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Autore: ElfaFelpata    05/01/2014    1 recensioni
ll titolo è ripreso dalla canzone di Giorgia, famosa cantante. Mi piaceva come titolo perché in questo breve racconto ci sono dei ricordi che emergono nella vita della famiglia Weasley.
Spero piaccia:)
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Famiglia Potter, Famiglia Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Una grande tavola imbandita con prelibate pietanze era affollata di persone di ogni età. Due anziani, con capelli grigi e alcune rughe sul volto, guardavano la loro famiglia sempre più allargata. Non tutti i loro figli erano presenti quel Natale, ma cinque nipoti adolescenti riempivano l’aria di festa. 

Molly Weasley soffermò uno sguardo su ogni figlio presente. Ronald, un uomo alto e paffuto ammirava la moglie Hermione che parlava animatamente con i genitori, Lena e Jake Granger. Charlie teneva in braccio il nipote James e con loro scherzava il suo compagno, Kevin. Era il primo anno che passavano il Natale con loro perché erano sempre molto impegnati con il lavoro e le ricerche. Infine lo sguardo si spostò sulla sua unica figlia, Ginevra. 

Più invecchiava, più era bella. Alta, slanciata, con lunghi capelli rossi raccolti in uno chignon elegante e un sorriso contagioso. Guardava i suoi tre figli come lei aveva sempre guardato i suoi e finalmente, dopo anni, si era resa conto che essere una madre non è un lavoro semplice.

Bill il Natale non lo passava quasi mai con loro perché lui, Fleur, Victorie, Dominique e Louis andavano dai nonni Delacour in Francia, con al seguito Andromeda e Ted.

Mentre Percy, Molly e Lucy festeggiavano con i genitori di Audrey e i suoi tre fratelli, con rispettivi figli e consorti. Anche George c’era di rado. Solitamente si recava dai suoceri e dai parenti Johnson in Rwanda con Fred e Roxanne. 

Un ricordo le sfiorò la mente e si mise a ridere da sola.

“Arthur caro, ti ricordi quando Ron faceva i capricci per bere dal biberon?” chiese, guardando il marito.

“Si, mi ricordo! Abbiamo provato di tutto per non farlo piangere” ricordò divertito l’anziano.

“E alla fine abbiamo trovato la soluzione” rise Molly.

“Quale?” chiese Ginny, curiosa.

La tavola era diventata silenziosa e in attesa di una risposta.

Molly guardò il figlio, paonazzo e imbarazzato di essere al centro dell’attenzione e rispose “Non beveva dal biberon finché non gli legavamo un calzino intorno. Poi beveva soddisfatto e si addormentava”

“Avevamo calzini spaiati in tutta casa” concluse Arthur.

“Un calzino? Davvero?” iniziò a ridere incontrollato Harry.

“Ma pulito o sporco, nonna?” chiese Lily, nauseata all’idea che potesse essere la seconda. Tutti i suoi timori furono confermati “Sporco, sporco”

“Ma papà! Che orrore!” rise divertito Hugo. 

Ron iniziò a balbettare, cercando di difendersi in qualche modo “Ero solo un bambino!” 

“Amore è per quello che hai l’ossessione delle calze?” rise di gusto Hermione.

“Non prendetemi in giro!”

“No no, tranquillo papà” lo canzonò Rose. 

L’uomo, ormai con le orecchie rosse e bollenti, incrociò le braccia e si imbronciò.

Poi si illuminò e volle vendicarsi “Cari bambini miei, voi non eravate molto più sani di vostro padre....”

 

 

 

Un bambino allegro e vispo bussò alla camera della sorella. 

“Rosie, Rosie!”

“Che c’è Hugo?” rispose la bambina, aprendo la porta. La scena che le si presentò davanti agli occhi fu il fratellino che indossava un lungo centrino di pizzo sulle spalle. In una mano aveva una ciotola con delle piccole caramelle bianche alla menta e nell’altra un bicchiere con succo d’uva.

