Libri > I Miserabili
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Autore: _Noodle    06/01/2014    2 recensioni
Hogwarts. Anno scolastico 1942-1943. La Camera dei Segreti è stata aperta: che la caccia ai mezzosangue abbia inizio. Quindici maghi e streghe legati tra di loro da solidi legami, quali l'amicizia, l'amore, l'intesa e lo scontro, ma al contempo distanti, diversi, a causa di un liquido terribile, rosso come la paura e l'imbarazzo.
I fantomatici Amis de l'Abc, da "I Miserabili" di Victor Hugo, alle prese con la magia. Ok, tutto ciò è folle.
"Lo seguirai, anche se contro il tuo sangue? Ti unirai a lui profanando ciò che c'è di più sacro a questo mondo? Sporcherai le tue origini e le tue labbra? Sta a te decidere: o il sangue o la morte" .
Coppie: EnjolrasxGrantaire, CourfeyracxJehan, JolyxBossuet (con intervento di Musichetta), BahorelxEponine (con intervento di Montparnasse), MariusxCosette.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Non era stato Riddle a chiudere le porte della Camera dei Segreti. Quello che si era verificato non era stato un atto volontario, non era stato un incantesimo oscuro: era stato uno sbaglio e tutti sapevano che gli sbagli potevano essere frutto di una sola persona, di un solo mago, di quel povero ragazzo che nella vita aveva perso tutto a causa della sua sfortuna, persino i capelli.
Riddle, per un attimo, era diventato pallido: credeva che qualcuno l’avesse scoperto e con lui anche i suoi progetti maligni. Poi intravide una figura zoppicare al fondo della Camera e capì, assumendo una terribile smorfia. Tutti si voltarono, indirizzando il loro sguardo nel punto che Riddle osservava, colmi di terrore; quella sensazione tuttavia presto si trasformò in qualcosa di differente, una sorta di speranza difforme, filtrata dallo stupore e dall’adrenalina. Videro Bossuet in piedi, che si reggeva debolmente sulle gambe, patito, appena risorto da un sonno apparentemente eterno. Con lo sguardo smarrito nel vuoto e la mano sinistra mollemente rivolta verso il soffitto, Bossuet tentò di balbettare qualcosa: forse voleva chiedere scusa.
Ad un tratto anche Gavroche, Feuilly e Musichetta si risvegliarono, alzandosi in piedi barcollando. Courfeyrac, incredulo, si voltò verso Jehan, che con un sorriso timido ma pur sempre intrepido, come solo il suo riusciva ad essere, assisteva alla scena. Il poeta, sicuro di avere capito che cos’era successo, sussurrò debolmente tra le labbra il nome di Eponine.
Infatti, era stata proprio lei: era stata Eponine a spezzare l’incantesimo e a risvegliare tutti quanti da quel torpore maligno; era stata una benedizione e se non fosse arrivata, sicuramente avrebbero fatto una brutta fine. Ora erano lì, carichi, agguerriti: ora erano in nove e lui era uno solo.
<< E adesso, Riddle? >> Sibilò Grantaire con gli occhi iniettati di spirito di vendetta, mentre ricercava la mano di Enjolras affianco a sé. Era stato un gesto spontaneo, un movimento automatico, un cenno che pareva facesse tutti i giorni; sentiva il bisogno di averlo con sé in quel momento, sperava che glielo avrebbe permesso. Enjolras, incosciente e completamente travolto da qualsiasi tipo di passione, gli afferrò la mano. Inconsapevolmente, sorrise.
<< Che vuoi fare adesso? Tu sei uno, noi siamo tutti. Arrenditi, perchè non ce la farai. Siamo nove testimoni e non sperare che la colpa non ricada su di te >> continuò Eponine con accanto suo fratello Gavroche, che aveva potuto finalmente riabbracciare la sorella.
<< ‘Ponine ha ragione! Sei solo uno stupido! Liberando il basilisco ti condannerai da solo! >>
Alla parola “basilisco”, che Gavroche aveva pronunciato con un’enfasi imprevista, lo sguardo di tutti i ragazzi si rannuvolò improvvisamente: come potevano avvertire gli altri? Che cosa sarebbe successo? Che cosa ne sarebbe stato di tutti i mezzosangue della scuola? Sarebbero morti? Spalancare le porte equivaleva a morire. Riddle era rimasto impassibile fino a quel momento, avvolto dall’apatia, ma dopo l’insinuazione del piccolo Grifondoro, il suo comportamento cambiò radicalmente.
