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Autore: _Fux_    04/01/2014    6 recensioni
Harry è un dolce ragazzo di Holmes Chapel che lavora in panetteria, ama i bambini e raccontare storie immerso nel verde del parco della sua città; Louis è un principe, ma precisiamo: è un personaggio di un libro, che si è veramente stufato di ciò che concerne il suo ruolo, e che per questo motivo decide di andarsene dal Mondo Fantastico.
-Con una cantastorie d'eccezione (nel senso che è eccezionalmente rompipalle?!)-
ATTENZIONE: Larry Stylinson... Se non ti piace il genere, beh, non leggere :)
Genere: Fantasy, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Once upon a time

 

 

Salve!

Il mio nome è Chiara: sono una cantastorie.

Mi vedete?

No, non lì: più in alto...

Ecco, ora la vedete?

La ragazza vestita di bianco con una cetra in mano che sta seduta sulla prima lettera del capitolo, quella tutta decorata a ghirigori?

Esatto, sono io.

Vivo in un libro di fiabe, e il mio compito è quello di raccontarle, ma oggi vi narrerò una storia diversa; vi racconterò di Harry e Louis, e di come le loro esistenze si sono inevitabilmente incrociate.

Bene: questa storia parte dall'ultima pagina; già avete capito bene, dall'ultima pagina!

Perciò voltiamo facciata, corriamo nella storia, arriviamo alla fine del libro; ed eccola qui, la classica frase “E vissero per sempre felici e contenti”.

Ecco, inizia tutto proprio da qui...”

 

 

Harry era un ragazzo di diciannove anni amante dei bambini; proprio per questo quando non aiutava sua madre nella panetteria di famiglia amava fare il baby-sitter, un lavoro un po' insolito per la sua età -specie se si considera che oltretutto era un maschio- ma che lui adorava fare.

Era un sognatore, il caro Harry, secondo molte persone forse un pizzico troppo per i suoi diciannove anni, ma con quei ricci e i brillanti occhi verdi, perennemente accompagnati da un sorriso tutto fossette, era fin troppo adorabile affinché qualcuno se la prendesse con lui o mal lo giudicasse -cosa che risultava davvero impossibile, quando la sua occupazione preferita era rendere felici gli altri-.

Al giovane ragazzo di Holmes Chapel piacevano inoltre le favole, che con i loro bei lieto fine lo facevano sorridere oltremodo e se c'era qualcosa su cui tutti in quella piccola città erano d'accordo, era che il piccolo Styles avesse la capacità di attaccarlo anche alle altre persone, il suo sorriso.

Niente di meno insolito era vederlo intento nel cercare di non inciampare -o di non andare a sbattere contro qualche palo- mentre camminava con un libro aperto davanti al viso, magari in procinto di entrare nel parco verde della sua città nativa.

Ed ogni volta che lui si addentrava fra gli alberi e si sedeva su di una panchina era un motivo di grande gioia per piccoli e un po' meno piccoli, che subito lo circondavano e, posando la testa fra le mani, iniziavano a sognare grazie a quella voce un po' roca che gli permetteva di viaggiare e di vedere mille e più luoghi, di vivere mille e più vite.

Questo era, sicuramente, ciò che il giovane preferiva fare nel suo tempo libero.

Difficile sarebbe stato trovare qualcuno di tanto strano e diverso come Harry Styles, che tuttavia non si ritrovava affatto solo e senza amici: erano ormai anni che i suoi tre compagni di scuola -ma non di classe- Niall, Zayn e Liam si trovavano a convivere con le sue stramberie, che comunque non li avevano istigati ad allontanarsi dal riccio, tutt'altro!

Perché Harry era, con la sua diversità positiva, una vera e propria calamita.

Capitavano però dei giorni in cui si sentiva malinconico, e nemmeno leggere riusciva a risollevargli il morale: perché lui raccontava ai suoi ascoltatori di amori eterni e colpi di fulmine, ma ancora non aveva mai provato la sensazione di essere innamorato: non sapeva cosa volesse dire sentire il cuore battere improvvisamente più veloce, quasi impazzito, anche solo alla vista di una persona; non sapeva cosa significasse sentirsi a casa solo se stretto da un paio di braccia, non conosceva il desiderio di potere appoggiare su un paio di labbra le proprie; gli erano sconosciute le notti insonni passate a pensare ad un volto in particolare e tutto questo sicuramente gli mancava, facendogli vivere dei giorni in cui, semplicemente, gli passava la voglia di fare tutto, portata via insieme alla sua solita speranza e allegria.

