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Autore: Atarassia_    04/01/2014    8 recensioni
-Io sto bene. Sei tu quello che ha dei problemi. E la prossima volta se dopo essere andato a letto con qualcuno non ne hai abbastanza, non ti azzardare a venirmi a cercare perché io non ci sto più!- esclamai sentendolo irrigidirsi e con le lacrime agli occhi mi allontanai fuggendo per le vie della città.- (Capitolo 7)
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La prima volta può deludere, dicevi "Fà piano" ed io pensavo a me mi chiedi persino se sei frigida volevi soltanto andassi via da te. Se sei andata in crisi c'è un perché tu eri bambina e non lo sei più che non è come immaginavi tu. [...]
Andiamo al centro, passeggiamo, vuoi? e da una vetrina forse scoprirai che le unghie a pelle non ti mangi più e all'improvviso capiremo noi che non è un problema di verginità, si è certo più donne quando non si ha, ma quel che graffia dentro è il crescere. (NEK - Cuori in tempesta)
Genere: Erotico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
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Follie
Capitolo Nove

 
 
Ci accostammo con la macchina al lato della strada e, sfilandomi la cintura di sicurezza, gettai un’occhiata alla sfilza di vetrine colorate che, alternate ai portoni dei condomini, facevano da sfondo al panorama. Con il buio, le varie luci poste come decorazioni dei negozi o per illuminare i passanti, spiccavano come non mai.
Le insegne ancora accese della farmacia e delle varie tabaccherie aperte erano sparse qua e là. Una folata di aria fresca mi sferzò i capelli e riportai lo sguardo alla mia destra accorgendomi solo in quel momento di Valerio che, con fare cavalleresco, mi aveva aperto la portiera.
Stupita ed imbarazzata accettai il suo aiuto e scesi dall’auto preoccupandomi subito di allisciare le pieghe del vestito che tendeva a risalire lungo le gambe ad ogni minimo gesto.
Spostai lo sguardo sul locale dove lui aveva prenotato mentre, con una mano, tenevo stretti i lembi del cappotto proteggendomi dal’aria fredda. Alle mie spalle lo sentii armeggiare con le chiavi e chiudere l’auto.  Poi dei passi lenti mi avvertirono che si stava avvicinando e, sebbene non ne fossi sorpresa, sobbalzai quando con una mano si appoggiò al mio fianco invitandomi ad avanzare.
Ci incamminammo verso l’entrata uno accanto all’altra senza nemmeno dire una parola: io perché ero imbarazzata, lui perché non sapeva di cosa parlare. Tenne la porta del locale aperta e, con un sorriso gentile, mi invitò ad entrare prima di lui.
L’ingresso era costituito da una stanza piccola ma ben arredata. Le pareti bianche erano state decorate con foto in bianco e nero raffiguranti paesaggi di ogni tipo, delle piante erano state sapientemente utilizzate per vivacizzare l’ambiente.
Nell’angolo alla mia destra invece, c’era un bancone che ritenni essere presumibilmente la cassa. Dietro di questo stava un signore intento a sfogliare un grosso registro. Sollevò la testa distratto dal nostro ingresso e si rizzò subito dandoci il benvenuto.
Seguii Valerio verso quel bancone e strinsi anch’io la mano del proprietario del ristorante che, udito il nome a carico del quale era avvenuta la prenotazione, ci indirizzò verso un tavolo che rimaneva abbastanza appartato. Lo ringraziammo e fummo sul punto di entrare nell’ampio salone quando, Valerio, mi colse di sorpresa prendendomi per mano.
Spostai subito lo sguardo sulla sua presa non sapendo come reagire e dovetti reprimere l’impulso di strattonarlo così da liberarmene. Lo guardai in viso ma era apparentemente tranquillo e, mentre mi guidava tra i vari tavoli, non doveva essersi  accorto del mio turbamento.
Fui percorsa dai brividi ed inciampai sui miei stessi piedi troppo presa dai miei pensieri per prestare attenzione a dove li mettevo. Valerio lasciò andare la mia mano solo quando fummo di fianco alla sedia e, afferrandone lo schienale, mi aiutò a sedere proprio come vedevo succedere durante gli  appuntamenti inscenati nei film americani.