<< Io, stupido? E chi potrà dire loro che sono stato io a liberare il basilisco? Dopotutto, anche voi siete qui con me. La mia testimonianza vale quanto la vostra. Io sono uno studente modello e il preside Dippet e il professor Silente si fidano di me. >>
Il silenzio avvolse l’intera stanza e l’indecisione e la paura trasformarono quei ghigni di coraggio in smorfie d’angoscia. Come uscire di lì senza aprire le porte? Come avvisare il resto dei loro compagni? Come agire?
Ad un tratto, Courfeyrac, si sentì male. La testa incominciò a pulsargli e la nausea lo assalì.
Jehan lo raccolse appena prima che potesse cadere a terra.
Tutti i ragazzi abbassarono gli occhi, spaventati e debilitati da quella visone e, loro malgrado, fu proprio quello l’attimo in cui Riddle spalancò le porte bombardandole (poiché non rispondevano ad un semplice e banale incantesimo come l’Alohomora), travolto dal desiderio di uccidere.
I ragazzi ebbero appena il tempo di capire che bisognava incominciare a correre che Riddle, sussurrando sottovoce qualcosa in quella strana lingua, aveva liberato il mostro.
Era un serpente enorme, dagli occhi gialli, penetranti e maligni, che non comunicavano né gioia, né intesa, né affetto: erano occhi letali.
Tuttavia, non erano letali come gli occhi di Enjolras, che erano tali perchè immensi; non erano mortali come quelli grigi di Jehan, che potevano essere definiti così perchè salvatori; non erano annientatori come quelli di Cosette, che venivano considerati in questo modo perchè specchio del cielo: quelli del basilisco erano letali perchè uccidevano, nel vero senso della parola.
Strisciava lento, ma, a causa della paura che avevano di incontrarlo, ai ragazzi sembrava quasi che volasse. Il rumore che la sua pelle produceva a contatto con il pavimento era assordante, fastidioso fino all’isteria, come un continuo stridere di unghie su una lavagna.
<< Non guardatelo negli occhi! >> Urlò Bossuet a pieni polmoni non appena iniziarono a scappare, avvistando il mostro in un momento in cui, per un qualche favore della sorte, aveva tenuto la testa e lo sguardo rivolti verso l’alto.
 
Correvano senza sosta.
S’inciampavano, alcuni non si reggevano nemmeno bene in piedi, barcollavano, ansimavano, cercavano di non cedere a quello sguardo, non dovevano voltarsi, non dovevano mollare, dovevano solamente raggiungere l’uscita risalendo quella tubatura infinita. Nella loro testa scorrevano immagini, suoni, odori, sensazioni, tutto ciò che ciascuno di loro era riuscito a percepire fino a quel momento nella propria vita, diventata improvvisamente una pellicola.
E nelle loro teste volavano immagini di luoghi, di posti cari, di persone care, di libri, di dolci, di felicità, di paura, di amicizia, di odio, di inadeguatezza, d’imbarazzo, d’amore, di baci. Volavano i sentimenti; tutto ciò che però non doveva volare via era il coraggio. Courfeyrac nella corsa aveva afferrato Jehan per la mano, timoroso di farselo scappare. Era una delle prede più appetibili per il basilisco e non doveva permettere che il mostro s’impadronisse dei suoi occhi: quelli, erano solo suoi. Si trascinavano l’un l’altro, timorosi di perdersi. Non riuscivano più ad immettere aria nei polmoni ed un continuo senso di nausea li assaliva: inspiravano solo il tremendo tanfo della palude.
 
Cosette aveva chiuso gli occhi per l’ennesima volta. Quella ragazza si era trasformata, aveva compiuto una metamorfosi e per tutto il gruppo era diventata la più grande speranza, la più remota luce in tutto quel buio e il fatto che leggesse nella mente delle persone non era più un pregio da sfruttare, ma un’abilità da lodare e da riconoscere. Finalmente Cosette si sentiva apprezzata: sentiva  che gli altri la ricercavano, che avevano bisogno di lei e proprio lei, finalmente, aveva iniziato ad avere bisogno di loro.
Non era più sola.
Avevano deciso di comune accordo di effettuare il Legilimens con Courfeyrac, perchè era risaputo che con l’Occlumanzia se la cavava decisamente male ed era per quello che era caduto a terra nella Camera dei Segreti, colto da un intenso male di testa, che però poi era passato in pochi secondi.
