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Autore: Summer86    26/05/2008    1 recensioni
Quante lacrime stavano rigando i volti di tutti i presenti; tutti tranne uno. Due occhi, tinti da un colore simile al profondo blu dell’oceano, in quel momento sembravano vuoti, privi di una qualsiasi luce che potesse dimostrare l’esistenza di un’emozione; che fosse gioia, stupore, tristezza…ma forse in una situazione come quella gli unici sentimenti presenti erano la rabbia, la disperazione e l’infinito dolore per una perdita così ingiusta, così prematura...
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Foto del passato

Foto del passato

 

 

L’ennesima giornata di sole aveva fatto la sua comparsa nella cittadina denominata O.C. della California dando ai cittadini che la popolavano l’ulteriore conferma che l’estate, con le sue alte temperature, aveva ormai effettuato il suo  totale ingresso.

Ognuno aveva cominciato a dedicarsi alle proprie e consuete attività estive, chi non spostandosi molto dalla propria abitazione, limitandosi ad effettuare dei lunghi e distensivi tuffi in piscina, chi altri invece preferendo di gran lunga le impetuose ed eccitanti onde del mare, cercando così di scaricare lo stress accumulato durante i lunghi mesi invernali.

Persino chi negli ultimi mesi non aveva fatto propriamente parte del mondo di Orange County sembrava essere finalmente tornato alla realtà, cercando in qualche modo di recuperare il tempo perduto. Fra questi vi rientrava Julie Cooper Nichols, una delle donne le cui relazioni in passato non passavano di certo inosservate.

Dopo l’ultima visita da parte della sua migliore amica, Kirsten Cohen, Julie cominciò a riprendere le redini della sua vita tornando a parlare con la figlia Kaitilin e cercando di recuperare il dialogo con il compagno Niel che dopo la sua “rinascita”, se così la si poteva chiamare, non le sembrò più lo stesso di prima. Non la guardava più con quella lucentezza mista a desiderio negli occhi; non le parlava più se non per chiederle come si sentiva oggi; non la trattava più come la Julie di un tempo e chissà se l’avrebbe mai fatto.

Dopotutto però come poteva biasimarlo, proprio lei che fino a qualche giorno prima si era comportata da perfetta farmaco dipendente, al pari di una qualsiasi drogata della California; in fin dei conti ancora oggi si svegliava nel cuore della notte con la soffocante voglia di prendere ancora una pillola, ancora una e basta.

Anche quella mattina, mentre si metteva accuratamente il suo amato rossetto rosso sulle labbra carnose, l’idea di fermarsi in una qualche farmacia per comprare un  po’ di tranquillanti l’allettava più del dovuto.

Ma ora però aveva qualcos’altro da fare e non poteva di certo rovinare ogni casa rimpinzandosi di quei maledetti antidepressivi che l’avrebbero sicuramente  fatta assomigliare più ad un vegetale che ad un normale essere umano.

Dopo un’ultima sbirciata allo specchio della camera da letto, la Cooper uscì velocemente dall’enorme villa Roberts, salendo sulla sua elegante automobile nera. Era in perfetto orario e anche rispettando tutti i limiti di velocità sarebbe giunta nell’esatto momento in cui iniziavano gli orari delle visite.

Chissà come avrebbe reagito quel ragazzo non appena si fosse trovato di fronte a Julie Copper in persona, la madre della ragazza che aveva ingiustamente ucciso quella sera. 

Sapeva che andarlo a trovare non avrebbe di certo migliorato le cose,  rendendole i sogni ancora più tormentati e strazianti, ma la sola idea di poter guardare quell’assassino dritto negli occhi e soffocarlo così con tutto il suo odio bastava per farle dimenticare ogni cosa, persino la sua malsana voglia di prendere pillole in continuazione.

