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Autore: telepatia    06/01/2014    3 recensioni
"Iris ha sedici anni e la forza di un’intera scogliera, sa stare sola – “Le persone di solito sono troppo stupide” – e, contrariamente a tutta la sua borghesissima famiglia, conosce quasi tutta Londra come le sue tasche.
Liam, invece, di anni ne ha quasi ventidue, si potrebbe tagliare con un grissino e senza la sua Danielle, fidanzatina storica dai tempi del terzo anno di liceo, si sente perso come una plastic bag drifting thorugh the wind".
*
"Perfetto? Iris non ha davvero pensato che Harry Styles potesse mai essere “perfetto” per quel ruolo. Insomma, ci vuole costanza, determinazione, intraprendenza, e quello Styles è solo un mollusco senz’ossa. Ci vuole una donna di polso per le duecento pizzette, le graffette, le patatine, le bibite, gli alcolici e tutta quella marea di cose che ancora si devono comprare, mica Harry Styles".
[Scritta a quattro mani: Quirky + Flamel_]
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Iris
Quando un uragano entrò in un pub

 

Louis Tomlinson ha sul viso un’espressione che potrebbe voler dire ma davvero? oppure sei serio? ma anche non ci credo e che cazzo stai dicendo quando Iris Payne si avvicina al bancone col suo passo di marcia e l’aria imbronciata. Perché probabilmente alle ragazzine della sua età nemmeno è concesso entrare nei pub e nemmeno dovrebbe interessar loro. Ma Iris ha così tanta serietà in quegli occhi grandi che la battuta sarcastica di Louis stenta a partire, curioso com’è di sentire cosa vuole da lui quell’esserino tanto piccolo. Rimarrebbe deluso se si avvicinasse per chiedergli solo un bicchiere d’acqua o la direzione del bagno –terribilmente deluso. Perciò col dito indice interrompe la litania di Harry, sul viso trema un sorriso sbilenco, pieno di attesa.
Iris non ha alcuna intenzione di rivolgersi a Louis, però, perché cerca qualcuno che evidentemente non è dietro al bancone. Stringe appena le labbra perché è l’ennesima falla nel piano che non ne vuole sapere di decollare, ma non esprime il suo disappunto e continua a guardarsi attorno, speranzosa.
«Non hai l’età per bere alcolici e no, non chiuderò un occhio solo perché sei carina». La voce acuta e quasi femminea di Louis è un ronzio fastidioso di zanzara alle orecchie di Iris, che a stento lo degna di un’occhiata, figuriamoci se vuole rispondergli.
«Andiamo, Louis, una Guinness non si nega a nessuno, lo sai» gli ricorda Niall Horan, quello biondo, quello irlandese, quello che sta sempre nel pub ma chissà cosa fa nella vita.
Stavolta Iris pare vagamente indispettita e decide di scacciare via la zanzara con un sopracciglio alzato in aggiunta allo sguardo annoiato. «Scusa, ma io non bevo, men che meno la Guinness» ribatte un po’ a nessuno e un po’ a tutti, visto che tutti hanno gli occhi puntati su di lei, anche Harry che di solito odia essere interrotto.
«Allora vuoi un succo di frutta, un gelato? Qui di fronte c’è una gelateria che fa gli sconti ai minori di quindici anni se proprio vuoi» la provoca lui senza sapere che Iris già non lo sta più ascoltando: è impegnata a modificare mentalmente le fasi previste dal piano originario –causa: assenza dell’aiutante. Insomma, lo sanno tutti che Batman senza Robin sarebbe stato una mezza calzetta! «Ragazzina, sto parlando con te: cosa c’è?» chiede ancora Louis e poco importa che suoni scortese alle sue stesse orecchie: anche se è bravo a fingere, ci tiene al suo lavoro e non può rischiare di perderlo per colpa di una bambinetta riccioluta e impertinente.
«Ho bisogno del mio Watson» dice lei semplicemente, guardando Louis dritto negli occhi. Niente potrebbe mandare Harry più in confusione di così -«Qui non lavora nessun Watson, giusto?» farfuglia lanciando un’occhiata a Louis in cerca di conferma- ma il ragazzo di Doncaster non si fa spaventare dallo sguardo impenetrabile di lei.
Alza un sopracciglio a sua volta e «non posso esserti d’aiuto: abbiamo finito la nostra scorta di Watson proprio con l’ultimo cliente» soffia ironico sporgendosi sul bancone senza volerlo, gli occhi ancora fissi nei suoi.
Iris sbuffa. «Dov’è Zayn?» chiede spiccia, mettendo fine a quel teatrino che, anche se non l’avrebbe mai ammesso davanti a Louis, un po’ la divertiva. Si avvicina a sua volta al bancone, poggia le mani sulla superficie lignea del tavolo e si arrampica sugli sgabelli troppo alti per lei ignorando l’imbottitura giallina che fuoriesce dalla seduta disastrata.
«Sei troppo piccola anche per lui, ragazzina, mi dispiace» la prende in giro lui senza riuscire a dissimulare la confusione iniziale. Zayn? E cosa vuole quella tipetta da lui? Lo sanno tutti che Zayn preferisce donne più grandi di lui. La ragazzina potrà avere al massimo quindici anni, non uno di più.
E mentre «che palle» asserisce lei riducendo gli occhi a due fessure, Harry «Su, Louis, dille dov’è Zayn» dice, mosso a pietà dall’imbarazzo che lui proverebbe se fosse in Iris (e che lei non prova). All’occhiata confusa di Louis, «Così posso continuare a lamentarmi» spiega Harry con un sorriso serafico sul volto.
Niall a sua volta sgrana gli occhi e con una disperazione del tutto fasulla si mette le mani tra i capelli perché «Dio, no, Louis, non farlo! Adesso che aveva smesso di parlare…». Ma la cosa passa quasi inosservata, escluso uno scappellotto bonaccione di Harry e un sorriso veloce di Louis, che adesso ha tutta l’intenzione di perdere il lavoro andando dietro a quella ragazzina.
«Tu chi sei?» domanda con lo stesso tono che il lupo cattivo userebbe per offrire una caramella avvelenata alla bambina di turno sperduta nel bosco. Iris lo squadra attentamente, dalla prima ciocca di capelli piena di gel fino all’ultima riga della maglia che il bancone le consente di vedere, e dopo aver deciso che quella specie di elfo la disgusta un po’ «Chiunque tu vuoi che io sia» cita con un sorriso malizioso che allunga il sorriso di Harry e spegne del tutto quello di Louis.
«Bene, Marissa Cooper dei miei stivali, adesso vuoi dirmi chi sei davvero?».
Iris finge di pensarci su, con tanto di dito poggiato sul mento. «Direi di no».
«Mi fai incazzare». Le nocche di Louis strette nei pugni diventano bianche e poco di manca che le molli un ceffone dritto sul viso quando lei gli risponde «la cosa è reciproca, idiota» se non fosse per l’entrata provvidenziale del moro in questione che «Iris?!» esclama incredulo alla vista della ragazzina seduta sullo sgabello con le braccia appoggiate al bancone.
«Iris?» mormora Louis confuso.
«Iris». Harry lo sussurra come ad assaporare un frutto esotico.
«Iris». Niall lo ripete annuendo, senza sapere il motivo.
«In persona. Ora, se non ti spiace». Il sorriso di Iris si allunga pericolosamente. «Devo parlare con questo fusto alto, bruno e attraente». Detto ciò si alza dallo sgabello e raggiunge Zayn, ancora fermo davanti alla porta della cucina, una personificazione esatta della confusione.
«Ma guarda te» borbotta Louis torvo afferrando lo straccio per asciugare i bicchieri con molta più forza del necessario. Quella ragazzina… starà mica saltellando?
 