<< Sono bloccati. Riddle li ha intrappolati >> esclamò Cosette dopo aver scrutato la mente di Courf. Non era riuscita a vedere di più, in quanto il Serpeverde non aveva ancora liberato la bestia al momento dell’incantesimo. 
<< Che facciamo? Avevo detto ad Eponine di non scendere! Ora potrebbe accaderle di tutto >> strillò Bahorel cercando di trattenere la rabbia. Era testarda, troppo testarda e anche determinata fino a diventare superba, ma era importante, fondamentale: non si poteva permettere di perderla.
<< Un lato positivo però c’è: erano tutti in piedi, tutti quanti. Sono tutti vivi! >> Gioì infine Cosette sorridendo, tranquillizzando gli animi di tutti i ragazzi, che fino a quel momento avevano avuto il timore che il peggio potesse essere già accaduto.
<< Anche Bossuet? E Gavroche? E Musichetta? E… >>
<< Sì, Joly, tutti quanti!>> Ridacchiò la ragazza alle parole di Joly, che alla notizia si era commosso pensando che presto avrebbe potuto riabbracciare Bossuet.
<< Solo, non possono rischiare la loro vita proprio adesso >> ringhiò Bahorel sbattendo i pugni contro il muro, diventato cattivo per la preoccupazione. Si sentiva inutile e solo.
<< Scendo io. >>
Ci fu uno strano silenzio, un silenzio amaro e disperato, seguito da un sospiro di disapprovazione.
<< Marius? Sei impazzito? >> Chiese Cosette terrificata, afferrando le mani del ragazzo. Marius non sembrava avere paura, anzi, sembrava che questa situazione di pericolo lo rendesse più determinato, più sicuro di sé e, dal momento che nessuno voleva agire, questo poteva essere un bene, anche se si trattava di Marius.
<< Ci vuole qualcuno che apra le porte, no? Vuoi che rimangano lì per sempre e che Riddle incominci a sterminarli? Sono grande e grosso, Cosette. >> Lei stette in silenzio con gli occhi bassi, condividendo, dopotutto, quello che aveva detto Marius.
<< Ma tu sei impazzito! Come puoi pensare di scendere? Credi che in nove non riescano ad aprire una porta? Magari è stregata o manomessa: la tua discesa potrebbe essere inutile e persino letale! Inoltre, non possiamo rimanere in pochi qui, non è sicuro, una bacchetta in più è fondamentale >> Si ribellò Joly, più lucido che mai, rivolgendosi al Grifondoro. La sola idea di rivedere Bossuet l’aveva svegliato, lo aveva rigenerato, illuminato.
<< Joly, non abbiamo altra scelta! Parlare è solo una perdita di tempo, ci conviene… >> ma un rumore assordante assopì le parole che fuoriuscivano dalla bocca di Marius. Proveniva dal basso, dalla Camera. 
<< Avete sentito? >> Sussurrò Combeferre con i brividi a fior di pelle.
<< E’ crollato qualcosa. Dite che era la porta? >> Domandò Marius.
<< E se fosse stata una frana? >> Aggiunse Joly.
<< Giurerei di aver sentito un rantolo… non pareva… umano >> intervenne infine Cosette, che aveva un udito particolarmente raffinato. A questo, seguì il panico. A tutti venne in mente ciò che Jehan aveva detto a Ferre e Joly la sera del rapimento di Musichetta e Feuilly. A tutti venne in mente di quell’essere raccapricciante e ignoto, che nessuno avrebbe mai voluto e dovuto vedere: il basilisco.
<< L’ha liberato? >> Bisbigliò Joly, sbiancando dalla paura.
<< Dobbiamo avvertire il preside, adesso >> concluse Bahorel con la voce tremante, benché cercasse di nasconderlo.
<< Ci vado io. Voi rimanete qui e fate attenzione. >>
Combeferre incominciò a correre.
Joly si rinchiuse in un gabinetto: stava male.
 
<< Stai bene Joly? >> domandò dolcemente Cosette, che l’aveva raggiunto nel cubicolo. Il ragazzo continuava ad ansimare e a piangere. Sulle pareti colavano gocce che contenevano ricordi e questi, a loro volta, racchiudevano segreti, che Joly non amava rivelare, come sappiamo. La giovane Corvonero tuttavia era furba, comprendeva le persone, e osservando Joly aveva capito che, oltre alla paura, tratteneva in sé un segreto più grande.
