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Autore: nightswimming    06/01/2014    16 recensioni
"Non ti preoccupare, Mary. L'ho istruito io."
"L'ha fatto, sai. A Baker Street, dietro porte chiuse."

SPOILER 3X02: The Sign of Three
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note dell’autrice: spoiler della 3x02 grandi come l’Empire State Building. Come sempre non sono miei, e come sempre io non ci guadagno nemmeno un penny. Sì, il titolo è preso da “Careless Whisper” di George Michael, come anche la citazione all’interno del testo – no, certo che non mi vergogno. Con il modo piacione con cui stanno gestendo la s3 George Michael mi sembra il minimo.
 
 
 
 
 
 
 
Though it’s easy to pretend
I know you’re not a fool
Should’ve known better than to cheat a friend
A wasted chance that I’d been given
So I’m never going to dance again
The way I danced with you
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
John salì l’ultimo scalino con passo svelto e si interruppe di colpo sulla soglia del soggiorno.
“Sherlock” disse.
Il detective scivolò elegantamente di lato e gli lanciò uno sguardo di sbieco oltre la propria spalla, una mano piegata ad arco di fronte a sé e l’altra levata in alto.
“In carne e ossa, John” replicò.
John batté le palpebre. Attese qualche secondo, sperando forse che l’immagine di Sherlock piroettante per la stanza svanisse come un qualche scherzo della sua fantasia, che so, il frutto malato del nervosismo pre-matrimoniale comune ad ogni sposo di questo mondo.
Ma Sherlock si limitò a contare sottovoce “un due tre, un due tre, un due tre”, ignorandolo come se fosse stato una mosca sul vetro della finestra. La sua espressione era seria e concentratissima.
John fissò le casse a cui Sherlock aveva collegato il suo iPod e batté di nuovo le palpebre. Poi, sentendosi stupido, disse: “Ti sei registrato mentre suonavi?”
“Un’altra brillante deduzione, John. Sei in forma smagliante oggi.” John trattenne il respiro quando lui spiccò un balzo aggraziato e atterrò in perfetta prima posizione sull’altro lato del tappeto. “Comincerai a rubarmi il lavoro.”
“Cosa diamine stai facendo?”
“Bricolage.”
“No, davvero, Sherlock, quei cerotti alla nicotina stanno cominciando a mostrare effetti collaterali.”
Il detective smise di volteggiare come una libellula e lasciò cadere le braccia lungo i fianchi con uno sbuffo.
“In questo momento non dovresti essere raggomitolato in qualche angolo buio a soffrire l’ansia da prestazione?” disse stizzito.
John alzò le spalle.
“Sono stato in guerra. Ho la pelle dura.”
“Mh” fu la neutra risposta. “Beh, vai a fare l’uomo tutto d’un pezzo da un’altra parte” proseguì Sherlock scacciandolo con un gesto della mano. “Non ho ancora finito di comporre – e oltretutto avrebbe dovuto essere una sorpresa.”
“Io odio le sorprese” rispose John. “Le tue soprattutto” disse poi, a voce più bassa.
Sherlock gli lanciò uno sguardo fra il sorpreso e il turbato. John fece un sorriso nervoso.
“Scusa” mormorò guardandosi i piedi. “E’ l’ansia da prestazione che parla.”
“No, no” disse Sherlock in tono distratto, come in trance. “E’ comprensibile.” Si schiarì la voce. “Allora, immagino, già che sei qui…” Indicò l’iPod con un pallido dito indice. “Che ne pensi?”
“E’ bellissima” rispose pronto John, e lo pensava davvero. “Mary la adorerà.”
Sherlock sorrise, genuinamente soddisfatto.
“Bene! Bene.” Si chinò per prendere qualche appunto sullo spartito che teneva sul tavolo. “Un ultimo tocco finale e sarà pronta.”
John sospirò. Sherlock si voltò di scatto.
“Cosa c’è?”
“Sarà terribile” disse il dottore con aria tetra. Sherlock assunse un’aria indispettita.
“Ma se hai appena detto che-”
“No, io sarò terribile” lo interruppe John con un altro sospiro. “Faccio fatica a ballare i lenti, figuriamoci un valzer. Mi coprirò di ridicolo. Nessuno riuscirà più a guardarmi in faccia senza ridere – nemmeno mia moglie.”
Sherlock gli lanciò un’occhiata calcolatrice.
“Scemenze” disse poi, facendogli gesto di avvicinarsi. “Lo schema dei passi è a dir poco banale.”
John scosse la testa.
“No, davvero, Sherlock. Sono una causa persa. Credimi.”
“Persino Mycroft riesce a non inciampare nei propri piedi. E non vede al di là della sua pancia.” Gli fece nuovamente gesto di venirgli vicino. “Non si tirerà mica indietro di fronte al pericolo, capitano.”
John guardò il suo sorrisetto provocatorio per alcuni secondi, dopodiché attraversò il salotto in due falcate e gli si piantò davanti con aria caparbia.
“Almeno potrò dire che la responsabilità è tua.”
“Questo è lo spirito giusto” disse il detective.
 