Dopo aver parcheggiato la macchina in uno dei tanti posti liberi dello spiazzo penitenziario, la donna dagli intensi capelli rossi, scese dalla macchina controllando che il tailleur nero, scelto per quella mattina, fosse in perfetto ordine come sempre.

Munita dei consueti occhiali da sole che nascondevano quei suoi glaciali occhi chiari, Julie entrò nel carcere in cui avrebbe, da lì a poco, incontrato l’assassino di sua figlia. Non sapeva spiegarsi il motivo esatto, ma nemmeno l’idea di un incontro faccia a faccia con quel ragazzo riusciva a farle provare una seppur minima emozione; possibile che si fosse trasformata in un mostro? Possibile che quelle pillole l’avessero resa più inumana di quanto già non fosse?

Forse Marissa non si era portata via solo una parte del suo cuore, ma anche quel poco di umanità che le era rimasta.

 

“Prego signora da questa parte” la esortò la guardia carceraria, porgendole il cartellino con su scritto “visitatore” e invitandole ad entrare nella stanza utilizzata per far incontrare i detenuti con i propri cari; anche se a dire la verità lei era la persona più lontana da un “caro” che Volchoc potesse avere.

 

Eccolo lì, l’assassino di Marissa. Immobile, seduto in quella sedia, intento a guardare il muro di fronte a lui; con che coraggio continuava a respirare? Quale assurda legge divina gli dava la possibilità di vivere ancora, di parlare ancora, di invecchiare ancora, alla faccia di sua figlia?

Dopo aver emesso un profondo sospiro per controllare la rabbia che provava in quel momento, la Cooper si avvicinò ulteriormente alla sedia che si trovava davanti al vetro che la divideva da Volchoc.

Non appena questi la vide la sua carnagione si fece improvvisamente più bianca e marmorea, come se davanti a lui si fosse materializzato il fantasma di Marissa Cooper in persona.

 

“Sorpreso?!” si limitò a chiedere la donna dopo alcuni istanti di silenzio, sfilandosi gli occhiali scuri dal viso e sedendosi lentamente su quella sedia in plastica blu.

 

Il ragazzo stette in silenzio, come se il cuore avesse improvvisamente smesso di pompare ossigeno da mandare al cervello. Non sapeva cosa fare, non sapeva cosa dire, non sapeva….non sapeva e basta.

Julie Cooper si trovava lì, di fronte a lui. Aveva la possibilità di scusarsi e di poter così assottigliare un po’ quel denso strato di paura e colpa che lo attanagliava da quella notte.

 

“Mi…” fece per dire il ragazzo, il quale però venne immediatamente interrotto dalla donna, che nel frattempo non aveva staccato per un solo secondo gli occhi dalla sua figura.

 

“Non azzardarti a scusarti razza di bastardo!” lo aggredì Julie, con un voce talmente tagliente da far rabbrividire persino chi se ne stava seduto accanto a lei, intento a parlare con un’altro giovane detenuto “…hai ucciso mia figlia…per un tuo…capriccio!”

 

“Io non so…non so cosa dire…” disse il ragazzo dagli occhi tanto azzurri quanto inespressivi.

 

e non dire nulla…” gli disse acida Julie, stringendo sempre più forte gli occhiali da sole rigorosamente firmati “non sono di certo venuta fin qui per sentirti parlare!”

 

“…e perché allora!?” gli chiese Volchoc, abbandonando per un istante l’aria afflitta che lo circondava.

 

“solo per avvisarti…” gli rivelò la donna, tornando velocemente a rimettersi gli occhiali da sole “…l’ultima cosa che voglio è che mentre te ne stai rinchiuso qui per i prossimi vent’anni…ti illuda di avere la possibilità di poterti ricostruire una vita!”

 

Il ragazzo stette in silenzio, come se avesse chiaramente intuito a cosa si stesse riferendo la donna. Che altro poteva desiderare la madre della figlia morta se non la morte stessa del suo assassino?

