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Autore: Don_tWorryBeHappy    04/01/2014    8 recensioni
JUSTIN BIEBER. KAYLEE RUSSEL.
Tutta la storia gira intorno ad un argomento: la psicologia.
Due futuri psicologi, con pensieri fuori dal normale -calcolando la loro età- che si incontreranno, si piaceranno e si innamoreranno.
La vita sembra perfetta, ma questa è un'illusione della triste realtà.
Pensate che tutto possa andare sempre per il verso giusto?
I due si aiuteranno e supereranno tutto, quasi tutto.
(La storia non contiene atti di violenza e i personaggi sono del tutto tranquilli)
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Justin Bieber
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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6.
FIRST DATE (1).
 
Mi alzai contro voglia e mi trascinai fino in cucina dove, però, non trovai nessuno. I miei erano a lavoro e i miei fratelli erano a scuola. Oggi io non avrei avuto lezioni all’università, ma come capita sempre alle 8.30 puntuale ero in piedi. Perché? Io mi chiedevo, perché quando potevo dormire avevo la sveglia dentro di me che decideva di svegliarmi?
 
Misi il latte in un pentolino e presi dei cereali dallo sportello. Presi anche una tazza con un cucchiaio e portai il tutto sul tavolo della cucina. Accesi il televisore e c’era il notiziario, però deciso a non sentire stragi o problemi politici in prima mattina, cambiai canale in cerca di qualcosa che poteva farmi compagnia in quell’arco di tempo.
 
Girai per un po’ i canali fin quando apparse sullo schermo della tv la faccia furba di un topolino marrone. Era Tom&Jerry e decisi di lasciare su quel programma. In realtà non è che guardavo la televisione o minimamente ci pensavo, anzi in quel momento la mia testa stava da tutt’altra parte, ma mi faceva compagnia la voce e i suoni di essa e tenere gli occhi impegnati su qualcosa.
 
Versai il latte nella tazza insieme ai cereali e mangiai il tutto. Tornai in camera, mi feci una doccia e vidi che erano le 9.46. Decisi di continuare il compito che avrei poi dovuto consegnare il giovedì successivo.
 
Scrivevo, scrivevo di tutte le impressioni che i soggetti mi avevano fatto, scrivevo ciò che loro avevano raccontato, scrivevo di come secondo me li avrei potuti aiutare. Charlie si era molto aperto, ma in fondo lui non aveva “problemi”. A lui l’unica cosa che mancava era l’affetto. L’affetto di un famigliare, l’affetto di un amico, l’affetto di una qualsiasi persona. Di solito lui veniva pregiudicato come una persona debole, da quanto aveva raccontato, senza però vedere il vero lui. Io lo trovavo un ragazzo con molta forza, invece.
 
Credo che questo sia il più grande problema dell’uomo. Il fatto di parlare, di giudicare una persona solamente per quello che lui vuole vedere. Neanche ci perde tempo a cercare di conoscere la persona, a volte perché uno ha paura. Paura di cosa poi? Paura di dire o fare qualcosa che potrebbe far sentire in imbarazzo l’altro. Magari di poter dire battute del tipo ‘certo che lo vedo! Mica sono cieco’ davanti a lui?
 
Bèh io credo che il fatto di essere sempre e comunque se stessi in ogni situazione sia un gran pregio. Lo dico perché a volte viene più facile nascondersi dietro un’altra personalità. Ma soprattutto sono certo del fatto che dire sempre e comunque ciò che pensi e ciò che in quel momento ti senti di dire, anche una battuta che potrebbe sembrare fuori luogo, faccia sentire l’altro molto a suo agio, perché capisce che tu non lo stai vedendo come un cieco o come una qualsiasi altra persona affetta da una certa malattia, ma lo stai vedendo come una persona perfettamente come le altre.
 
