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Autore: DarkSide_of_Gemini    05/01/2014    2 recensioni
"-Io posso venire quando voglio qui. Domani torni?-
-No-
Aveva usato un tono perentorio, non adatto ad un bambino della sua età.
Sembrava abituato a farsi obbedire ad un minimo cenno, aveva assunto una vaga espressione di minaccia.
Kendeas ci rimase male, ma non si perse d’animo.
-E dopodomani?-
-No. Mai più. Mai più fino a quando non avrò terminato il mio addestramento-"
Due bambini, un lungo periodo di attesa, una promessa da mantenere.
E' così che inizia la storia di Saga e Kendeas, il primo Gold Saint dei Gemelli, l'altro un ragazzo comune, come tanti.
La storia di un amore nato per caso e capace di durare tutta la vita e oltre la morte, attraverso difficoltà, tradimenti, bugie.
Attraverso gli anni.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Gemini Saga, Nuovo Personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Anàmesa Étoi – Across the Years

5-Spettri

 

 

Per settimane al villaggio di Rodrio non si parlò d’altro che questo: il tradimento di Aioros del Sagittario e la scomparsa di Saga dei Gemelli.

Kendeas aveva quindici anni e, con la testardaggine tipica della sua età, non si rassegnava ad aspettare senza fare niente, così appena incontrava un soldato o uno dei Gold Saint che raramente si facevano vedere al villaggio subito chiedeva di Saga.

Non gli passò neanche per la mente di essere cauto mentre faceva domande, almeno fino a quando non sentì due guardie che lo prendevano in giro.

 

-Visto quel ragazzino come chiede sempre di wanax Saga? Sembra una fidanzatina gelosa!-

 

Kendeas li lasciò andare via, rosso fino alle orecchie, e da quel momento fece molta più attenzione a come parlava.

Non tollerava che il sentimento forte e bellissimo che lo univa a Saga diventasse oggetto di battute idiote tra soldati.

Un giorno si sparse la notizia che dopo tanto tempo il Gran Sacerdote aveva finalmente deciso di fare una visita al villaggio; erano mesi che non succedeva, e praticamente tutti gli abitanti avevano lasciato le loro occupazioni per scendere in piazza a vederlo.

Anche Kendeas decise di andare, ma con fini del tutto diversi dalla devozione religiosa: il fatto era che l’unico che poteva sapere qualcosa di Saga era proprio il Sacerdote.

Non era lui che governava i Saint di ogni casta?

E allora tanto valeva provare!

Si mescolò alla folla, aspettando il suo turno per parlare con il Sacerdote, ma quando gli arrivò davanti accadde una cosa strana.

Kendeas guardò le pietre rosse della maschera e gli sembrò di sentire un respiro trattenuto dietro di essa.

“Tu?”.

La voce era nella sua testa.

Voleva parlare ma non ci riusciva, come quando Saga lo aveva immobilizzato prima di sparire per sempre.

Il Sacerdote gli posò la mano sulla testa in un gesto di benedizione, poi passò in fretta ad un'altra persona.

Kendeas era ancora bloccato, e quel che era peggio nessuno sembrava accorgersi della sua situazione.

Intanto il Sacerdote si era allontanato.

“Lo ha fatto apposta! È stato lui ad immobilizzarmi, ma perché?”.

Deciso più che mai a non rinunciare, Kendeas decise di giocare d’astuzia.

Lasciò il gruppo dei fedeli e fece il giro largo attraverso i campi per appostarsi sulla strada che da Rodrio saliva verso il Santuario.

Gli venne anche un pensiero abbastanza stupido: si sentiva un po’ uno dei bravi che aspettavano Don Abbondio per minacciarlo, ma, a parte il fatto che lui non voleva minacciare nessuno, il Sacerdote di Athena non era certo un povero curato di campagna!

Dopo quasi un’ora la sua pazienza fu premiata: una figura alta, avvolta in una tunica blu stava percorrendo quella strada.

Kendeas si chiese vagamente se quella sua mossa avrebbe potuto essere interpretata come un agguato, e se sì quali avrebbero potuto essere le conseguenze.

Il Sacerdote si fermò solo quando fu di fronte a lui.

 

-Perché sei stato qui ad aspettarmi, ragazzo? Hai già avuto la mia benedizione-

 

Kendeas lo osservò e per la prima volta si sentì nervoso.

Aspettare il Sacerdote di Athena sulla strada, ma che gli era saltato in testa?

Eppure quella era la sua sola speranza.

 

-Ierèas, perdonate la mia insolenza, ma ho bisogno di parlare con voi. Ditemi se sapete dove si trova wanax Saga-

 

-Wanax Saga…- ripeté lentamente il Sacerdote –non è affare tuo, tanto non lo rivedrai mai più-

 

-Ma signore…-

 

-Ti avverto, ragazzo, la mia pazienza ha un limite-                   

 

“No, è tutto sbagliato. Il Gran Sacerdote è un uomo buono e generoso. Perché usa questo tono freddo?”.

 

-Ieréas… per favore, se sapete qualcosa ditemelo-

 

Il Sacerdote rimase immobile.

Kendeas aveva la netta sensazione di essere osservato dalle pietre rosse e quel colore gli sembrava improvvisamente inquietante.

Rosso era il sangue.

