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Autore: Nymeria90    05/01/2014    2 recensioni
Tutti conosciamo la storia del comandante Shepard, ma della persona che era prima di diventare il paladino della galassia e dell’umanità sappiamo ben poco. La mia storia si propone di ricostruire le origini di Shepard prima che diventasse comandante, dalla nascita fino al suo arrivo sulla Normandy SR1.
“ La notte calò sul pianeta Akuze. Una notte senza stelle, illuminata solo dalla flebile luce di una piccola luna, lontana e stanca. Nel silenzio assoluto di un pianeta senza vita giacevano i corpi di chi, quella vita, aveva tentato di portarcela.
Cinquanta uomini e donne erano arrivati sul pianeta alla ricerca di gloria e conquista, di loro non rimanevano che i corpi spezzati sparsi per il deserto.
[...]. Erano morti tutti. Tranne uno.”
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Atene, agosto 2154
 
Mentre un ragazzo vestito da soldato solcava i cieli su una nave spaziale alla ricerca di un nuovo mondo da chiamare casa, sul suo vecchio mondo, la Terra, la donna che aveva promesso di salvare urlava, sdraiata su vecchie coperte macchiate, nella squallida stanza di una casa chiusa.
Era una limpida notte d’estate, folle di persone sciamavano lungo le vie del centro, bevendo e ballando fino alle prime luci dell’alba, e lì, nei recessi più oscuri di una città troppo antica per resistere all’incedere del tempo, giovani in cerca di avventure e vecchi che sognavano di avere vent’anni, si contendevano i favori di donne che fingevano di amarli in cambio di denaro. Il mestiere più antico del mondo era l’unica certezza su quel pianeta che continuava a mutare volto.
L’unica certezza assieme alla vita e alla morte.
Ed erano vita e morte che lottavano l’una contro l’altra, aggrappate alle spalle di una ragazza cresciuta troppo in fretta.
Le mani strette attorno alle lenzuola, gli occhi sgranati e cerchiati di nero, Sophie lottava contro qualcosa che non riusciva a capire: le avevano detto che creare la vita era qualcosa di meraviglioso, eppure, in quel momento, le sembrò la cosa più orrenda mai affrontata.
Sul volto pallido e madido di sudore le narici frementi spiccavano nere e profonde come quelle dei teschi.
- Vedo la testa!- urlò la donna china tra le sue gambe – Un ultimo sforzo, Lily, ci siamo quasi!-
Sophie, mi chiamo Sophie!
Ma quei pensieri eruppero in un grido inarticolato e senza senso, mentre qualcosa le squarciava il ventre con artigli di fuoco.
Infine, con un’ultima spinta e un ultimo rantolo, il bambino nacque.
La donna lo prese tra le braccia, avvolgendolo in un lenzuolo, gli pulì il naso e la bocca con mani tremanti, gli occhi offuscati dalle lacrime.
- È una bambina …- annunciò, con voce spezzata, mentre l’esserino che teneva tra le braccia iniziava a piangere. La donna rise – Senti che voce! È una combattente, questo è certo.-
Sophie tentò di sorridere, allungando stancamente una mano; la donna le mise la bambina tra le braccia, dolcemente, attenta a non far male ad entrambe. Sophie scostò il lembo del lenzuolo e sotto la stoffa scorse un piccolo viso di cartapesta sporco e arrossato.
Deglutì cercando di parlare, mentre la vita l’abbandonava assieme al sangue che, inarrestabile, fluiva dalle sue gambe.