-Grazie.- dissi flebilmente accennando anche un sorriso al quale rispose entusiasta accomodandosi dinanzi a me. Poi si accomodò anche lui sistemando la giacca sulla sedia e controllando l’ora sul telefono. Aveva dei modi di fare gentili anche se, ero pronta a scommettere o meglio, ero assolutamente certa che la sua fosse una pseudo cavalleria.
Da come lo ricordavo e per quello che mi suggeriva l’istinto, Valerio non era così delicato in quei momenti, non era un tipo attento ai gesti  di quella sera, non era il tipo di ragazzo che ti veniva ad aprire la portiera o che ti faceva entrare per prima solo per galanteria.
Sicuramente tutte quelle attenzioni che avevo ricevuto da parte sua erano momentanee, fragili, false e illusorie. Se solo gli avessi permesso di continuare quella farsa nel giro di una sola settimana avrei potuto godermi la sua evoluzione caratteriale.
Quei gesti cortesi e i modi di fare da vero signore erano solo la nuova trovata per far colpo. Attendemmo le nostre ordinazioni e, tra una portata e l’altra, mi ritrovai a divertirmi sul serio. Ripensammo a tutti gli episodi divertenti del liceo, alla vena che si gonfiava sul collo della professoressa di Francese quando iniziava a starnazzare come un oca, a Pietro il bidello che reclutavamo sempre per interrompere la lezione e farci perdere qualche minuto. Risi come una matta quando lui riportò alla mente le marachelle di Alessandro e Pierpaolo, i più scalmanati della classe che non perdevano nemmeno un secondo per combinare qualche danno. Come quando avevano deciso che l’ora di Matematica dovesse trasformarsi in una lezione di yoga e, senza curarsi del professore, si erano messi seduti sui banchi in meditazione. Quel gesto era costato l’oro tre giorni di sospensione, il tempo necessario per ideare un nuovo piano da attuare al rientro a scuola a danno della professoressa di religione che, colta di sorpresa, si ritrovò ad assistere al suo stesso funerale che quei due avevano messo in piedi. A causa di tutte quelle risate, mi ritrovai in poco tempo con la mascella dolorante e dovetti chiedergli di interrompersi per un attimo così da farmi riprendere fiato.
-Erano due pazzi!- conclusi con ancora la scena del funerale davanti ai miei occhi. Lui annui convinto e abbozzò un sorriso.
-Li ho incontrati qualche mese fa e Pierpaolo è sempre lo stesso mentre Ale si è calmato. Claudia mi ha raccontato che finalmente è riuscito a mettersi con Francesca, la famosa ragazza del 5° F. Te la ricordi? Sembra che lei lo tenga per il guinzaglio e così lui ha messo la testa a posto.- spiegò.
Dagli episodi in classi passammo a parlare delle gite e infine ci confrontammo su quanto ne sapevamo riguardo le loro vite dopo la fine della scuola.
Mi ritrovai ad osservare dei modi di fare e delle espressioni che Valerio aveva sempre avuto e che, durante gli anni da liceale, avevo trovato buffi e a tratti infantili. Allo stesso tempo, però, avvertii una certa maturazione in alcune sue riflessioni e atteggiamenti che mi stupirono in senso positivo. In alcuni momenti mi sentii anche a disagio perché non riuscivo ad essere me stessa, o almeno non riuscivo ad esserlo completamente. C’era sempre un qualche ricordo passato e un qualche pensiero a bloccarmi, a impedirmi di fargli osservare qualcosa e di esprimermi liberamente. Non volevo fare la figura della stupida, né rovinare quanto rimaneva di quella serata, così alla fine optai per un sorriso ben costruito e delle risposte semplici e mal approfondite. Ci fu un momento in particolare in cui avrei voluto sotterrarmi e non feci altro che darmi mentalmente della stupida. Infatti, nel bel mezzo della risata, Valerio, posò la mano sul mio polso e io mi ritrovai a desiderare che quel tocco fosse di una mano più rovinata, con i calli leggermente accennati e i polpastrelli a tratti graffianti. Una mano più rude e, allo stesso tempo dolce. E quando mi accorsi che la mano era, in realtà, minuta e curata, ritrassi istintivamente la mia fingendo di dovermi sistemare i capelli dietro all’orecchio. Alzai lo sguardo provando a darmi un certo contegno e evitare di fare danni. Lui continuava a parlare e io annuii distratta. Avvampai completamente quando le sue labbra carnose mi apparvero più sottili e con un taglio più dolce. Sentii le mie tremare leggermente al solo ricordo di come erano state sfiorate, assaporate, vissute solo alcuni giorni prima da Davide.