E si da il caso che quando iniziò la storia -la loro storia- fosse proprio uno di quei giorni.

 

Louis era, invece, un vero e proprio principe.

Già! Un principe vero!

Beh, più o meno, dato che viveva in un luogo che non esisteva, dentro ad un libro.

Il ragazzo rispecchiava tutte le qualità solite ai principi: alto, biondo, occhi azzurri, agile, coraggioso e...

No, effettivamente Louis Tomlinson -noto anche con il nome di Principe Non Molto Azzurro- non era affatto come tutti gli altri sangue blu delle fiabe: era piuttosto basso, con lisci capelli castani e nemmeno particolarmente abile o coraggioso e persino non sempre gentile (il frutto di uno scrittore con idee innovative, forse); ma gli occhi sì, erano azzurri, e che azzurro!
E sapete che vi dico?

Lui seppur con tutti i suoi difetti era sicuramente un principe migliore di tutti gli altri, che sembravano fatti con lo stampino, perché lui, a differenza loro, era reale, vivo.

Per quanto possa essere vivo qualcuno che non esiste propriamente, ovvio.

Questo era, con ogni probabilità, il più grande desiderio del ventiduenne Louis: essere vivo.

Ed è così che è iniziato tutto: con uno dei soliti monologhi scocciati dell'infelice principe di Doncaster...

 

Per amor del cielo, Louis! Figlio mio, smettila di gridare così!” quasi piangeva disperata la Regina, notando che -ancora una volta- il principe suo figlio sembrava passare uno di quei “momenti no” che ultimamente sembravano essere diventati sempre più frequenti.

Mamma, scusami, ma... Non ne posso più!” aveva cercato di mantenere un tono basso, tuttavia non riuscendoci completamente, tanto era infervorato dalle sue ragioni.

Sono stufo! Stufo! Detesto la mia vita, già programmata per ogni minimo secondo della mia esistenza, sin da bambino! 'Louis, non puoi giocare con gli altri bambini: devi allenarti per salvare la tua principessa!'” aveva imitato la voce del padre, per continuare subito dopo: “ 'Louis, non puoi uscire con gli amici! Cosa ti capiterebbe se malauguratamente tu ti innamorassi di una donzella che non è la principessa? Louis, dovrai salvare la principessa, e poi sposarla!' Louis, Louis, Louis! Sapete una cosa? Louis è stufo! E non la vuole la 'principessa' !” aveva terminato il discorso per poi lasciarsi cadere su di una sedia, le mani che stringevano fra i capelli e la schiena scossa da singhiozzi.

Quella era una visione troppo dolorosa per qualsiasi genitore, quella di un figlio così distrutto e stufo della vita, così la donna si era decisa a salvare il suo piccolo da sé stesso, ed era andata a parlare con il Re suo marito.

Convincerlo era stato difficile, difficilissimo, ma infine avevano trovato un accordo, perciò in un freddo giorno di fine ottobre il sovrano aveva deciso di andare a parlare con la sua prole:

Figliolo, tua madre mi ha detto che non sei felice del destino che è per te stato scelto, ma sei un principe, hai dei doveri! Tuttavia, sei in primo luogo mio figlio, e l'unica cosa che desidero è la tua felicità... Perciò ho così deciso: porterai a termine il tuo compito e salverai la principessa e poi... Sarai libero di fare ciò che più ti aggrada. Una maga ti farà un incantesimo: una volta salvata la principessa Eleanor potrai andare dove vorrai, anche... Anche nel mondo non fiabesco, sì. Ma spero che tornerai” e con queste parole, dopo un tempo imprecisato, tutto il popolo era riuscito finalmente a gioire di fronte al sorriso ritrovato del giovane dal sangue blu.

Louis era quindi partito per mille e uno avventure, sfidando la sorte e vincendo tutti i cattivi -spesso e volentieri più per fortuna che per altro- ed infine aveva trovato la famosa principessa e l'aveva portata in fretta e furia in salvo, non vedendo l'ora di essere finalmente libero.