Greg, invece, era entrato in una specie di depressione che forse lo stava portando alla pazzia. Aveva una cinquantina d’anni, credo, ed erano ormai circa dieci anni che si era disintossicato. Prima beveva e si drogava, lo faceva per colmare quel vuoto che gli si era creato dentro. I genitori erano grandi imprenditori, aveva tutto ciò che voleva e loro glielo davano senza mai lamentarsi del fatto che spendesse troppo. Ma l’unica cosa di cui lui aveva veramente bisogno era un amore genitoriale.
 
Raccontò che una sera nel retro di una discoteca aveva incontrato un gruppo di ragazzi che subito lo avevano fatto sentire in famiglia, gli dimostravano vera amicizia e ogni qualvolta beveva, fumava o si drogava insieme a loro si sentiva bene. Si sentiva accettato.
 
Si era allontanato dalla famiglia e dai vecchi amici e solo quando era troppo tardi aveva capito della grande cavolata che aveva fatto a lasciare tutti. Aveva deciso di andare in un centro di disintossicazione dove si innamorò follemente di una ragazza. Lui l’amava, ma lei non voleva relazioni serie o altro, così dopo averlo usato per un bel po’ di tempo lo gettò via come un giocattolo vecchio.
 
Lui ricominciò a bere per annegare tutti i dispiaceri e non ricominciò a drogarsi solo perché oltre ad essere stato fermato in tempo non aveva soldi per potersela permettere. Non si poteva permettere neanche un monolocale. Chi l’aveva fermato dal ricadere nel brutto giro era stato un barbone che aveva incontrato nella metropolitana una notte, mentre era ubriaco. Avevano parlato a lungo, raccontò che quel signore lo ascoltava senza giudicarlo e per una seconda volta nella vita si sentì apprezzato e capito.
 
Lo convinse a tornare al centro di disintossicazione e finalmente lui si ripulì. L’unica cosa che lo fece andare nel centro d’aiuto era il fatto che poco tempo prima anche il suo nuovo amico se n’era andato. Non perché lo aveva abbandonato, come tutti gli altri, ma perchè era morto.
 
-E’ volato, è volato via come fanno le foglie secche in autunno. Se n’è andato contro la sua volontà. Lui pur avendo una vita che nessuno desidera era capace di accettarla dicendo che se lui viveva in quel modo un perché ci doveva stare. Diceva che se lui non viveva sotto la metro io forse non l’avrei mai incontrato e chissà quale fine avrei fatto. A lui piaceva vivere e pur non avendo niente ti dava tanto.- Queste parole le diceva urlando e piangendo. Ogni tanto dalla sua bocca uscivano imprecazioni.
 
Queste erano state le parole di Greg. Le parole di un uomo che nella sua vita ha dovuto passare abbandoni, morti, intossicazioni e disintossicazioni. Un uomo che ormai stremato era andato in un centro d’aiuto per sfogare tutta la sua rabbia che lo stava portando all’esaurimento.
 
KAYLEE.
 
La mattina non dovendo andare all’università decisi prima di andare a fare una corsetta al parco di fronte al mio palazzo e dopo decisi di andare a fare una visita a mia nonna che non viveva troppo lontano da noi, ma in una zona più tranquilla. Lì c’erano soprattutto case più che palazzi, con grandi giardini.
 
-Ciao nonnina- Entrai salutando mia nonna con un bacio in guancia.- Nonno?- Chiesi dandomi uno sguardo intorno e posando il mio giacchetto sull’appendi abiti.
 
Insieme a mia nonna andammo in cucina dove stava vedendo una replica di ‘The Oprah Winfrey Show’ mentre stava pelando delle patate.
 
-Tuo nonno è uscito a prendere del pane che non ci eravamo accorti era finito.- Mi rispose lei mettendosi seduta e lo feci anch’io. -Cosa mi racconti?- Mi chiese dolcemente.
 