Si costrinse a non abbassare lo sguardo e poco dopo si accorse che le spalle del Sacerdote erano come scosse mentre dietro la maschera vibrava uno strano suono.

Il Sacerdote stava ridendo.

 

-Ah, ragazzo, da come insisti e dal tono così preoccupato della tua voce si direbbe quasi che tu avessi un legame speciale con wanax Saga. È così?-

 

A quel punto Kendeas abbassò gli occhi -Io lo amavo-

 

-Ma evidentemente lui non amava te. Ti ha abbandonato senza una parola, non è vero?-

 

Kendeas boccheggiò come se fosse stato colpito fisicamente -Lui… lui non ha potuto…-

 

-O non ha voluto. Che hai tu, un operaio, da spartire con un Cavaliere d’oro? Niente. Rassegnati, per lui sei stato solo un capriccio-

 

-No!-

 

Solo in quel momento Kendeas si rese conto che aveva alzato la voce contro il Sacerdote di Athena, cosa che probabilmente era un sacrilegio.

 

-Razza di sciocco sentimentale che sei! Sei convinto anche tu, come tutti, che il tuo Saga fosse un concentrato di bellezza e virtù, non è vero? Non hai saputo vedere cosa c’era davvero nel suo cuore- il Sacerdote portò una mano alla maschera come se stesse per togliersela -ebbene adesso guarda, giovane innamorato, guarda e disperati perché scoprirai il segreto che…-

 

NO!

 

Una voce risuonò nell’aria, ma oltre a loro due Kendeas non vide nessuno.

Eppure, per un attimo, gli era sembrata la voce di Saga.

 

-Sa-… Sacerdote?-

 

La figura che fino ad un momento prima era stata così autoritaria era in ginocchio a terra, con la testa tra le mani, e mormorava a voce bassissima, come se stesse parlando a qualcuno invisibile.

 

-No… no, non ti lascerò fargli del male-

 

-Idiota, smettila di ostacolarmi! Questo ragazzo mette in pericolo il mio piano, deve…-

 

-No! Tu non lo toccherai!-

 

Kendeas fece il gesto di avvicinarsi per aiutarlo, ma appena ebbe allungato la mano il Sacerdote gli afferrò il braccio con una stretta spaventosamente forte -Devi andartene. Vattene finché posso ancora controllarlo-

 

Stranamente Kendeas, che fino a quel momento era stato arrabbiato con lui, adesso sentiva il bisogno di confortarlo.

Come aveva tenuto tra le braccia Saga l’ultima notte che erano stati insieme.

 

-Cosa? Controllare cosa, Sacerdote?-

 

Lui si rialzò in piedi con uno scatto.

 

-Vattene!- gli disse –E non avvicinarti a me mai più. Vattene… Kendeas-

 

Poi sparì, anche lui veloce come la luce, lasciandolo solo sulla strada.

“Mi ha chiamato per nome. Conosce il mio nome… come?”.

La cosa più strana era che per un attimo, dietro la maschera senza espressione del Sacerdote, a Kendeas era sembrato di vedere il viso preoccupato di Saga.

 

-Saga!-

 

Urlò da solo.

Non gli interessava come, ma era certo che in quel momento lui lo potesse sentire.

 

-Saga! Io giuro che ti aspetterò, hai capito? Non mi importa quanto ci vorrà ma sappi che io ti aspetterò!-

 

Da qualche parte là vicino gli rispose il suono di un sospiro, ma Kendeas non sapeva dire se fosse di sollievo o di angoscia.

***

Kendeas aveva ormai ventisette anni.

I suoi parenti avrebbero voluto vederlo accasato con una brava ragazza, una persona in grado di essere sua moglie e madre dei suoi figli, ma Kendeas non ci pensava nemmeno.

Quando nonna Ifighéneia insisteva perché andasse a salutare qualche vicina di casa venuta in visita casualmente con la figlia lui si limitava a fare qualche cenno educato, qualche frase di circostanza e poi se la svignava con la scusa del laboratorio, delle consegne o anche solo che aveva sentito Atlante che ragliava.

A volte lui stesso si chiedeva se, se solo non avesse conosciuto Saga, si sarebbe infine rassegnato a sposarsi, ma non si sapeva rispondere.

Guardava le ragazze del villaggio sforzandosi di trovarle attraenti, ma proprio non ci riusciva.

Non che le trovasse brutte, semplicemente nessuna di loro gli faceva provare anche solo lontanamente le emozioni che Saga gli aveva fatto provare solo con lo sguardo.

Ogni volta che si sforzava di immaginare sé stesso con una di loro inevitabilmente la sua mente scappava e tornava alle immagini familiari di un corpo robusto, di capelli lunghi color turchese e di mani grandi, da uomo, intrecciate alle sue.

E poi c’era la sua promessa.

Kendeas a volte sorrideva tra sé pensando a se stesso come a Penelope, che attendeva il ritorno dell’amato quando tutti gli altri avevano smesso di crederlo possibile.

Per conservare la conchiglia e la prima figura di argilla che Saga aveva modellato, Kendeas aveva tolto un mattone dal muro e scavato una piccola nicchia, così poteva nasconderci i due oggetti avvolti da un panno.