 

“…una volta fuori da queste sbarre tornerò a farti visita…e credimi…sarò l’ultima persona che vedrai prima di morire!” lo informò Julie in tono a dir poco glaciale “…non vivrò se non per l’arrivo di quel giorno!” lo informò la rossa, per poi alzarsi dalla sedia e apprestarsi ad uscire.

 

Prima di farlo però si voltò nuovamente verso il detenuto, che nel frattempo non aveva smesso di guardare un punto imprecisato davanti a se, come se la donna in realtà non si fosse mai alzata da quella sedia.

 

“Ah…e non pensare di poter prolungare all’infinito la tua vacanza qui…non sei l’unico carcerato che conosco!” lo avvertì ulteriormente Julie, per poi uscire velocemente da quell’immensa stanza e salire sulla sua lucida macchina nera, come aveva fatto quella mattina, anche se questa volta accompagnata da un umore decisamente più cupo di quello che l’aveva accompagnata qualche ora prima.

 

 

Nel frattempo a casa Cohen, Seth se ne stava comodamente disteso sul lettino della piscina, intento ad ascoltare uno dei suoi gruppi preferiti, i Death Cab for Cutie, godendosi ogni aspetto di quella vita che agli occhi di qualcun’altro poteva apparire a dir poco perfetta.

Anche se, come si sa, non sempre le apparenze corrispondono alla realtà e le cose belle sembrano dover per forza finire prima del dovuto.

 

“Si può sapere che stai facendo..?!” gli chiese la voce autoritaria  della sua  fidanzata, che senza chiedergli il permesso gli tirò via le cuffiette dalle orecchie, posizionandosi a braccia conserte di fronte a lui, impedendo così ai raggi del sole di raggiungerlo come poco prima.

 

“te l’ha mai detto nessuno che sei una tiranna?!” gli chiese il ragazzo, sedendosi sul lettino e guardando la giovane Summer con un’espressione decisamente assonnata.

 

“sì…e ne vado fiera!...e a te hanno mai detto che hai la vitalità di un bradipo?!”

 

“no sinceramente no!” mentì Seth, sapendo benissimo di infastidire non poco la sua ragazza.

 

Cohen…non puoi startene tutto il giorno qui senza far niente…”

 

“ah no?...e chi lo dice scusa?!”

 

“Lo dico io!” si limitò a dire Summer, per poi afferrarlo per un braccio e trascinarlo dentro casa.

 

“Ehi…se avevi altri piani bastava dirlo!” le disse con fare malizioso il riccioluto, lasciandosi tranquillamente trascinare dalla sua così agguerrita fidanzata.

 

Lasciando quest’ultimo totalmente di stucco, però, la mora si fermò nel salotto, facendo sedere Seth sul divano, in una maniera tutt’altro che gentile.

 

“Qui sul divano?...e se poi arrivano i miei?!” le chiese sempre più malizioso il ragazzo, ammiccando in  maniera a dir poco eccessiva “…ah…bricconcella!”

 

Coehn…non hai capito niente!” si limitò a dirgli la ragazza, per poi sbattere sopra al tavolo una serie di libri dal volume decisamente consistente “…sono venuta per aiutarti dal punto di vista scolastico!”

 

“…come?!” le chiese scocciato e, soprattutto, amareggiato il ragazzo dai capelli neri i cui sogni su ciò che avrebbe potuto fare con lei invece che starsene lì sul divano a parlare di qualcosa di sicuramente noioso si sciolsero come neve al sole.

 

“questi sono i migliori libri su come prepararsi al meglio per i primi esami alla scuola di design di Rhode Island …. cominciò a spiegargli Summer con un’improvvisa energia e vitalità, come se avesse improvvisamente dimenticato di aver trovato il suo fidanzato impegnato come sempre a non fare nulla di produttivo “…vedi sono divisi per argomento, ma non ti preoccupare ho già sottolineato i capitoli che ti possono interessare!”