Mia nonna mi aveva praticamente cresciuta. Prima che mamma facesse la casalinga lavorava tutti i giorni di mattina e io passavo le mie giornate con nonna Marie e nonno Orlando. Loro mi raccontavano sempre le storie di quando erano giovani e nonno Orlando mi raccontava di quando stava ancora in Italia ed era il tempo dei tedeschi. Mi raccontava storie sempre divertenti e molte ancora me le ricordo.
 
-Non avevo l’università oggi, così ho pensato di venire un po’ da voi. E’ da domenica che non ci vediamo e mi mancavate.- Mia nonna si allungò e mi lasciò un dolce bacio sulla guancia.
 
-Aw come farei io senza di te. Mi tieni in vita.- Disse lei allontanandosi da me rimettendosi composta sulla sedia. -Resti a pranzo, vero?- Mi chiese poi guardandomi con occhi che speravano in un si.
 
-Certo! Come potrei venire qui senza essermi fatta riempire la pancia dai tuoi pranzetti.- Risposi io ridendo e subito dopo seguì anche la sua risata.
 
Quanto mi piacevano le risate dei miei nonni. Io adoravo osservarli, guardarli negli occhi e sentirli ridere. Sentirli ridere mi faceva sentire bene, mi faceva capire che nonostante tutti gli anni, nonostante le operazioni che dovevano sopportare loro avevano ancora la forza di sorridere alla vita. I loro occhi poi brillavano sempre e mi trasmettevano sicurezza e affetto. Io li amavo.
 
Aiutai mia nonna a finire di fare il pranzo, apparecchiai e nel mentre chiacchieravamo raccontandoci un po’ le nostre giornate. Le raccontai anche di Justin e subito lei mi disse -Kaylee stai attenta, non ti fidare mai troppo, vedi quante se ne sentono oggi giorno, non voglio che qualcuno ti faccia del male- Io cercai di rassicurarla raccontandole ciò che avevo potuto conoscere di Justin in questo poco tempo e le giurai che le avrei raccontato tutto la domenica, quando sarei tornata a pranzo da lei, sull’appuntamento.
 
Intanto tornò anche mio nonno e ci mettemmo a tavolo tutti e tre.
 
-Kaylee ho una storia da raccontarti.- Disse mio nonno sorridendo appena ebbe finito di mangiare.
 
-Dai Orlando, non metterti a raccontare quelle storie che fanno ridere e poi cominci anche te non lasciandoci capire nulla.- Mia nonna si lamentò. In effetti era vero, ogni volta che mio nonno mi raccontava qualcosa dovevo farmela ripetere sempre più di una volta per capire visto che lui cominciava a ridere dopo solo qualche parola.
 
Mi pulì la bocca con il tovagliolo bevvi un sorso d’acqua e poi dissi - Tranquillo nonno racconta, ti ascolto.- Anche se non era facile capirlo mi piacevano un sacco le sue storie.
 
Lui cominciò a raccontare e ovviamente cominciò anche a ridere e la sua risata era contagiosa, così iniziammo a ridere entrambi.
 
-Oh io lo sapevo che andava a finire così- Disse mia nonna alzando gli occhi al cielo e poi cominciando a ridere anche lei.
 
Dopo un bel po’ che tentava di raccontare forse avevo capito quello che voleva dirmi. -Allora. Vediamo se ho capito.- Prima di iniziare a parlare risi ancora e poi cominciai sotto gli occhi di mio nonno ancora divertito, ma attento. -Quando stavi in Italia al tempo della guerra con i tuoi amici vi facevate alcuni scherzi, tra cui quello di bisbigliare piano piano senza farsi vedere per far credere che erano i tedeschi.- Cominciai a raccontare ciò che avevo capito. Mio nonno semplicemente annuì ridendo. -Però un giorno un tuo amico cominciò a correre talmente forte che prese anche il cancelletto ed entrò dentro casa con tutto il cancelletto di legno in mano. Giusto?- Lui annuì ricominciando a ridere e immaginando la scena ricominciai anch’io.
 
