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Autore: albre1452    06/01/2014    2 recensioni
tutto andava bene, tutto andava per il verso giusto. poi il naufragio
Genere: Horror, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: L'Ottocento
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Siamo sopravvissuti in 13, eravamo in 147 sulla zattera e 450 sulla nave. Dimenticare quei  17 giorni d’ inferno è difficile. Tutto e tutti ricordano l’accaduto. Sono Théodore Géricault ed ero uno dei 13.
Era il giorno della partenza, e il porto di Rochefort mi sembrava bello come non mai: le persone , i gabbiani, il mare e lei, la Méduse, la nave più imponente che io abbia mai visto. Era la nave più grande del porto, con la sua polena colorata a forma di sirena. Un gruppo di passeggeri parlava animatamente della nave; uno di loro, un certo Camille Mellinet, disse una frase sulla polena: la definì di malaugurio, ma adesso risuona come una frase premonitrice: « una testa malvagia che ci porterà infelicità ».
Fregandomene della frase del giornalista, misi piede sulla nave diretta in Senegal pieno di speranze. Neanche fatto il secondo passo sul ponte , venni aggredito dal capitano, Hugues Duroy, che sembrava più un barbone che un capitano : “ Allora femminuccia, smettila di guardarti in giro, non sei mica in vacanza!” disse con il suo alito che sapeva di gin misto a sardine. Io rimasi immobile, senza dire una parola, e feci la figura del fesso. “ Forza sbrigati! Non c’è tempo da perdere!”. Per non ripetere l’errore di prima, scattai e mi precipitai sotto coperta . Avevo sentito delle voci sul suo conto, sul sua scarsa esperienza e che questa era la prima volta, dopo anni, che si rimetteva in mare. non è che mi importasse, volevo solo arrivare sulle coste senegalesi per cominciare una nuova vita.
Il primo giorno di viaggio credo sia stato il più faticoso di tutti: dovetti combattere con il mal di mare, con il capitano e il resto dell’equipaggio, che era formato da ogni tipo di persona esistente al mondo. Nei giorni a seguire la situazione non migliorò: il capitano diventava ogni giorno più irascibile e maldestro a causa dell'  alcool che ingeriva mentre l’ equipaggio si azzuffava continuamente. Quando avevo qualche minuto libero osservavo la nave e mi accorgevo di ogni singolo particolare; notai anche che le scialuppe non bastavano per tutti i passeggeri ma non mi ero spaventato perché pensavo che non sarebbe successo niente durante il viaggio. Quanto mi sbagliavo...
Era il 2 luglio e non dimenticherò mai quel giorno. Duroy si svegliò di prima mattina, uscendo dalla sua cabina urlando :“ Basta! Stiamo andando troppo lentamente e così non arriveremo mai a destinazione!”. Barcollando sul ponte cominciò a sbraitare ordini e destra e manca. Non potendo opporsi al valore del capitano, la ciurma obbedì senza batter ciglio. Fu un errore madornale. Dopo poche ore, la nave si incagliò su un banco di sabbia e subito fu il panico totale: gente che urlava, piangeva e si strappava i capelli. Io mantenni la calma e, raggruppati i marinai più tranquilli, cercammo di disincagliare la nave. Così, dopo tre giorni di lavoro vano, cominciò la corsa verso le scialuppe e l’ inferno si trasferì sul ponte della nave: qualcuno sguainò il pugnale e si fece strada verso le imbarcazioni uccidendo i propri compagni, qualcuno massacrato dalla folla ed altri gettati in mare. La maggior parte riuscì ad arrivare alle scialuppe , ma 147 marinai, io compreso, si dovettero arrangiare con una zattera grande quanto due stanze dove passai i giorni più brutti della mia vita. Uomini ammassati su uomini in balia delle correnti, senza provviste. Quindi, vi chiederete voi, come abbiamo fatto a sopravvivere?
Dopo tre giorni, morì il primo di noi e con i suoi abiti costruimmo una vela . I giorni passavano e la fame aumentava; non trovando soluzione, uno di noi propose l’impossibile:dovevamo darci al cannibalismo. Lui fu il primo ad essere mangiato. In un primo momento decisi di ignorare i morsi della fame occupando i miei pensieri nel tentativo di essere uccidere : non potevo credere che uomini che erano fianco a fianco fino a sette giorni prima, ora si mangiavano a vicenda. Dopo alcuni giorni cedetti anche io poiché non potevo resistere senza mangiare. Col passare del tempo poi mi abituai all’ odore e al sapore della carne, al caldo scorrere del sangue sulle labbra; non riuscii a smettere di mangiare, così, invece di aspettare che la morte prendesse i miei compagni, cominciai ad ucciderli senza compassione nè ripensamenti . Uccisi per giorni e giorni e Se ci siamo salvati in tredici è solo perché non son riuscito ad ucciderli tutti.
Quando arrivò la nave che ci salvò, questa parte di me scomparve in un attimo, come se non ci fosse mai stata. Quando raccontai la storia al capitano che ci salvò, lui rabbrividì e sembrò spaventato dalle persone che aveva davanti. Dopo un momento di titubanza decise di riportarci in Francia dove divulgò la notizia. Dopo l’accaduto , ricominciai la mia vita da zero nel paese da cui me ne volevo andare , mi dedicai alla pittura e ricordai l’evento in un'unica grande tela…        
 
  
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