La donna notò la chiazza rossa che si allargava sotto il suo corpo e sgranò gli occhi – Io … io vado a chiamare il dottore …-
Sophie la fermò con un cenno del capo – Se non è venuto per aiutare un bambino a nascere, non verrà di certo per salvare una puttana …- si passò la lingua sulle labbra secche e screpolate – Ascolta, Louise …-
La donna scattò verso la porta – Gli offrirò il doppio: deve venire.-
- Louise, ti prego …- sentì la testa ciondolare di lato ma si obbligò a rimanere lucida, almeno per un po’ – Devi prenderti cura della mia bambina, va bene? Non permetterle che le venga fatto del male …-
Un sorriso falso sbocciò sul viso della donna – Certo, tesoro …-
Sophie scosse il capo, stringendosi la bambina al petto – Ricordi quando saldai i tuoi debiti con gli strozzini? Hai detto che ti avevo salvato la vita …- ansimò, parlare stava diventando sempre più difficile - … una vita per un vita, Louise: è tempo di ripagare il tuo debito. –
Il viso della donna divenne improvvisamente serio e s’inginocchiò al suo fianco, accarezzandole i capelli – Hai ragione, amica mia. Ti devo tutto … io la proteggerò, come se fosse sangue del mio sangue.-
Era sincera, Louise era una brava donna, a modo suo, non avrebbe mentito ad una madre morente – Nella mia giacca c’è la fotografia di un uomo. Il primo giorno dell’anno 2158 vai davanti al parlamento: lo troverai lì, a qualsiasi ora. E se non ci sarà, torna l’anno dopo e quello dopo ancora finché non lo incontrerai, allora gli dirai che avrei voluto mantenere la mia promessa, che negli ultimi mesi è stata l’unica cosa che mi ha impedito di crollare … digli di portare sua figlia lontano da questo posto, digli di portarla tra le stelle …- si abbandonò contro i cuscini, sfinita, la bambina pesava come un macigno tra le sue braccia. Louise gliela tolse con dolcezza, lo fece per lei, per aiutarla, ma la odiò per quel gesto. La sua bambina … non voleva che gliela portassero via, ma non aveva la forza di combattere ancora.
- Come la vuoi chiamare?-
Sophie si umettò le labbra, il capo abbandonato di lato, il respiro pesante, le gambe intorpidite … non sentiva più dolore, solo un grande vuoto che rischiava d’inghiottirla – Sasha …- sussurrò - … si chiama Sasha, come suo padre.- il mondo stava diventando sfocato, sbatté piano le palpebre – Non permettere che diventi come me …-
Louise le strinse forte la mano, cercò di parlare ma non ci riuscì, incapace di fare una promessa che non era certa di poter mantenere.
Una singola lacrima scivolò lungo la guancia di Sophie, la bambina emise un debole vagito, ma sua madre non la sentì. Nella luce gelida di una lampada al neon, la puttana dai capelli rossi che aveva sognato una vita tra le stelle, morì.
 
Kobe Lapierre amava definirsi un uomo d’affari. Non era certamente un uomo buono, ma non era nemmeno un uomo malvagio. Una volta qualcuno gli aveva detto che un uomo marcio per metà è marcio tutto, per tutta risposta aveva piantato a quel qualcuno un coltello nella coscia, dicendogli che se fosse stato marcio tutto l’avrebbe pugnalato nella pancia e lasciato lì a morire.
Era un uomo marcio per metà. Solo per metà.
Si guadagnava da vivere comprando e vendendo droga che smerciava nei vari locali notturni disseminati per la città, locali che riforniva anche di alcol e belle ragazze. Aveva un piccolo esercito alle sue dipendenze, fatto di spacciatori, picchiatori e puttane. Da ragazzo si era unito a qualche banda per poi tirarsene fuori, riuscendo a non farsi nemico nessuno. Ben presto aveva capito che l’unico modo per sopravvivere in un mondo come quello, era non schierarsi.
Mentre bande rivali si scannavano per il controllo di questo o quel quartiere lui rimaneva a guardare, senza negare droga, puttane e armi a nessuno. La sua lealtà andava solo al denaro.
Il potere non gli interessava, il protagonismo nemmeno, era uno dei tanti criminali dei bassifondi, rispettato, forse, ma non temuto. Lo lasciavano in pace per il semplice motivo che faceva comodo a tutti.
C’era un’unica cosa, oltre al denaro, che gli stava a cuore: i suoi dipendenti.
Erano l’unica famiglia che avesse mai avuto e faceva in modo che non mancasse loro niente, li teneva al sicuro, per quanto possibile in un mondo come quello.