 

 

Bene, a questo punto del racconto siamo arrivati alla penultima pagina di “Il Principe non poi così Azzurro”, il libro della storia di Louis; manca da voltare l'ultima facciata, e già si sentono risuonare nell'aria le famose ultime parole “E vissero tutti felici e contenti”.

Nessuno dice però che qualcuno, a dire il vero, contento non lo era per niente.

Ed è in questo momento, che le vite di Louis ed Harry vanno a sbattere l'una contro l'altra, quando Louis alza lo sguardo sull'ultima pagina del libro e con uno sbuffo si alza fuori a fatica dalle righe del racconto per catapultarsi nella realtà.

Già, ma cosa c'entra Harry con tutto questo? Ebbene, si da il caso che “Il Principe non poi così Azzurro” appartenesse proprio a lui...”.

 

 

Era una di quelle giornate un po' così, per Styles, e stava facendo da baby-sitter a Mattew, un bambino di sei anni; era arrivata l'ora di portarlo nel lettino e, come al solito, prima che si addormentasse gli aveva letto una fiaba, una non molto conosciuta, la sua preferita.

Aveva letto le avventure disastrose di quel giovane principe con sentimento, esattamente come sempre, perché a lui, quel principe, piaceva proprio molto: strano quasi forse quanto lui, ma così...

Così vero! Ed Harry sapeva di essere un idiota perché a lui piaceva e nemmeno esisteva.

Aveva terminato il racconto con un sospiro e una lieve esitazione: “E vissero... E vissero tutti felici e contenti” perché“Sì, tutti tranne me” era ciò che aveva pensato prima di rimboccare le coperte al bimbo e socchiudere la porta.

Sai, dovresti smettere di leggergli queste cretinate” una voce lo aveva fatto saltare dalla paura, e nella penombra del soggiorno era riuscito ad afferrare la mazza da baseball del bambino e a vedere l'ombra di qualcuno, quel qualcuno che aveva parlato con voce quasi argentina.

Era indietreggiato lentamente fino ad arrivare all'interruttore della luce, che aveva acceso subito dopo: “Chi... Chi sei? E che cosa vuoi?” aveva chiesto con la voce tremante, ma invece di una risposta: “Dov'è che siamo, esattamente?” si era sentito dire.

Holmes Chapel?” più che una risposta, la sua sembrava una domanda.

Holmes Chapel... E dov'è?” un'espressione curiosa accompagnava il volto leggermente piegato di lato dello sconosciuto, che stava curiosando per la stanza.

In... Inghilterra?” era continuata la fiera delle non risposte di un sempre più confuso Harry.

Che sta...?”

Sulla Terra? Cavolo, ma ci fai o ci sei??” il baby-sitter aveva scosso la testa non capendo più nulla se non che quel ragazzo doveva essersi fumato qualcosa di veramente, ma veramente pessima qualità, ipotesi che si era confermata al suo esclamare: “Terra?? Quella Terra?? Quella del mondo non fiabesco?? Oh, wow! Ha funzionato! Capisci?? Ha funzionato!!” aveva poi preso a saltellare per la stanza non riuscendo a contenere l'emozione davanti ad Harry, che ora aveva seriamente incominciato a prenderlo per un matto fuggito dal manicomio più vicino -ma c'erano manicomi, ad Holmes Chapel?!- “Veramente io proprio non capisco...” aveva sussurrato, la testa che gli faceva già male.

Addio principesse, basta missioni! Benvenuta nuova vita!” lo sconosciuto aveva urlato battendo le mani, completamente esaltato.

P-principesse? Ma che??

Già, già, quelle maledette principesse! Comunque, seriamente, dovresti smettere di leggere al bimbo 'sta roba... Sono tutte stronzate! E poi tu non sei un po' troppo giovane per essere padre?” blaterava senza sosta quel ragazzo dagli occhi azzurro limpido, mentre indicava i vari libri contenenti fiabe.

Ssh! Ma che ti salta in mente! Non puoi dire parolacce quando in casa c'è un bambino! E non è mio figlio, ovvio! E ancora non mi hai detto chi sei!” lo aveva sgridato chiudendogli la bocca con una mano, che era stata prontamente spostata dal ragazzo basso – Oh oh! Non erano mica brividi quelli, vero??- che aveva ridacchiato accompagnando il tutto con una riverenza: “Mi scuso per questa mia mancanza: io sono il principe Louis... E mi piacerebbe ricordarti, ricciolino, che nemmeno tu mi hai detto chi sei!”.