Il retro del pub è sicuramente il luogo più sporco e spaventoso che Iris abbia mai visto. Non che ne abbia visti davvero tanti, di posti, ma comunque. La piccola porta un tempo verde ma ora arrugginita come poche cose al mondo dà su un minuscolo vicoletto pieno di spazzatura, cicche e macchie di sostanze che fanno rabbrividire al solo pensiero di cosa potrebbero essere davvero. Ci sono un paio di camerieri che si passano una canna,  salutano Zayn come se fosse l’occupazione più normale del mondo e rivolgono prima uno sguardo curioso a Iris – cosa ci fa una ragazzina così piccola in quel pub?! – e poi uno sguardo d’intesa l’un l’altro, quasi fosse ovvio vedere il loro collega con una bambina più piccola di lui di almeno cinque anni. «Questa cucina fa schifo» sputa Iris senza giri di parole. Zayn, dopo aver fulminato accuratamente i due camerieri, sbuffa «Non la usiamo quasi mai come cucina; giusto quando Harry ha voglia di sfogare il suo lato artistico e creativo».
La figura di Harry fa capolino nella mente di Iris e con lui il suo compare con la maglia a righe, perciò «simpatico il tuo amichetto dietro al bancone» borbotta Iris con il mezzo sorriso “alla Payne” quando Zayn si decide finalmente a dedicarle almeno un minimo della sua attenzione.
«Non preoccuparti di Louis, è solo un po’… scontroso, a volte». E sembra quasi che il moro voglia scusarsi un po’ per il comportamento arrogante del suo collega, un po’ per non essersi fatto trovare dietro il bancone. Ma farsi trovare lì… per cosa? Zayn e Iris si conoscono, a conti fatti, da quando lei era ancora avvolta in orrende tutine rosa –schifo– e lui pensava che Goku un giorno sarebbe atterrato a Londra per insegnargli a fare l’onda energetica, ma comunque Zayn ancora non riesce a capire coma mai cosa voglia da lui quell’esserino formato da più ricci che carne.
«Tralasciando i vari idioti che purtroppo sei costretto a frequentare, sono qui per parlare del compleanno di Liam, hai presente? Il tuo migliore amico, quello che mangia solo pizza fredda e vive in pigiama per colpa della sua stronzissima ex». Pausa. «Oh, per non dimenticare il fatto che non hai risposto a nessuna delle sue e delle mie ultime chiamate, brutto idiotacoglione che non sei altro!».
Oh, ma certo, la festa a sorpresa per Liam! «Una ragazzina come te non dovrebbe parlare in questo modo». È tutto quello che Zayn riesce a dire, a metà fra il senso di colpa per aver totalmente rimosso l’idea della festa a sorpresa e il fastidio per l’arrivo inaspettato della piccola –minuscola– Payne nel momento meno opportuno della storia dei momenti inopportuni. «Baciami il culo, Malik». Sì, proprio una ragazzina ben educata e dolce con tutti.
«Iris, ma…».
«Niente ma, Zayn, domani ti vengo a recuperare qui per le orecchie e tu mi darai una mano». Così, dopo avergli fatto spalancare la bocca, mostrato il medio a Louis, sorriso a Harry e lanciato un bacio a un Niall particolarmente stupefatto, Iris può finalmente tornare a casa sua ad ascoltare qualsiasi canzone possibile di Ed Sheeran.
Ma come farà, una cosetta del genere, a essere un tale uragano?! 
 
