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Autore: Pandora86    07/01/2014    6 recensioni
Mito raggiunge Hanamichi in clinica durante la riabilitazione con l'assoluta convinzione che sarà un'estate come un'altra.
Una persona che però non aveva mai considerato farà crollare le sue convinzioni riuscendo a sconvolgere i lati più intimi del suo essere.
Come si comporterà Mito quando si troverà ad affrontare sentimenti che non aveva mai preso in considerazione?
Continuazione de "Il tuo vero volto" incentrata però su Mito.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Akira Sendoh, Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa, Yohei Mito
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi con il nuovo capitolo.
Ringrazio chi ha recensito quello precedente e chi continua a inserire la storia tra le preferite, ricordate e seguite!
Ovviamente, grazie anche a tutti i lettori silenziosi.
Ci vediamo a fine capitolo per le note.
Buona lettura.
 
 
 
Capitolo 20.
 

Yohei si interruppe, osservando Sendoh.

Lui aveva detto il minimo indispensabile e al numero sette molte cose dovevano essere risultate poco chiare.

Aveva raccontato del suo primo incontro con Rukawa a casa di Hanamichi non specificando che il numero dieci non abitasse più in quel posto.

E Sendoh non aveva chiesto chiarimenti in proposito.

Aveva raccontato di aver mandato Rukawa in un determinato posto, omettendo però quale.

E Sendoh non chiesto di che posto si trattasse.

Aveva raccontato di come avesse dato l’indirizzo di Hanamichi a Rukawa, e qui Yohei aveva chiaramente visto la perplessità sul volto dell’altro.

Eppure, ancora una volta non aveva domandato nulla.

Quasi come se non gli interessasse e, a quel pensiero, Yohei si indispose.

Perché diamine si faceva raccontare determinate cose, se poi ci capiva poco o nulla?

Fu truce l’occhiata che rivolse al giocatore.

“Ti spiacerebbe chiarirmi il senso di tutto questo?” domandò velenoso.

“O solo perché mi stai ricattando” e calcò bene sulla parola, “non hai intenzione di spiegarmi nulla?”.

“Non ti seguo!” ammise Sendoh, soprassedendo sul tono dell’altro.

Gli era sembrato che Mito, durante il racconto, si fosse fatto un po’ più amichevole, quasi come se fosse un sollievo dividere con lui quei mesi così angosciosi.

Perché, anche se molte parti erano ancora oscure, una cosa era stata evidente: l’angoscia che Yohei aveva provato nel cercare di far ragionare il suo migliore amico.

Chissà quante volte aveva avuto dei dubbi e non li aveva condivisi con nessuno.

Chissà quante volte si era domandato se quello che faceva fosse giusto, non potendosi confidare con nessuno.

Questo aveva percepito Sendoh sa quel racconto, provando per colui che aveva di fronte una tenerezza crescente.

Eppure, ora che il racconto era finito, ecco che Yohei indossava nuovamente la sua maschera da duro.

Però, nonostante questo, Sendoh non se la prese più di tanto.

Stava andando tutto come aveva previsto.

Tra l’altro, dovette ammettere che Yohei era stato, ancora una volta, molto abile nel raccontare quello che lui gli aveva chiesto, omettendo però le informazioni fondamentali della storia: quelle che appunto riguardavano le vicende personali di Sakuragi.

Ancora una volta, Sendoh percepì il forte attaccamento che Mito aveva verso Sakuragi.

Attaccamento ricambiato allo stesso modo, come aveva potuto costatare quella notte.

Forse, era per questo che ora lo guardava truce.

Gli aveva rifilato una storia omettendo i dati fondamentali ed evidentemente non riusciva a spiegarsi perché lui non avesse fatto domande.

Tuttavia, questo a Sendoh non interessava dato che aveva ottenuto quello che voleva e presto, molto presto, l’avrebbe capito anche l’altro.

Perché erano altre le informazioni che al giocatore interessavano; informazioni che, appunto, aveva ottenuto.

“Non capisco che cosa vuoi dire!” parlò ancora Sendoh, allargando il sorriso.

“Tu mi garantisci che non hai preso nessuna botta in testa, vero?” domandò nuovamente Yohei con scherno.

Sendoh rise allegramente, negando con il capo.

“Allora, riassumiamo” disse Yohei alzandosi e camminando per la stanza.

“Vieni qui, mi svegli, mi ricatti…”

“Ti piace molto quella parola” interruppe il suo monologo Sendoh ma l’altro proseguì incurante.

