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Autore: 1rebeccam    06/01/2014    19 recensioni
ULTIMO CAPITOLO scrisse all’inizio del foglio di word a lettere maiuscole, mosse il mouse e puntò il cursore sull’icona ‘centra’.
La scritta troneggiò al centro superiore del foglio virtuale.
Si sistemò per bene sulla poltrona di pelle e, sospirando, cominciò la fine del suo racconto.
Genere: Angst, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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Capitolo 14
 
 

In meno di cinque minuti il capitano Gates contatta Kate alla radio mobile, dandole le coordinate del luogo in cui il cellulare di Castle è stato localizzato. Essendo partita a razzo e senza una meta ben precisa, inchioda di colpo facendo inversione ad U per tornare indietro, visto che la zona intercettata si trova dalla parte opposta a quella presa da lei.
-E’ una zona fuori città, il GPS manda il segnale da un piccolo parco giochi che in inverno resta chiuso, perciò probabilmente deserto. Ryan ed Esposito stanno andando sul posto insieme ad un paio di pattuglie. Ho anche allertato un’ambulanza nel caso ce ne fosse bisogno.-
Le ultime parole della Gates la raggiungono come un pugno allo stomaco.
No, non può essere… non può succedere…
Scuote la testa energicamente, mantenendo gli occhi fissi sulla strada, persa nelle immagini di orrore che le passano nella mente e che non le permettono di essere lucida al cento per cento, rendendo infiniti quei pochi chilometri che la separano da Rick.
‘Lui non può rispondere detective… non più…’ No… no… maledizione!
Batte il palmo della mano contro il volante e cerca di ricacciare indietro le lacrime che sente bruciare negli occhi.
L’insegna colorata del parco giochi si staglia davanti a lei giocosa.
La faccia di un clown con un enorme naso rosso, sembra prendersi gioco di lei e della sua paura, mentre il cuore le martella nel petto.
Non può essere… non di nuovo…
Mentre la voce del capitano continua a darle indicazioni attraverso la radio, ed il viso sorridente di Castle la guarda dal display del telefono ancora in linea, intravede il colore giallo acceso di un taxi fermo nella piazzola di sosta deserta, proprio alle spalle della faccia del clown.
Ferma l’auto al di là della recinzione, apre lo sportello e quando scende il freddo gelido, regalo della nevicata della notte precedente, la travolge in tutto il suo essere.
Istintivamente incrocia le braccia per proteggersi, ma sa bene che il freddo non è dovuto al fatto che non ha indosso il cappotto. Guarda fisso verso il taxi sul quale sembra non ci sia nessuno e sussulta per un brivido.
Non di nuovo… ti prego… non di nuovo…
L’unica cosa che la sua mente riesce a pensare è quella frase sconnessa, rivolta a nessuno in particolare.
Prende la pistola dalla fondina e corre verso il taxi.
Si guarda intorno puntando l’arma davanti a sè e controlla dentro l’auto senza aprire gli sportelli.
Intorno a lei non c’è niente e nessuno.
Vicino alla ruota posteriore sinistra nota qualcosa. Si china a prendere il cellulare di Rick e chiude gli occhi deglutendo, mentre sente in lontananza le sirene delle auto di rinforzo.
Si alza stringendo il cellulare in una mano e la pistola nell’altra e si avvicina al retro del taxi.
Il portabagagli è sollevato di qualche centimetro e sulla parte destra, una piccola scia di sangue disegna una riga sottile, che finisce sul paraurti.
Le sirene sempre più vicine contrastano con il silenzio assordante di quel posto che, senza le risate dei bambini sulle giostre colorate e piene di musica, sembra davvero spettrale.
Guarda quella piccola scia rossa e il gelo che si fa strada nelle sue vene, non le permette di respirare e di muoversi.
No… ti prego… no…
Sarebbe così semplice sollevare il braccio e aprire del tutto il portabagagli, eppure non riesce a muoversi. Rimette la pistola nella fondina e cerca di farsi coraggio respirando profondamente.
Il suono delle sirene è a qualche passo da lei.
Solleva il braccio e si rende conto di stare tremando. Tutto il suo corpo trema, dalla testa ai piedi. Chiude ancora gli occhi,  cercando di allontanare dalla sua mente l’immagine del corpo di Castle completamente ricoperto di sangue e apre il portabagagli con un colpo secco.