Se lavoravi per Kobe Lapierre non diventavi ricco, ma vivevi di più.
Quando gli giunse notizia che una sua ragazza era morta si rattristò, quando scoprì che quella ragazza era Lily, il suo giglio tra i tulipani, si scoprì a versare una lacrima, una sola.
Era morta in una delle case chiuse da lui gestite, sdraiata sul letto sgualcito di una squallida stanza.
Era morta creando la vita.
Quando, in lacrime, gli aveva confessato di essere incinta, le aveva permesso di rimanere anche se non poteva più lavorare.
Kobe sapeva che tutti gli altri, al suo posto, l’avrebbero cacciata o costretta ad abortire. Ma lui non era come tutti gli altri: era marcio solo per metà.
Eppure, nonostante tutto, non era riuscito a salvarla.
Nel 2154 il cancro era stato debellato e l’AIDS sconfitta, ma nei bassifondi di una città perduta le puttane morivano ancora.
I governi parlavano di giustizia, uguaglianza, libertà. Dicevano che era per tutti.
Per tutti certo, tranne alcuni.
Quando entrò nella stanza la vide sdraiata sul letto, scomposta, gli occhi vitrei fissi su di lui, carichi di rimprovero.
Il medico sarebbe venuto se fosse stato lui a chiamarlo, ma non l’aveva fatto, troppo preso dai suoi affari per occuparsi di una puttana che non poteva lavorare.
Era convinto di aver già fatto abbastanza per lei. Ora si rendeva conto di non aver fatto niente.
“Un uomo marcio per metà è marcio tutto” dicevano quegli occhi e, questa volta, non trovò niente da replicare.
Il pianto di un neonato lo riscosse, distolse lo sguardo dal corpo inanimato della madre e lo posò sul piccolo fagotto che Louise teneva tra le braccia.
Un lampo di rabbia attraversò il suo sguardo: che se ne faceva del figlio di una puttana morta?
Louise intuì la sua collera e fece un passo indietro, spaventata – Che ne facciamo della bambina, signor Lapierre?-
La fredda logica gli diceva di disfarsene, gettarla in un cassonetto e non pensarci più. Con un po’ di fortuna qualcuno l’avrebbe trovata, altrimenti … il mondo era già abbastanza affollato, un disperato in più, uno in meno, chi se ne sarebbe accorto?
Si avvicinò a Louise pallida e spaventata, immaginò che Lily le avesse chiesto di prendersi cura della figlia, ma, alla fine, Louise avrebbe fatto quello che voleva Kobe.
La vita di quella bambina dipendeva da lui. Solo da lui.
Scostò la coperta che copriva il viso della neonata, era sveglia, gli occhi spalancati, incredibilmente verdi, fissi su di lui.
Non piangeva né si muoveva, lo guardava con aria solenne … era sciocco pensare che un neonato potesse avere un’aria solenne, eppure fu quella l’impressione che gli diede: la vita di quella bambina dipendeva da lui e lei lo sapeva.
Prese un respiro profondo – Trova qualcuno che possa farle da balia. La terremo con noi.- Louise non riuscì a trattenere un sorriso di sollievo e la strinse al petto, felice.
- Non dovremo occuparci di lei a lungo.- lo rassicurò Louise – Solo tre anni o poco più, poi suo padre tornerà e la porterà via.-
Kobe voltò le spalle alla donna e alla bambina che teneva in braccio, si avvicinò al letto su cui giaceva il suo giglio, affondò le dita in quei capelli rossi che l’avevano resa tanto speciale – Nessuno se ne va da questo posto. Dovresti saperlo, Louise.-
- Lo so, ma Lily era convinta che …-
- Sophie.- la interruppe, bruscamente – Si chiamava Sophie. E qualunque cosa credesse non ha più importanza ormai.-
Louise non replicò e uscì dalla stanza portando via la vita e lasciando solo la morte.
Kobe incrociò quegli occhi color ambra su cui sembrava essere scesa, finalmente, un po’ di pace – Sono un uomo marcio per metà .- dichiarò con orgoglio – Solo per metà. –
  
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