Si da il caso che qui però lo sconosciuto che è entrato in casa senza essere invitato sei tu e comunque...” si era fermato improvvisamente mentre stava parlando, forse ripensando a cosa gli era stato detto: “Un principe??” e solo allora si era accorto dell'insolito vestiario del principe: giacca e pantaloni dal taglio strano di colore blu notte e stivali neri tirati a lucido alti fino al ginocchio.

Ed è a quel punto che Harry ha incominciato a fare i suoi calcoli, ripetendo di continuo: “Louis, Louis, Louis...” mentre l'altro annuiva compiaciuto: “Bravo, è il mio nome, già!”, smettendo poi all'urlo “Louis!” del ragazzo alto -ancora non gli aveva detto come si chiamava- che aveva spalancato il libro che teneva in mano e aveva iniziato a sfogliarne le pagine, notando solo allora la somiglianza tra le poche figure presenti nel testo e il tizio che aveva di fronte a lui.

Louis... Tomlinson... da Doncaster, dico bene?” aveva domandato con gli occhi verdi velati dall'emozione, mentre Tomlinson annuiva semplicemente.

Non ci posso credere!” aveva poi soffiato buttandosi sul divano, seguito anche da Louis, che gli aveva fregato il libro dalle mani per cominciare a leggerlo: “Santo cielo! Fa ancora più schifo che viverla, leggerla! E' una presa in giro, totalmente! Credi che dovrei fare causa allo scrittore??” aveva poi domandato ridendo, ancora incredulo per essere riuscito nella sua impresa che tutti avevano dichiarato pressoché impossibile, ottenendo in cambio solo silenzio.

Harry

Eh?

Il mio nome. E' Harry.” si era infine presentato quello che veniva dal mondo vero, stringendo in seguito la mano del personaggio della sua storia preferita.

Ed Harry lo sapeva, lo sapeva di essere nei guai quando, stringendo la sua mano, aveva di nuovo sentito delle piccole scosse e aveva annunciato: “Puoi stare a casa mia, se... se non sai dove andare,ecco.”.

 

Dopo essere stato sgridato dai genitori del bambino per avere portato un “amico” in casa loro -e dopo essere riuscito miracolosamente a mantenere comunque il lavoro- Harry era infine arrivato a casa sua, aveva posato delle lenzuola pulite sul comodo divano e aveva osservato per qualche minuto Louis, che era crollato addormentato in mezzo secondo netto.

Proprio non riusciva a capire se era uscito di testa, o se più semplicemente stava sognando, perché tutto quello non poteva essere reale!

Così nonostante l'ora tarda aveva chiamato il suo amico Niall -perché se avesse svegliato Zayn e Liam probabilmente sarebbero stati di cattivo umore per giorni, per loro il sonno era sacro- e lo aveva implorato di recarsi a casa sua, non fornendogli alcuna motivazione.

Circa mezz'ora dopo il suo amico biondo era arrivato, ed Harry non era riuscito a non sentire un inizio di senso di colpa nel notare i suoi occhi azzurri ancora opachi per il sonno.

Dimmi, Haz, che è successo?” aveva chiesto pigramente gettandosi su una sedia dell'ordinata cucina e: “Noi siamo amici, giusto?” aveva iniziato tentennante il padrone di casa, continuando ad un ovvio cenno affermativo dell'altro: “Bene, e se fossi impazzito a vedessi cose che non esistono, tu me lo diresti. Giusto?”.

Al “Certo” del biondo gli aveva afferrato la mano e dopo averlo fatto alzare di forza lo aveva portato in salotto: “Ok, lo vedi anche tu... Il ragazzo sul divano?”.

Niall non era ancora sicuro di comprendere dove l'amico volesse andare a parare, ma gli aveva risposto comunque di sì: “E con questo?” aveva aggiunto, stupendosi alla richiesta dell'amico di dargli un pizzicotto e ok, forse glielo aveva tirato un po' troppo forte, ma l'urlo che era uscito dalle labbra del riccio era stato sicuramente esagerato, e aveva quasi fatto svegliare il bel addormentato, che aveva iniziato a strofinarsi i piccoli pugni sugli occhi.