Castle è riverso all’interno in posizione fetale. Il viso pallido è ricoperto di sangue. Kate spalanca gli occhi e si porta la mano alla bocca. Cerca di trattenere un urlo, mentre sente le auto dei colleghi frenare dietro di lei.
No… no… non può essere… no…
Il cervello le dice che dovrebbe allungare la mano e sentire i battiti, ma il cuore le impedisce di muoversi. Il pensiero di toccarlo, sentirlo freddo, non percepire nessuna pulsazione, le fa venire le vertigini. E’ costretta ancora una volta a chiudere gli occhi ed inspirare forte, per poi lasciare andare l’aria, che provoca un fumetto per il freddo davanti a lei.
A qualche metro di distanza sente le voci che la chiamano.
Meccanicamente solleva la mano e poggia le dita sul collo di Rick.
E’ un instante, un istante soltanto in cui chiude per l’ennesima volta gli occhi e sente il calore di una lacrima rigarle il viso, mentre sotto i polpastrelli sente il flebile fluire della vita nelle vene di Rick.
Non riesce a trattenere un singhiozzo, mentre si china completamente su di lui, mettendogli le mani sul viso.
Le voci concitate dietro di lei diventano chiare, sente Ryan gridare ai colleghi di setacciare la zona con attenzione e armi alla  mano, mentre si avvicina di corsa verso di lei insieme ad Esposito.
-E’ vivo…-
Riesce a sussurrare ed Esposito la prende per la spalla e delicatamente la fa spostare, in modo che lui e Ryan possano sollevare Castle e adagiarlo sul terreno.
-L’ambulanza sta arrivando.-
Cerca di rassicurarla il collega e lei annuisce.
Ryan avvolge Castle nella coperta che ha preso dal bagagliaio della loro auto e resta immobile a guardare Beckett, che continua a tremare mentre si china su di lui e gli accarezza il viso.
-Castle! Apri gli occhi… svegliati ti prego…-
Vorrebbe riuscire a gridare, ma il suo è solo un sussurro che riesce a farle trattenere le lacrime.
Esposito si china davanti a lei e con un fazzoletto pulisce il sangue dal viso dell’amico. Lo guardano attentamente e si rendono conto che ha solo un taglio sotto l’attaccatura dei capelli. Kate prende una manciata di neve nella mano e la strofina sulla ferita per cercare di fermare quel piccolo rivolo di sangue che l’ha terrorizzata. Rick sussulta al tocco gelido della neve sulla pelle e con difficoltà cerca di aprire gli occhi.
-Rick… sono qui con te Rick… va tutto bene…-
Continua a bagnargli il viso con la neve che si scioglie al tocco della mano contro la sua pelle.
-Non… ri… riesco a muo… muovermi…-
Balbetta, stropicciando gli occhi per cercare di aprirli, cosa che gli riesce assolutamente difficile. Kate sbottona un paio di bottoni della camicia e gli scosta il colletto, notando un puntino arrossato alla base del collo.
-Lo ha drogato, come ha fatto con le altre vittime.-
Dice alzando lo sguardo sui colleghi che annuiscono.
-Grazie al cielo però lui è ancora vivo!-
Esclama Ryan e lei sente l’ennesimo brivido lungo la schiena. Serra la mascella e corruccia la fronte.
-Non è un caso che sia ancora vivo… non ha voluto ucciderlo! Vuole farmi sapere che può arrivare a noi quando vuole, per questo lo ha lasciato in vita.-
-Ho… ho frr… freddo…-
Sussurra Rick chiudendo ancora gli occhi. Il corpo scosso da un brivido sussulta tra le braccia di Kate, che lo solleva addosso a sé per cercare di scaldarlo, mentre l’ambulanza si ferma ad un paio di metri da loro.
-Tranquillo Castle… è tutto finito… ora ti portiamo in ospedale…-

 
Quattro agenti setacciavano la zona, armi in pugno, viso tirato, giubbotto anti proiettile indosso.
Giravano in lungo e in largo.
All’esterno, intorno al taxi abbandonato, controllando lo spiazzo d’entrata del parco giochi.
All’interno, intorno alle giostre e i punti di divertimento e ritrovo chiusi per la stagione invernale.
La neve ricopriva di un paio di centimetri l’asfalto ed era piena di orme che andavano in ogni direzione, i loro scarponi provocavano un rumore sordo tutto intorno, sembravano marionette che si muovevano sotto fila manovrate da mani invisibili.