Erano passati tredici anni dalla scomparsa di Saga, eppure Kendeas continuava a sperare; per questo, spesso, quando passava davanti alla taverna e vedeva che dentro c’erano i soldati del Santuario, entrava sempre ad ascoltare le ultime notizie.

In genere quegli uomini si lamentavano di come la vita al Santuario fosse diventata difficile.

Le prove per diventare Saint o anche solo soldati semplici erano giustamente difficili perché dovevano forgiare uomini dalla tempra fuori dal comune, ma da un paio di anni quelle prove erano diventate più che difficili, erano crudeli.

Più della metà dei nuovi arrivati moriva entro un anno ma al Grande Sacerdote non sembrava importare.

Lui stesso si faceva vedere sempre più raramente, ed ancora più rare erano le udienze che concedeva con la Dea Athena.

A Kendeas per la verità di tutto questo importava poco, l’unica cosa che voleva sapere era se qualcuno avesse avuto notizie di Saga, ma a quanto pare il Saint dei Gemelli era stato solo il primo a scomparire; infatti tutti gli altri Cavalieri d’oro, chi prima, chi dopo, si erano ritirati a vivere in luoghi inaccessibili.

Un pomeriggio però, mentre tornava a casa dopo aver fatto il giro del villaggio per alcune consegne, passando davanti alla taverna sentì qualcosa di inconcepibile: il Santuario era sotto attacco.

Dei giovani Bronze Saint, guidati da una ragazzina che diceva di essere la Dea Athena, stava tentando l’impossibile, cioè attraversare le Dodici Case che erano messe a guardia del Santuario per arrivare ad affrontare il Gran Sacerdote in persona e conquistare il Grande Tempio.

Tutti i Gold Saint erano stati richiamati ad Athene, l’unico che mancava era Saga.

Quando Kendeas tornò a casa e si rimise al lavoro era pensieroso.

Come era possibile che Saga, il Saint più devoto alla Dea Athena non fosse stato il primo a tornare per difendere il Santuario da quegli impostori?

C’era un'unica spiegazione, ed era quella che Kendeas aveva rifiutato per tredici anni: Saga era morto e non sarebbe tornato mai più.

Né per la sua Dea, né per il Santuario.

Né per lui.

Rovinò parecchi lavori perché ogni volta che quel pensiero gli attraversava la mente provava una dolorosa stretta al cuore e le sue mani non rispondevano più come voleva lui, e allora finiva per far cadere il lavoro o premere troppo sull’argilla morbida e deformarla in modo irrimediabile.

E poi, lavorando l’argilla, gli tornavano sempre davanti le immagini della prima volta che aveva fatto provare Saga a fare quel lavoro.

Le loro mani umide ed impiastricciate di creta.

I loro occhi che si incontravano le prime volte.

Lo sguardo di Saga concentrato su di lui.

Alla fine, a metà pomeriggio, stanco di non concludere niente e di tormentarsi tra ricordi di cose che non sarebbero più tornate, mise da parte l’ennesimo lavoro rovinato ed uscì di casa.

Tutto il villaggio era radunato alla taverna, dove i soldati si davano il cambio regolarmente, man mano che c’erano nuove notizie sulla battaglia alle Dodici Case.

Anche Kendeas restò nel cortile ad ascoltare per ore.

A quanto pareva i giovani Bronze avevano superato più della metà delle Case, ed il ragazzo cominciò a chiedersi se, per essere arrivati così lontano, quei cinque poco più che adolescenti non fossero davvero protetti da una Divinità.

“Ma è impossibile! La Dea Athena è al Santuario. Perché dovrebbe proteggere questi invasori stranieri?”.

Era passato il tramonto, e ad un certo punto Kendeas stava considerando seriamente l’idea di tornarsene a casa, quando arrivarono di corsa tre soldati.

 

-Alle Stanze del Sacerdote! Il Saint di Bronzo di Pegasus è arrivato alle stanze del Grande Sacerdote!-

 

“Alle stanze del Sacerdote? Ma no, è impossibile!”.

Kendeas si risedette sulla panca che faceva da perimetro al cortile perché ormai anche lui era troppo curioso di sapere come sarebbe andata a finire.

Passarono altre ore senza nessuna novità, poi finalmente, quasi a mezzanotte, arrivarono altri soldati.

Kendeas, il più vicino, fu il primo a sentire i loro discorsi.

 

-Lo dicevo io, che quel tipo non mi convinceva!-

 

-È assurdo! Aveva ucciso il Gran Sacerdote ed aveva preso il suo posto! E nessuno, dico, nessuno, se n’è accorto per tredici anni-

 

“Tredici anni… da quando Aioros ha tradito. Da quando Saga è scomparso” pensò Kendeas.

 

-Ehi, voi! Chi è stato? Chi ha ucciso il Sacerdote?-

 

Gli gridò subito.

Alle sue parole tutti si voltarono sconvolti.

 

-Calma, ragazzo, calma, facci sedere e racconteremo tutta la storia dall’inizio. E che storia! Portateci da bere e bevete anche voi perché sarà quasi impossibile crederci!-

 

Non appena i soldati si furono seduti alla tràpeza (NdA la tavola centrale nelle taverne tradizionali greche) e fu portato loro del vino iniziò la storia più incredibile che Kendeas avesse mai sentito.