«Certo che sei una stronza».
Questa è Meredith, occhiali dalla struttura sottile in acciaio, apparecchio per i denti, una bella pelle -ma i capelli grassi e oleosi. È diventata amica di Iris un giorno in cui Meredith si era stufata di stare da sola, aveva acciuffato Iris, che da sola ci stava per scelta, e aveva detto “Adesso fingeremo di essere amiche” con quel cipiglio che solo una ragazzina di prima media potrebbe rendere credibile.
«E la serietà di questa tua affermazione mi è data dalla presenza di una parolaccia nella tua frase. Allelujah, anche Hermione Granger è diventata donna!».
«Sei doppiamente stronza».
«Quasi mi spaventi». Iris sorride e muove la spruzzata di lentiggini quasi casuale sugli zigomi tondi. Sbatacchia la busta di plastica che raccoglie tutte le cianfrusaglie che le servono per la festa –bicchierini, tovagliolini, piattini, forchettine… tutte le vettovaglie in “-ine” che ha trovato nel negozio cinese all’angolo. Meredith si è dovuta imporre perché non comprasse tutto in tema “Batman” -«Liam ha ventidue anni, ormai!». E nonostante «Non si è mai troppo grandi per Batman» abbia mormorato Iris, si è adeguata ai bicchierini, tovagliolini, piattini e forchettine rigorosamente azzurri.
«Avresti dovuto tirare dritto davanti a quel Louis, mica provocarlo a tua volta».
Iris alza gli occhi al cielo. «E perché mai? Temi che al nostro futuro incontro mi possa picchiare?».
Meredith si stringe nelle spalle, proprio non sa cosa dire. «Non si sa mai».
«Dio, Meredith» sbuffa Iris. «Non trovi che il Grillo Parlante sia un po’ troppo noioso, certe volte?».
«…Che stronza».
 
Iris ha sedici anni e la forza di un’intera scogliera, sta stare sola – «Le persone di solito sono troppo stupide» – e, contrariamente a tutta la sua borghesissima famiglia, conosce quasi tutta Londra come le sue tasche.
Liam, invece, di anni ne ha quasi ventidue, si potrebbe tagliare con un grissino e senza la sua Danielle, fidanzatina storica dai tempi del terzo anno di liceo, si sente perso come una plastic bag drifting thorugh the wind.
Quindi, per una come Iris, entrare in casa e trovare Liam Payne più grigio che mai sul divano, con un’enorme busta di popcorn accanto e un plaid rosa che lo fa sembrare simile in modo quasi imbarazzante alla loro nonna, è una delle cose più snervanti che possano succedere nella vita. Soprattutto dopo un incontro-scontro con Louis-maglietta-a-righe, una chiacchierata per niente andata a buon fine con Zayn-sono-troppo-figo-per-te-Malik e un pomeriggio con Meredith-riesco-solo-a-darti-della-stronza. Non che non sia stato tutto molto divertente, in ogni caso.
«Liam» lo chiama allora, sperando in una risposta che vada oltre il solito “mh” che Liam ha iniziato a riservarle da quando Danielle ha anche smesso di rispondere al telefono. Speranza vana, in ogni caso. «Liam» riprova allora, più determinata che mai, Iris. Perché, insomma, se non si è fatta mettere i piedi in testa da un branco di ventenni composti per il 60% di alcool, non lascerà di certo stare quella sottospecie di sacco di cipolle che è diventato suo fratello. «Liam, cazzo!».
«Che vuoi?».
Bingo.
«Ho visto Zayn oggi». E non ha quasi il tempo di completare la frase che suo fratello già si è alzato ed è corso verso di lei per «che ti ha detto?» sapere, più avido che mai di contatti umani.
Bingo.
 
Quando regna la calma e tutto scorre liscio come i capelli di Meredith, sotto sotto c’è sempre qualcosa che non va e Iris lo sa. Tutto è perfetto. È giovedì e le cose per la festa di sabato sono tutte nell’armadio della sua camera, dove Liam non andrà mai a spulciare. Gli ha anche restituito tutte le magliette che gli ha fregato nel corso degli anni per evitare la spedizione punitiva che presto o tardi avrebbe colpito il suo armadio. Dj Malik sta preparando le ultime canzoni per la festa, la torta fredda (per cinquanta persone) è già stata ordinata, del cibo se ne occuperà il catering per cui Iris ha sprecato tutta la sua paghetta mensile. Tutto va stramaledettamente troppo bene.
Così, quando «Iris, un matrimonio dell’ultimo momento ci ha fregato il catering» l’avvisa Zayn con una chiamata a mezzanotte, Iris non è particolarmente sconvolta. Solo «lo sapevo» dice, schiaffandosi una mano sulla fronte, ma non si lascia andare nella disperazione. «Cosa faccio, Zayn? Io non so cucinare per cinquanta persone. Non so cucinare affatto».
«Io nemmeno». La voce metallica non è rassicurante e rimangono in silenzio per qualche istante in compagnia del ronzio sordo della ventola del computer. «Possiamo cercare un altro catering» suggerisce lui, senza crederci davvero.
«È troppo tardi, domani è già venerdì e non verranno mai». Iris dà voce ai suoi pensieri e sbuffa di nuovo. «Non conosco nemmeno un cuoco, cazzo».
«Io nemme-». Silenzio. «Fingiamo che Harry Styles sia un cuoco».
«Chi scusa?».
Iris riesce a percepire l’entusiasmo del ragazzo anche dal suo silenzio e, dio, quanto si irrita quando qualcosa non va secondo i suoi piani. «Fidati di me, per una volta».
E sia.
 
Lo scenario è esattamente uguale a pochi giorni prima: dietro il bancone ci sono Louis che asciuga i bicchieri ed Harry troppo intento a lamentarsi per accorgersi di qualsiasi cosa lo circondi, Niall è sullo sgabello che ormai deve aver preso la forma esatta del suo culo e, ovviamente, di Zayn neanche l’ombra.
«Ehi bimba, mi pareva di averti detto che qui dentro non ci puoi stare!» le abbaia prontamente Louis con il suo solito sorrisino del cazzo, interrompendo il monologo di Harry che, istintivamente, si lascia scappare un sorriso. Niall ride apertamente, ma nessuno sembra farci caso: insomma, Niall ride sempre!
«Non sono qui per te, caro il mio cameriere gay» ribatte allora più acida che mai la piccola Payne, agitando lievemente i ricci, «Ma per lui». Di fronte al suo dito minuscolo – con tanto di smalto azzurro puffo –, il viso di Harry passa dall’essere rosa pallido a rosa scuro a rosso e poi a viola, perché, insomma, nessuno mai in quel pub si è preso la briga di cercare Harry Styles in persona.
«M-me?» riesce allora a mormorare Harry dopo qualche minuto, quando Louis è già tornato ad asciugare i suoi adorati bicchieri e Niall ha già riso altre due volte.
«No, quello subito dietro di te, idiota». E, okay, ci sono giorni in cui Iris magari si sveglia di buonumore e le piacerebbe davvero tanto non essere così acida e scontrosa con le persone, ma poi proprio non ce la fa, perché le persone sono troppo stupide. «A parte gli scherzi, mi servi. O meglio, mi servireste tutti e tre più il biondino qui, che può sempre far comodo».
«Oh, e così la nana da giardino ha bisogno di Tommo adesso!» quasi esulta Louis, lanciando lo straccio in faccia a Niall che, come sempre, sta ridendo.
«Si tratta di emergenza, Tommo, il catering mi ha dato buca e, beh, Harry è probabilmente l’unico essere che conosco capace di mettere qualcosa sui fornelli, o almeno così dicono».
«Avremo bisogno di consul…» sta per dire Louis, ma, prontamente, Harry «Ci saremo» risponde, con una risata di Niall e uno scappellotto da Louis.
«Perfetto».
 