Davide. Davide che continuava a tornarmi in mente nei momenti più inopportuni, che mi faceva tremare le gambe e attorcigliare lo stomaco anche se non c’era. Davide che detestavo con tutta me stessa perché era  uno spocchioso, arrogante e tutta un’infinità di cose che mi davano fastidio e che non si addicevano per niente alla mia personalità. Davide che avrei voluto prendere a schiaffi, tenere a debita distanza, prenderlo nuovamente a schiaffi e abbracciarlo stretto. Si, proprio così. E per questo lo maledivo. Cioè, una persona trascorre tutta una vita a dedicarsi a quello che più gli piace, a fare progetti per il futuro e stabilire ciò che è giusto o sbagliato e poi, inaspettatamente, accade sempre un qualcosa che stravolge tutti i tuoi piani e mette in discussione tutto quello in cui hai sempre creduto. Mamma mi aveva sempre ripetuto che nella vita bisogna aspettarsi di tutto e tu puoi prendere questo avvertimento come una precauzione, farne tesoro onde evitare problemi, ma alla fine, qualunque cosa accada, sebbene tu fossi preparato anche al peggio, ne rimarresti scottato, sorpreso, turbato.
E io detestavo quando qualcosa non andava come stabilito, quando qualcuno invadeva pesantemente i miei spazi perché non mi sentivo più padrona di me stessa. E in qual momento detestavo ancor di più Davide e tutto quello che comportava. Lo detestavo perché mi teneva sveglia la notte con gli incubi, perché non mi faceva studiare di giorno per i ricordi, perché mi faceva scoppiare a piangere per essere così stramaledettamente se stesso.
Senza destare sospetti in Valerio, lasciai scivolare una mano sotto il tavolo e mi pizzicai con rabbia, frustrazione, masochismo, la gamba nella speranza di riuscire a cancellare dai miei occhi, almeno per una manciata di minuti, la visione di due labbra secche ma morbide, di due occhi così verdi da perdercisi dentro e un sorriso da far venir il capogiro.
Tra una cosa e l’altra arrivò il momento di pagare il conto che, Valerio, volle a tutti i costi pagare esclusivamente lui e lasciammo il ristorante.
Ignorai i suoi tentativi di prendermi la mano mentre ci dirigevamo verso la macchina e facendo finta di nulla la misi in tasca così da evitare situazioni imbarazzanti e spiacevoli.
-Allora, sei stata bene?- chiese una volta al riparo nell’abitacolo. Annuii a corto di parole e lui si aprì in un sorriso prima di riportare l’attenzione sulla strada. Iniziai a sudar freddo e temere il momento in cui saremmo arrivati sotto casa. Ero sì nuova in materia, ma i film, i racconti della gente e alcuni libri avevano sempre raccontato la medesima cosa. Lui, lei, la macchina, la fine di un appuntamento, il parcheggio sotto casa e il bacio. Ma io non avevo alcuna intenzione, né voglia, né capacità di concedere nulla. La cena con Valerio non era stata completamente disastrosa anzi, ad eccezione di alcuni momenti, mi ero anche divertita, ma non potevo comunque: lui non era abbastanza, non era quello che volevo in quel momento.