La ragazzina che veniva dal Giappone, Saori Kido, era veramente la Dea Athena.

Ed Aioros, arciere delle stelle, accusato di averla rapita, era in realtà colui che l’aveva salvata.

 

-Salvata da chi?-

 

-Voleva ucciderla ancora neonata-

 

-Ma chi?-

 

-Chi aveva ucciso anche Il Gran Sacerdote Sion-

 

-Come?! Impossibile! Lo avremmo saputo se fosse morto il Gran Sacerdote!-

 

-È la verità invece. Ierèas Sion era stato ucciso poco dopo che Athena si era reincarnata-


-CHI?!-

 

-Ah, questa è la parte più difficile da credere! Ve lo ricordate quel Saint che tutti chiamavamo la reincarnazione di un Dio per quanto era buono e generoso? Ebbene, è stato lui. L’unico vero traditore è stato Saga dei Gemelli-

 

Kendeas si sentì male a quelle parole.

Ora tutto combaciava!

Il Sacerdote che lo aveva chiamato per nome, il fatto che gli avesse detto di non avvicinarsi più a lui.

Saga che aveva giurato fedeltà alla Dea Athena.

Saga che lo aveva amato.

Saga che aveva condannato a morte suo fratello per proteggere il Santuario.

Saga che parlava con lui di come i Saint avessero un cuore umano.

Saga ìsos theòis (NdA Saffo frammento 31 “simile agli Dèi”) .

Saga un traditore.

 

-E adesso dov’è? Verrà giudicato dalla Dea in persona per il sacrilegio che ha commesso?-

 

-È stato lui a giudicare se stesso. Sulla scalinata che porta al Grande Tempio ha atteso l’arrivo della Dea e si è tolto la vita davanti a lei-

 

A quel punto Kendeas non volle più sentire niente.

Si divincolò dalla calca asfissiante della folla e corse via, senza una direzione precisa, solo per allontanarsi da tutto e da tutti.

Quando un dolore lancinante al fianco lo costrinse a fermarsi si lasciò cadere in ginocchio, e allora capì dove si trovava perché le sue mani affondavano nella sabbia bagnata: era sulla spiaggia dove andavano spesso con Saga.

Quello era uno dei posti dove era tornato molte volte per tenere viva la speranza, perché era certo che Saga avesse sentito la sua promessa e non lo avrebbe lasciato solo, e adesso invece era andato tutto in pezzi.

Saga sapeva che c’era lui ad aspettarlo e lo stesso aveva rinunciato alla sua vita.

Allora a quel punto non voleva più vivere neanche lui!

Guardò il mare nella luce pallida della luna.

Forse affogare non era il modo migliore per morire, ma che gli importava?

L’acqua gli arrivava già ai fianchi e le onde lo trascinavano lontano dalla riva.

La risacca lo trascinò sotto e lui pensò “Bene, tra poco sarà tutto finito”.

Aveva acqua salata nella bocca e nel naso, ed anche i suoi pensieri cominciavano a farsi confusi.

 “No, Kendeas! Non morirai anche tu per colpa mia”.

Una forza immensa, invisibile, lo strappò all’abbraccio mortale del mare.

Kendeas rotolò sulla sabbia asciutta, sputando acqua.

Prima di svenire gli sembrò di vedere, inginocchiato accanto a lui, la figura di Saga che brillava di luce dorata.

***

Per parecchio tempo Kendeas non uscì di casa.

Saga lo aveva salvato perché voleva che vivesse, ma era difficile, molto difficile.

A volte aveva la tentazione di raccontare tutto ai suoi parenti, ma alla fine non lo faceva mai perché era una cosa troppo personale.

Piuttosto preferiva darsi malato, cosa che, dopo essersi gettato in mare in piena notte, non era neanche tanto lontana dalla realtà.

Però c’era una cosa che lo tormentava: che ne era stato di Saga?

Al Santuario valeva la regola che i suicidi non potessero essere seppelliti in terra consacrata?

O peggio, come aveva detto lo stesso Saga a proposito di suo fratello Kanon, la punizione dei traditori era rimanere insepolti?

Era un pensiero che Kendeas non poteva tollerare, e dopo due giorni si decise a chiedere a suo zio Kostas.

Lui però non ne sapeva niente.

 

-Però, se proprio lo vuoi sapere, chiederò oggi al villaggio, visto che devo andare a fare delle consegne-

 

Kendeas annuì, forse con troppa convinzione, e si ripromise di tornare al lavoro al più presto perché zio Kostas era ormai anziano e non poteva più stare dietro al laboratorio e alle consegne come una volta.

Al tramonto lo zio tornò con la notizia che lui aspettava.

Saga aveva tradito, ma nonostante questo la Dea Athena, che conosceva il segreto delle sue due anime e sapeva quanto aveva sofferto, non aveva voluto condannarlo a vagare tra il mondo dei vivi e quello dei morti e lo aveva fatto seppellire con gli altri Saint come uno di loro.

Kendeas tirò un sospiro di sollievo, e dopo il sollievo un’idea cominciò a prendere forma nella sua mente.

Voleva andare da lui.

Certo, il cimitero del Santuario non era un posto dove le persone comuni potevano entrare, il che voleva dire entrare di nascosto e come un ladro, ma non aveva altra scelta.