<< Io ho capito cosa ti succede… >> gli rivelò avvicinando il suo volto di porcellana a quello dell’amico, appoggiandogli una mano sulla spalla.
<< Hai capito? Come hai capito? Pensi che morirò per questo? >> Come al solito riusciva ad essere esasperato. Come aveva fatto a capirlo? Dal suo volto trapelavano emozioni oltre che sudore?
<< Muori solo se ti arrendi, Joly. Muori dentro. E tu non vuoi che accada, vero? >> Chiese ironicamente Cosette, più dolce che mai. Se l’avesse vista Marius in quell’istante, avrebbe pensato che stesse facendo la corte a Joly: per fortuna lui stava discutendo con Bahorel e lei non aveva questa intenzione: lo stava solo salvando.
<< No… >> mugolò lui, accasciandosi poi sul gabinetto, sul punto di vomitare.
<< Aguamenti! >> Disse Cosette mettendo la mano a conchiglia e raccogliendo in essa dell’acqua; dopo aver fatto ciò, bagnò la fronte di Joly.
<< Dove l’hai imparato? >> Chiese con voce roca, sorpreso del fatto che la biondina conoscesse un incantesimo del sesto anno.
<< Tanti libri Joly, sono come il tuo amico Jehan da questo punto di vista >> ridacchiò lei, rigettando sulle spalle la lunga treccia.
<< Joly, non vuoi che Bossuet muoia vero? Non è così?>>
Non appena lei pronunciò il nome del Tassorosso, la dose di lacrime che scendevano dagli occhi di Joly aumentò: come poteva un nome rovinarlo a tal punto? Gli mancava. Non lo vedeva da settimane e ciò che gli premeva di più era di conoscerlo, di sentirlo, di sapere che cosa accadeva abitualmente nel suo cuore, nella sua mente, nel suo stomaco. Voleva diventare qualcosa per lui.
<< Se tu ti arrendi, lo perderai. Non devi farti cogliere da tutto questo sconforto: tu sei forte Joly. Sei intelligente e l’intelligenza può essere la chiave di tutto. >>
Detto questo si allontanò, ritornando da Marius.
Joly, dopo essersi esaminato la lingua con lo specchio e dopo aver cercato di ricomporsi, uscì dal cubicolo. Proprio in quell’istante, si sentì un urlo, un urlo agghiacciante.
 
Le possibilità che avevano erano due: farsi uccidere dal basilisco o farsi uccidere da Riddle. In un modo o nell’altro non ne sarebbero usciti.
Tuttavia, ci speravano.
Si erano persi, anzi, più che altro si erano dispersi.
Enjolras e Grantaire si erano ritrovati al fondo di una specie di cunicolo, chiuso al fondo da una grata in metallo, ed erano riusciti a seminare il basilisco; ora non dovevano essere visti da Riddle ed il metodo più sicuro era non fare rumore.
A questo punto, a Grantaire venne l’idea.
<< Enjolras… so come uscire di qui… >> sospirò con un sorriso terrificante sulle labbra, ricco di stupore e meraviglia.
<< Che dici? >> Rispose il biondo incredulo, mediamente sconvolto da tutto ciò che gli era capitato nelle ultime ore. Era stato rapito, addormentato, sottoposto ad una delle tre maledizioni senza perdono e baciato da quello che reputava la sua peggior disgrazia. Non era stato abituato a questo genere di emozioni. Ora era Grantaire che aveva avuto un’idea.
Non era stato lui, lui che abitualmente trovava un rimedio per tutto, e ora sembrava avere la mente vuota. Forse perchè il cuore era troppo pieno.
<< Enj, è così ovvio! >> Disse il moro afferrandogli le mani. Enjolras si liberò dalla sua presa ferrea.
<< Non chiamarmi Enj… >> aggiunse sdegnato, sorpreso che qualcuno avesse osato abbreviare il suo cognome.
<< Noi abbiamo una bacchetta. Sai che cosa possiamo fare con una bacchetta? >>
Il Grifondoro rimase sorpreso e allo stesso tempo perplesso. Che cosa potevano fare con una bacchetta di così ovvio? Qualsiasi incantesimo sarebbe stato inutile, ne era certo. Che cosa gli sfuggiva? Gli occhi del moro erano così tremendamente incoraggianti e tutto il buio intorno a loro era dannatamente inquietante. In quegli occhi era riuscito a trovare un rifugio.
