerei subito. È troppo concentrata sul suo ego, per vedere la spada dell’avversario» aggiunse, indicando Clarisse che, appena sentite quelle parole proruppe in una raffica di imprecazioni e insulti che avrebbe fatto impallidire Zeus in persona.
«Io pensavo al migliore di noi» annunciò il figlio di Apollo prendendo fiato, come se dovesse fare un avviso importante. «Colui che ha compiuto più imprese tra noi e che ha sconfitto anche il dio della guerra» – altra serie di imprecazioni di Clarisse – «Percy, credo che tu sia l’unico in grado di dimostrare il valore degli Dèi Greci.»
Sia io che Annabeth spalancammo gli occhi e aprimmo la bocca come due stoccafissi prima di pronunciare un forte “no!” che alzò una gran quantità di polemiche e lamenti. Ci mancava solo che mi facessi ostile il Re degli Dèi Norreni, avevo già un gran numero di nemici tra gli Dèi Greci. Anche se non capivo perché Annabeth fosse contraria.
I miei compagni iniziarono subito a bombardarmi di inviti e minacce per presentarmi sul campo di battaglia e, non capivo perché, persino il mio avversario sembrava restio a farsi avanti. Nonostante le mie proteste, alla fine, non ebbi altra scelta che accettare. Così come Alex, che si fece avanti con un sospiro.
L’arena fu sgomberata e tutti, Cacciatrici comprese, presero posto sugli spalti, mentre io rimanevo al centro, con Annabeth e Talia a fianco. Anche Astrid si era trattenuta con Alex e gli stava dicendo qualcosa che non sentii. Immaginai gli stesse augurando buona fortuna.
«Stai attento, l’ho visto affrontare un gigante, non sottovalutarlo» mi raccomandò la figlia di Zeus, mentre mi mettevo l’armatura sopra la canottiera e i pantaloncini - avevo messo in un angolo la T-shirt del Campo. Ero un po’ preoccupato: non avevo idea di quanto fosse abile, ma, a quanto pareva, dovevo dar prova della mia abilità.
Sugli spalti notai che molti si scambiavano sacchetti e borselli, sicuramente stavano fioccando le scommesse. Anche Alex si stava preparando: dopo un’amichevole pacca sulle spalle ad Astrid - che si sedette al fianco di Einar-, prese dalla tasca un sasso, grande come una mano. Lo avvicinò al viso pronunciando qualcosa e, tra la sorpresa generale, apparve lì accanto un armatura.
Al contrario di quella greca, che era formata da parti di bronzo celeste che formavano a pezzo unico tutte le componenti dell’armatura, quella del figlio di Odino era in cuoio borchiato, molto più elastica, ma dall’aspetto solido. Era composta da un paio di pantaloni pesanti, protetti lateralmente da borchie metalliche. Il petto era in cuoio anch’esso protetto, gli spallacci erano due pezzi di metallo che difendevano senza intralciare troppo i movimenti.
Anche i i bracciali erano allungati e proteggevano parte della mano e l’elmo era una calotta di metallo con incorporata la montatura per proteggere gli occhi. Ai lati un paio di corna che ricordavano quelle di un toro, solo che erano piegate in avanti e non verso l’alto. Il tutto era abbastanza minaccioso.
Pregai silenziosamente mio padre di darmi un aiutino e Ares di non intralciarmi con la sua maledizione, dato che avrei voluto evitare brutte figure.
Appena ebbe finito di indossarla - provocando un certo numero di sospiri tra le figlie di Afrodite, quando mostrò il corpo ben allenato-, si voltò verso di me e si preparò, estraendo la sua spada. Iniziammo a girare in cerchio, studiandoci come due lupi prima dell’attacco. Poi, fu come se ci fossimo sincronizzati alla perfezione: ci lanciammo l’uno contro l’altro.
La prima cosa che tentai, fu un fendente di lato che Alex parò senza nessuno sforzo e fui subito costretto a difendermi dal suo contrattacco. Quando mi ritrovai a indietreggiare sotto l’impeto dei fendenti del figlio di Odino capii che, forse, non era dall’ira del dio che mi dovevo guardare, ma quella del mio avversario. Era abile, veloce e forte, le sue mosse erano bilanciate e non abbassava mai la guardia. Di mio dovetti rimanere in difesa e attaccai poche volte.