 

“Ah…grazie!” le disse poco convinto Seth, il cui umore si faceva sempre più deluso e avvilito.

 

e questi…”

 

“Ancora…?”

 

“….questi sono i relativi test da fare per  vedere a che livello sei! Allora che ne dici?!” gli chiese sempre più entusiasta la moretta, curiosa di sapere cosa ne pensasse Seth, anche se dalla sua espressione aveva già intuito ogni cosa.

 

Non che avesse qualche speranza sul fatto che a lui importasse realmente qualcosa di tutta quella roba, ma era pur vero che da  quando stavano insieme aveva imparato i migliori trucchetti da usare per manipolarlo a suo piacimento, e uno di questi era proprio quello di farsi vedere speranzosa ed entusiasta, in modo tale da rendere impossibile al giovane Cohen qualsiasi impulso a ferirla in qualche modo.

Certo era un modo di comportarsi da tiranna senza scrupoli, ma era pur vero che lei era Summer Roberts, e chi più di lei poteva usare violenza psicologica sul suo adorato fidanzato?

 

“allora?...non dici niente?” gli chiese improvvisamente sfiduciata la giovane Summer.

 

“Ah nooo…ma figurati…è…è fantastico!...sono…senza parole” le disse il ragazzo, fingendosi soddisfatto del lavoro della fidanzata.

 

Come avrebbe potuto dirgli che la sola idea di dover aprire quei maledetti libri durante l’estate lo disgustava letteralmente?semplice…non poteva.; e altrettanto semplicemente non l’avrebbe fatto. Questo però era meglio non renderlo noto alla ragazza che aveva davanti in quel momento, sempre se ci teneva alla vita

 

“Ah fantastico!” le disse soddisfatta la moretta “allora io vado…ci vediamo stasera!...studia ok?!” aggiunse, senza realmente aspettarsi una risposta all’ultima domanda, visto che non avrebbe accettato niente di diverso da un “sì” o da un “certo”.

E Seth lo sapeva benissimo, ecco perché aspettò che la  mora se ne fosse andata per nascondere tutti quei libri sotto al divano del salotto.

 

“Ah….dolce far niente!” esclamò lanciando una significativa occhiata al lettino della piscina.

 

“Ehi Seth…” esclamò improvvisamente una voce femminile alle sue spalle, che per lo spavento obbligò il ragazzo a gettarsi a terra sotto al divano, alla disperata ricerca di quei “preziosi” testi universitari.

Se Summer avesse scoperto che invece di mettersi all’opera aveva eliminato le prove dell’esistenza di quei libri… forse era meglio non pensare nemmeno ad una simile eventualità.

 

“per caso sai dove…ma che cosa…stai…facendo?”  gli chiese leggermente sconvolta la voce alle sue spalle.

 

Nell’udire nuovamente quella voce cristallina., Seth, che nel frattempo non aveva mosso un solo muscolo da sotto il mobile, riconobbe quella della cugina da poco trasferitasi a Orange County da New York.

Il sudore freddo che gli si era improvvisamente formato sulla fronte scomparve nel giro di qualche istante e con una delle sue classiche espressioni da attore comico del cinema, uscì allo scoperto, sapendo benissimo di aver dato ancora più adito all’idea che di rotelle fuori posto ne avesse avute più del dovuto.

 

“KATE!” esclamò entusiasta il ragazzo, alzandosi da terra con fare a dir poco impacciato “…per un momento ho pensato che fossi Summer così stavo cercando di recuperare l’unica cosa che avrebbe potuto salvare il nostro rapporto!” le spiegò con fare convinto.

 

“e si troverebbe sotto al divano questa…cosa?!” le chiese dubbiosa la cugina.

 

“Certo!” le confermò Seth in tono ancora più sicuro.

