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Autore: MarsKingdom    05/01/2014    1 recensioni
“Contatterò io il suo manager per consegnare le foto alla rivista, d’accordo?”, dissi nervosa e spazientita, rigirandomi tra le dita la mia catenina con la triade, quella che non toglievo mai.
Aspettai inutilmente un cenno, una parola, anche un grugnito da parte del tizio.
Sembrava di parlare con un muro.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Shannon Leto, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccoci di nuovo! Questa volta (consideratelo un regalo di Natale in ritardo) ecco un capitolo bello lungo. Spero lo appreziate :3 Non lo dovrei dire ogni volta, ma vi ringrazio tanto quando mi lasciate quelle dolcissime recensioni *-* Non so come ringraziarvi, se non continuando a scrivere. Spero che per voi vada bene ;)
BUONA LETTURA!!
N.B. Alcuni eventi narrati potrebbero urtare la sensibilità di qualcuno. Se così fosse, mi scuso in anticipo. Se non volete rischiare, cliccate subito la X in alto a destra.



“Forse è meglio che io chiami un taxi e torni a casa”, dissi con voce tremante e staccandomi dal corpo di Shannon, che aveva appena tentato di baciarmi.
Lui non disse niente ma protese un braccio e iniziò ad accarezzarmi il volto, nonostante io mi stessi allontanando.
Il panico si stava facendo strada di nuovo dentro di me, ma era così latente, così subdolo sotto la mia pelle, che sulle prime non me ne accorsi. Soprattutto perché la presenza di Shannon Leto e del suo corpo così massiccio –seppur non di alta statura- erano una buona fonte di distrazione.
Ad un certo punto si arrese. Abbassò le braccia e, scoraggiato, sospirò.
“Ok, ho capito. Vado a prendere la giacca e ti riaccompagno a casa”
“Ti aspetto qui”, dissi con un forzatissimo sorriso.
Non appena Shannon girò l’angolo e salì le scale, iniziai a muovermi nervosamente. Avevo bisogno d’aria, di correre, di rannicchiarmi da qualche parte, di stendermi, di gridare. Avrei voluto strappare qualsiasi cosa fosse nel mio petto che minacciava di uccidermi. Non volevo morire, sarebbe bastato solo togliere quel macigno che ora iniziava a fare pressione impedendomi di respirare.
Eccolo qui, l’attacco di panico.
Girai convulsamente su me stessa e, individuata la porta principale, la inforcai senza pensarci e senza curarmi di recuperare la mia borsetta.
Chiusi la porta alle spalle e mi incamminai.
Destinazione: non ne avevo la più pallida idea.
La sera, lì tra le colline sopra Los Angeles era fresca ma umida. Mi sembrava di inalare intere bottiglie d’acqua ad ogni respiro, acqua che mi avrebbe riempito i polmoni fino a farmi morire soffocata.
Con le mani alla gola e la testa bassa per cercare di guardare dove mettere i piedi, continuai a camminare velocemente.
Ogni tanto schivavo auto parcheggiate, lampioni, aiuole. Tutto era in penombra e non c’era anima viva in giro.
L’attacco non accennava a fermarsi, sentivo il battito cardiaco esplodermi nel cervello.
Quando poi urtai qualcosa di grande e scuro, mi accasciai a terra e iniziai a singhiozzare.
La figura che avevo appena urtato si abbassò su di me e cercai di proteggermi con le braccia.
“Hei”, disse la figura, che riconobbi come un uomo.
“Tutto bene?”
Non risposi, continuavo a piangere e invano mi concentrai sul respiro.
Mi afferrò il mento per guardarmi meglio, e tra le lacrime riconobbi la sagoma di qualcuno che mi era familiare.
“Tu sei la fotografa, la ragazza di mio fratello. Cosa è successo?!”, continuò.
Realizzai a rilento che si trattava di Jared Leto, quando collegai la sua frase alla mia vita.
Ma ero concentrata su di me per il momento, non volevo morire.
Non accennavo a calmarmi, e Jared, dopo vari tentativi decise che toccandomi non mi sarebbe stato d’aiuto.
Allora chiamò Shannon al telefono che dopo una manciata di minuti arrivò e mi sollevo da terra.
Mi ritrovai ad immaginare la scena dall’alto, in una visione pietosa di me stessa salvata da un cavaliere senza cavallo, moro e basso di statura.
Iniziai a ridere nervosamente, poi di nuovo a piangere.
Poi più nulla.
Shannon mi teneva ancora in braccio quando oltrepassammo la porta di casa sua, e rividi quell’ambiente da cui ero fuggita poco tempo prima, ma che ora mi risultava stranamente familiare. Suo fratello ci aveva seguiti in religioso silenzio e mi guardava preoccupato.