Non volevo mancare di rispetto, ma non volevo nemmeno perdere.
Decisi di cambiare tattica.
Approfittai di un momento di pausa del mio avversario e, senza quasi concentrarmi, evocai il potere dell’acqua sotto di me facendo esplodere l’arena. Fu se un enorme tappo di Champagne fosse saltato; cavalcai le onde, comandando loro di investire il mio avversario.
Per un attimo fui convinto di aver vinto, ma poi percepii qualcosa, come un blocco. Vidi l’acqua piegarsi in due parti, lasciando uno spazio asciutto che aveva come centro Alex. La sua fronte corrugata e l’espressione decisa mi fece capire che era stato lui a bloccare l’acqua, usando, probabilmente, la magia di suo padre. Ordinai mentalmente all’acqua di aumentare la propria intensità, ma era come se fosse bloccata da una diga invisibile.
Eravamo in stallo. I nostri poteri si eguagliavano… o così credevo. Avrei dovuto aspettarmi un asso nella manica, ma lo scontro mi stava spossando e, appena la mia concentrazione vacillò, lui ne approfittò: tese la mano verso le onde d’acqua e esse si gelarono. Il potere dell’acqua mi abbandonò e scivolai a terra, mentre dagli spalti si alzò un “ooh” sommesso: la sua dimostrazione di magia aveva lasciato tutti di stucco.
Non intendevo farmi battere, però. Decisi di prendere in mano la situazione e, vedendolo vacillare per lo sforzo magico compiuto, mi lanciai all’attacco. Eravamo al centro del circolo di ghiaccio che avevamo creato, ma questa volta ero io in vantaggio. Affaticato dalla magia, il figlio di Odino aveva perso l’occasione di porre fine allo scontro e io non potevo lasciarmi sfuggire quest’occasione.
Eravamo ad armi pari. Entrambi stanchi ed entrambi decisi a vincere. Continuammo a scambiarci fendenti per qualche minuto, ma fu una sensazione che provammo tutti e due: stanchezza. Ci eravamo spinti parecchio in là entrambi.
Ci fermammo, ansimando in mezzo a quel cerchio ghiacciato con il fiatone.
«Pareggio?» proposi, mentre cercavo di riprendere fiato.
«Pareggio» concordò il mio avversario, anche lui ansimante, come se avesse corso una maratona.
L’arena esplose in un applauso fragoroso: indipendentemente dal risultato, avevamo dato la dimostrazione che volevano. Qualcuno sembrò rabbuiato e Einar ritirò soddisfatto la sua vincita da Clarisse, che, costretta ad onorare il patto, gli fece un gestaccio.
Stavamo per tenderci la mano, quando la terra iniziò a tremare.
Per un attimo temetti che fosse uno scherzo di Nico di Angelo o di Ade. O forse mio padre mi voleva far notare che non avevo vinto, ma poi mi resi conto che era di peggio.
Il ghiaccio si spaccò, spargendosi ovunque, gli applausi cessarono e qualcuno scappò quando un grosso crepaccio nero si aprì nel suolo dell’arena. Ne emerse un corpo gigantesco, peloso e con otto lunghe zampe che con deliberata lentezza, fecero apparire l’orrendo muso di una bestia con due enormi chele vicino alla bocca.
La creatura mi caricò, ma prima che potesse colpirmi Alex mi gettò a terra e il ragno ci passò sopra.
«Un Ragno dell’Hellheim! Se ti morde sei morto!» mi informò il figlio di Odino, per poi tagliare una delle zampe posteriori con un fendente preciso.
Non credevo potesse esistere un essere così mostruoso. E credetemi, in quattro anni di imprese eroiche te ne trovi davanti, di mostri orrendi. Anche il grosso dei semidei greci se l’era data a gambe e i figli di Atena erano stati i primi - non c’era da sorprendersi visto che Aracne ce l’aveva ancora con loro. Solo un manipolo di combattenti era rimasto in posizione, tra i quali Michael Yew, Beckendorf, Clarisse, Talia e, sorprendentemente, anche Silena, armata di una lancia.