 

“Ah!” si limitò a dire la giovane dai lunghi capelli castani, lanciando al ragazzo un fugace sorriso di circostanza, come a voler dire che capiva la sua gravosa situazione mentale e che perciò non avrebbe fatto altre domande.

 

Comunque…” continuò Kate, cercando di dimenticare la scena a cui aveva appena assistito e, soprattutto, la spiegazione che il cugino gli aveva gentilmente dato in proposito “…volevo chiederti se hai ancora le vecchie foto di quando io e i miei  venivamo qui per le vacanze!”

 

Mmm…se non sbaglio dovrebbero essere in camera mia…” le rispose Seth, accingendosi verso le scale che portavano alla sua stanza “…che c’è vuoi rivedere te e Luke che litigate a otto anni?!” le chiese sarcastico, salendo le scale due a due, seguito di pari passo dalla ragazza.

 

“Certo…non so come ho fatto a resistere tanto tempo senza poter ammirare i profondi occhi scuri di Luke Ward!” gli rispose di rimando.

 

“sono azzurri…” la corresse il cugino “e comunque o sempre pensato che ci fosse del tenero tra di voi…” continuò a punzecchiarla Seth, entrando nella propria e, naturalmente, disordinata stanza.

 

“Già…il nostro era vero amore!...peccato che fosse fidanzato!”

 

Per un momento Seth si bloccò, rimanendo in silenzio, immobile sopra alla sedia su cui era salito per prendere gli album di foto; come se una qualche forza ultraterrena lo avesse privato di qualsiasi movimento.

Il fatto che Summer Ryan parlassero mai molto di Marissa rendeva qualsiasi episodio o persona collegata a lei come qualcosa di estremamente lontano e irraggiungibile; come sei quegli anni trascorsi tutti e quattro insieme non fossero mai esistiti; come se quei giorni fossero stati solamente  frutto della loro immaginazione.

Kate, che nel frattempo era rimasta all’erta e pronta a rispondere all’ennesima battuta da parte del cugino, si accorse dell’improvviso cambiamento di Seth.

 

“Ehi tutto bene?!” gli chiese la ragazza, puntando lo sguardo su quella figura snella e sempre attiva.

 

“Sì…” rispose di scatto il giovane Cohen, scendendo con un balzo dalla sedia e porgendo a Kate il primo album che gli era finito per le mani “…è che mi sono appena ricordato di una cosa che dovevo fare…”

 

“riguarda sempre la salvezza del tuo rapporto con Summer?!” gli chiese dolcemente Kate, come se avesse chiaramente capito che si trattava di qualcosa di molto più serio e, al contempo, di molto personale.

 

Chissà che cosa stava succedendo a tutti; sembrava quasi che ogni volta in cui le parlassero lei finisse sempre per tirare fuori qualcosa di estremamente offensivo e doloroso; era successo con Ryan, con Summer e adesso pure con Seth, che in quanto a senso dell’umorismo ne era parecchio provvisto.

 

“Sì…riguarda proprio quello…” gli rispose il ragazzo dirigendosi verso la porta della sua stanza “…chiamami al cellulare se hai bisogno…” dopodichè se ne andò, sparendo dietro la parte della propria stanza.

 

Ok…” gli disse flebilmente la ragazza, portandosi un ciuffo dei suoi capelli  mossi dietro l’orecchio.

 

Lentamente, Kate si sedette sopra al letto del cugino, rimanendo per un secondo a fissare la scrivania dove vi era appoggiato il computer di ultima generazione.

Solitamente non era quel tipo di ragazza che si chiudeva in camera a porsi mille domande su dove e perché aveva sbagliato, ma in quel momento la cosa la rendeva decisamente nervosa. Perché tutti sembravano comportarsi in un modo incomprensibile, soprattutto nei suoi confronti?

Certo, era pur vero che lei era l’ultima arrivata e gli zii e Seth vivevano con Ryan da molto tempo, perciò di cambiamenti ne avevano visti parecchi insieme, ma non per questo dovevano scappare o parlare per enigmi ogni volta che si intavolava un discorso con lei.