Harry aveva trascinato Niall in camera sua e si era seduto pesantemente sul letto, stringendo i capelli tra le dita affusolate: “Allora è vero...” si era ritrovato a sussurrare, per poi rispondere alla domanda dell'altro che gli chiedeva chi fosse quel ragazzo con: “Louis. Il p-principe della storia. Oddio, sono impazzito!”.

Ma Niall dopo avere osservato attentamente il libro, spiato un Louis dormiente ed essere tornato nella camera da letto aveva sorriso: “No, non credo, Hazza. Penso... Penso che tu abbia ragione!” rincuorando notevolmente il povero baby-sitter che credeva di avere perso il senno, e che si era poi addormentato stretto fra le braccia del suo amico d'infanzia.

 

La mattina dopo si erano entrambi svegliati di buon'ora, e mentre il riccio preparava una succulenta colazione per tre persone, l'altro si era messo seduto vicino il divano, per osservare lo strano ospite che vi dormiva sopra; aveva poi notato l'arricciarsi del suo naso in una graziosa smorfietta, e non aveva potuto evitare di dire al ragazzo nell'altra stanza: “Oddio, Harry, ma è dolcissimo!”.

E anche se Harry si era limitato a raggiungerlo scuotendo la testa, in realtà pensava che il biondo fosse in errore: era molto più che “dolcissimo”.

Poco dopo Louis aveva aperto i suoi occhi color ghiaccio, regalando un sorriso a chi lo stava ospitando, e inarcando successivamente un sopracciglio in direzione di quello che per lui era ancora uno sconosciuto.

Notando questo gesto Styles si era affrettato a fare le presentazioni, ed era arrossito visibilmente quando il principe gli aveva chiesto se Niall era il suo ragazzo, sbrigandosi a negare il tutto, mentre il biondo rotolava dalle risate: “Sentito, Haz? E' già geloso! Adorabile! Ed è carino! Avete la mia approvazione” e il riccio proprio non c'era riuscito a tappargli la bocca prima che terminasse la frase: “Scusalo, è un idiota! Però, sai, ha ragione... Sei carino” aveva confessato arrossendo poi al “Tu sei molto più che carino, Harry” di Louis.

Dopodiché avevano fatto colazione insieme, e Niall era quasi svenuto quando era venuto a conoscenza del fatto che il nuovo arrivato non avesse idea di cosa fosse la Nutella.

Infine erano rimasti solo l'ospite e il padrone di casa, che aveva offerto al primo la possibilità di lavarsi, mentre nel frattempo era andato a cercare dei vestiti da prestargli: impresa ardua, vista la loro differenza d'altezza!

Louis era un nano rispetto a lui, ed Harry questo fatto... lo adorava fin troppo.

Mi dispiace per le scarpe, ci ballerai dentro, magari oggi pomeriggio ne andiamo a comprare un paio nuovo... Se ti vasi era imbarazzato il ragazzo alto quando il suo ospite era ritornato con ancora i capelli umidi, notando però con piacere il sorriso sorto su quelle labbra rosee e sottili alla vista delle calzature: “Sono... Sono fantastiche! Bellissime! Mai viste scarpe così!” aveva gioito e se le era infilate ai piedi rimirandosi nello specchio.

Sì, beh, sono Vans!” aveva spiegato e Louis gli aveva sorriso, di nuovo, e il riccio si era sentito sciogliere sul pavimento, di nuovo.

 

Quel pomeriggio stesso si erano recati a comprare delle scarpe al giovane principe (indovinate?? Vans!) e poi Louis aveva chiesto all'altro ragazzo cosa facesse di solito per passare il tempo; Harry però non glielo aveva detto: aveva preferito farglielo vedere, portandolo con lui nel parco, e leggendo per quei pochi bambini che ancora preferivano le sue storie ai più tecnologici videogames.

Quel giorno Styles si era limitato ad una storia semplice, classica: Raperonzolo e per tutto il tempo del racconto si era sentito un paio di occhi bruciargli fra le scapole, non che la cosa lo infastidisse, a dire il vero, perchè quello sguardo lo... Riscaldava.

Terminata la narrazione il piccolo gruppetto che li aveva circondati si era disperso, solo la piccola Margaret rimaneva ancora vicina al diciannovenne, che l'aveva salutata con un affettuoso: “Ciao, principessa” che aveva fatto sbuffare Louis.