Perfetto? Iris non ha davvero pensato che Harry Styles potesse mai essere “perfetto” per quel ruolo. Insomma, ci vuole costanza, determinazione, intraprendenza, e quello Styles è solo un mollusco. Ci vuole una donna di polso per le duecento pizzette, le graffette, le patatine, le bibite, gli alcolici e tutta quella marea di cose che ancora si devono comprare, mica Harry Styles. Perciò con la forza da generale dell’esercito che si ritrova, cammina fino alla casa del cuoco  improvvisato e quasi abbatte la porta di legno col suo pugnetto nodoso.
«Che brutte occhiaie» commenta quando Harry le compare davanti in tutta la sua (poca) bellezza mattutina. Gli occhi verdi cerchiati di nero fanno a cazzotti con le labbra rosse appena un po’ gonfie, stiracchiate in un sorriso. «Ti sei appena svegliato?».
«No, macché, ho passato tutta la notte a giocare al nuovo GTA…». Harry s’interrompe vedendo la testa riccia della ragazzina scuotersi a destra e a sinistra con forza. «Cos-?».
«No no no, così non va, soldato Styles. Proprio non va» mormora e l’uragano Iris entra in casa senza essere invitata, lo sguardo dritto davanti a lei. La casa di Harry è ai margini della città, le villette a schiera sono tutte uguali, cambia solo il colore della vernice. Dentro, le tinte chiare delle pareti la fanno assomigliare a un asilo nido privato, tutta azzurra e violetta, ci manca solo la carta da parati coi coniglietti per completare il quadro.
«Vuoi giocare ai videogiochi con me?». Harry ridacchia alla sua stessa battuta mentre si chiude la porta alle spalle e la segue in salotto. Come se una ragazzina del genere potesse giocare a GTA! Poi, però, quando la vede chinarsi per spegnere la televisione col videogioco ancora in pausa si affretta a «fammi almeno salvare la partita!» esclamare, scavalcando il tavolino con uno slancio che sorprende anche lui. E si sorprende ancora di più quando solleva Iris con un abbraccio e prima che entrambi possano rendersene conto si ritrovano sul divano, ancora abbracciati, due sorrisi beati sul volto che guardano vacui lo schermo del televisore.
«…GTA è sacro» si giustifica Harry con un sussurro.
«Sarà» mormora Iris e per una volta sembra troppo serena per arrabbiarsi con Harry in qualunque modo. L’ansia per la festa è momentaneamente messa da parte, ma non del tutto svanita, infatti «devo parlarti» gli dice con calma e spalanca gli occhi già grandi, nocciola, come un cerbiatto in difficoltà.
«Chissà perché lo immaginavo».
«Devi sbrigarti con le spese, dobbiamo sbrigarci. Anzi!». Iris si tira su –benedetta sia la sua forza!- e inizia a scuotere Harry, al diavolo la calma. «Andiamo a fare la spesa, su! Vai a lavarti e a profumarti, torna qui e usciamo!».
E Harry, che l’ansia non la sente nemmeno prima degli esami all’università, avverte l’urgenza della situazione nella voce di Iris e la asseconda quasi senza volerlo. Mentre sale le scale per andare in camera, un solo pensiero gli invade il cervello: “Ma chi me l’ha fatto fare”.
 
Mai in tutta la sua breve vita, Iris avrebbe immaginato di ritrovarsi davvero in una situazione simile.
Harry Styles è intento a preparare quelle che sembrano milioni di pizzette e, contemporaneamente, a stilare una lista di cocktail che “dovete assolutamente provare!”. Niall,  da bravo irlandese qual è, sta sorseggiando una Guinness spuntata miracolosamente da chissà dove, cercando di non sputacchiarla ovunque per il troppo ridere. Zayn è fuori con Liam, benedetto il giorno in cui hanno deciso di diventare migliori amici, e… beh, Louis è pur sempre Louis.
Ha addosso una delle sue fantastiche magliette a righe – Iris ha scoperto che, alla tenera età di ventitre anni, Louis può vantare ben venticinque maglie a righe – e ha un braccio comodamente poggiato sulla testa di Iris intenta ad impastare i muffin con un cipiglio così concentrato che nessuno – a parte Louis – ha avuto il coraggio di disturbarla.
E neanche ha il tempo di capire cosa sta succedendo, Louis, che una macchia d’uovo misto a qualcos’altro decide senza possibilità di ritorno di fare visita alla sua maglia. Riesce solo a guardare incredulo la maglia e poi la colpevole, mentre Niall ride ed Harry accende il forno, poi di nuovo la maglia e poi di nuovo Iris.
«Ora, ragazzina, ti spacco il culo» sibila Louis con gli occhi ridotti a fessure così sottili che a stento riesce a vedere la faccia angelica di Iris che «non è colpa mia se tu devi sempre rompere i coglioni» si giustifica con un’alzata di spalle.
Il problema del frequentare Louis Tomlinson è, più che fare attenzione alla sua persona o alla sua vita, fare attenzione alle sue magliette: non macchiarle, non stropicciarle, non guardarle troppo a lungo e non toccarle. Iris, nella settimana in cui è stata a contatto con Louis, è riuscita a infrangere quasi tutte queste regole, eccezion fatta per il non guardarle troppo a lungo perché, come a ogni persona sana di mente, quelle magliette le fanno schifo.
Neanche Iris ha il tempo di afferrare bene cosa sta per succedere che si ritrova a correre in giro per casa Payne cercando di scappare alla furia omicida di Louis Tomlinson, mestolo in mano e maglietta sporchi di impasto, finché ha così poco fiato che deve fermarsi e «tregua?» proporre con il più angelico dei sorrisi, di quelli che fanno sciogliere anche il signor Payne in persona.
«Neanche per sogno!».
Sarà un lungo, lunghissimo pomeriggio.
 