E, contro ogni mio desiderio, in poco tempo fummo davvero sotto casa e, come da copione, lui parcheggiò, spense la macchina, si strofinò le mani sul pantalone e nell’abitacolo scese un silenzio assai imbarazzante fatto di domande e congedi non espressi. Lui che cercava un modo per attaccare bottone, per riuscire ad avere una soddisfazione e io che cercavo di trovare il momento opportuno e il modo più gentile per aprire quella portiera, scendere e rifugiarmi tra le mura della mia camera.
-Ti va di rifarlo qualche volta?- sputò fuori frettolosamente Valerio dopo aver capito che, se non fosse stato per lui, non saremmo venuti fuori da quel silenzio.
-Si, perché no.- risposi con voce flebile sussultando quando mi accorsi della sua vicinanza.
-Bene. Allora nei prossimi giorni ci sentiamo per organizzarci, magari ti vengo a trovare.- disse sempre più vicino, mutando anche il tono della voce in un tentativo mal riuscito di sembrare sensuale. Deglutii votando tempestivamente il capo lasciando che le sue labbra si posassero sulla mia guancia. Lo sentii sospirare e poi allontanarsi mentre anche io lasciai andare un sospiro di sollievo.
-Grazie per questa serata. Buonanotte.- esclamai con un piede già fuori dalla macchina in un ultimo tentativo per sembrare il più cortese possibile.
Lui annuii scocciato e io arrossi scendendo di fretta dal mezzo e richiudendomi la portiera alle mie spalle. Feci appena in tempo a sentirlo dire che mi avrebbe chiamata lui e augurarmi una buonanotte, prima di percorrere di corsa le scale, entrare in casa e buttarmi sul letto.
Esausta e sfinita, mi liberai del vestito rifugiandomi sotto le coperte e, nella speranza che non mi avrebbe più chiamato per un nuovo appuntamento, mi addormentai con la sensazione delle sue braccia che mi cullavano e delle sue labbra che baciavano dolcemente le mie.
********
 
L’autunno era probabilmente la stagione che più mi rispecchiava. Avevo da sempre trovato interessante quell’accostamento di vari colori che comportava: il verde, il giallo, l’arancione, il marrone. Da piccola ricordo che amavo andarmene nella casa di campagna dei nonni e  sedermi sul vecchio portico per osservare anche la più  piccola delle foglie staccarsi dai rami e posarsi delicatamente al suolo. Mi piaceva anche indossare i maglioni colorati confezionati dalla nonna e indossare gli scarponi e l’impermeabile per fare le passeggiate nei boschi.
C’è da dire che gli spazi verdi delle città erano completamente diversi da quelli di campagna, i quali presentavano un aspetto più vitale e selvaggio, e questi ultimi mi mancavano molto. Infatti, da quando la nonna era morta e gli zii e la mamma avevano messo il nonno in una struttura per anziani, non eravamo più tornati nella loro casa e il vecchio portico era rimasto solo un dolce ricordo della mia infanzia.
Ma, nonostante tutto, avevo imparato ad apprezzare il parco che sorgeva poco più in là da casa mia e ogni scusa era buona per farci una visita.
-Ma non pensi che forse avresti anche potuto dargli una possibilità?- chiese Lele distendendo le gambe e appoggiando la schiena sullo schienale della panchina.
-Perché avrei dovuto farlo? Non mi interessa e credo che un’uscita come vecchi compagni di classe sia il massimo che posso concedergli.- risposi a capo chino con le mani tra le cosce per tentare, inutilmente di ripararle dal freddo di Novembre.
-A dire il vero, secondo me, sei partita prevenuta nei confronti di Valerio.- osservò Lele scrutando attentamente ogni mia mossa e espressione.
-Prevenuta?- ribattei confusa non riuscendo a capire dove volesse andare a parare.
Lui annuì e si guardò intorno per un attimo prima di trovare le parole giuste da usare.
-Si, prevenuta. Cioè sei andata all’appuntamento come se dovessi fargli un favore, non hai lasciato che la cosa ti coinvolgesse per niente.- spiegò cautamente gesticolando con una mano mentre con l’altra si grattò il mento.
-Ma questo non è vero.- tentai di difendermi, ma mi accorsi di non credere neanche un po’  a quello che avevo detto e, a giudicare dall’occhiataccia torva che mi riservò, nemmeno Lele doveva farlo.
