Storie originali > Fantasy
Ricorda la storia  |      
Autore: Alester    04/01/2014    2 recensioni
"Quel piccolo paradiso che era il suo mondo aveva meno di un paio di ore di vita..."
E' una brevissima one shot scritta di getto che doveva essere una sorta di Background per il personaggio, Elisabeth "Lily" von Fiddien
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il castello, sede dell'ordine dei cavalieri del giglio risplendeva ancora dell'antica gloria che aveva in passato. I tetti che si dicevano essere d'oro, mandavano bagliori luccicanti nella mattina, e i vessilli color bianco garrivano al vento. Ma Elisabeth, secondogenita del Marchese di Fiddien, capo dell'ordine dei cavalieri del giglio, non era in grado di apprezzare l'imponenza e l'antica bellezza del castello sua dimora anche se si trovava a poca distanza da esso, nel giardino. Questo perché i suoi occhi erano incapaci di vedere da quando lei aveva cinque anni
Per lei tutto era un indistinto universo avvolto dalla più totale oscurità, nel quale, sebbene avesse più volte cercato di immaginare il castello, spiccava solo una cosa: Il suono del suo flauto. Lo strumento di acciaio ora era riposto sulle sue gambe, sopra il vestito di seta che le avevano detto essere verde mentre, seduta su una delle panchine del giardino, si godeva il cinguettio dei pettirosso al mattino tentando di trovare l'ispirazione per un nuovo componimento. Prese in mano lo strumento e ne appoggiò l'imboccatura sulle labbra, prima di sentire un fruscio alle sue spalle.
Con una agilità decisamente poco adatta ad una lady, ruotò il flauto fra le sue dita, finendo per tenerlo come se fosse una spada, ruotò il busto e puntò la punta dello strumento verso il petto della persona alle sue spalle. La benda che aveva sugli occhi (In modo che nessuno notasse gli occhi terribilmente martoriati dalla malattia che le aveva strappato la vista) seguì la sua traiettoria con un piccolo fruscio.

-Non sta bene avvicinarsi di soppiatto ad una Lady, Alois-

Disse al fratello

-Come facevi a sapere che ero io?-

Fu la risposta che udì. Probabilmente stava sorridendo, visto il tono. Elisabeth allontanò il flauto traverso e lo ripose di nuovo sulle sue ginocchia

-Solo tu ti avvicini di spalle, e soprattutto hai una cadenza di passi ben precisa...-

Rispose con un sorriso. Le piaceva la presenza di suo fratello, più grande di lei di due anni e già cavaliere del giglio a tutti gli effetti, un onore che a lei non sarebbe mai toccato.

-Stavi suonando?-

Lo sentì chiedere mentre si avvicinava. Percepì la sua presenza al suo fianco.

-Tentavo, vuoi ascoltarmi?-

Le dita stavano accarezzando la superficie liscia e perfetta del flauto

-Ma ad una condizione, mi fai fare un paio di tiri con la tua spada-

Il fratello le aveva insegnato di nascosto come usarla, ma non ne aveva una sua.

-Condizioni accettate-

Seguì una piccola risata divertita. La ragazza sorrise, poi accostò di nuovo lo strumento alle labbra, posizionando le dita sui fori con delicatezza. Prese fiato e soffiò dolcemente nello strumento, le dita che aprivano e chiudevano sapientemente i fori. La musica che ne uscì ricordava vagamente il canto degli uccelli che cinguettavano negli alberi intorno a loro, abbinandosi al loro canto in una dolce sinfonia che durò alcuni minuti. Un ultima nota e posò lo strumento

-E ora la tua parte dell'accordo-

Disse mentre riponeva lo strumento nella sua custodia. Elisabeth si alzò e tese la mano aspettando che il fratello le passasse l'impugnatura. Uno stridio, poi la sensazione del freddo metallo sulle dita. Le chiuse sull'elsa e cominciò l'allenamento, seguendo le indicazioni che le dava Alois. Quel piccolo paradiso che era il suo mondo aveva meno di un paio di ore di vita...


Cominciò la sera. Elisabeth stava camminando per i corridoi ora semideserto dopo che l'ordine aveva perso gran parte della sua antica gloria, quando sentì le grida provenire dalle mura. Con il flauto come sempre nella borsa che teneva al fianco si diresse verso la direzione da cui provenivano le grida. Sentì gridare qualcosa, ma non e comprese il significato. Continuava a camminare per i corridoi contando mentalmente i passi quando qualcuno la bloccò

-Sei impazzita? Dove ti eri cacciata? ti stavamo cercando ovunque!-

Suo fratello, dal tono di voce terribilmente agitato. Tentò di rispondere qualcosa, quando udì l'esplosione dal piano di sotto. Alois imprecò.

-Andiamo, qui non è sicuro-

Cominciò a tirarla per il polso, trascinandola per le scale.

-Che sta succedendo? Cosa sono le esplosioni?-

La voce di Elisabeth si udiva a stento, soffocata dai rumori.

-Il castello è sotto attacco, non so i dettagli, mi spiace. Devo portarti fuori, ordini di nostro padre-

Le urlò di rimando suo fratello. In breve tempo si ritrovarono fuori, nel giardino. Sotto i piedi Elisabeth poteva sentire l'erba frusciare ad ogni suo passo, mentre correva in quel mare di oscurità che era il suo mondo, fuori dai confini del castello. I rumori si fecero più flebili, forse per la distanza, o forse perché non c'era più nessuno in grado di emettere suoni. Una voce si alzò nelle tenebre parlando in elfico. Uno dei vantaggi di essere ciechi è che hai una quantità di tempo libero praticamente illimitato. Elisabeth lo aveva utilizzato per imparare a fare un po' di tutto, dal parlare lingue al suonare il flauto al maneggiare la spada

-Arrendetevi, e vi sarà concesso di vivere... Umani...-

Elisabeth si bloccò immediatamente, e suo fratello fece altrettanto, ma solo per sfoderare la spada e bisbigliare all'orecchio della ragazza

-Rimani qui-

Le lasciò le mani, poi cominciò il cozzare delle spade, mentre cominciava a piovere. Alcuni gemiti di dolore, ma lei non sapeva a chi appartenessero, poi un grido strozzato. Strinse le dita sulla borsa che conteneva il flauto mentre la pioggia le bagnava i vestiti.