Odiava fare quei ragionamenti con se stessa, ma se sbagliava su qualcosa o se involontariamente li offendeva bastava che glielo facessero notare.

 

“forse aveva ragione papà….” si disse la ragazza a voce alta “…dovevo restarmene a New York!”

 

Dopo aver incrociato le gambe, e appoggiato l’album sopra le sue ginocchia, Kate lo aprì, sapendo bene di dover fare il possibile per trattenere le lacrime una volta visto il dolce viso di sua madre. Era da tanto che non guardava le foto di quelle vacanze così lontane; chissà se era una buona idea tuffarsi nuovamente in quel passato, così felice e perfetto da essere quasi doloroso.

La prima foto che apriva l’album però non era affatto degli anni in cui trascorreva le estati nella città di Sandy e Kirsten, bensì era di qualche anno prima.

C’erano Seth, Summer, Ryan e…Marissa? Si certo quella era Marissa Cooper, la storica fidanzata di Luke; a proposito  perché lui non c’era nella foto? Anzi, forse avrebbe dovuto chiedersi cosa ci faceva la bella Marissa insieme al cugino? Se ricordava bene i rapporti tra di loro non andavano al di là del semplice evitarsi. Possibile che le cose fossero cambiate così tanto?

In quella foto, nonostante i capelli non fossero lunghi come li aveva ora, Summer era bellissima come sempre; e Ryan non sembrava nemmeno lui con quel leggero sorriso stampato sulle labbra. Da quando si era trasferita ad Orange County non lo aveva mai visto sorridere in quel modo.

Nella foto non dovevano trovarsi a Orange County e la scritta dietro al cartoncino ne era la conferma: Tijuana, Messico.

 

WawSeth si è dato da fare negli ultimi tempi!” disse la ragazza, con un sorriso dipinto sulle labbra.

 

Curiosa, la Cohen voltò nuovamente pagina convinta questa volta di trovare le foto per cui aveva fatto scomodare il cugino.

Anche questa volta, però, trovò il gruppetto della foto precedente. Questa volta si trovavano nella spiaggia di O.C. e Ryan cingeva i fianchi a Marissa, che anche con quella semplice treccia era in perfetto ordine.

Perché il fatto di vedere Ryan insieme ad un’altra ragazza le rendeva così difficile la respirazione? Persino il cuore, traditore, aumentava così velocemente i battiti da dare alla ragazza l’impressione che il muscolo cardiaco stesse per salire direttamente alla gola..

Era inutile reagire così per una sciocchezza del genere, dopotutto lei non provava niente per quell’Atwood; lo conosceva da poco e per di più dall’ultima volta che lo aveva ringraziato per averle ritrovato l’anello non si erano quasi scambiati parola, se non per chiedersi gentilmente di passarsi il sale. 

E poi era chiaro che lui e Marissa stavano insieme, erano sempre loro quattro: lui, Marissa, Summer e Seth. Solo uno stupido non avrebbe capito; e fortunatamente il suo livello di stupidità non arrivava a simili livelli.

Oltretutto la foto seguente ne era un’ulteriore dimostrazione: Seth, Ryan, e Marissa che abbracciava quest’ultimo con un’espressione negli occhi che avrebbe fatto sciogliere persino il cuore del più duro dei serial killer. Anche Ryan era visibilmente felice; aveva un’espressione che non gli aveva mai visto, neppure una volta da quando lo aveva conosciuto. Possibile che in realtà fosse un ragazzo totalmente diverso?

Improvvisamente però, il ricordo della prima sera in cui vide Ryan, mezzo ubriaco e in uno stato a di poco pietoso, si fece strada nella mente di Kate, facendole rimbombare in testa una precisa frase detta dal ragazzo.