-Ma sei seria? Sul serio Bea, sembrava che dovessi andare alla tua esecuzione. Non un minimo di emozione, alcun interesse, niente di niente!- esclamò lui enfatizzando le parole con i gesti.
E io avvertii il bisogno di alzarmi, sgranchirmi le gambe e prendere un boccone di aria perché sarei potuta scoppiare da un momento all’altro. Mi passai le mani sugli occhi e deglutii più volte in cerca di un appiglio, di un qualcosa che potesse aiutarmi.
-Forse perché ho altro per la testa?- sbottai alla fine con un tono di voce più alto del normale che mi graffiò la gola e mi lasciò lì, ansante e priva di forze, con le lacrime agli occhi.
Lele rimase impassibile come se si aspettasse un mio tale atteggiamento, come se avesse già programmato questa mia confessione.
-Forse perché non riesco a scacciare un maledetto pensiero, perché non riesco a fare più niente senza che Lui non mi torni in mente.- sussurrai con un filo di voce e le lacrime agli occhi. A questo punto Lele addolcì la sua espressione e allargò le braccia permettendomi di rifugiarmi tra di esse e sfogarmi fin quando ne avessi avuto bisogno.
-Non ce la faccio più Lele. Io non avevo chiesto niente di tutto questo, questa non sono più io.- esclamai in un sussurro con il volto nascosto nell’incavo del suo collo. Lui con una mano mi accarezzò i capelli e mi cullò fin quando non ebbi terminato anche le ultime lacrime.
-Non esistono spiegazioni razionali per tutto questo. Sono cose che succedono e basta. Cose che non chiedono nemmeno il permesso, ma entrano nella tua vita e stravolgono tutto. E tu non puoi tirarti indietro, devi solo impararci a convivere o lasciarti andare.- disse quando mi fui calmata e io mi staccai dal suo abbraccio per guardarlo negli occhi.
Ci scrutammo per qualche secondo, lui serio e impotente, io affranta e completamente spossata dalle emozioni.
-Se Davide ti piace, non puoi farci niente tesoro. O ci provi, o fai finta di niente e accetti in silenzio tutto quello che comporta essere interessata ad uno come lui. Non ti assicuro che sarà una cosa facile, qualunque sia la tua scelta, ma, per qualunque cosa, io sono qui con te.- mi consolò con un bacio caldo sulla fronte.
Mi strinsi a lui e chiusi gli occhi, lasciando che il tempo e il vento asciugassero le lacrime sulle mie guance.

 




 

Salve gente! ^_^
Sono in un ritardo spaventoso, lo so. Ma nemmeno io pensavo che il mio “alla prossima” si sarebbe trasformato in sette mesi senza aggiornamento! Scusatemi, davvero.
Non starò qui ad inventare storie senza senso e assolutamente inventate per giustificare questo mio ritardo, ma vi dirò semplicemente che è mancata la voglia di scrivere, non avevo idee e poi è iniziata la scuola.
Ora sono tornata con questo capitolo che non è niente di che, ma semplicemente preparatorio e incentrato soprattutto sulla componente psicologica di Beatrice e sull’influenza che Davide esercita su di lei. Con la scusa delle vacanze di Natale, ho revisionato tutti i vecchi capitoli correggendo gli errori e impostandoli diversamente, ho buttato giù una scaletta per i prossimi capitoli, in particolare per il decimo che avrà al suo interno diversi momenti importanti tra Davide e Beatrice. Da come avete potuto vedere anche in questo capitolo, ho adottato una nuova sistemazione a livello grafico. Che ve ne pare?
Comunque sia, cosa ne pensate del capitolo?
Vi ringrazio per aver lasciato dieci recensioni allo scorso capitolo e spero che ne lascerete delle altre anche in questo. Grazie per aver inserito la storia tra le preferite, le seguite o le ricordate.
Per qualunque cosa, aggiungetemi sul mio nuovo profilo Facebook: Atarassia Efp
Ci sentiamo presto!
Con affetto,
Atarassia_

 
   
 
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