Sparecchiai e poi stetti ancora un po’ a chiacchierare con loro.
 
Dopo un po’ salutai i miei nonni e mentre ero per strada mi arrivò un messaggio da Audrey il quale diceva che mi stava aspettando per andare a trovare qualcosa da mettersi per la cena con in genitori di Noah. La raggiunsi e cominciammo la nostra ricerca.
 
-Insomma. Con quel Justin?- Mi chiese lei da dentro il camerino mentre si provava un vestito che le avevo consigliato.
 
-Mm.. domani abbiamo un appuntamento.- Le dissi io tranquillamente dalla sedia di pelle bianca che si trovava di fronte il camerino alzando la testa dalla rivista che stavo leggendo.
 
-Cosa?- Lei tirò fuori solamente la testa guardandomi sconcertata. Io risi alla sua reazione e riportai lo sguardo sulla rivista. -Guarda che non puoi fare così cara mia. Ora tiri su lo sguardo da quella rivista e mi racconti cosa è successo in quell’ arco di tempo di cui tu non mi hai voluto raccontare al telefono ieri sera.- Io continuai a ridere e poi tirai su lo sguardo.
 
-Ehi, calma. Ora finiamo di trovare un vestito per la tua cena e poi dopo ne riparliamo allo Starbucks.- Risposi io fermando le mie risate - E non accetto obbiezioni.- Dissi ora in tono serio ma poi scoppiai di nuovo a ridere.
 
Lei sconfitta continuò a provarsi il vestito e dopo un’ora di ricerca trovammo quello giusto. Ora era arrivato il tempo di raccontarle cosa era successo. Eravamo sedute su un tavolino dello Starbucks vicino alla vetrata che dava sulla strada con davanti due caffè caldi e fumanti.
 
-Allora? Ora puoi raccontare?- Mi chiese lei impaziente sorseggiando un po’ del suo caffè.
 
-Stavamo camminando per andare al centro d’Aiuto e mi ha chiesto di uscire.- Risposi tranquillamente sorseggiando un po’ del mio caffè che appena scese giù per la gola mi riscaldò tutto il petto.
 
-E basta?- Chiese lei volendo sapere di più. Io purtroppo avevo uno strano carattere. Ridevo, scherzavo e riuscivo ad essere molto amica con le persone, ma purtroppo non riuscivo mai ad aprirmi come loro si aspettavano. Ormai era dal primo liceo che io e Audrey ci conoscevamo, lei mi raccontava sempre tutto nei minimi dettagli, anche le sue performance sessuali con Noah, ma io non ce la facevo.
 
Lei ormai aveva capito che non era perché ce l’avevo con lei o altro e infatti non mi forzava più di tanto a parlare se non raccontavo di mia spontanea volontà le  cose. Alcuni particolari della mia vita non mi piaceva condividerli con altri, li ritenevo privati e non li avrei mai detti.
 
Per esempio non le avrei detto l’effetto che Justin mi faceva ogni volta che parlava, ogni volta che sorrideva, ogni volta che mi si presentava davanti, perché le ritenevo sensazioni mie e non volevo che nessun altro sapesse cosa succedeva dentro di me.
 
 
JUSTIN.
 
Era sabato ed erano quasi le cinque del pomeriggio. Oggi avrei avuto l’appuntamento con Kaylee e sin da quando mi ero alzato, in faccia avevo un sorriso a trentadue denti che se pur cercavo di nascondere restavi lì, immobile.
 
-Justin, com’è oggi così allegro? Ah vero, hai il tuo appuntamento!- Appena Jazzy mi vide cominciò a prendermi in giro con quel suo tono divertito e da stronza. Oh quanto l’odiavo quando faceva così.
 
-Tu pensa a te e stai attenta stasera alla festa, che poi te lo faccio sentire io quel tono di voce.- Ribattei io non volendola sentire. Però ero seriamente preoccupato per mia sorella. Aveva solamente quindici anni e il fatto che andasse ad una delle feste del liceo mi preoccupava a morte. Insomma si sapeva cosa succedeva in quel tipo di situazioni.
 