 

“proprio stasera dovevi andare ad ubriacarti con Luke?!

e con chi sennò…Seth è impegnato con Summer…”

“e tu…non ce l’hai una ragazza che ti tenga occupato?!”

ce l’avevo…”

 

 

“…forse…si sono lasciati!” si disse la castana, per poi passare alla foto seguente.

 

Seth e Summer in spiaggia. Erano davvero carini, soprattutto perché Seth stava dormendo con la testa sopra le ginocchia della ragazza, non rovinando così la foto con una delle sue strane espressioni.

Più li vedeva e più le risultava impossibile che una ragazza d’alta classe come lo era lei si fosse innamorata di uno come Seth, la cui incontinenza verbale era a dir poco famosa. Chissà forse Sandy aveva ragione, il fascino Cohen era misterioso e impareggiabile.

Velocemente passò in rassegna le altre foto: Summer, Summer, Summer….e…ancora Summer.

Bastava guardare quell’album di foto per capire quanto Seth fosse innamorato di quella ragazza; non che a Kate servissero altre dimostrazioni visto che sentiva parlare di lei da quando aveva si e no otto anni.

Ad ogni modo Seth era riuscito a conquistarla, aveva raggiunto il suo sogno e su questo non c’era altro da dire.

Dopo la centesima foto con protagonista la giovane Summer, quella che venne a seguire fu paragonabile ad una mazzata data in pieno capo: Ryan in procinto di baciare Marissa.

Senza chiedersi il perché della sua reazione la ragazza voltò nuovamente pagina, ad una velocità che ad uno spettatore esterno non sarebbe di certo passata inosservata.

Che cosa le era saltato in testa di mettersi a guardare le foto di Seth ancora non lo capiva; al diavolo lei e la sua maledetta curiosità.

Fortunatamente la foto successiva ritraeva nuovamente i quartetto al completo, senza alcuna presenza di effusioni in vista. Odiava ammetterlo, ma la cosa la rilassava non poco.

 

“sono proprio una cretina…” si ammonì, per poi posare nuovamente lo sguardo sull’album fotografico.

 

In questa erano nuovamente in spiaggia, di sera , tutti tranne Seth, con la felpa dell’università in cui erano stati accettati.

 

“Caspita….Summer andrà alla Bown…Io nemmeno ci ho provato a mandare la domanda….!” si disse, stendendosi a pancia sotto per stare più comoda “…appena la vedo devo assolutamente farle i complimenti!”

 

Per lo stupore di vedere Summer con la felpa di una delle università più prestigiose, Kate non si era accorta di quella che indossava Marissa, ovvero la stessa di Ryan: Berkeley.

Allora avrebbe frequentato anche lei la sua stessa università; , meglio così…Non che avesse avuto qualche strana intenzione di provare qualcosa per Ryan Atwood che andasse al di là della semplice amicizia, ma il fatto che alla

Berkeley ci fosse anche la giovane Cooper era un’ulteriore sicurezza.

La foto di Seth e Ryan con la toga azzurra e la ghirlanda di fiori dello stesso colore era davvero carina; per non parlare di quella con  Summer e Marissa abbracciate.

 

maMarissa? “ si chiese improvvisamente la giovane Cohen, mettendosi nuovamente a sedere sul letto, con davanti la foto delle due coppie insieme nel giorno del diploma.

 

In quei giorni non l’aveva mai vista, nemmeno di sfuggita per le strade di Orange County. E nessuno ne parlava mai, neppure Summer che, era sicura, fosse una sua grande amica.

 

“possibile che…” si disse Kate, sbiancando nel giro di qualche secondo “…che sia…”

 

 

“…certo che quel Ryan è proprio un tipo strano! Da come me lo aveva descritto Sandy sembrava il ritratto della galanteria!”

diciamo che questo non è esattamente uno dei suoi periodi migliori!” le spiegò Seth.

“già…e non è il solo…” disse Summer.