*
 
“Piede sinistro avanti, riunisci, piede destro a lato, riunisci, piede-”
“Maledizione-”
“E’ un quadrato, John, per l’amor di Dio. Ti sembra un quadrato quello? Hai qualche vaga nozione di geometria?”
“Da capo, fammelo fare da capo.”
“Ti ricordo che ti sposi questo pomeriggio.”
“Sì, sì, grazie, non mi era certo sfuggito di mente.”
“Riproviamo con la musica. Sciogli un po’ le gambe. I movimenti devono essere fludi.”
“D’accordo.”
“E più su quel braccio. La mano deve poggiare fra le scapole o, se proprio non riesci a trattenerti, all’altezza della vita. Tassativamente non più in basso di così.”
“Non toccherò il culo di mia moglie davanti a tutti, Sherlock. Se è questo che ti preoccupa.”
“Ti sto solo dicendo qual è la posizione corretta.”
“No, tu te la stai godendo un mondo a bacchettarmi. Di’ la verità.”
“Mmmsì, non mi dispiace. Dio mio, John. Con la coordinazione degli arti che ti ritrovi mi stupisco che tu riesca a camminare in linea retta.”
“L’insegnamento non è mai stata la tua strada.”
“Che gran perdita per il sistema scolastico inglese.”
 