Mi finì di preparare e decisi di utilizzare la mia macchina per andare a prendere Kaylee, non mi andava di farle usare i mezzi. Ci eravamo dati appuntamento davanti al centro per le sei, ma io partì da casa alle cinque e un quarto per evitare di arrivare in ritardo.
 
Arrivai al luogo dove ci dovevamo incontrare alle cinque e quaranta e dopo aver parcheggiato mi sedetti su una delle panchine lì di fronte. Mi piaceva rimanere lì ad osservare cosa intorno mi succedeva ed ero attratto da tutti i minimi dettagli. Mi piaceva osservare le foglie ormai secche cadere dagli alberi, mi piaceva osservare la gocciolina d’acqua che si infrangeva sul suolo. Vedere un uccello volare mi esprimeva libertà, quella libertà che ogni uomo vorrebbe.
 
La libertà di poter viaggiare, poter vedere posti belli e posti brutti, ma poi noi chi siamo per giudicare un posto o qualsiasi altra cosa? La bellezza sta negli occhi di chi guarda e magari un posto che per me può sembrare insignificante a qualsiasi altra persona invece esprime molto.
 
Eravamo ai primi di dicembre e molto presto avrebbe cominciato anche a nevicare. Adoravo andarmene al parco, mettermi comodo su una panchina e guardare quei piccoli fiocchi di neve cadere e posarsi delicatamente al suolo o scomparire non appena toccavano l’acqua del laghetto.
 
Ogni volta che mi sedevo ad osservare, tutti i rumori della città intorno a me scomparivano facendomi sentire beato e finalmente lontano da tutti e da tutto.
 
-Justin?- Sentì una voce richiamarmi e subito girai la testa di scatto per vedere chi fosse. Appena vidi la figura di Kaylee in piedi dietro di me, sul mio viso si aprì un sorriso e mentre mi alzai la salutai.
 
-Andiamo con la mia macchina, vieni.- Le dissi incamminandomi verso il posto in cui prima avevo parcheggiato. Subito sulla sua faccia scomparve il sorriso che aveva e i suoi occhi quasi si spensero, come se mille immagini passassero come dei flash davanti a lei.
 
-Ehm… preferisco utilizzare i mezzi. Ti dispiace?- Dopo aver ripreso un attimo il controllo pronunciò queste parole abbozzando un sorriso.
 
Non riuscivo a capire il perché di quella reazione, ma non me la sentivo di chiederle spiegazioni dopo il modo in cui la sua espressione era completamente cambiata solamente per aver pronunciato la parola ‘macchina’.
 
-Oh, certamente. Come vuoi.- Le sorrisi per tranquillizzarla e cominciai ad avvicinarmi a lei.
 
-Allora dov’è che andiamo?- Mi chiese lei tornando serena mentre ci incamminavamo per prendere il tram. Non avevo intenzione di dirle dove volevo portarla, doveva essere come dire… una sorpresa.
 
Non ero sicuro le potesse piacere, insomma al primo appuntamento si portano le ragazze al cinema o al ristornate, ma io non ero solito a fare quello che tutti gli altri facevano.
 
-Non te lo dirò.- le dissi semplicemente continuando a guardare di fronte a me e sentii un piccolo sbuffo arrivare da Kaylee. Era una curiosona, questa cosa era certa.
 
Dopo aver cambiato diversi mezzi finalmente arrivammo a destinazione. Mentre entravamo nel grande edificio diedi uno sguardo alla faccia di Kaylee che non mostrava espressione e pensavo che forse avevo fatto una gran cavolata a portarla lì, ma subito dopo lei si girò verso di me sorridendomi. Sembrava un sorriso di quelli veri, quel sorriso che si vede in faccia ad un bambino. Quel sorriso che mi trasmise quasi sicurezza e fece scattare in me una gioia che quasi non riuscivo a controllare.
 