Io ero ancora in braccio a Shannon, che indicò al fratello il divano e alcune coperte.
Poi gli chiese di preparare una camomilla calda.
Shannon mi adagiò sul divano, sopra qualche coperta e mi coprì con delle altre. Io rimasi in posizione fetale fissando il vuoto. Poi provai a chiudere gli occhi e notai che il calore e il silenzio della casa mi stavano aiutando.
Ma più di tutto percepii la presenza di chi, già una volta, proprio in quella stessa giornata, mi aveva riportato alla realtà. Shannon era lì, vicino a me, con la sua grande mano aperta sulla mia schiena, come a proteggermi. Percepivo la sua titubanza sul da farsi.
Sorseggiai brevemente la camomilla che Jared mi porse. Il fratello di Shannon era poi sparito da qualche parte, forse se ne era andato. Mi voltai verso Shannon e affondai il viso sul suo collo. Lui fu pronto ad accogliermi, come se non avesse aspettato altro da sempre. Entrambi ci rilassammo notevolmente.
Dopo poco iniziò a frugarsi in tasca e mi irrigidii.
“Tranquilla”, mi disse, come se fossi un animale selvatico in procinto di fuggire.
Tirò fuori un iPod e mi fece infilare le cuffiette.
“E’ una sorpresa. Una traccia per il nuovo album, fatta interamente da me. Voglio che tu sia la prima ad ascoltarla. Penso possa aiutarti”, spiegò fissando imbarazzato lo schermo del dispositivo.
Corrugai la fronte, pronta ad ascoltare un pezzo di duro rock e tentai di immaginarmi il canto di Shannon. Ma quello che sentii quando pigiò ‘play’ fu una vera e propria sorpresa.
Una melodia brillante, luminosa come piccoli cristalli di ghiaccio. Suoni ripetitivi che trasmettevano un’emozione indefinita, tra la tristezza lieve e la speranza più pura. Non seppi dare un nome a tutto quello.
A brano finito, con una strana consapevolezza dentro di me, feci quello che avrei dovuto fare da tempo. Mi sporsi verso Shannon e iniziai a baciarlo, tra la mascella e la clavicola. Piccoli baci umidi, dettati puramente dall’istinto. Volevo lui a tutti i costi, volevo sentirmi amata, volevo amarlo.
Con mia sorpresa lui mi scansò e mi fece distendere sul divano. Poi si stese sopra di me, facendo attenzione a non gravarmi addosso con il suo peso, e iniziò a baciarmi. Prima sulle guance, poi scese al mento, al collo, fino alla scollatura della maglietta. Una mano, ruvida e calda, si fece strada sotto la mia t-shirt e mi costrinse ad inarcarmi sotto di lui, andando in contro al suo corpo e alla sua ormai evidente erezione.
Decisi che sarei stata al suo gioco, sarei scesa al suo compromesso, anche se questo avrebbe voluto dire che sarebbe stato mio una volta soltanto.
Allora, invece di aspettare, mi feci avanti e gli tolsi la maglietta. Lui non mi ostacolò, ma tornò con la sua bocca sulla mia. Quando allungai le mie mani verso la cintura dei suoi pantaloni, lui mi fermò deciso.
“Assolutamente no”, mi disse ansimando.
“Ma io pensavo..”, balbettai.
“Oh, Elinor, non pensare nemmeno per un secondo che non voglia farlo. È solo che..”
Aspettai una risposta che non arrivò. Allora mi tirai su a sedere e incrociai le braccia, leggermente delusa.
“Vieni qui”, mi disse dolce, prendendomi tra le sue braccia.
“Non ho mai provato niente di simile in vita mia. Non so come comportarmi con tutti questi.. sentimenti”, disse agitando le braccia. “Per una volta vorrei fare le cose con calma. Non bruciare tutto subito per del banale sesso. Voglio fare l’amore con te; mi ispiri amore, Elinor. Credo di non averlo mai detto a nessuna, e probabilmente tu ti sei fatta un’idea e un’aspettativa totalmente diverse su di me”, concluse toccandosi nervosamente la nuca.
Non seppi cosa rispondere.
Gli accarezzai un ginocchio mentre gli occhi mi si riempivano di lacrime.
Quanto era giusto che ora nel mio cuore si stava facendo strada quel sentimento che avevo giurato di accantonare? La speranza.
Speranza di essere ricambiata, di avere la possibilità di iniziare qualcosa con questo meraviglioso uomo che da sempre consideravo al di là dei pettegolezzi.
Mi buttai sul suo petto nudo, abbracciandolo, sorridendo felice e singhiozzando.
Lui mi accarezzava la testa e rideva sommessamente.
“Oh Shan, io mi sarei concessa volentieri a te, perché mi sono detta che anche una sola volta ne sarebbe valsa la pena. Ma ora mi dici questo… Cosa devo pensare? Che possiamo provarci?”