Cercavano indizi, orme, passi… avevano la speranza di trovarlo ancora nei dintorni, mentre era intento a nascondersi per scappare in un secondo momento.
Ma non avrebbero trovato nessun indizio, nessuno che lui avesse già messo in conto.
Aveva appena conservato la sua vecchia polaroid nello zaino, li guardava dall’alto scuotendo la testa, divertito dalla fatica che stavano facendo, quando bastava solo sollevare lo sguardo…
Lui voleva godersi la scena, voleva godere della sua paura, voleva vedere il terrore nei suoi occhi.
Si era allontanato dal taxi con calma, lasciando impronte di passi per tutto il circondario.
Aveva corso per tutto il parco, proprio come facevano adesso gli agenti per cercarlo, seguendo le orme, che però si confondevano in ogni direzione.
Alla fine era salito sul tetto dell’edificio principale e si era nascosto tra le transenne e i tralicci elettrici che tenevano in piedi l’insegna del parco.
La faccia colorata del clown lo aveva nascosto per bene, nessuno aveva pensato di cercarlo lì, proprio ad un passo da loro e soprattutto con una visuale così nitida.
Lei era arrivata qualche minuto dopo, di corsa, trafelata, spaventata, ma quando aveva visto il taxi era rimasta gelata accanto allo sportello aperto della sua auto.
Il sangue con cui si era macchiata la parte esterna del portabagagli, quando ci aveva buttato dentro lo scrittore, l’aveva bloccata.
Sorrise ripensando al suo sguardo. I suoi occhi erano sbarrati.
Seguiva il movimento ritmico del suo petto; anche da lontano riusciva a vedere che la sua cassa toracica si muoveva frenetica cercando di prendere fiato.
Ad un tratto quel movimento si era fermato.
Aveva visto il portabagagli semi aperto e il sangue che colava giù fino al paraurti e aveva smesso di respirare di colpo.
Sentiva in lontananza le sirene delle auto della polizia, i colleghi l’avrebbero raggiunta a momenti e lei non riusciva a fare un passo in più verso la macchina.
La vide chiudere gli occhi, deglutire e farsi coraggio per aprire del tutto il portabagagli.
L’aveva immortalata in ogni istante.
Ogni momento di quei pochi minuti doveva diventare eterno.
Tutto cominciava a ripagarlo della sua sofferenza.
Non si perse nemmeno il momento in cui lei gli aveva tastato il collo, rendendosi conto che era ancora vivo…
 

-Lei resti qui…-
Nonostante le parole fossero arrivate alle orecchie, il cervello non era riuscito a percepirle e lei aveva continuato a correre oltre la porta seguendo la barella, fino a quando una mano sconosciuta l’aveva spinta all’indietro e, proprio al di là della porta, aveva ribadito la frase con più enfasi.
-Lei – deve – restare – qui!-
Le due metà della porta cominciarono a dondolare in maniera frenetica e lei rimase immobile a fissarle, fino a quando smisero di scontrarsi l’un l’altra nella loro strana danza.
Incrociò le braccia alle spalle come a volersi proteggere da quel freddo che sentiva dentro le vene, lo stesso freddo che aveva fatto tremare Castle durante il tragitto in ambulanza.
Tremava, nonostante la flebo di soluzione salina riscaldata che gli entrava in circolo e la coperta termica in cui lo aveva avvolto il medico.
Kate lo aveva informato che era stato drogato, pobabilmente con dello Zolpidem e lui aveva immediatamente allertato l’ospedale, perché fossero pronti con la cura disintossicante.
Dopo qualche attimo di parole sconnesse tra i denti, che continuavano a battere tra loro per il freddo, era svenuto senza riprendere più conoscenza.
I battiti erano lenti, le pupille apparivano dilatate ma, a detta del medico, era il normale effetto della droga e del freddo.
La ferita alla testa non era da sottovalutare. Nonostante il taglio fosse piccolo, il colpo era stato forte e continuava ancora ad intravedersi del sangue attraverso la medicazione frettolosa che gli era stata applicata.
Le sue mani erano gelate, non riusciva a scaldargli nemmeno quella che teneva stretta tra le sue.
Anche il viso era gelato.
Era stato dentro quel taxi con il freddo gelido addosso, per una ventina di minuti circa prima che lei arrivasse, il medico le aveva detto che era del tutto normale che avesse un inizio d’ipotermia, soprattutto perché l’azione della droga lo aveva immobilizzato e questo aveva provocato un rallentamento delle funzioni vitali.