Aspettò una notte di luna piena, in cui la luce gli permetteva sia di trovare la strada sia di non essere visto.

Aveva raccolto tre gigli delle sabbie, i fiori che a Saga erano sempre piaciuti.

Il confine del cimitero era segnato da un recinto di legno d’olivo sacro ad Athena, e da un sentiero parallelo che correva all’esterno, quello usato dalle guardie per fare i loro giri di ronda.

Kendeas aspettò dietro delle rovine che due soldati si fossero allontanati, poi, cercando di non fare rumore, raggiunse il recinto.

“Perdonami, parthène Theà (NdA Dea vergine)”.

Sperava che la Dea, dall’alto del Santuario, lo vedesse e capisse il perché del suo gesto.

Scavalcò il recinto e cominciò a camminare tra le lapidi, guardandosi intorno ogni tanto perché la prudenza non è mai troppa.

Ad un certo punto vide una tomba con un incisione che poteva essere quella che cercava lui, questo gli fece dimenticare la prudenza e lo fece uscire in un tratto scoperto prima di controllare che non ci fosse nessuno.

 

-Ehi, tu! Che ci fai qui!-

 

Era stato visto dai soldati!

Si buttò a terra, sperando di riuscire a svignarsela strisciando al riparo delle pietre, ma quei tre erano furbi.

Uno di loro salì su un rialzo del terreno, e da lì era facile vedere tutto, così indicò esattamente ai suoi compagni la sua posizione.

Frustrato, Kendeas si alzò in piedi.

Tanto lo avrebbero preso comunque, almeno non avrebbe fatto la figura del vigliacco.

Due soldati lo afferrarono per le braccia mentre aspettavano l’arrivo del terzo.

 

-Non conosci le leggi, tu? Il perimetro del Santuario è sacro, nessuno può entrare, e tu sei entrato di notte e senza permesso, come una spia. Questo gesto lo pagherai con la vita-

 

I soldati che lo tenevano cercarono di costringerlo in ginocchio, ma lui resistette.

Non voleva essere giustiziato come un criminale perché lui non aveva fatto niente!

Venne colpito allo stomaco con una lancia, e allora dovette piegarsi per forza, mentre dietro di lui qualcuno gli tirava i capelli per costringerlo ad esporre la gola.

Il soldato gli posò un attimo la punta della lancia sul collo, probabilmente per trovare il punto migliore dove colpirlo.

Il metallo freddo sulla pelle gli diede i brividi in tutto il corpo.

“E così che finirà tutto? Dea Athena, vergine guerriera e Dea della giustizia, aiutami!”.

Pregò ad occhi chiusi.

 

-Fermi!-

 

Intimò una voce.

La lancia si allontanò immediatamente dalla gola di Kendeas.

 

-Wanax Milo-

 

Kendeas aprì gli occhi e vide chi era stato a fermare i soldati.

Era un giovane uomo, forse addirittura più giovane di lui, con lunghi capelli di una sfumatura blu cobalto simili a come li aveva portati Saga ed era ricoperto da un’armatura d’oro.

 

-Cosa sta succedendo?- chiese.

 

-Wanax, quest’uomo è entrato nel perimetro sacro del Santuario di Athena, è un crimine che va punito con la morte-

 

Kendeas sentì su di se lo sguardo del Saint d’oro che lo studiava attentamente.

 

-C’è stata abbastanza morte qui al Santuario, adesso basta. Voi potete ritirarvi- riportò lo sguardo su Kendeas –lasciate che spieghi a me le sue ragioni-

 

Appena le guardie se ne furono andate Kendeas raccolse l’unico dei fiori che si era salvato, poi si alzò e si pulì alla meglio dalla terra che aveva sulle braccia e sui vestiti.

Si vergognava di essere in quelle condizioni davanti ad un Saint d’oro.

 

-Come ti chiami?-

 

-Kendeas, wanax-

 

-E perché, Kendeas, hai violato le leggi del Santuario? Cosa cerchi nel cimitero dei Saint?-

 

-Cerco una tomba-

 

-Mi pare evidente-

 

-La tomba di wanax Saga-

 

Se prima c’era stata l’ombra di un sorriso sul volto del Saint dello Scorpione a sentire il nome di Saga sparì immediatamente.

 

-Perché?-

 

Kendeas pensò che la cosa migliore fosse essere sincero.

Gli raccontò del loro amore.

 

-Dunque tu… lo amavi?-

 

Gli chiese il Saint dello Scorpione con un tono di vaga sorpresa o di curiosità nella voce.

 

-Sì, wanax-

 

-E anche adesso che sai che ha tradito tutti, anche te, hai rischiato la vita per venire a vedere la sua tomba. Non so se sei molto coraggioso o molto stupido-

 

-Io lo amavo- seppe spiegare solo Kendeas.

 

-Sì, me lo hai già detto. Lo amavi molto e continui ad amarlo. Sì, so come ci si sente- wanax Milo lasciò vagare lo sguardo sulle altre tombe -anche io sono qui per l’uomo che amavo. Camus, il Saint dell’Acquario. È morto durante la battaglia alle Dodici Case. È morto per colpa di Saga che ci ha ingannati tutti-

 

-Mi dispiace-

 

Disse piano Kendeas.

Milo annuì.