“Giochiamo a fare la messa? Io sono il prete e tu fai la suora!”

“Che bella idea! Ci sto!” rispose entusiasta Rose. Dopo qualche secondo però corrugò la fronte e chiese “Ma Hugo... Come faccio a vestirmi da suora?”

“Mmm... Mi è venuta un’idea. Seguimi” 

Il bambino lasciò giù il bicchiere e le caramelle e trascinò la sorella nella camera dei genitori. Aprì l’armadio della madre e tirò fuori due gonne nere separate dal resto dei tailleur. 

“Forza. Questa mettila come vestito e questa la metti come velo.”

Rose, incerta, infilò la gonna della madre. La parte superiore che solitamente rimane in vita era posizionata sul petto piatto della bambina mentre quella inferiore arrivava a terra, sotto i piedi.

L’altra gonna fu sistemata in malo modo da Hugo sulla testa della sorella. Il problema era che era troppo larga per rimanere bloccata dai capelli raccolti. 

“Aspettami qui” disse, colto da un’illuminazione. Corse veloce in cucina e tornò da Rose con lo spago.

“La fissiamo con quello?” chiese la bambina.

“Si!” confermò il fratello, iniziando a legare la gonna alla testa di Rose.

Completò il lavoro e guardò soddisfatto la sua opera.

“Sei proprio una bella suora”

“Grazie” sorrise lei, compiaciuta.

Corsero insieme in camera di Rose, dove avevano lasciato tutto l’occorrente per celebrare la sacra cerimonia.

Posizionarono il comodino al centro della stanza. Tolsero la sveglia, il libro e la foto incorniciata per sostituirli con bicchiere di succo d’uva e caramelle alla menta.

“Bene. Queste sono le ostie” illustrò Hugo, indicando le mentine. 

“E questo è il vino?” chiese Rose guardando il succo.

“Esattamente!” confermò il fratello, soddisfatto della sua fantastica idea.

“Benissimo. Iniziamo”

 

 

 

“Quando sono arrivato a casa dal lavoro erano stesi per terra pieni di mentine e succo d’uva” finì il racconto Ron.

“É per quello che non bevo più quel succo” rise Hugo, ricordandosi quell’evento.

“E io non riesco più a mangiare le mentine” aggiunse Rose.

“Mamma, il catechismo Babbano fa male” constatò Hermione, guardando la signora Granger.

“Lo credo anche io! Una volta li ho trovati mentre Rose cercava di mettere del fango negli occhi a Hugo” concordò Lena.

“Come il signore e il cieco. Si narra che Gesù guarì un cieco mettendogli del fango sugli occhi e facendo un miracolo” spiegò Jake alla famiglia Weasley.

“Non farò mai fare ai miei figli catecoso se gli effetti sono questi” rise James.

“Oh Jamie, anche se non si fa la catechesi si può diventare strani. Mi vengono in mente i tuoi zii, George e Fred...” ricordò con affettò Ginny, prima di iniziare a raccontare.

 

 

 

Due bambini perfettamente uguali, con folti capelli rossi e occhi vispi erano seguiti dalla sorellina trotterellante. La sua lunga chioma ciondolava da una lato all’altro della schiena, seguendo il ritmo dettato dai movimenti del capo.

Il più alto dei bambini si fermò davanti ad una porta cigolante di un capanno degli attrezzi. Si guardò intorno e l’aprì. 

“Forza, dentro. Veloci” disse agli altri due.

“Grazie Freddie” rispose l’altro, trascinandosi la bambina.

Entrarono nel posto angusto, pieno di ragnatele e scope. Era veramente stretto, ma loro tre erano magri e piccoli e ci stavano a meraviglia.

George prese un bancale di legno e lo appoggiò a terra, ci stese sopra uno straccio e guardò la sorella.

“Ginny, siediti. Dobbiamo insegnarti una cosa”

“Oh si, che bello!” rispose entusiasta.

Si sedette sul bancale e li guardò in attesa.

“Molto bene. Devi imparare...”