<< Possiamo chiamare un manico di scopa. >>
Le parole di Grantaire erano state così secche e così illuminanti che Enjolras provò paura mischiata con ovvietà. Come aveva fatto a non pensarci? Si sentì stupido e anche questo era qualcosa di nuovo per lui.
<< E’ troppo lontano da noi, non possiamo… >> replicò debolmente.
<< Hai ben presente dove si trova? >> Gli chiese Taire.
<< Si, nell’armadio vicino… >>
<< Bene, allora possiamo farlo arrivare fin qui >> lo interruppe sorridendo. Sembrava che improvvisamente fosse diventato più fiducioso: allora c’era davvero un modo possibile per uscire, anche se rischioso.
<< Forza, Enjolras. >>
Nessuno gliel’aveva mai detto, nessuno gli aveva mai comunicato di farsi forza: era sempre stato il suo di compito. Questa inversione dei ruoli lo esasperava sempre di più, ma forse incominciava ad intendere perchè stesse capitando: forse Grantaire era l’unico a capirlo davvero.
Entrambi si concentrarono, tesero il braccio destro verso l’alto e poi pronunciarono la formula.
<< Accio Tinderblast. >>
Dopo qualche secondo, due manici di scopa lucenti raggiunsero i ragazzi, piazzandosi al centro del palmo delle loro mani.
Possedevano la chiave della libertà.
<< Ora, non fare rumore >> si raccomandò Grantaire che aveva incominciato ad uscire dal cunicolo in punta di piedi. Non dovevano farsi sentire, dovevano essere silenziosi e schietti. Enjolras seguì quella che apparentemente era diventata la sua nuova guida.
<< Come facciamo ad avvisare gli altri? >> Domandò.
Tuttavia, non appena mise il piede fuori dal limite del cunicolo, sentì una voce pronunciare il suo nome. Senza avere tempo di pensare, Enjolras salì sul suo manico e Grantaire face lo stesso.
<< Lo scopriremo. >> 
Riddle li aveva scovati e loro, adesso, si ritrovavano a volare basso e con difficoltà, sperando che il soffitto si alzasse e che sopra di loro si spalancasse il cielo. Riddle intanto li inseguiva: non correva, ma era veloce.
<< Ecco Bossuet con Gavroche e Ponine! >> Gridò Enjolras, scorgendo in lontananza la luce rossa della bacchetta di Bossuet: era difettosa.
<< Muoviti!! >>
Eponine li vide da lontano, incredula e dannatamente felice di ciò che avevano fatto: quella poteva essere la loro salvezza.
<< Aggrappatevi! >> Gridò loro Taire, afferrando per un braccio lei e poi Gavroche; Enjolras caricò Bossuet.
<< Dove sono gli altri? >> Chiese il biondo.
<< Non ne ho idea, li abbiamo persi >> rispose Bossuet cercando di non cadere dal manico di scopa per la troppa velocità. I passaggi erano così stetti e bui che la direzione da prendere era, ogni volta, un enigma.
<< E il basilisco? >> continuò Enjolras assicurandosi che Riddle stesse ancora a debita distanza da loro.
<< Spero solo non stia alle loro calcagna >> sospirò l’altro.
Erano giunti ad un cunicolo familiare, che in qualche modo pareva avessero già visto, e proprio in quell’istante si accorsero che era il condotto che portava fuori, alla luce. In lontananza appariva un biancore sbiadito.
<< E’ l’uscita, Enj ce l’abbiamo fatta! Voi andate fuori, noi andiamo a cercare gli altri! >> Esclamò Grantaire, sconvolto da quella visione salvifica e positiva. Doveva salvare Enjolras, doveva portarlo via.
I due iniziarono a percorrere la tubature, impennandosi sulla scopa, ma proprio nel momento in cui sembrava che ce l’avrebbero fatta, scoprirono, maledettamente, che il passaggio si stava chiudendo: Riddle, sapeva come farli restare bloccati nel buio, per sempre. E nello stesso momento in cui i due si accorsero di ciò, un tremendo verso fece vibrare le pareti dei tubi e tutti sperarono che il basilisco non avesse fatto vittime. Bossuet quasi svenne dal terrore.
Enjolras accelerò. Non amava volare ed era sempre andato malissimo in questa materia, stano a dirsi, ma in quell’occasione tutte le difficoltà che aveva sempre avuto scomparvero: avrebbe fatto invidia a Courfeyrac mentre giocava a Quidditch.