Dopo essere usciti dal parco Harry aveva insistito per fare da cicerone al suo nuovo compagno, e aveva deciso di fargli provare tutto il meglio della Terra e questo significava, ovviamente...

Gelato!
Avevano ancora le coppette in mano quando il riccio si era deciso a porre quella domanda che ormai gli ronzava per la testa già da diverse ore: “Senti, Louis, ma a te non piacciono i bambini?”.

No, non mi piacciono: li amo, che è diverso! Sono molto meglio degli adulti, il più delle volte!” aveva annuito molto più che convinto l'altro ragazzo mentre cercava di capire come riuscire a non fare gocciolare il suo gelato alla fragola fino al suo polso; Harry però insisteva nel volere capire cosa ci fosse allora che non andasse in quella bimba così simpatica: “Ma allora, Margaret...?” .

Non era la bimba a non piacermi, ma l'epiteto!” aveva quindi spiegato il Principe Non Poi Così Azzurro, mentre l'altro continuava a porre quesiti: “Intendi principessa?”.

Già, proprio quello! Puah!” aveva detto quasi schifato Louis, facendo ridere l'amico di una risata che -secondo lui- era meravigliosa: “Ma, Lou, non per offenderti, ma tu sei un principe! Non è la stessa cosa?”.

A sentire quelle parole il castano si era infervorato, incominciando uno dei suoi discorsi, quelli che lo avevano reso ben noto nel suo regno: “Oh, no, mio caro Hazza! Le cose sono su due piani completamente diversi! La vita di noi principi è tutta un dovere, dovere, dovere!

Tale discorso era però stato interrotto da un'obiezione piuttosto legittima: “Beh, sulla Terra è la stessa cosa, a dire il vero” che tuttavia non gli aveva impedito di essere completato: “Già, il che potrebbe anche essere giusto, ma... Quelle cavolo di principesse invece non fanno niente! Sono solo delle buone a nulla che prima si mettono nei guai, e che poi gridano 'aiuto, aiuto!' E sai cosa succede dopo?”.

Harry aveva scosso la testa sempre più divertito, curioso di sentire il continuo del dibattito contro le principesse, ed era stato ben presto accontentato da un Louis che ormai aveva lasciato perdere il gelato: “Succede che il povero malcapitato principe di turno deve andare a salvare i loro culi, e come se non bastasse dopo tutta la faticaccia sono pure costretti a sposare quelle lì! Dittatura!”.

E ancora una volta Styles aveva riso, riso come non aveva mai fatto, grazie a quel ragazzo che -ormai ne era felicemente sicuro- era strano tanto quanto lui.

 

 

Sì, perché dovete sapere che il giovane Harry era convinto che solo una persona fuori dalle righe come lui, sarebbe stata in grado di capirlo e di accettarlo e -perchè no?- di amarlo.

I giorni per i due ragazzi passavano veloci, tra un giro per la città, le uscite con gli amici (vecchi per l'uno, nuovi per l'altro) e il lavoro in panetteria che avevano incominciato a condividere poco dopo la venuta del ragazzo con il sangue blu.

Vivendo così a contatto erano diventati inseparabili, indivisibili, ed era ormai chiaro per tutti che Harry si era irrimediabilmente innamorato di Louis; beh, per tutti era ovvio, tranne che per quest'ultimo, che aveva sbattuto contro la verità quando le sue labbra erano state toccate da quelle del riccio, gli occhi verdi pieni di speranza.

Ma torniamo alla nostra storia; ecco, proprio nel momento esatto del tanto agognato bacio...

Guardate...”.

 

 

Il diciannovenne di Holmes Chapel pensava ormai da un sacco di tempo a come confessare i suoi sentimenti al ragazzo che gli era riuscito a rubare il cuore senza nemmeno provarci, semplicemente comportandosi da sé stesso; aveva immaginato diverse maniere per esprimere ciò che provava al suo Tommo, ma sicuramente nessuna di queste prevedeva il baciarlo all'improvviso per poi staccarsi mordendosi un labbro e confessare: “Io... Louis, io ti amo!”.

Che era invece -ovviamente- proprio quello che era successo quando Louis si era sporcato il labbro con la cioccolata calda ed Harry non era più riuscito a resistergli, sporgendosi per pulirlo con il bacio più dolce che avesse mai potuto desiderare.