«Non ci credo che abbiamo finito». Iris pesta i piedi sui gradini che la portano al piano di sopra con più forza del necessario. Harry, accanto a lei, ha un’aria sconvolta: i capelli più arruffati del solito, la maglia nera che ormai è più bianca che nera, tracce di farina e uova sulle braccia, le mani che puzzano di burro e un impiastro fatto persona –Iris- che ancora, per qualche strano motivo, non ha esaurito le energie.
Louis e Niall se ne sono andati alla terza teglia di pizzette; non sono stati granché d’aiuto: il primo ha provocato l’isteria e poi la ribellione della pasticciera in carica, il secondo è rimasto a sorseggiare birra seduto sul tavolo della cucina mentre l’apocalisse si abbatteva attorno a lui. È stato un bene, per la festa, che se ne siano andati: la loro assenza è stata quasi produttiva.
«In realtà» si corregge Iris dopo qualche istante. «Non abbiamo finito».
La reazione di Harry non tarda ad arrivare. «COSA? Abbiamo dimenticato un pezzo d’impasto nel frigo? Vado a imburrare un’altra teglia? I muffin non sono abbastanza? Lo sapevo, ti avevo detto di non mangiare l’impasto crudo… Adesso-». Ormai è disperato.
Ci pensa Iris a salvarlo. «Rilassati, soldato Styles, di muffin ne abbiamo fatti almeno un centinaio e anche se ci fosse dell’altro impasto in frigo, sono troppo stanca per scendere in cucina a preparare altre pizzette». Sospira a fondo quando arriva in cima alle scale. «Qui si tratta di vestiti e io ho bisogno del tuo aiuto».
Venti minuti dopo la figura di Harry occupa tutto il letto di Iris (i piedi sporgono irrimediabilmente dal bordo), una mano sullo stomaco, una dietro la testa, lo sguardo stanco è puntato su Iris. Attraverso la maglietta leggera riesce a intuire il seno piccolo insieme ai fianchi vagamente arrotondati. È minuscola per la sua età e per questo Harry non può che sentirsi in colpa mentre la guarda con un sorriso che –chiunque lo vedrebbe- non è del tutto innocente. Lei pare non accorgersi delle attenzioni di Harry e se lo fa è molto brava a nasconderlo dietro la facciata di ragazzina svampita –o generale inflessibile, a seconda dei casi. Fatto sta che «sul serio, cambiati maglietta» suggerisce senza pietà e Iris mantiene la calma mentre va a cambiarsi per l’ennesima volta. Quasi ci sta prendendo gusto, Harry, a farla impazzire: è curioso di vederla davvero perdere le staffe, per una volta.
Ma, quando Iris torna con uno straccetto che a stento le copre il sedere tondo, Harry quasi si strozza con la sua stessa saliva e con un’espressione disgustata «È una gonna, quella?» chiede tra un colpo di tosse e l’altro.
Iris si acciglia, sorpresa, e incrocia le braccia sotto il petto. «Sto così male?».
«Sì… Cioè no, non stai male, per niente».
«Allora qual è il problema?».
«Potresti sentir freddo, sai, stasera. La festa finisce tardi e, uhm…».
Iris agita una mano nella sua direzione, un sorriso tirato sul viso e la mente già al prossimo outfit. «Non ti preoccupare» quasi pigola. «Bastava dirlo che mi sta male, prendo i pantaloncini». Ed è già corsa in bagno a cambiarsi mentre Harry si passa una mano sugli occhi. Una sorta di senso di colpa gli attanaglia il petto perché, dio, quella ragazzina è imprevedibile e lui è stato un attimo insensibile –e ipocrita. Preme con le dita sulle palpebre per dimenticare la sua espressione sorpresa. «Che idiota» sussurra a se stesso.
 
A Niall le feste non piacciono per niente. O meglio, gli piacerebbero anche, se solo non fosse per le chiacchiere futili, l’urgenza di piacere a tutti o anche solo di ubriacarsi – andiamo! Ha visto gente vomitare dopo neanche due birre e mezzo! – e quella sensazione di febbrile attesa mista ad ansia che precede, come da tradizione, qualsiasi festa a sorpresa.
Così quando «fanculo questa merda, io vado a prendere aria» borbotta un po’ a Louis un po’ a sé stesso, nessuno è stupito di vederlo afferrare la giacca e fiondarsi sul pianerottolo di casa Payne che, pur essendo minuscolo, è dieci volte più accogliente del salone addobbato come Dio comanda.
E sta filando tutto liscio – troppo liscio –, quando la porta dell’ascensore si spalanca violentemente e «mi spieghi che cazzo vuoi da mia sorella, Zayn?!» sbotta una voce che, istintivamente, Niall riconosce come quella di Liam Payne, un ragazzotto alto e in sottopeso di almeno cinque chili che, l’irlandese deve ammetterlo, somiglia in modo quasi impressionante alla minuscola sorella.
«Amico, sul serio non preoccup… Niall?!». In quel momento Niall lo sa. Sa di aver fatto una cazzata grande quanto casa Payne ad essere uscito su quel pianerottolo cinque minuti prima dell’arrivo di Liam, sa che prima Zayn lo massacrerà di botte, poi Louis gli offrirà l’ultima birra della sua vita e infine Iris lo farà a pezzetti così minuscoli che Harry – l’unico con un cuore lì in mezzo – dovrà raccoglierli con un cucchiaino e spedirli in Irlanda da sua madre.
«Ehilà, amico! E, ciao!, tu devi essere il famoso Liam».
Il più grande problema dell’essere Niall è non saper gestire neanche la più semplice delle situazioni, quindi Zayn non è affatto stupito dall’eccessiva dimostrazione di stupidità del suo amico, a cui sta disperatamente tentando di comunicare con lo sguardo qualcosa di molto simile al «Niall, cazzo, entra in casa!» che si decide a sputare di fronte al sorriso imbarazzato dell’irlandese e all’espressione sempre più confusa di Liam, che chissà dov’è già volato con l’immaginazione – stupida iperprotettività fraterna.
«Oh, e mi raccomando: siate basiti!» esclama ancora Niall prima di, finalmente, sparire dietro la porta alle sue spalle.
Così, quando Liam – che le cose non le capisce davvero bene fino in fondo – entra in casa sua trovando il salone pieno di suoi amici – più un ragazzo troppo altro accanto a sua sorella, Niall il biondo di poco prima con una Guinness in mano e un ragazzo probabilmente gay intento a sistemare una pila pericolante di bicchieri–, non può che rimanere basito, perché quel «sorpresa!» proprio non se l’aspettava.
 