 

-Ragazzo, non posso condividere il tuo dolore per la morte di Saga, però posso comprenderlo. Per stanotte hai il mio permesso di restare qui. Vai da lui adesso-

 

Prima che Kendeas avesse potuto ringraziarlo il Saint sparì, veloce come la luce, come Saga quando scappava via all’alba per non rischiare di incorrere nelle ire di nonna Ifighéneia.

Per trovare la tomba gli ci volle un po’ di tempo.

Le lapidi del cimitero dei Saint erano tutte uguali sotto la luce argentata della luna, blocchi di marmo uno identico all’altro con i nomi incisi sopra con tagli netti.

Ogni volta che Kendeas vedeva un nome che cominciava con un sigma veniva attraversato da una scossa e subito si buttava in ginocchio a controllare, ma non era mai quella che cercava lui.

Seleukos.

Soter.

Sostratos.

Alla fine arrivò davanti ad una lapide con il nome inciso da poco, si capiva dai graffi ancora scabri e non levigati dalla pioggia o dal vento che formavano le lettere.

SAGA.

Kendeas si inginocchiò e posò il giglio delle sabbie sulla lapide.

Al chiaro di luna il fiore bianco sembrava avere una luce propria, era bello, nella sua semplicità e purezza.

Come era sempre stato Saga.

“Kendeas”.

Trasalì quando sentì il suo nome mormorato da un soffio.

 Kendeas… ghlikà… chiudi gli occhi”.        

Aveva la pelle d’oca ed essere in un cimitero in mezzo alla notte poteva fare impressione, ma quella voce Kendeas la conosceva troppo bene e fece come gli era stato detto.

Immediatamente sentì sulla pelle un tocco familiare.

“Saga, sei tu?”.

Gli rispose un sospiro.

Non sapeva che dire, ma d’altra parte non ce n’era bisogno.

Si sentiva come se stesse davvero stringendo Saga tra le braccia, lo sentiva fragile e sentiva la sua paura.

Provò un moto di tenerezza.

Saga ìsos theòis.

Saga tanto bisognoso di conforto.

“Kendeas, tu non mi odi, non è vero?”.

“No, no, Saga, non ti odio”.

Lo sentì piangere e sentì un ondata di sollievo.

A quanto pareva i fantasmi avevano le stesse emozioni degli umani.

Lo strinse forte, o almeno ebbe l’impressione di stringerlo e gli sembrava di sentire sul collo la carezza del lunghi capelli turchese di Saga.

C’era una profonda sensazione di pace, ma Kendeas non sapeva se era lui a provarla o se era Saga.

Kendeas… ghlikà… grazie per essere venuto da me. Grazie per amarmi ancora”.

Si sentiva stranamente pesante, come se stesse per addormentarsi.

Ricordò vagamente che era in un cimitero e che forse avrebbe dovuto avere paura ma non ne aveva.

Si stava addormentando ancora una volta insieme a Saga, perché avrebbe dovuto avere paura?

***

Si svegliò perché aveva freddo.

L’alba cominciava appena a rischiarare il cielo ad occidente e Venere si vedeva ancora bene.

Kendeas dovette fare uno sforzo per ricordare dove era, e perché era disteso su qualcosa di freddo invece che sul suo letto.

Il cimitero.

Wanax Milo che gli dava il permesso di restare.

La tomba di Saga.

Il fantasma di Saga.

O forse la sua anima che era tornata per dirgli addio.

***

Pochi mesi dopo che Kendeas era andato al cimitero arrivarono altre notizie dal Santuario, e come al solito erano i soldati a portare le ultime novità alla taverna del villaggio in cambio di qualcosa da bere.

Il Dio Poseidon che scuote la terra avrebbe voluto sommergere il mondo con un nuovo diluvio universale per purificare la terra dagli uomini malvagi.

Athena, pur di salvare i giusti, si era offerta di ricevere su di se le acque che dovevano essere riversate sulla terra per dare il tempo ai Bronze Saint di sconfiggere Poseidon, e c’erano state altre battaglie al palazzo del dio azzurro sul fondo del Mediterraneo, stavolta contro i Generali dei mari, wanakes thalàsson, che erano forti almeno quanto i Saint d’oro.

 

-E sapete qual è la cosa più assurda?-aveva detto il soldato che raccontava la storia - Pare che uno dei Generali dei mari di Poseidon fosse il fratello gemello di Saga dei Gemelli! Non c’è che dire, erano uguali in tutto quei due! Due traditori empi e spergiuri-

 

-Non parlare così di wanax Saga!-

 

Kendeas era l’unico ad attribuire ancora  a Saga il suo titolo, tutti gli altri si riferivano a lui come al traditore o al massimo come “Saga di Gemini” quasi per paura che il suo fantasma potesse arrabbiarsi e cominciare a perseguitarli se gli avessero mancato di rispetto.

 

-Che hai da prendertela tanto, ragazzo? Non era altro che questo-

 

-Smettila!-

 

Per la prima volta Kendeas si era trovato coinvolto in una rissa, e cosa ancora più inaudita era stato lui a dare il primo pugno.

Fortunatamente furono separati dopo solo pochi colpi, ma Kendeas dovette essere comunque riportato a casa a braccia.