Ancora immobile davanti alla porta della sala del pronto soccorso, continuava a pensare a quella mano gelida dentro la sua, senza riuscire a spostarsi di un solo passo.
Inconsciamente aveva sciolto la stretta da se stessa e sollevato il braccio per guardare l’ora, come se fare la conta dei minuti che ci avrebbe messo un medico ad apparire da quella porta per darle notizie, fosse vitale come sapere che Rick era salvo.
I suoi occhi inquadrarono soltanto un polso vuoto.
Niente lancette. Niente ore. Niente minuti.
Li chiuse davanti a quell’assenza di tempo ed un tremore improvviso s’impossessò delle sue viscere, ricordandole quello strano ed insensato presentimento che l’infrangersi sul pavimento del suo orologio, le aveva provocato un paio di giorni prima: perdere ancora qualcosa, o peggio, qualcuno d’importante.
Non riusciva a smettere di tremare, proprio come Rick, con la sola differenza che lei non aveva freddo.
Questo non doveva accadere…
Non avrebbero mai dovuto arrivare al punto di essere in pericolo entrambi.
Il killer ce l’aveva con lei.
Per qualche motivo ancora sconosciuto, lui voleva lei.
I segnali c’erano stati.
I messaggi sul corpo delle vittime erano chiari e lei non avrebbe dovuto lasciarsi confondere, avrebbe dovuto capire e dare  retta al suo istinto e, soprattutto all’istinto di Castle…
 
Qualcosa di caldo sulle spalle la riporta alla realtà: immobile davanti a quella porta che non accenna ad aprirsi.
Si guarda addosso il cappotto che la avvolge e gira lo sguardo alla sua destra, incontrando gli occhi preoccupati di Ryan, offuscati dal vapore intenso che esce dal bicchiere che ha tra le mani.
-Bevi, ti aiuterà a scaldarti.-
Le dice mettendolo tra le sue ancora tremanti, mentre le sistema meglio il cappotto che le ha messo sulle spalle, per darle un po’ di tepore.
-Fuori siamo sottozero, come hai potuto dimenticare il cappotto, benedetta ragazza!-
Esclama, riuscendo a strapparle mezzo sorriso con il suo fare corrucciato di un padre apprensivo.
-Sono uscita così in fretta che non ci ho pensato.-
Lui annuisce e poggia le mani su quelle di Kate, spingendole verso la sua bocca per spronarla a bere la bevanda calda, cosa che lei fa. Appoggia le labbra al coperchio del bicchiere e quando manda giù il liquido, fa una smorfia diretta al collega, che solleva le spalle.
-E’ camomilla calda… in questo momento quello che non ti serve è della caffeina.-
La spinge a berne un altro sorso sorridendo.
-Fidati Beckett… non ti ucciderà, è innocua!-
Lei porta di nuovo il bicchiere alle labbra, senza togliere lo sguardo dall’azzurro intenso degli occhi di Ryan. E’ preoccupato anche lui, si capisce da come li tiene spalancati, nonostante cerchi di non darlo a vedere.
-Restare impalata qui a guardare la porta, non servirà a niente. Vieni a sederti e cerca di riscaldarti.-
Le mette il braccio attorno alle spalle e si siedono sulle sedie in fila a ridosso del muro della corsia del pronto soccorso.
Restano in silenzio, mentre Beckett beve ancora un sorso di camomilla con lo sguardo perso sul muro bianco di fronte a loro.
-Dov’è Esposito?-
Gli chiede qualche minuto dopo, poggiando il bicchiere sulla sedia vuota accanto a lei.
-Al telefono con i colleghi che sono ancora a lavoro a casa della Hollsen.-
Fa una pausa e finalmente si volta a guardarla.
-Il capitano Gates ci ha spiegato per sommi capi come avete capito che Castle era in pericolo e che…-
-…e che io sono la donna zero!-
Sussurra lei e il collega annuisce senza toglierle gli occhi di dosso.
-Ci ha detto anche che tu e Castle, nei giorni scorsi, avete pensato che potesse essere così, ma non avete detto nulla…-
Lascia la frase in sospeso, cercando di soppesare le parole, in modo da non farsi prendere dalla rabbia.
-Perché!?-
Chiede alla fine sospirando, tornando a guardare il muro candido di fronte a lui.