L’atmosfera della festa è rilassata e accogliente, nessuno si sente fuori posto e neanche Niall, che ormai è arrivato a quota dieci birre più due drink, stona nel turbinio di chiacchiere e musica altissima che invade la stanza. Liam ha sorriso a tutti e ha stretto due volte la mano a Louis e tre a Niall, ha addirittura abbracciato Meredith – insomma, l’ha odiata dal primo momento in cui l’ha vista! – e «ma io sono un bambino puccioso!» protestato, quando Iris gli ha confessato le sue intenzioni stroncate sul nascere di comprare l’intero set da festa di Batman.
Dj Malik è in consolle e sta passando musica improponibile, Niall sta dicendo a Meredith qualcosa di molto simile a «sei l’antisesso» per sentirsi rispondere «tu sei uno stronzo, invece», Liam ha sospirato un paio di volte perché, insomma, Danielle non c’è, Harry scalda ancora pizzette e Louis… beh, Louis è ancora Louis. Ed essendo Louis, si è fiondato accanto a Iris con il suo classico sorrisetto idiota e «questo è l’ultima, giuro» ha borbottato in risposta allo sguardo severo che la ragazzina ha rivolto alla sua bottiglia di birra.
«Tu morirai giovane, Louis». Ha appena il tempo di sospirare Iris, prima che il braccio del ragazzo le si poggi sulle spalle e «ammettilo: senza di me non ce l’avresti mai fatta» le sussurri all’orecchio.
«Ti piacerebbe Tomlinson. Piuttosto, dovrei ringraziare quel santo di Harry, che… a proposito, dov’è Harry?!».
Louis si volta, giusto un paio di volte, per poi sbuffare. «Sarà a piangere da qualche parte perché non gli è cresciuto un muffin o qualcosa del genere» dice e allo sguardo assassino di Iris «dio, scherzavo, nanetta, non essere così suscettibile!».
«Vado a cercarlo, tu non fare danni». Iris si volta e torna a guardare Louis. «A parte esistere, ma purtroppo non puoi farne a meno… Non fare danni irreparabili» conclude con una scrollata di spalle e torna a cercare Harry.
 