“...A fischiare!”

Ginny lanciò uno sguardo metà scettico e metà curioso.

“Così, senti” disse Fred, fischiando e provando a convincerla.

Il fischio riempì il piccolo spazio e perforò i timpani dei fratelli.

“All’esterno è più bello” si affrettò a dire George, vedendo il viso infastidito di Ginny.

“Ma non è una cosa da maschi?” chiese lei, ingenua.

“No, no. Lo possono fare tutti”

“Va bene, proviamo” decretò Ginny, con un’alzata di spalle.

“Bene! Allora... Devi piegare la punta della lingua verso l'interno e metterci sopra il pollice e l’indice a forma di ‘V’ o a cerchio” spiegò lentamente Fred, mimando i movimenti appena descritti.

“Dai, prova” la spronò George.

“Non sembra difficile...” si convinse lei. 

Seguì le istruzioni e provò a fischiare. Nulla. Provò di nuovo e ancora nulla. Provò una terza, una quarta ed una quinta, seguendo le direttive dei fratelli, e ancora nulla. Usciva un flebile soffio, mischiato ad un po’ di saliva.

“Basta! Mi sono stufata. Vado a giocare” decise, alzandosi.

“Oh no, mia cara. Tu stai qui dentro finché non impari...” iniziò George.

“...Hai accettato la sfida” ghignò Fred, parandosi davanti alla porta.

Ginny sbuffò, conoscendo i suoi diabolici fratelli e si risedette, provando per l’ennesima volta quello strano gesto.

 

 

 

“Alla fine della giornata imparai a fischiare come un vero uomo” concluse la donna, dimostrando al pubblico la sua bravura. 

“Mamma, insegnalo anche a me!” la implorò Albus, perennemente preso in giro da James perché non era in grado di farlo.

“Anche a me zia!” si aggiunse Rose. Doveva battere suo fratello in ogni cosa.

“Dopo andiamo nel capanno dei nonni” rise Ginny.

Charlie, con aria colpevole, guardò sua madre e disse “Mamma, ti devo confessare una cosa...”

Ed iniziò il suo racconto.

 

 

 

“Bill, oggi è il giorno per cambiare l’acqua dei tuoi pesci” disse una donna, mentre allattava un neonato e lo cullava dolcemente.

“Perché lo devo fare io, mamma?” sbuffò il bambino.

“Li hai voluti tu, li pulisci tu. Era questo il patto! Ormai sei grande, hai 6 anni. Fatti aiutare da Charlie se non vuoi essere solo”

“E va bene! Charlieeeeeee” lo chiamò Bill, spostando rumorosamente la sedia e lasciando i suoi fogli disegnati e i pastelli colorati sul tavolo.

“Non urlare, disturbi il piccolo Percy” lo rimproverò Molly.

“Scusa Percy piccolo piccolino” lo canzonò il fratello e corse su per le scale fino alla camera che divideva con Charlie.

Bussò con forza ed entrò correndo. Il fratellino si stava infilando delle ciabatte verdi feltrate.

“Billy. Perché mi hai chiamato?”

“Mi aiuti a cambiare e pulire la boccia dei pesci?” chiese, con un sorriso a trentadue denti.

“Certo!”

Charlie era sempre entusiasta quando si trattava di animali. Veloci presero i pesci, Maya e  Gek, e si diressero verso il bagno.

Cambiarono l’acqua sporca e Bill prese per la coda il pesce più piccolo, Gek, rosso e arancione. Lo guardò e disse “Charlie, ma anche loro sono sporchi!”

Prese la spugna e il sapone ed iniziò a sfregare il pesce.

“Ehm... Billy... Sei sicuro si possa fare?” chiese scettico il fratello.

“Certo! Anche loro si devono lavare!” rispose, convinto.

Charlie scrollò le spalle. Alla fine lui che ne sapeva? Bill era più grande e sapeva sicuramente di più.

“Ma continua a muoversi!” sbuffò sonoramente Bill.