Dopo aver superato il grande portone dell’entrata davanti a noi si presentò una grande distesa di foto. Foto a colori, in bianco in nero o di diverse sfumature. Erano tutte foto astratte, foto a cui ognuno di noi poteva dare un proprio significato facendole anche proprie.
 
Poteva sembrare strano averla portata lì per un primo appuntamento, ma diciamo che avevo un po’ inquadrato il suo carattere. Sembrava essere quel tipo di persona a cui piaceva stare sola a pensare, dare un proprio significato alla vita e a tutto ciò che la circonda. Sembrava quel tipo di persona a cui piaceva uscire da sola, ma non perché si volesse isolare o per depressione, ma semplicemente perché trovava che in fondo stare un po’ con se stessi, dedicarsi ai propri bisogni, pensare senza essere interrotti non era poi così male e forse ero riuscito a capirla perché anch’io ero così.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                         

 
                                                                                                 
"...l’effetto che Justin mi faceva ogni volta che parlava, ogni volta che sorrideva, ogni volta che mi si presentava davanti..."





"Sembrava un sorriso di quelli veri, quel sorriso che si vede in faccia ad un bambino."



 
CIAO RAGAZZUOLE!

Come state?

Inizio col darvi gli auguri di Natale, Capodanno e anche se mancano due giorni vi dò anche gli auguri dell'Epifania. 
Riuscirete mai a perdonarmi? Lo so, sono una cacca. Sono ben 21 giorni che non aggiorno e mi dispiace così tanto di avervi dovuto far aspettare. Però dai il capitolo è abbastanza lungo e dopo aver visto questi due fantstici sorrisi che vi ho messo dopo il capitolo spero che mi potiate perdonare.
Purtroppo ho avuto tantissimo da fare tra pre-festivi, festivi e post-festivi e solamente ieri ho avuto il tempo di cominciare a scrivere. Inoltre i miei gentilissimi professori che ammiro davvero molto (sentite il tono convinto) hanno deciso di fare un bombardamento lanciandoci argomenti su argomenti da studiare e esercizi su esercizi da fare. La gentilezza proprio. 


Comunque questo capitolo sono riuscita a sfornarlo e mi sembra giusto parlare anche un pò di lui.
Allora abbiamo visto ancora una volta Justin che parlava dei suoi soggetti e ha raccontato la storia di Greg. Cosa ne pensate di questo personaggio?
Poi abbiamo visto Kaylee con i nonni e devo confessarvi che ogni cosa che avete letto è ciò che succede a me insieme ai miei nonni. Ho solamente cambiato i loro nomi, ma il resto è tutto realtà.
Per ultimo, ma non perchè è meno importante, anzi, abbiamo visto i nostri due ragazzuoli alle prese con un appuntamento. Justin ha voluto fare una cosa particolare che poi non nel prossimo capitolo, probabile neanche nell'altro ancora, ma successivamente si capirà il perchè. Nel prossimo capitolo vedremo come l'appuntamento si svolgerà.
In questo capitolo abbiamo cominciato a vedere alcuni lati del carattere dei personaggi, che sono due caratteri molto particolari e inoltre abbiamo visto un certo comportamento da parte di Kaylee alla parola 'macchina' cosa sarà successo? Perchè così tanto terrore?


Finito di parlare del capitolo ringrazio tutti i preferiti, ricordati e seguiti, ringrazio chi segue la storia in silenzio e ringrazio le ragazzuole gentilissime che hanno recensito. Le vostre recensioni mi danno quella spinta giusta per continuare. Ringrazio chi adesso mi sta leggendo e mi scuso se vi sto annoiando.


Penso (spero) di aver detto tutto. Ora mie belle ragazzuole vi lascio. Vi mando un grandissimo bacio. E ci vediamo al prossimo capitolo. 

Ciao ragazzuole!  ♡
 
 
  
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