L’ultima volta che Iris ha visto Harry, lui aveva una sola bottiglia di birra in mano, gli occhi poco lucidi, le occhiaie appena accennate e l’alito sapeva di cioccolato. Adesso che lo trova quasi in lacrime seduto sull’isola della cucina con tre birre –di cui due vuote- e un muffin in due mani, non può che esserne sorpresa. È buio e Harry sembra non accorgersi che la bottiglia in cui ha infilato un dito per reggerla sta per cadere, perciò Iris si allunga a prenderla al volo prima che i cocci di vetro si uniscano al casino che c’è sul quel pavimento.
«Iris?» mormora lui, gli occhi spalancati a fissare il vuoto. «Stavo pensando…» biascica mangiando qualche vocale, prima di fermarsi con la bocca lievemente socchiusa.
«A cosa stavi pensando, Harry?» chiede Iris paziente e le sembra di essere più sua madre che una mocciosa, come direbbe Louis, mentre si avvicina a lui per togliergli tutta la birra di mano. Harry fa per trattenere l’ultima bottiglia, ma poi scrolla le spalle e gliele lascia prendere perché, riflette, ormai è abbastanza ubriaco. Sorride apertamente per nessun motivo e «non lo so» mormora strizzando gli occhi. «Dici che sono abbastanza ubriaco?».
Ci sono tre cose che Iris detesta: Louis, la pubblicità e la demenza degli ubriachi. Quindi si stupisce di se stessa quando ricambia il suo sorriso e si prepara a una conversazione senza alcun senso con un ragazzo che quasi non conosce e che quasi vorrebbe abbracciare –quando Iris, ora che ci pensa, son quattro le cose che detesta, odia il contatto fisico. «Dipende: cosa vuoi fare?».
Harry sospira e non dice niente per un po’. Iris teme pure che si sia addormentato a un certo punto, quando lui si decide a parlare. «Sono troppo vecchio per queste cose» dice e sembra una dura ammissione per lui –Iris ha un sopracciglio alzato ma la pazienza è ancora tutta lì. «O-okay…?».
«No, no, non è okay». Harry scuote con forza la testa e i riccioli schizzano in qualsiasi direzione. «Tu non dovresti dirmi che è okay».
«Beh» inizia Iris con tutta l’intenzione di mantenere una certa coerenza in quel discorso. «Allora non farlo… qualsiasi cosa tu debba fare».
«Ma così mi rendi infeliiiiisce!».
Diplomazia. Con la diplomazia si conquisterà il mondo, Iris ne è certa. «Allora fallo».
«Davvero? Mi dai il tuo permesso?».
«Certo, e se vuoi uccidere Louis ci metto anche la firma».
«Non è questo… ma potrebbe farti piacere lo stesso».
«Allora fallo!»
«Ma potresti arrabbiarti».
«Gesù, Harry, se non ti decidi, io…».
Ma Iris non ha il tempo di finire la sua frase –non ha il tempo di pensare davvero a niente- che le labbra di Harry sono subito sulle sue. Allora al diavolo il suo odio per il contatto fisico, pensa  Iris, hanno un buon sapore le sue labbra, anche se birra e cioccolato e muffin non sono proprio un'accoppiata vincente, hanno un buon sapore.
Poi Harry scende dal bancone perché, insomma, quella ragazzina è davvero troppo bassa!, e gli scappa un sorriso a fior di labbra nel momento in cui si accorge che in realtà la situazione, più che migliorare, è peggiorata -maledetta sua madre e il giorno in cui ha deciso di farlo diventare troppo alto per qualsiasi essere umano al mondo. Harry non saprebbe neanche dire quanto tempo scorre  tra l' “io” che gli stava dicendo Iris e l'espressione corrucciata che la ragazza - bambina - gli rivolge non appena le loro labbra si staccano, però sa con certezza che è stata in assoluto una delle esperienze più... strane - strano bello - della sua vita.
«...Ti sei arrabbiata?» le chiede allora, perché quel broncio proprio non vuole andare via, mentre le sue labbra si stendono in un sorriso ancora più lungo.
«Ehm…». E mentre Iris si prende tutto il tempo per rispondere, Harry le prende una mano e quasi la tira nel suo abbraccio perché dio solo sa quanto ha voluto abbracciarla da quando l’ha conosciuta. Si è trattenuto anche troppo per paura di romperla in qualche modo (Iris sembra così fragile) e solo adesso, mentre è tra le sue braccia, il mento appoggiato alla sua testa, si rende conto che forse Iris non è così piccola e che lui non è poi così vecchio per queste cose. Insomma, lei non pare lamentarsi di quel bacio quasi rubato tanto è vero che dopo un istante di esitazione ricambia l’abbraccio con ancora più forza di lui. «Come hai potuto solo pensare che io potessi arrabbiarmi per… questo?» sorride lei contro la sua felpa macchiata di cioccolato e tante altre cose che davvero non vuole sapere.
«Io…» inizia, ma poi sorride perché non ha idea di cosa dire e sorridere è l’unica cosa che gli riesce, adesso.
Iris sospira perché Harry proprio non ne vuole sapere di parlare e lo rassicura. «Non importa» gli dice, tornando a sentirsi sua madre, «ne parliamo un’altra vol…». L’ultima sillaba si perde nel vuoto, così come la sua sicurezza, persa in una triste intuizione.
Harry se ne accorge, nonostante tutto. «Cosa c’è?».
Allora Iris alza lo sguardo e incontra quello liquido di Harry, che non sorride più, e tira su col naso. «Ti ricorderai di me, domani?» chiede totalmente libera da quel menefreghismo che di solito esce dalle sue labbra.
«Me ne ricorderò stasera, ma anche domani, dopodomani, il giorno dopo dopodomani e poi…» inizia Harry mentre Iris scoppia nella sua risata cristallina. «Okay, okay, afferrato il concetto!».
Poi, ripreso un certo controllo, si lascia andare in un sorriso. «Sono felice che tu l’abbia fatto».
E Harry, se possibile, sorride ancora di più quando le risponde «e io sono felice che tu sia felice».
 
Il giorno dopo casa Payne è un vero disastro: macchie di provenienza sconosciuta sul pavimento – una anche sul muro, Iris rabbrividisce al solo pensiero di cosa potrà accadere durante le pulizie –, il neo-ventiduenne Liam che non ricorda neanche il suo nome, vestiti dimenticati da chissà chi per chissà quale ragione, resti di muffin e… Niall Horan addormentato sul divano.
«Niall!» urla allora Iris, più per divertimento personale che per altro, sfilando velocemente il cuscino da sotto la testa bionda del ragazzo. E, nell’ordine, Niall salta giù dal divano, si mette in piedi, sbatte più volte le palpebre per abituarsi alla luce della stanza, indica Iris con l’indice destro e scoppia a ridere per poi «tu hai baciato Harry Styles!» dire, tentando disperatamente di non soffocare.
«E quale sarebbe il problema?».
Iris tutto questo proprio non riesce a capirlo: sì, ha baciato Harry Styles in cucina, sì, l’ha baciato di nuovo quando ha deciso che era ora di tornare a casa con Zayn, sì, ha sorriso in modo stupido tutta la notte e sì, Harry le piace. E quindi?
«Il problema, honey, sarebbe che tutti al mondo eravamo convinti che Harry fosse frocio fino all’unghia del mignolino sinistro, poi però arrivi tu, sbatti un po’ le ciglia e puf, Hazza diventa etero. C’è qualcosa che proprio non va in tutto questo, non trovi?», non è la voce allegra di Niall a risponderle questa volta, ma piuttosto quella di Louis, sbucato da chissà dove e con la maglietta ancora sporca di muffin.
«Mi dispiace deluderti, honey, ma il ragazzo dei tuoi sogni preferisce me» lo rimbecca allora Iris ridendo, ché proprio non ha voglia di incazzarsi neanche con l’essere più irritante del mondo. L’effetto “Harry Styles” è, in assoluto, il peggior male al mondo.
 