“Io vorrei tanto provarci, anche se non so come si fa.. Non conosco tutti questi sentimenti”, ammise imbarazzato.
Mi fermai un secondo a riflettere. Avrei dovuto essere totalmente sincera con lui e scoprire subito le mie carte, come lui stava facendo con me? Optai per il sì.
“Vedi Shannon, io in questo posso guidarti. Ma anche io sono alle prese con qualcosa per la prima volta”, dissi arrossendo.
Guardandomi perplesso, mi esortò a continuare.
“Prometti di non ridere di me”, continuai avvampando di calore.
Annuì sorridendo sornione.
“Oh, al diavolo perché te lo sto dicendo? È imbarazzante!”, esclamai coprendomi il viso con le mani e voltandomi dall’altra parte.
Shannon prontamente mi afferrò le braccia e mi costrinse a guardarlo in volto.
“Giuro che non riderò, qualsiasi cosa mi dirai. Puoi essere te stessa con me”
“Okay. Per te tutti questi sentimenti sono una novità, giusto? Bè per me lo è la parte fisica. Credo ci sia una componente istintiva che mi guida in certe cose ma non sono mai andata oltre ciò che è appena successo sul tuo divano. In poche parole, sono vergine”, sussurrai.
“E tu sprecheresti la tua prima volta con uno come me?! Fortuna che mi sono fermato, ti avrei rovinato l’esistenza”, disse lui shockato.
“Andiamo, non sarai così male a letto”, dissi io, tentando di fare una battuta maliziosa.
“Oh tesoro, sono un vero animale. Non crederesti ai tuoi occhi”, mi disse, lasciandomi senza parole.
Eravamo entrati su un terreno che non conoscevo, e a parte le battute spavalde che mi divertivo a fare, a dirla tutta nemmeno mi sentivo a mio agio con queste cose.
“Ma, toglimi una curiosità, come hai fatto ad arrivare a 25 anni senza fare sesso? Io sarei impazzito!”, disse sorridendo.
Sbiancai. La stanza iniziò a girare vorticosamente e Shannon si affrettò a scusarsi, dicendo che non erano affari suoi.
“No, no è giusto che tu lo sappia”, dissi deglutendo. “Quando avevo circa 10 anni, io e altri bambini ci trattenevamo a scuola più degli altri per delle attività: pianoforte, approfondimento di qualche materia. E uno dei nostri insegnanti iniziò a toccare me e altre due bambine, dicendoci frasi orrende e ovviamente minacciandoci per evitare che raccontassimo qualcosa agli altri insegnanti o ai genitori. Avevamo solo 10 anni, non capivamo nemmeno quello che ci stava facendo, ma tutta la faccenda durò un intero anno, finchè non abusò sessualmente di una delle altre bambine. A quel punto venne alla luce l’intero fatto e fui seguita da una psicologa fino a 16 anni. Dicono che potrei essere frigida, per quanto ne so, ma non ho mai verificato”, dissi piuttosto freddamente. Cercavo di narrare i fatti come se fossero accaduti a qualcun altro. Ed evitando accuratamente di guardare Shannon in faccia. Immaginai il ribrezzo che provava per me adesso.
“Mi dispiace. Mi stupisco sempre di più di quanto faccia schifo il genere umano. Dev’essere stato terribile”
Ma la mia mente stava viaggiando a ritroso e, con un sorriso, decisi di raccontare il seguito della storia. Praticamente un riassunto della mia misera vita.
“E poi ho abbandonato la psicologa. Sai perché? Perché ho iniziato ad ascoltare una band, e avevo deciso che non mi sarebbe importato del sesso, ma solo dei sentimenti. Mi regalarono una reflex vecchissima, a rullino, e con questa fedele compagna andai al mio primo concerto di questa band. Fu molto meglio delle sedute trascorse ogni volta a parlare di cosa ricordavo, di quali parole mi diceva il maestro. Fu molto meglio, perché con questa band potevo pensare a me stessa, al mio futuro e alla mia rinascita”, dissi.
Avevo parlato tanto. Rimasi in silenzio, poi mi voltai con un sorriso accennato verso Shannon.
Non mi sarei mai aspettata di vederlo così: ad occhi chiusi, stava premendo sulle palpebre, come per fermare le lacrime.
Infatti i suoi occhi erano lucidi quando li aprì. Si avvicinò e mi strinse il mento tra le mani per poi baciarmi delicatamente, labbra su labbra.
Ci guardammo negli occhi, immense foreste dorate che si riversavano le une nelle altre, un colore degli occhi così simile da potersi rispecchiare e confondere.
Trovai pace finalmente in un suo caldo abbraccio, con la consapevolezza che non avevo più niente da nascondere.

 
  
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