Mi alzai subito, affiancandomi ai miei compagni, a cui si erano aggiunti Einar e Astrid, tutti pronti a combattere.
Il ragno si impennò paurosamente, caricandoci. Non avendo idea di come combatterlo, provammo a indietreggiare, ma la figlia di Hell saltò di lato, come un torero, mentre il suo compagno moro, gli passò in mezzo urlando un: «Piacere mio, Einar!»*
Non capii molto bene cosa volesse dire, ma dovetti subito evitare una grossa zampa.
«Sei maleducato, Percy: ti stava solo tendendo la mano!» mi urlò il figlio di Loki, mentre, ridendo, continuava ad evitare le zampe del mostro.
Non mi fermai ad ascoltarlo e mi lanciai contro il mostro cercando di ferirlo al fianco… se non fosse che il suo fianco era completamente ricoperto dalle sue zampe. Inoltre, stanco per il combattimento precedente, non riuscivo a concentrarmi bene. In poco tempo ci ritrovammo tutti all’angolo.
Silena era stata colpita da una zampa del mostro e Beckendorf aveva abbandonato il campo per trascinarla al sicuro. Una trave crollata aveva investito Clarisse che giaceva svenuta. Michael aveva finito le frecce e senza più proiettili se l’era data a gambe. Talia aveva combattuto bene, ma era stata ferita e solo io e i tre norreni eravamo ancora in campo.
Mentre Astrid e Alex combattevano come due furie, attenti a non farsi mordere, Einar rimaneva indietro, parlando a vanvera. Ebbi la vaga impressione che stesse chiacchierando con il ragno.
«Attento, Testa d’Alghe!»
L’avvertimento mi arrivò appena in tempo e fu grazie ad esso che riuscii a schivare una zampata.
Annabeth era tornata, nonostante la sua paura, ma adesso era paralizzata: nel voltarsi per attaccarmi, il ragno l’aveva vista. Lei sgranò gli occhi terrorizzata e tentò ad indietreggiare, nonostante il panico.
Il mostro si lanciò su di lei e io saltai per proteggerla, cercando di ignorare la paura.
Il dolore lancinante che mi colpì alla gamba fu terribile e sentii come se il mio corpo si stesse sciogliendo.
Una freccia colpì all’occhio il mostro, che si impennò orribilmente, lasciandomi andare. Vidi Chirone galoppare verso di me, mentre Astrid, approfittando della situazione, colpì al ventre la creatura che divenne un mucchietto di neve che si sciolse al sole.
«Tutto a posto, Percy?» mi chiese Annabeth, improvvisamente ripresasi dall’attacco.
Io provai ad alzarmi e a parlare, ma le gambe mi cedettero e sentii come se fossi sul punto di vomitare. Un liquido nero e viscoso colava dalla mia gamba, mischiandosi al sangue e la ferita bruciava terribilmente. Chirone mi si affiancò con aria preoccupata e con lui Alex, che osservò inorridito la ferita.
«Dannazione, veleno dell’Hellheim» sussurrò, preoccupato.
Mi bastò il tono con cui lo disse a farmi capire che doveva essere qualcosa di davvero brutto.

*Loki è il dio creatore dei ragni, Einar, in quanto suo figlio, riesce a parlarvici.

koala's corner
Buon pomeriggio a tutti! Siamo contenti che ci abbiate lasicato tr recensioni, grazie mille :3
Mi è piaciuto molto scrivere il duello e sarei molto felice che tutti coloro che possono e seguono la storia lasciassero una recensione. Inoltre, vorrei ricordare che siamo ancora prima dello scontro finale contro Crono... sentendo i vostri pareri, potremmo decidere se di scrivere Lo Scontro Finale con i Norreni al fianco dei Greci.
Per quanto riguarda il prossimo capitolo, ci saranno parecchie sorprese *risata malvagia di gruppo* Volete tanto bene alla Percabeth, giusto? Be', c'è sempre un momento "coppia-che-scoppia". Mi tappo la bocca, altrimenti spoilero tutto^^
Speriamo che il capitolo sia piaciuto, alla prossima!

Soon on Sangue del Nord: POV Astrid, uno strano modo di salvare la gente e un altro dio fa la sua entrata in scena...
 
  
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