Due tazze di caffè, un incredibile mal di testa, una serie di allucinazioni e tre cornetti all’amarena dopo, Liam Payne finalmente sorride. Non per un motivo ben preciso, non perché la casa ha ritrovato il suo ordine, ma perché ci sono tre simpatici sconosciuti, sua sorella e il suo migliore amico seduti sul divano (quello riccio è, in realtà, seduto per terra) e a lui va benissimo stare con loro. È passato un po’ di tempo (tre settimane e tre giorni) da quando ha sorriso l’ultima volta perché era felice di stare con qualcuno (Danielle), ma la presenza di questi buffi quanto amichevoli individui non è meno gradita di quella della ragazza. E questo significa che quel piccolo mostriciattolo che spesso si ritrova bistrattare è riuscito nella sua missione: strappare un piccolo e significativo sorriso al fratello che ammuffisce giorno dopo giorno sul divano. Perciò quando si siede accanto a lei e la stritola in un abbraccio, trasmettendo più di quanto riuscirebbe dire a parole, non gli importa che Iris ricambi in modo piuttosto contorto perché sta tenendo la mano al ragazzo riccio forse troppo grande per lei. Gli va bene così e di certo non sarà lui a interrompere quel momento di calma in cui tutti sono troppo stanchi per parlare.
Niall, però, non è così sensibile. «In effetti!» prorompe nel bel mezzo di un silenzio prolungato. Louis lo guarda storto per un attimo. «“In effetti” cosa?» gli chiede, poi lascia andare la testa sul divano con un tonfo.
«No, niente» mormora Niall, le guance rosse, un vago sorriso sulle labbra e gli occhi lucidi, segni che quel pensiero ancora non l’ha abbandonato.
«Dai, parla!» lo sprona Iris con la solita pazienza mentre Harry e Zayn ridacchiano.
«Oh, va bene». Niall si alza a sedere dritto e così attira l’attenzione anche dei più stanchi (rispettivamente Harry e Liam). «Stavo pensando che tra due settimane è il mio compleanno».
Partono un paio di “Ah” o mormorii indistinti dalle labbra dei presenti. «Quindi?» Iris chiede curiosa.
«Quindi si potrebbe festeggiare!» Niall balza con i piedi sul divano (la signora Payne ha ucciso per molto meno) mentre tutti gli altri lo guardano terrorizzati. «E dai, alla fine la festa è stata divertente, no?».
«Divertente, sì» ammette Harry. «Ma anche stancante».
«Stressante» aggiunge Zayn.
«Macchiante» soffia Louis, uno scambio di occhiatacce con Iris, che «quell’aggettivo non esiste».
«Che importa» dicono Louis e Niall insieme. «Insomma» riprende l’irlandese senza lasciarsi scoraggiare dagli altri. «Ci siamo divertiti un sacco!».
Zayn si alza prima di tutti gli altri, si passa una mano sul viso e brontola qualcosa di incomprensibile. A vedere le facce confuse degli altri ripete «Facciamo che ci pensiamo un po’ su, eh?», la voce più alta del solito a causa del fischio persistente che ha nelle orecchie. «Addio, gente, non venitemi a cercare per almeno tre settimane».
«Non cercate nemmeno me» lo segue a ruota Louis, si gira verso Iris e «soprattutto tu, ragazzina» l’avverte minaccioso (lei risponde con una linguaccia).
Niall li guarda andare via smarrito, poi si volta verso gli altri tre che ancora gli fanno compagnia e sussurra «E voi? Voi me la farete una festa, vero?».
I tre rimangono in silenzio per un po’, senza il coraggio di parlare o addirittura guardarsi. Alla fine è Iris, che, come al solito, prende la parola. Ha un sorriso stanco, ma nello sguardo ha quella scintilla ironica che non l’abbandona mai. «Al massimo ti offro una Guinness. Quella non si nega a nessuno, giusto?».

 


 


 

 

Flamel_'s corner.

Heeey, gente. Un enorme grazie se siete arrivati alla fine di questo delirio. Vi voglio tanto bene. L'idea è venuta un giorno in cui "Ehi, perché non scriviamo una OS a quattro mani?" ci siamo chieste e abbiamo iniziato a promptare fino ad arrivare a una trama più o meno delineata, dei personaggi molto strambi e una follia che si è quasi scritta da sola. Ho letteralmente adorato scriverla, sentivo tutti i personaggi terribilmente miei (nostri, aehm) e, dio, quanto ho amato la piccola Iris! Mi ci sono così affezionata che anche prima di finirla ne sentivo già la mancanza (infatti non nego che probabilmente torneremo a parlare di questa banda di matti, presto o tardi :D). Un saluto da Louis che è andato a cambiarsi la maglietta, Niall che sorseggia una Guinness, Liam e la sua copertina da nonna, Iris e Harry che si tengono per mano e anche da Zayn che dice di non volerne sapere più nulla degli altri (ma noi non ci crediamo!). 
E un saluto anche da me, vvttttb; vi lascio alla Quirky qui di sotto.


Il (poco) minuscolo angolino di A.

Quindi, uhm, è davvero finita ç_ç Tremendo, davvero tremendo! Già mi manca scrivere di Iris e Louis che litigano come bambini - sì, le parti stupide ovviamente sono le mie! - o di Liam Payne più simile che mai a una nonnina sfigata - lo adoro - ç_ç. Mi mancano anche già Harry e Iris e il loro modo strano di essere, perché alla fine in quel piccolo uragano riccio mi ci sono rivista in forse un po' troppe situazioni e, beh, con Harry che è come sempre stupidotto la trovo a dir poco adorabile, con la storia di GTA e la produzione pressocché infinita di muffin - chiedo umilmente venia al buon Louis Tomlinson che si è visto distruggere una delle sue amate magliette a righe, ma DOVEVO farlo. E, uhm, scrivere gli angoli autore mi imbarazza - non lo faccio quasi mai - e credo proprio che ora mi dileguerò nel più silenzioso dei modi (*like a ninja*) u.u Se siete arrivati/e fin qui, beh, complimenti! Dieci punti a Grifondoro o qualunque sia la vostra casa (Serpeverde!) u.u Io intanto torno ai miei progetti per il futuro (No, non un continuo o qualche missing moment, semplicemente quello stupidone di Euripide e tutte le sue tragedie ç_ç) e... beh, mi dileguo per davvero u.u Angoli (mezza) autrice a parte, grazie davvero per aver letto questa quattro mani che volevamo scrivere da tempo e che, alla fine, è venuta fuori nel modo più semplice possibile. 

A.

 

PS: sì, parliamo più o meno delle stesse cose nei nostri angolini, ma giuriamo di non esserci messe d'accordo! 

  
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