Il silenzio -solitamente inesistente, data la sciolta parlantina del liscio- era calato improvvisamente e per questo motivo era stato particolarmente facile sentire il cuore di Harry andare in pezzi quando l'altro ragazzo aveva sussurrato: “Io... Credo di... Dovere andare. Ora”.

Naturalmente il minore aveva cercato di inseguirlo, ma gli era stato impossibile: nessun essere umano reale, per quanto innamorato fosse, aveva il permesso di immergersi nel Mondo Fantastico.

Così Harry aveva ripreso a vivere la sua routine quotidiana che consisteva in lavoro- casa, casa-lavoro, sentendo un grande vuoto dove ci sarebbe dovuto essere invece il suo cuore e al parco no, non ci andava più: aveva smesso di credere nelle favole, e in quello stesso momento aveva anche smesso di sorridere.

La situazione era diventata statica da qualche giorno, quando una sera, improvvisamente, l'appartamento del riccio era stato riempito da un sacco di rumore e da imprecazioni; infine il riccio, seduto a gambe incrociate sul sofà, la testa china verso il pavimento, aveva visto un paio di Vans entrare nella sua visuale.

Scusa il ritardo -aveva sorriso Louis sedendosi sul divano e poggiandosi all'altro ragazzo- ma sono dovuto andare a salutare delle persone e a mettere in chiaro certe faccende. Avrei voluto dirtelo, ma sai, nella foga non mi è venuto in mente, e non credevo certo che fossero così duri di comprendonio, quelli”.

Harry era confuso, pensava di avere le allucinazioni, e non capiva di cosa stesse parlando l'altro: “Che-che intendi?”.

Ma si! Sono andato dai miei genitori per dirgli che mi ero innamorato di un ragazzo. Oh, avresti dovuto vedere le loro facce! Non hanno capito subito, così ci ho messo un po' di tempo per spiegarglielo... Spiegargli che nessuno ha mai scritto 'E il principe e la principessa vissero per sempre felici e contenti insieme' ! E che l'unico modo in cui io posso essere felice, beh, è stare con te” e vedendo che il riccio al suo fianco non sembrava volersi muovere Louis si era affrettato ad aggiungere: “Sempre se... Se lo vuoi anche tu”.

Allora Harry si era messo a sorridere, uno di quei suoi sorrisi speciali pieni di fossette, portandolo più vicino a sé, dicendogli nell'orecchio: “Certo che voglio, Lou! Niente... Niente mi renderebbe più felice di così!”.

Louis lo aveva poi baciato dolcemente prima di aggiungere un: “Harry, ti amo” che aveva dovuto fare immediatamente specificare il riccio: “Beh, niente a parte questo!”.

 

 

Ed è quindi questa la fine della storia di Harry e Louis; una storia diversa da quelle dove il principe sposa la principessa... Una storia dove un ragazzo è finalmente in grado di potere sentire su sé stesso questo grande dono di cui gli piace tanto raccontare nelle storie con le quali riesce ad incantare piccoli e un po' meno piccoli: un dono chiamato amore.

Ad essere sinceri dire che questa è la fine dell'avventura di Harry e Louis non pare giusto, poiché -ve lo posso assicurare- questo in realtà è per loro solo l'inizio.

L'inizio della felicità, della vera vita, di un'esistenza insieme.

La vostra cantastorie ora deve tornare a prendere in mano quella cetra, a sedersi su quella prima lettera decorata del capitolo iniziale, perciò le pagine volano all'indietro e il libro si chiude, ma prima che ve ne andiate, lasciatemi dire una cosa: non dimenticate il viaggio di Harry e Louis, non scordate la loro storia.

Ricordatevi di questi due ragazzi che sono riusciti ad amarsi anche quando tutto sembrava essere impossibile.

Cercate di rimembrare che anche per il ragazzo che non aveva mai potuto amare, la felicità infine è giunta.

Ricordate, e sperate.”

 

 

 

 

Ok, fa schifo, però...

Avete presente quando le dita vi formicolano per il bisogno di scrivere? Ecco.

Quindi, mi dispiace per gli errori che probabilmente ho commesso, e niente...

Spero vi sia piaciuta almeno un pochino-ino-ino.

Grazie mille per avere letto :)

Fux xx
P.S. Non è bellissimo il banner?? *.* Infinite grazie a #HolkayEfp di Facebook! :)

   
 
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