*
 
Sherlock osservò John muoversi con relativa sicurezza davanti a lui, annuendo di tanto in tanto.
“Non guardarti i piedi.”
Il mento di John scattò in alto. Sherlock sorrise.
“Bene così. Non rischi più di far crepare dalle risate le damigelle. Sei fuori pericolo.”
Detesto ballare” fu il mugugno di risposta.
“Io invece lo adoro.”
John si interruppe di colpo per lanciargli uno sguardo sbalordito.
“Come, prego?”
“Lavati le orecchie, John, o rischi di dire “lo voglio” fuori tempo. Ho detto che adoro ballare.”
Sherlock aveva l’aria più naturale del mondo. Come se avesse appena riconfermato che andava pazzo per i serial killer.
John boccheggiò senza sapere cosa rispondere.
“Qualche problema?” lo stuzzicò il detective, facendogli segno di ricominciare ad esercitarsi. John deglutì rumorosamente e rimise le braccia in posizione.
“No, no. Figurati.” Riprese a contare mentalmente, cercando di concentrarsi sul ritmo. “Si vede. Sei bravo, sei… Non sembri un robot come me.”
“Non ci vuole molto.”
“Vaffanculo” disse John con un sorriso. Con la coda dell’occhio vide che Sherlock stava sorridendo a sua volta. Uno dei suoi piccoli sorrisi sinceri.
“Bene” disse poi il detective quando John completò tre giri della stanza senza sbagliare nemmeno una volta. “Direi che sei… accettabile. Almeno per le persone che ti amano, e che sapranno vedere oltre tutti quei passi falsi.” Si avviò verso la porta. “Chiederò alla signora Hudson di essere la tua cavia. Quella donna ha i piedi di velluto.”
“La signora Hudson sta aiutando Mary e le damigelle con i capelli” disse John lasciandosi cadere sulla poltrona con sospiro di sollievo. “Non c’è da stamattina.”
Sherlock si voltò verso di lui.
“Oh” disse. “Come non detto.” Una pausa. “Te la caverai egregiamente, John. Non preoccuparti più del dovuto.”
Sherlock teneva gli occhi fissi a terra. John lo guardò tutto, dai capelli per una volta pettinati con ordine alla sua nuova vestaglia beige.
“Falla tu” disse senza nemmeno accorgersene.
Sherlock alzò un sopracciglio interrogativo.
“Prego?”
John prese un lungo respiro per farsi coraggio.
“Falla tu. La mia cavia, intendo.” Gesticolò con entrambi le mani. “Ne ho… bisogno. Conosco solo la teoria, in fondo. Non ho la minima idea di cosa voglia dire farlo per bene con un’altra persona.”
“Impari in fretta, John, vedrai che sarà un gioco da ragazzi” replicò svelto Sherlock, tornando a prendere appunti sul proprio spartito.
John fissò le sottili linee di tensione che si erano formate attorno alle sue labbra. Sentì il proprio cuore stringersi, pulsare dolorosamente. Ordinargli di fermarsi subito. Di non parlare oltre.
“Per favore, Sherlock.”
Vide le sue spalle alzarsi sotto il peso di un grande sospiro. Quando riposò il suo sguardo su di lui, i suoi occhi erano freddi, indecifrabili, ogni traccia dell’aria affettuosa di prima scomparsa.
“Come desideri, John” disse in tono piatto.
Dopodiché gli tese una mano.
John la strinse dopo una minuscola esitazione e si lasciò tirare in piedi. In un momento furono vicini, così vicini da sentire l’odore della pelle dell’altro, il nervosismo che li tendeva entrambi come due archi gemelli.
“Conduco io al primo giro” mormorò Sherlock sul suo viso. John annuì. “Così ti faccio vedere come si guida. Se Mary ha un minimo di spirito d’adattamento, il gioco è fatto.”
Si sporse per far ripartire la musica, dopodiché si posizionò davanti a lui con la stessa maschera d’illeggibile controllo sul viso. John si avvicinò di un passo e gli pose una mano sulla spalla; sentì una delle sue, più grandi e affusolate, poggiarsi in mezzo alle sue scapole. Leggera. Quasi impercepibile.
Seguì con lo sguardo l’altra sua mano afferrare la sua destra e portarla a lato delle loro teste.
“Seguimi” disse Sherlock dopo un secondo di silenzio quasi insopportabile.
Sempre, pensò John con un nodo di emozione in gola. Poi lo avvertì muoversi e tutto diventò facile.
Sherlock guardava fisso oltre la sua testa, gli occhi puntati sul muro alle loro spalle, lo sguardo vagamente assente che corrispondeva al massimo della sua concentrazione. A causa della differenza d’altezza John fu costretto a concentrarsi sul suo pomo d’Adamo, che si muoveva irrequieto su e giù per quel collo lungo e bianco. I loro vestiti si sfioravano ad ogni giro con un fruscìo attutito - l’unico suono percepibile sopra la musica.
John rise d’istinto, felice, la testa che gli girava piacevolmente.
“Pazzesco, ci stiamo riuscendo” disse con gli occhi che brillavano. “Allora non sono una causa persa.”
Sherlock non disse nulla. Poi sbottò, con una vena di durezza: “Non guardarti i piedi, John!”
John rialzò la testa di scatto. Il viso di Sherlock era a un soffio da suo. Sembrava terribilmente arrabbiato.
“Scusa, io-”
“Bene, ora fai tu l’uomo” fu la secca risposta del detective. In un attimo si era allontanato con un movimento brusco per far ripartire la musica. John lo guardò sperduto.