Erano vicinissimi, vicinissimi all’uscita e non vi era nessuno alle loro calcagna, solo il tempo.
<< Tieniti forte, Bossuet! >>
Per miracolo passarono nell’ultimo spiraglio rimasto. Enjolras, sconvolto e pallido si accasciò a terra ansimante mentre Bossuet, per l’infelicità di tutti, rimase incastrato con una gamba nella fessura tra i due lavandini.
Non appena Joly lo vide, sentì un tuffo al cuore: era proprio la sensazione che sperava di provare, che sapeva avrebbe sentito e, da un lato, era la più piacevole di sempre.
<< AIUTO! AIUTATEMI VI PREGO! >>
Il Corvonero si scagliò su Bossuet, afferrandolo per una mano: non voleva aiuti, doveva essere lui a salvare Bossuet, ciò che l’aveva tenuto in vita in quel momento oscuro e offuscato. Non era forte Joly, ma, come aveva detto Cosette, era astuto, intelligente.
<< Resta fermo, aggrappati al mio braccio! Cosette, Marius, Bahorel, bloccate l’accesso, la porta deve restare aperta! >>
I tre giovani iniziarono a porsi affianco dei due paramenti dei lavandini e a trattenerli con tutta la loro forza. Enjolras, a terra, non riusciva a muoversi.
<< Diminuendo! >>
Bossuet, in un attimo, diventò minuscolo, così piccolo da poter restare nella mano di Joly, con la gamba maciullata e il cuore in fiamme.
<< Devo portarlo via, dobbiamo curare la sua gamba! >> Esclamò disperato, correndo verso l’infermeria, sperando di tornare in tempo per aiutare gli altri. Forse adesso, avrebbe coronato il suo sogno di curare le persone. Soprattutto avrebbe coronato il sogno di prendersi cura di lui. Bossuet, respirava il caldo della mano di Joly: si sentiva al sicuro oramai.
 
Jehan, Courfeyrac, Feuilly e Musichetta erano rimasti giù nella Camera e stavano scappando dal basilisco. Si erano imbattuti in esso, ma per fortuna nessuno era ancora incappato nel suo orribile sguardo. La tentazione di scrutare che cosa vi era sopra la propria testa era tanta. Volevano uscire.
Cos’era stato quel verso? Quello stridere di una voce spaventosa?
Erano stati loro: Courfeyrac e Feuilly. Avevano sfruttato le proprie abilità, avevano sfruttato il fatto di saper giocare a Quidditch, di essere dei campioni, e in un men che non si dica, raccogliendo due massi particolarmente appuntiti e taglienti, li avevano scagliati contro il mostro, ferendolo ad un fianco. Non lo avevano ucciso, ma sicuramente avevano recuperato qualche minuto di tempo.
Continuarono a vagare nel buio.
 
Era riuscito a raggiungere Eponine, Grantaire e Gavroche. Si era avventato sul più piccolo e l’aveva afferrato, messo sotto la minaccia della sua bacchetta. 
Eponine, senza nemmeno pensarci, si era avventata su di lui, questa volta mettendogli le mani al collo, permettendo così a Gavroche di correre via.
<< Ti diverti a prendertela sempre con quelli più piccoli di te? Prenditela con me questa volta, gran figlio di… >> ma Eponine cadde a terra, colpita su un occhio da un pugno di Riddle.
Grantaire, che aveva assistito alla scena a bocca aperta, capì che era rimasto solo.
Solo lui ad affrontare il suo compagno di casa.
Doveva sconfiggerlo per i suoi amici, per se stesso, per Enjolras. Se l’era sempre cavata nei combattimenti, ma non certo di questo genere: qui il prezzo da pagare era la vita. Riddle lo fissava. Teneva la bacchetta puntata contro di lui; Taire presupponeva che la prima cosa che avrebbe fatto sarebbe stata disarmarlo. Stava per batterlo sul tempo, stava per pronunciare la formula dell’incantesimo, quando la voce di Eponine irruppe come un tuono, facendo vibrare le ragnatele e fuggire i ragni.
<< IMPERIO! >>
Ce l’aveva fatta. Eponine aveva sconfitto Riddle, che ora se ne stava lì, immobile, stralunato e impotente, completamente alle dipendenze della bacchetta della ragazza.