-Stupido umano-

Altre parole in elfico, e per Elisabeth fu come se il mondo le fosse caduto addosso. Non si accorse nemmeno di cadere a terra, mentre la consapevolezza che suo fratello era ferito, o forse peggio, morto, la schiacciava come un macigno. Silenziose lacrime cominciarono a bagnare la benda che le copriva gli occhi. Udì qualcuno avvicinarsi a lei, poi un sibilo, un altro rantolo e qualcuno che cadeva a terra. Qualcuno parlò in elfico, forse un capitano, perché ordinò a qualcuno di reagire, prima che le sue parole venissero stroncate da un altro sibilo. Frecce, intuì Elisabeth, poi un urlo squarciò la notte

-Pagherete per questo!-

Un altra voce si unì al grido di rabbia. Non comprese le parole, ma comprese la musica che seguì. Eterea e bellissima, al tempo stesso malinconica e felice, delicata, ma decisa. Una musica che lei non sarebbe stata in grado di uguagliare. Alcune urla, poi il clangore delle spade che cozzano e tutto finì, lasciando posto al silenzio, rotto solo dai singhiozzi della ragazza, ancora in ginocchio sull'erba che si stava facendo via via sempre più viscida mentre la pioggia continuava a battere senza sosta. Si sentì toccare la spalla

-Stai bene?-

La ragazza sobbalzò alla voce e al tocco sconosciuto, mentre la mano correva verso il flauto e lo puntava nella direzione da cui proveniva la voce -Credo che quello non ti servirà a molto- Le rispose la voce. Una voce maschile, gentile. Abbassò il flauto e a tenoni cercò la custodia.

-D... Dov'è Alois?-

Chiese con voce rotta

-Dov'è?-

Altre lacrime si correvano lungo le sue guance, gli occhi ciechi che si spostavano inutilmente alla ricerca del fratello. La benda ora era scivolata via e le cingeva il collo come una sciarpa

-I... Io non ci vedo... Ditemi... Come... Lui...-

La voce esce a fatica dalle labbra scosse dai singhiozzi. 

-Muoviti Alexander, non è per questo che siamo qui...-

Una seconda voce, più musicale, ma al tempo stesso più dura

-Un attimo... Shireen ha già finito all'ingresso?-

Il primo uomo rispose alla seconda voce, poi si rivolse di nuovo a Elisabeth

-Forse è meglio se non vedi... Non è un bello spettacolo-

La mano sulla spalla si spostò, scivolando via mentre anche la presenza dell'uomo si allontanava. Elisabeth afferrò la mano dell'uomo

-Io voglio sapere come sta... Vorrei vederlo...-

 La voce le usciva strozzata mentre tentava di cacciare indietro le lacrime

-Non so nemmeno che volto abbia... Io... Lui è mio fratello, il mio unico fratello...-

Le dita persero forza e lasciò la mano dell'uomo. Sentì un sospiro, poi di nuovo quella musica celestiale

-Se è quello che desideri davvero posso ridarti gli occhi, ma preparati al peggio, il mondo non è una vista gradevole purtroppo-

Con queste parole le si avvicinò di nuovo e le toccò il volto, con una carezza leggera, poi si riallontanò, senza dire altro. In silenzio come era venuto.

Elisabeth era senza parole mentre osservava le sue dita, gli occhi che riacquistavano nuovamente a vista. si volò verso le due figure, due semplici sagome scure che sparivano nell'oscurità, poi si voltò nell'altra direzione. Davanti a lei c'erano una decina di sagome cadute a terra, alcuni trafitti da frecce, altri orribilmente mutilati, e dai corpi piegati in posizioni innaturali. Ma fu un altro corpo a riempire i suoi occhi di orrore. Suo fratello, l'unica persona con un'armatura bianca, in quella strage era riverso a terra, il petto squarciato in più punti. Riverso a terra, aveva una mano sul ventre, le dita pigiate sullo stomaco a tamponare una ferita mortale. Si alzò tremante e vi si avvicinò, per poi sedersi al suo fianco, osservandone per la prima volta il volto. Si era fatto crescere la barba, bionda come i suoi capelli, in un pizzetto curato. Accarezzo il viso e poi lasciò che le lacrime scorressero libere, silenziose, l'unico rumore nella radura la pioggia che continuava a cadere incurante del suo dolore e della morte. Crudele.
Nessuno arrivò dal castello, nessuno gridava, nessuno sembrava più in vita al forte. Sempre piangendo, prese la spada e il fodero, osservandone per la prima volta l'elsa e la lama, sfiorò nuovamente il volto di Alois e mormorò una preghiera. Poi si alzò, guardò un ultima volta la radura e i corpi distesi sull'erba fradicia

"Riempi i tuoi occhi di questo orrore, perché non dovrai dimenticare, mai!"

Si fissò il fodero al fianco, infilando la spada al suo interno. Poi raccolse il flauto, osservando con occhi pieni di lacrime e stupore le forme ormai così familiari dello strumento, poi semplicemente cominciò a camminare, senza una meta precisa, sola…
 
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Alester