“Sherlock-”
“Ovviamente è tutto poco credibile, sono molto più alto di te e per nulla simile a Mary. Non penso che ti sarà di nessun aiuto.”
John lo fissò in silenzio, senza parole di fronte a quel improvviso momento di aggressività.
Sherlock increspò le labbra e afferrò la sua mano destra con più slancio di quanto sarebbe stato necessario. I suoi occhi erano a metà fra il furioso e il supplicante: era come se lo stesse implorando di smetterla, di dargli qualsiasi pretesto per fermarsi e uscirne con l’orgoglio intatto.
John gli poggiò una mano in mezzo alle scapole e lo attirò vicino, testardo. Spostò il piede sinistro avanti e inciampò nei suoi – non seguiva più la musica, non ci prestava più nessuna attenzione. Sherlock digrignò i denti.
“Non così, stupido” sibilò con rabbia. “Non sei in grado di fare una singola cosa giusta, maledizione a te. Rovini tutto-”
John aveva lasciato la sua mano e aveva conficcato le dita nella stoffa della sua vestaglia, frustrato, intossicato dalla sua vicinanza, dimentico di tutto e di tutti. Non ballavano più – si limitavano a barcollare sul posto come due ubriachi, fissandosi con odio.
“E allora come?” sussurrò John con le lacrime agli occhi, scuotendolo per le spalle. “E allora come-
Sherlock si lasciò sfuggire un gemito e si avventò sulle sue labbra, stringendolo fino a fargli male, togliendogli l’aria dai polmoni. John lo baciò alla cieca, sulla bocca, sulle guance, sul collo, sentendosi vigliacco ed egoista. Desiderando di tenerselo vicino, impossibilmente vicino, dentro di sé, in modo da non poterlo mai perdere di vista - pregando di averlo sempre al suo fianco, di averlo e basta, come un arto aggiuntivo, anche se sposava un’altra persona.
“Cosa vuoi di più da me? Mh?” sibilò Sherlock con le labbra nei suoi capelli, gli occhi lucidi di rabbia come un animale in trappola. “Ho cercato di andare d’accordo con Mary, ho accettato di farti da testimone… Ti ho composto un valzer che ballerai con un’altra persona davanti a me - metterò una schifosa cravatta per tenere un discorso su quanto tu sia straordinario e insostituibile davanti a tutti, solo per doverti poi lasciare andare e accontentarmi dei ritagli di tempo che mi elemosinerai da oggi in avanti-”
John lo allontanò con una spinta e si prese il volto fra le mani, respirando forte. Sherlock continuava a parlare con voce rotta, pallido e stravolto.
“Cosa vuoi ancora che io faccia? Oltre a giurarti che ci sarò sempre, che ti proteggerò sempre, che spererò per sempre che tu cambierai idea e ritornerai da me?”
“Ti sei mai chiesto  se sia possibile amare due persone allo stesso tempo?” balbettò John con le mani ancora fra i capelli, evitando il suo sguardo.
Sherlock emise uno sbuffo incredulo.
“Ero convinto di non essere capace di amarne nemmeno una. E guarda com’è finita. Non farmi domande stupide!” mormorò con gelido disprezzo.
“Tu non c’eri” disse John spingendo il mento in avanti, tentando disperatamente di far valere le proprie ragioni. “Tu non c’eri e Mary si è presa cura di me- la adoro per questo-”
“Oh, non ne dubito” ribatté Sherlock con una risata amara. “Nessuno te ne fa una colpa. Nemmeno io. Ma mi aspettavo che una persona che una volta ha dubitato del fatto che io fossi umano non mi chiedesse cose sovrumane.” Gli lanciò uno sguardo ferito. “Non riesco a sopportare tutto questo amore reciproco, questa continua euforia demenziale, quando la cosa che vorrei di più è chiuderti qua dentro e costringerti a restare con me. Mi sta facendo impazzire!” gridò sbattendo un pugno sul tavolo.
John lo guardò riprendere fiato in silenzio, pietrificato sul posto.
“Almeno rispettalo, questo” concluse Sherlock in un mormorio faticoso. “Rispetta quello che sono. Se davvero mi consideri il tuo migliore amico, non chiedermi di fare cose il cui ricordo mi distruggerà quando tu non ci sarai più. Io ho accettato lo status quo; mi aspetto che tu faccia lo stesso.” Gli voltò le spalle. “E ora vai. Devo finire questa… Questa…”
John gli si avvicinò d’un passo, pieno di dispiacere e vergogna.
“Sherlock.”
“Ci vediamo dopo” fu la secca risposta.
Il detective ascoltò i suoi passi farsi sempre più lontani sulle scale. Poi riaccese la musica con mani tremanti e la alzò al massimo.
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice: dunque, è sia una what if – se fosse entrato John al posto della signora Hudson, mentre Sherlock provava il valzer? – sia la mia personale reazione a caldo nei confronti di TSO3, che paradossalmente nel complesso mi è pure piaciuto; ma ho trovato che pining!Sherlock meritasse un attimino di sfogo e un pochino di gravitas emotiva in più. E così eccoci qua. Perché volemose tutti bbbene fino a un certo punto, qua c’è una ship da mandare avanti.  Insomma, ogni scusa è buona per scrivere angst, as usual.
Spero che vi sia piaciuta <3
 
 
 
 
   
 
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