-Ryan, hai trovato degli indizi precisi che riconducessero a me, oltre la somiglianza fisica?-
La sua domanda è carica di tensione, la pone battendo le mani sulle ginocchia, come esasperata da tutto quello che sta succedendo. Ryan scuote la testa e si alza di scatto, facendola sussultare.
-Kate… per l’amor del cielo! Indizi, prove… beh, adesso ci sono. C’è un intero capitolo che parla della detective e del suo partner e del modo in cui questo pazzo assassino, che ti conosce meglio di noi, vuole vendetta. Avresti dovuto metterci al corrente, anche se erano solo sensazioni. Lo sai che l’istinto è tutto nel nostro lavoro!-
Dice tutto d’un fiato, gesticolando e facendo avanti e indietro davanti a lei che lo guarda ammutolita. Dopo qualche secondo di silenzio, si passa le mani tra i capelli e torna a sedersi accanto a lei.
-Scusami Beckett…-
Inizia a dire, ma lei lo ferma con un cenno della mano.
-Non scusarti, hai ragione. Avrei dovuto parlarvene, anche se sembrava una cosa campata in aria.-
Ryan sta per rispondere, ma vengono interrotti dal capitano Gates che arriva verso di loro, trafelata.
-Notizie del signor Castle?-
Kate scuote la testa, stringendosi nel cappotto di Ryan.
-No signore. Ancora niente!-
Risponde cercando di mantenere la calma davanti al suo capitano, che sospira stringendo le labbra.
-Vedrai che si riprenderà presto… ha voluto che lo ritrovassi vivo, sennò non ti avrebbe avvertita!-
Il cuore di Kate si spezza per l’ennesima volta in quella mattinata, perché sa che le sue parole sono vere; se solo avesse voluto, avrebbe ritrovato Castle cadavere.
-Ho fatto in modo di contenere la stampa. Non ho potuto evitare che sapessero dell’aggressione, ma non sanno chi è la vittima… e non lo sapranno, almeno per il momento.-
-Grazie Capitano!-
-Non voglio altra pubblicità su questo caso… era il minimo visto quello che sta succedendo. Ho anche messo due squadre  a lavoro sui vostri file. Voglio che controllino tutti i casi di cui ti sei occupata con la squadra e in cui ha partecipato attivamente anche il signor Castle.-
Ryan scuote la testa perplesso.
-Saranno almeno un centinaio e bene o male Castle ha sempre partecipato attivamente. Non sarà una cosa facile capitano.-
-Lo so, per questo li ho già messi a lavoro. Ho chiesto loro di alleggerire la lista eliminando i sospetti che sono in prigione o meglio ancora, che sono passati a miglior vita, così appena torniamo in ufficio ci mettiamo subito all’opera. Hai già qualche idea detective? Spero non sia così difficile capire chi è il simpaticone!-
Beckett la guarda i silenzio. In quel momento non riesce a capire niente, non riesce a concentrarsi su niente. Riporta lo sguardo verso la porta che non accenna nessun movimento, restando immobile ad ascoltare il suo capitano che, senza essere vista da lei, sorride scuotendo la testa.
-Ma a questo penseremo quando torneremo in ufficio.-
Esposito li raggiunge, pronto a metterli al corrente delle novità, ma non riesce a parlare, perché Kate improvvisamente si alza, poggia sulla sedia il cappotto che le ha dato Ryan, spinta da un bisogno irrefrenabile di appoggiare le mani alla porta che l’ha divisa da Rick, seguita dallo sguardo stranito dei colleghi. Qualche secondo dopo la porta ricomincia la sua danza facendola sussultare.
Un uomo in camice bianco la guarda sorpreso di trovarsela davanti all’improvviso, per poi sorridere benevolo.
-Lei è il detective Beckett?-
Kate annuisce stupita e il dottore le porge la mano.
-Non si stupisca se so il suo nome, da quando ha ripreso conoscenza il signor Castle non ha fatto altro che parlare, in modo un po’ sconnesso direi, del fatto che dovevo sbrigarmi a fargli avere notizie del detective Beckett.-
Le stringe la mano continuando a sorridere.
-Sono il dottor Benjamin Travis.-
Finisce mentre lei corruccia la fronte.
-Non capisco, è lui il ferito, cosa significa che vuole avere mie notizie?-
Il medico solleva le spalle pensieroso.