Nonna Ifighéneia, a vederselo riportare di notte tutto pesto, aveva scosso la testa e sospirato.

Gli aveva medicato i graffi in silenzio e messo del ghiaccio sui lividi, però prima di uscire dalla sua stanza gli aveva detto-

 

 –Ragazzo mio, tu sei sempre stato una persona per bene, cerca di non diventare proprio ora uno di quei tipacci che vanno in giro a piantare grane. Io e tuo zio Kostas siamo anziani ormai, cerca di non darci questa preoccupazione-

 

“Grazie tante per la ramanzina, nonna” pensò Kendeas.

Fantastico, così oltre che il dolore di sentire sempre parlare male di Saga doveva sopportare anche i suoi anziani parenti che gli raccomandavano di “fare il bravo”.

Ma non era colpa sua, semplicemente non poteva sopportare che di Saga tutti ricordassero il tradimento e mai una parola su quanto era anche stato buono.

A quanto pare solo lui ricordava come brillavano gli occhi di Saga blu o forse verdi quando sorrideva, o il suo modo di aiutare le persone anche solo con una parola di conforto.

Per un paio di giorni Kendeas non uscì di casa, limitandosi a svolgere il lavoro del laboratorio e aspettando che le contusioni guarissero, poi, quando si fu abbastanza ripreso, decise che voleva tornare da Saga al cimitero dei Saint.

Stava rischiando di nuovo e lo sapeva, non poteva sperare di incontrare ancora un Gold Saint comprensivo come wanax Milo a dargli il permesso di restare, ma sentiva che doveva tornare.

Come la prima volta aspettò una notte di luna piena e senza nuvole, raccolse tre gigli delle spiagge, e, quando fu sicuro che zio Kostas e nonna Ifighéneia dormissero, sgusciò fuori di casa per cominciare la salita verso il cimitero dei Saint.

Stavolta gli andò meglio e non incontrò nessuno quando scavalcò il recinto inviolabile del cimitero.

Kendeas stava per raggiungere la zona dove erano sepolti i Saint morti durante la battaglia delle dodici Case quando si sentì all’improvviso oppresso da qualcosa di invisibile.

Si appiattì in un angolo e rimase schiacciato tra le rovine di una colonna ed un gruppo di lapidi.

Vide una figura alta e avvolta da un mantello nero, e tuttavia non sapeva dire se era fatta di materia reale o di un’oscurità più densa delle tenebre stesse.

Più che camminare sembrava scivolare sul terreno.

La vide fermarsi davanti ad una tomba e stendere un braccio.

La terra prese a vibrare sotto le ginocchia di Kendeas, e poco dopo la lapide si spezzò al centro con uno schianto secco.

Le due metà caddero di lato.

“Chi è questa creatura? Perché è venuta a profanare le tombe dei Saint di Athena?”.

Per un po’ non successe nulla, o almeno nulla di visibile, ma dall’interno del sepolcro proveniva un rumore tutt’altro che rassicurante.

Era come un rantolo.

La cosa che c’era nella tomba respirava.

Kendeas dovette mordersi la mano per non urlare quando vide emergere dalla terra la figura di un uomo.

“Impossibile! Solo gli dei possono fare queste cose. O i demoni”.

Uno dei Saint di Athena morto e sepolto era appena tornato in vita sotto i suoi occhi.

Kendeas non aveva mai creduto veramente a storie di zombie e fantasmi, ma che altra spiegazione poteva esserci?

La figura fatta di ombre fece un cenno di assenso, come se fosse molto soddisfatto della sua opera, poi passò ad un’altra tomba.

Anche lì spezzò la lapide e rimase ad aspettare finché un altro Saint non emerse dalla terra.

La scena si ripeté altre quattro volte, ed altri quattro esseri uscirono strisciando dai loro sepolcri, strappando i sudari come macabre crisalidi.

Dai loro tremiti e dai respiri raschianti che riempivano l’aria sembrava che tornare in vita fosse una cosa maledettamente dolorosa.

 

-Alzatevi-

 

Ordinò la figura nera.

Uno ad uno, ancora malfermi sulle gambe, riuscirono a mettersi in piedi, e la figura annuì di nuovo.

Kendeas li vedeva in controluce e non riconosceva i volti, vedeva solo la pelle nuda ed innaturalmente pallida dove era rischiarata dalla luna, eppure una di quelle sagome lo fece sobbalzare.

“Quelle tombe sono nella zona dove sono sepolti anche i Gold Saint morti durante la battaglia alle dodici Case… ma se fosse così allora uno di quegli spettri potrebbe essere Saga”.

Saga tornato in vita.

Il pensiero, invece che renderlo felice, lo riempiva di orrore perché a pochi mortali era stato concesso di varcare a ritroso le soglie dell’Ade, e quei pochi avevano sempre finito per pentirsene.

Intanto la figura nera in mezzo agli spettri aveva steso le braccia davanti a se, ad evocare tentacoli di oscurità viva.

Li indirizzò verso i corpi che aveva appena riportato in vita.

Qualcuno gridò trovandosi coperto di quella materia, ma l’oscurità non li lasciò, continuò a contorcersi a lungo in strani frattali prima di prendere una forma definitiva: da massa amorfa e all’apparenza viscida, la materia aveva preso l’aspetto solido e lucente di un metallo o forse di un cristallo.