<< Pensavi di potermi sconfiggere, non è vero Tom? Ti sbagliavi. Sai, io sono cattiva quando è necessario, soprattutto con le persone che fanno del male a coloro che mi stanno a cuore >> ringhiò tremenda, con sulle labbra quel sorriso terrificante e seducente che solo Eponine sapeva sfoderare.
<< Ti sei divertito con Enjolras? Bene. Ora ci divertiamo noi. Un po’ per uno, non credi? >> Aggiunse Grantaire con tono vendicativo, assetato di giustizia (e stranamente, non di vino).
Quella giustizia che tanto stava a cuore ad Enjolras, adesso era quella che ricercava Grantaire. L’avrebbe fatto per lui e, per la prima volta in vita sua, avrebbe creduto in qualcosa: in lui, nella possibilità che fosse fatto quello che lui avrebbe voluto.
<< Adesso, di’ al basilisco di ritornare nella sua tana e conducici fuori di qui >> sussurrò Eponine all’orecchio del Serpeverde. L’occhio rosso, iniettato di sangue, la rendeva ancora più inquietante.
Riddle invocò il mostro, dicendo qualcosa in serpentese e in men che non si dica, il suono del suo strisciare malvagio si allontanò dalle orecchie di chiunque: sembrava che si fosse volatilizzato.
<< Ponine! Ponine! >> Urlò una vocetta squillante.
La ragazza non si voltò per non perdere il controllo dell’incantesimo, ma intuì immediatamente che si trattava di Gavroche.
<< Ho ritrovato tutti gli altri! >>
I quattro ragazzi assistevano alla scena stupefatti, orgogliosi di come la loro Eponine, finalmente, avesse mostrato i denti, quelle sue fauci così coraggiose, e avesse sottomesso quel lurido verme. Jehan tremò, felice di poter ricordare di aver condiviso qualcosa con quella meravigliosa donna, ma sperò che Courfeyrac non lo sentisse. Quest’ultimo aveva ricominciato a sorridere, radioso come al solito.
Seguendo i passi cadenzati e ritmici di Riddle, i sette ragazzi riuscirono ad arrivare al condotto che li avrebbe riportati in superficie e, questa volta tramite l’incantesimo Ascendo, vennero catapultati nel bagno delle ragazze.
 
Enjolras si era ripreso.
Rimaneva addossato alla parete del bagno con un’espressione vuota, insulsa, una di quelle smorfie che, solitamente, non appartenevano a lui. Tuttavia, quando vide risalire Grantaire in superficie, con Riddle sotto braccio pronto per essere consegnato al preside Dippet, si sentì girar la testa.
Era stato lui a catturarlo? Era stato lui a risolvere tutto quel disastro? Era stato… Grantaire? Non si rese conto, ma arrossì.
La notte trascorse tranquilla. Riddle fu immediatamente espulso dalla scuola e i ragazzi furono premiati dal preside Dippet, abbastanza sconvolto e dispiaciuto per il comportamento di colui che aveva sempre reputato il suo miglior studente. Infine, si congratulò  con Eponine e le regalò il suo Avversaspecchio, per guardarsi ogni volta dai nemici e sconfiggerli brillantemente.
Finalmente questa avventura si era conclusa, ma la fine non era ancora arrivata.
Troppe questioni rimanevano sospese, troppe questioni dolorose e complicate, ma con un retrogusto dolce, quasi quanto le stelle che quella notte vegliavano su Hogwarts.
Jehan Prouvaire decise di scrivere una poesia per Courfeyrac.
Cosette riportò Marius in Guferia, dove si erano incontrati per la prima volta, e lì si addormentarono.
Grantaire cercò di bere, ma vomitò.
Enjolras cercò di ragionare, ma non ci riuscì.

 
 
 
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Bellezze mie, eccomi qui, con il capitolo più lungo della fanfiction! :D lo so, mi rendo conto che ci ho impiegato un’infinità a scriverlo, ma ho voluto farlo con molta più attenzione e soprattutto è stato molto difficile, non pensavo che fosse così complicato descrivere una battaglia D:
Spero vi sia comunque piaciuto e preparatevi perchè il prossimo sarà l’ultimo capitolo! T.T …più che altro devo prepararmi io, perchè questa storia, per quanto bizzarra, mi mancherà da far schifo jahclujayuclujh ** …ora lascio a voi i commenti, ci rivediamo al prossimo aggiornamento! <3 Vi adoro! (:
_Noodle
  
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