Il pesce dopo qualche secondo smise di agitarsi e il bambino parve soddisfatto.

Lo rimise nella boccia e lo vide galleggiare.

Charlie si avvicinò e chiese, sussurrando “É normale che faccia così? Perché non nuota?”

“Si, è normale! Deve abituarsi alla nuova acqua!” rispose sicuro e prese subito Maya, il pesce arancione con sfumature gialle. Si mise a lavare anche lei e, soddisfatto, riportò la boccia in camera sua.

 

 

 

“Ecco come facevano a morire tutti i pesci di Bill!” si illuminò Molly.

“Infatti dopo Gek e Maya ne abbiamo presi solo un’altra coppia...”

“...E poi non entrò mai più un pesce in casa nostra!” concluse Arthur, ridendo alla rivelazione del figlio.

“Che disastri!” scosse la testa Harry.

“Un po’ come i tuoi figli” gli sussurrò Ginny all’orecchio.

“Hai ragione. Ma almeno loro non li pulivano, cercavano di curarli... E fortunatamente erano finti” sorrise Potter.

 

 

 

Un bambino con grandi occhi verdi si specchiava in quelli castani della sorella. 

“Pronta?”

“Prontissima, dottore!”

“Questo povero puma che sintomi manifesta?” chiese Albus, osservando il grande peluche beige.

“Dolori addominali” rispose Lily.

“Mmm...” si toccava il mento con fare pensieroso “Operiamo!”

“Ne è sicuro dottore?”

“Certo, infermiera” rispose, convinto “Bisturi!”

Lily afferrò un piccolo taglierino, rubato la sera prima dallo studio del padre, e lo passò a Albus.

“Tienilo un attimo tu, assistente Lily. Devo tirarmi su le maniche per poter operare meglio” 

Il bambino prese l’estremità della lunga manica bianca e la rivoltò cinque volte fino ad averla a livello del polso. Indossava una camicia del padre come camice e ci navigava dentro. Così era costretto ad accorciarla, per quanto possibile, per avere la mobilità delle mani.

“Bene. Sono pronto. Bisturi”

“A lei, dottor Potter”

“Signorina, tenga per favore fermo l’animale”

“Ma non dovremmo fargli l’anestesia?” chiese Lily, con le mani posate sul puma, fingendo di immobilizzarlo.

“Ha ragione. Prenda la siringa”

La bambina corse alla scrivania e portò una lunga matita appuntita. Si avvicinò all’animale e lo perforò con la punta, spezzandola all’interno del pelo.

“Benissimo, brava. É penetrata. Ora incidiamo” si complimentò Albus. 

Prese in mano il taglierino e, con fatica, fece scorrere la lama all’esterno. Mentre Lily teneva distesa la pancia del puma, Albus tagliava lentamente e faticosamente la pelliccia.

Una nuvola di cotone bianco, proveniente dall’interno del peluche, oscurò la vista dei bambini.

“Bene, l’abbiamo aperto. Ispezioniamo”

Così i due bambini distrussero il pupazzo per poi passare ad un altro paziente, con altre malattie.

 

 

 

“Meno male che non erano animali veri!” si mise le mani tra i capelli Rose.

“Non eravamo così male noi, dopo tutto...” rise Hugo.

“Zitto, prete” gli rispose a tono Lily.

“Non so tu, Luna, ma io non me lo ricordavo” constatò Albus.

“Io nemmeno, Sev. Mi ricordo solo che non avevamo mai dei peluche a forma di animale. Sparivano sempre” risposte Lily.

“L’unico figlio sano ed equilibrato sono io” si vantò James.

La madre lo guardò sorridendo e disse “Non molto. Tu bruciavi le tende di casa con la bacchetta. Dopo anni mi sono accorta perché erano sempre più corte”

James scoppiò in una fragorosa risata, simile ad un latrato. 

“M-M-Me lo ricordo. La tua sfuriata è stata epica” rise, con le lacrime agli occhi, il ragazzo.