Era di un colore scuro difficile da definire, non trasparente e non opaca, e sotto la luna mandava riflessi porpora.

Kendeas notò che sembrava aver formato delle corazze, e la forma di una di quelle gli era familiare: di spalle, somigliava in tutto e per tutto all’armatura dei Gemelli che indossava Saga.

 

-Ricordate il nostro patto, voi che siete stati Saint della Dea Athena-

 

Disse di nuovo la figura, poi, senza aspettare una risposta, scomparve, ed insieme ad essa scomparve anche la sensazione di oppressione che aveva attanagliato Kendeas fino a quel momento.

Anche i sei uomini no, spettri, sembrarono tirare un sospiro di sollievo.

 

-Adesso, ricordate qual è la nostra missione-

 

Disse il più alto di loro, quello che gli altri sembravano considerare come il loro comandante.

Prese un respiro profondo ed esclamò.

 

-Al Santuario di Athena!-

 

-Al Santuario di Athena-

 

Ripeterono gli altri.

Kendeas trasalì: in mezzo a quelle voci credeva di aver riconosciuto il timbro della voce di Saga.

Quello che aveva parlato per primo si voltò con decisione verso la montagna del Santuario, in cima a cui la Sagoma del Grande Tempio si stagliava allo stesso tempo cupa e maestosa, e partì di corsa.

Gli altri lo seguirono uno alla volta, ma quello con l’armatura simile a quella dei Gemelli sembrava esitare.

Si guardava intorno, come se avesse percepito qualcosa e non volesse andarsene.

 

-Saga!-

 

Lo richiamò uno dei compagni.

A quell’ordine lui si voltò e Kendeas lo poté vedere bene in faccia.

Non c’erano dubbi, quello spettro tornato dal mondo dei morti era proprio Saga.

 

-Saga!-

 

Gridò anche Kendeas balzando fuori dal suo nascondiglio.

Non gli importava cosa fosse, era Saga, e lui lo aveva aspettato per tredici anni, non avrebbe perso quell’occasione!

Lo spettro si voltò verso di lui, con un’espressione prima di sorpresa, poi di dolore.

Kendeas si sforzò di correre, inciampando nelle altre tombe, per raggiungerlo almeno un attimo.

Saga tese la mano verso di lui.

“Aspettami! Ti prego, aspettami solo un altro momento, Saga!”.

Un attimo ancora e sarebbero stati di nuovo insieme, e gli occhi di Saga blu o forse verdi erano pieni allo stesso tempo di dolore e di speranza.

Le loro mani stavano per sfiorarsi.

 

-Saga!-

 

L’ordine echeggiò di nuovo, imperioso.

Saga trasalì, poi scosse la testa, ritirò la mano e corse via, sicuramente molto più veloce di come avrebbe mai potuto fare un essere umano normale.

 

-No! Saga!-

 

Gridò Kendeas.

Maledizione, di nuovo!

Saga lo stava abbandonando di nuovo, e stavolta senza nessuna spiegazione.

Le sei figure scomparvero rapide nella notte.

 

-Dannazione!-

 

Imprecò Kendeas.

Nel cimitero restava solo lui, in mezzo a sei lapidi spezzate.

Nonostante il dolore e la frustrazione che provava in quel momento però riuscì a formulare confusamente che forse quello a cui aveva assistito era un attacco al Santuario e che avrebbe dovuto avvertire qualcuno.

Certo, avrebbe dovuto dire che si trovava senza permesso in terra sacra, e questo, considerato che era la seconda volta che succedeva, probabilmente gli sarebbe costato la vita.

Decise che non gli importava.

***

Poco dopo, nel cimitero dei Saint, wanaxa Shaina correva veloce con una torcia in mano, seguita da soldati che portavano anfore piene di fuoco greco.

Se quello che aveva detto quel ragazzo era vero allora non c’era altro modo per salvare il Santuario.

Si fermò davanti ai resti di alcune lapidi spezzate.

Non solo Gold, ma anche Silver Saint erano stati resuscitati, e loro non potevano permettere che altri spettri si unissero ai loro nemici.

 

-Bruciate tutto- ordinò brusca.

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Nd Mako: Scusate, scusate, scusate >//< sono orribilmente lenta a scrivere!

Se non avessi finito questo capitolo entro oggi Rory mi avrebbe decapitata e poi avrebbe usato il mio cranio come decorazione di Halloween fuori stagione… o come suppellettile vichinga… aiuto °w°

Spero che sia valsa la pena di aspettare.

 

*Rory nasconde dietro la schiena la sega del tizio di Non aprite quella porta* Ma state tranquilli, prima finiremo la storia e poi prenderò provvedimenti! ^^

 

Calhin: Heilà!

Eh, sì, è successo, Saga si era stufato di parteggiare per la Dea-bomboniera ed ha deciso di metter su una serie di calendari nudisti…

Povero povero Kendeas, sfigatello, non solo ha perso il fidanzato, ha pure rischiato di venire strozzato da Kanon xD

Come ha detto Mako, speriamo sia valsa la pena aspettare!

Un bacio J

 

E un grazie a chi ha inserito la storia in Preferite, seguite o storie da ricordare *-*

 

Baci e abbracci,

Rory e Mako

 

  
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