-E’ preoccupato per lei, dice che il suo aggressore vuole ucciderla…-
I colleghi poco dietro di lei sorridono, mentre lei scuote la testa.
-Lui come sta?-
-E’ ancora un po’ intontito e anche intorpidito nei movimenti, risentirà dell’effetto della droga ancora per qualche ora, ma una bella dormita lo rimetterà in sesto. Per quanto riguarda il colpo alla testa, la radiografia non ha evidenziato nessun trauma, solo quattro punti per ricucire il taglio ed un bel livido di contorno.-
Guarda il resto dei presenti e nota i loro volti ancora preoccupati, così continua.
-In linea di massima sta bene, ha solo bisogno di riposo, anche se continua a dire che rivuole assolutamente i suoi pantaloni.-
Kate corruccia la fronte e il dottore fa la faccia seria.
-Dice che sarà fuori da qui entro mezz’ora, con o senza i pantaloni. Non ha capito bene che deve restare sotto osservazione fino a domani.-
Il capitano annuisce e si avvicina.
-Questo è un altro segno che sta bene, il signor Castle è famoso per essere duro di comprendonio.-
-Sarà… ma non deve lasciare l’ospedale, almeno per oggi. Andate pure da lui, così si tranquillizza, per quanto abbia cercato di scherzare, è molto provato dall’aggressione che ha subito.  Seconda porta sulla sinistra, io vado a completare la cartella clinica. A dopo.-
 
 
…Si ritrovò a sorridere, notando il sollievo che la detective aveva provato nel sentire il suo battito tastando l’arteria carotidea, sollievo che di lì a poco si sarebbe trasformato in disperazione e rabbia.
Sigillò la siringa dentro una bustina di plastica, osservandola per qualche istante prima di metterla nello zaino e farne sparire le tracce.
Strinse nella mano la boccettina con il liquido azzurro che lo aveva accompagnato quella mattina nell’inizio della sua rinascita e respirò a pieni polmoni. L’aria gelida entrò dalle narici in maniera violenta, facendogli bruciare la gola e il petto.
Riportò lo sguardo sulla detective, i colleghi erano arrivati e stavano soccorrendo lo scrittore.
Lei era ancora spaventata, ma sembrava avesse ripreso un po’ di colore sulle guance, segno che si era tranquillizzata sulla salute del suo uomo.
Respirò ancora, buttando fuori l’aria con una risata silenziosa.
Guardò l’orologio.
-Ore 9,20.-
Disse tra sé, spingendo la corona che azionava il cronometro.
-Comincia il conto alla rovescia…-
Sussurrò appena fissandole gli occhi addosso.
Riaprì la mano e un luccichio negli occhi fece brillare ancora di più quel liquido trasparente.
L’ambulanza aveva azionato la sirena ed era ripartita verso l’ospedale più vicino.
I poliziotti in divisa avrebbero setacciato i dintorni ancora per un bel po’, era il momento di andare, prima che arrivasse la scientifica per ispezionare minuziosamente il taxi.
Rimise tutto dentro lo zaino, chiuse la zip e se lo portò sulle spalle.
Il capitolo di quella mattina era già pronto e, come ogni volta, lo avrebbe lasciato sulla scena del crimine appena compiuto.
Lasciò cadere il manoscritto sulla neve, proprio ai piedi dell’enorme struttura che abbracciava il retro del viso del clown.
Scese con calma aggrappato ai pioli di ferro incastonati alla parete laterale che formavano la scala di emergenza.
Si guardò intorno e velocemente s’infilò dentro una delle giostre che erano già state controllate, da lì riuscì a raggiungere la rete metallica della recinzione posteriore del parco per poi sparire verso la boscaglia, senza essere visto da nessuno.
Il viso triste della donna sulla copertina e la sua lacrima solitaria sulla guancia, spiccavano sul bianco della neve e la piccola chiazza rossa che la lacrima formava poco sotto il suo mento goccia dopo goccia, era di poco nascosta dal titolo del quinto capitolo che aveva stampato proprio sul sangue: ‘Lacrime di paura!’



Angolo di Rebecca:

Direi che la Befana è stata buona con tutte noi: Riccardone pare stare bene (O.o)
Alla fine il nostro caro amico voleva fargli uno scherzo :p
Come dite? Meglio che sto zitta?! 
Va bene! :( torno in letargo!

Buona Befanina a tutte *-*
  
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