“Un’altra sfuriata epica me la ricordo io...” iniziò Arthur. Guardò la moglie e le disse “É stata tua Molly”

“Beh nessuno aveva dubbi” rise Ron, guadagnandosi un’occhiataccia dalla madre.

“Ah si, caro? E quale sarebbe?” chiese lei, mettendo pericolosamente le mani intorno alla vita.

“Quale delle tante, intendi?” chiese Ginny divertita.

“Non tirare troppo la corda, G. La vedo abbastanza alterata” le consigliò Charlie.

“Ora ve la racconto....” iniziò Arthur, bloccando la risposta imminente della moglie.

 

 

 

Un grande abete addobbato troneggiava in un piccolo salotto. Le sue luci bianche riflettevano su ogni pallina colorata appesa ed illuminavano i divani accoglienti e la poltrona sfondata.

‘Drin Drin Drin’

Il suono di una piccola campanella rimbombò nella casa. Molly ed Arthur andarono a bussare nelle due camere per svegliare i loro figli.

“Charlie, Bill e Percy venite giù che è arrivato Babbo Natale” 

“Anche voi, Fred e George. Sveglia!”

“Siamo già svegli papà!” urlarono due bambini identici, correndo giù per le scale e facendo quasi cadere Arthur.
“Non correte!” li rimproverò la madre, mentre salutava gli altri tre figli assonnati.

“Dai LollyMolly, è Natale” le sorrise dolce il marito.

“Non devono correre comunque”

La famiglia si avvicinò all’albero e iniziò a scartare i pochi regali sotto di esso.

I bambini gridavano gioiosi e si mostravano i rispettivi maglioni e sciarpe.

Ad un certo punto il piccolo Percy iniziò a tossire e a diventare paonazzo in volto.

“Percy! Percy che succede?” urlò preoccupata Molly.

Il bambino si indicò la gola e continuò a tossire.

“Tieni, bevi dell’acqua” gli porse un bicchiere Arthur.

Percy bevve tutto d’un colpo e smise immediatamente di tossire. Era completamente zitto e ancora paonazzo. 

La stanza era calata in un silenzio innaturale dove tutti avevano gli occhi puntati addosso al bambino.

Dopo qualche secondo Percy emise un rutto potentissimo che rimbombò in tutta la sala. Subito fu seguito da risa sguaiate dei fratelli e da un sospiro di sollievo dei genitori.

“Cavolo, Perce. Complimenti” rise Billy, tornando al suo cappellino di lana.

“Ma cos’è successo?” chiese Molly.

“Fred e George! Mi hanno dato una pallina di cioccolato!”

“Se non sai mangiare non è colpa nostra...” iniziò George.

“Ma non era davvero di cioccolato! Credo che fosse una pallina piccola dell’albero ricoperta di cioccolato! Mi sono accorto troppo tardi che sotto era blu e che sapeva troppo di plastica” lo interruppe Percy.

Mentre Molly iniziava a gonfiarsi e a diventare paonazza, le orecchie di Arthur divennero rosse e aspettò la sfuriata della moglie. Questa volta le avrebbe dato manforte.

“Spione...” sussurrò Fred, subito investito dalle urla della madre.

 

 

 

“Quella volta mi sono arrabbiato davvero tanto anche io” concluse Arthur.

“Oh me la ricordo bene! La mattina di Natale più urlata e tesa del secolo” disse Charlie.

“Cavolo! Me la sono persa!!”

“Fidati, non è stata una bella scena Ron” lo rassicurò il fratello.

“Basta così. Si sta sfociando dalle risate alle arrabbiature. Lo sapete che poi mi torna il nervosismo. Ragazzi... Passiamo al primo?” chiese Molly, chiudendo i racconti.

Tutti sapevano che se a Molly Weasley fosse tornato il nervosismo accumulato negli anni sarebbe stato un Natale urlato come quello di trent’anni prima. E nessuno lo voleva, quindi passarono volentieri alle lasagne, cambiando velocemente discorso.

  
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