 

 

- Noo…ma che vado a pensare! Sarà partita per le vacanza lasciando ragazzo e amici da soli…- pensò Kate tra se e se, posando velocemente l’album sopra la scrivania del cugino -…non posso pensare ogni volta al peggio, sembro una pazza!-

 

Velocemente la ragazza dalla corporatura snella, uscì dalla stanza, percorrendo le scale ad una velocità decisamente maggiore di poco prima.

Ma perché allora nessuno parlava mai di Marissa Cooper? Dopotutto era stata la ragazza di Ryan e se non sbagliava era la migliore amica di Summer.

 

“Ehi avventuriera…dove te ne vai?! esclamò improvvisamente la voce di Sandy, che nel frattempo era impegnato a spalmare qualcosa di sicuramente squisito sopra ad un pezzo di pane dolce.

 

“AH…zio Sandy...” gli rispose in tono decisamente afflitto la nipote.

 

“Ehi…c’è qualcosa che non va?...” gli chiese Sandy preoccupato, appoggiando sopra al tavolo il coltello che teneva in mano.

 

“No…” gli disse Kate, in tono decisamente poco convinto.

 

“Sicura?!” incalzò il parente, con il suo consueto modo di fare paterno.

 

“A dire la verità…vorrei chiederti una cosa…” affermò Kate, andandosi a sedere sullo sgabello di fianco a Sandy.

 

“Certo dimmi tutto!”

 

“mi chiedevo…dove fosse Marissa Cooper…” gli chiese, cercando di non posare lo sguardo sugli occhi chiari dell’uomo “…sai…la ragazza di Luke Ward…quella…che abitava qui vicino!”

 

Anche questa volta la reazione fu simile a quella di Seth e Summer; lentamente Sandy Cohen posò sul tavolo anche la fetta di pane appena spalmato, per poi sedersi di fronte alla figura nivea della nipote e cercare in quel minuto di silenzio le parole adatte per rispondere alla domanda.

Se fosse davvero partita per un viaggio, a Sandy non sarebbe servito tutto quel tempo per rispondere a quel semplice quesito.

Dopotutto però Kate lo sapeva; lo aveva letto nello sguardo di Seth poco fa nella sua stanza, in quello di Summer quel giorno al molo e, soprattutto, in quello di Ryan, ogni volta che si perdeva in qualcuno dei suoi pensieri.

 

Marissa Cooper era morta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ciao a tutti!!!Ecco il capitolo dieci!

Finalmente Kate ha scoperto che cos’è quel velo di tristezza che da tempo si stagna ad Orange County. Che dite ho aspettato troppo?...ho esagerato a fare in modo che ci arrivasse un po’ da sola? È che ho trovato carina l’idea delle foto (ho avuto l’illuminazione guardando la miriade di immagini che ho su O.C.)…voi che ne pensate?dovevo descriverle più attentamente?

Cmq mentre scrivevo quel pezzo dell’album ascoltavo la canzone di Jeff BuckleyHallelujah, e mi veniva da piangere; Marissa perché l’hanno fatta morireeeeee?????...che triste.

Ok basta, altrimenti penserete davvero che sono pazza.

Passiamo ai ringraziamenti: grazie Tiffany 90 che mi segui sempre….sei miticaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa, continua a leggere ok?ci conto….!!!! E grazie a elly (grazie stellina sei dolcissimaaaaaaaaaaaaaaacmq per il mio indirizzo basta che vai sul mio nome, summer86, ci clicchi sopra e vai su contatta….scrivimi il tuo indirizzo e-mail lì così poi ti scrivo ok? Dai così ci aiutiamo a vicenda!!!!!!!!).

Spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo…per il prossimo ho intenzione di far succedere qualcosa….quindi preparatevi!

Grazie anche a tutti quelli che leggono la mia fan fiction…spero di non annoiarvi, altrimenti ditemelo ok?

 

Un mega bacione

 

Summer

 

  
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