“Ti dici interessato a una storia e te la fai raccontare, dietro ricatto ovviamente” lo provocò volutamente Yohei guardandolo, questa volta, con un sorriso quasi divertito.

“E…” lo incitò a continuare Sendoh.

“E non mi fai nessuna domanda” si spiegò Yohei.

“Quindi, visto che non devi aver capito quasi nulla di quello che ti ho detto, mi spieghi il
perché di tutto questo?” domandò, sinceramente interdetto.

“Ma io ho ottenuto quello che volevo” lo rassicurò Sendoh.

Yohei lo guardò dubbioso.

“Mi sembrava di averti già detto che non sono minimamente interessato alle vicende personali di Sakuragi” parlò ancora Akira.

“Quello che mi interessa, sei tu” lo sguardo si fece serio.

“Io non capisco” ammise Yohei sedendosi nuovamente di fronte al giocatore.

“Capirai presto!” lo rassicurò Sendoh.

“Lo hai già detto” sbottò Mito.

“Quello che m’interessava era esattamente quello che ho voluto sapere” si decise finalmente a spiegargli il numero sette.

“Tra l’altro, quello che tu vedi come un ricatto, in realtà, è semplicemente una richiesta” gli rivelò finalmente Akira.

Qui Yohei sbuffò con disappunto.

“Non ti avrei mai ricattato. Non avrei mai fatto niente di ciò che ti ho lasciato credere” gli disse il giocatore con un sorriso.

Yohei lo fissò interdetto.

“Ma… allora… perché?” la voce era un sussurro.

Sul suo volto si poteva leggere tutta la perplessità che provava.

“Per te!” gli chiarì Sendoh.

“Per farti raccontare cose che altrimenti non mi avresti mai narrato volontariamente!”.

“Perché?” domandò nuovamente Mito.

Sendoh si decise a essere più chiaro, ripercorrendo i fatti salienti del racconto.

“Mi hai raccontato di come tu e Rukawa non avete fatto altro che agire alle spalle di
Sakuragi che, suppongo, non sa ancora nulla”.

Mito lo confermò con il capo.

“Ovviamente, tu hai agito per il suo bene e non ti preoccupi di quando lo verrà a sapere”.
Mito annuì ancora.

“Lo avete fatto per la sua felicità!” aggiunse Sendoh vedendo che l’altro si era fatto attento.

“Inoltre, ho avuto modo di appurare quello che già pensavo, cioè di come Rukawa sia dovuto scendere a patti con te per arrivare a Sakuragi, dimostrandoti di essere una persona degna di stare accanto a colui che stimi di più in assoluto!” riassunse il tutto Sendoh.

Mito annuì nuovamente.

“Io ho fatto lo stesso” disse sicuro il giocatore.

Vide Yohei sgranare gli occhi.

“Sono stato da Sakuragi” gli rivelò finalmente Sendoh.

Il silenzio aleggiò per qualche minuto buono nella stanza.

Lo sguardo di Yohei era impassibile.

Solo un leggero luccichio era comparso negli occhi dell’altro nel momento in cui Sendoh aveva detto quella frase, ma poi il suo sguardo era ritornato una maschera d’impassibilità impenetrabile per chiunque.

Dopo un po’, Sendoh sentì Mito sospirare pesantemente.

Erano ancora seduti sul pavimento, uno di fronte all’altro, immobili.

“Va bene!” disse Yohei dopo un po’.

“Bello scherzo!” esclamò, con un velato disappunto.

Ora, che pensasse che lui fosse fuori di testa, a Sendoh era evidente.

“Nessuno scherzo!” si affrettò a contraddirlo il giocatore.

“Sono stato da Sakuragi, questa notte! E Rukawa mi ha accompagnato” ripeté Sendoh e, stavolta, fu evidente che non stava scherzando.

Accadde tutto in un secondo.

Sendoh non avrebbe saputo dire cosa avvenne, ma solo che si ritrovò steso a terra, con
Yohei cavalcioni su di lui che lo afferrava per la collottola.

E Sendoh, per un istante, ne ebbe paura.

Paura del vero volto dell’altro.

Paura della furia nei suoi occhi.

Tuttavia, durò meno di un istante.

Perché Sendoh non potette fare a meno di notare la posizione in cui erano finiti.

E, da bravo masochista, sperò che durasse il più a lungo possibile.

“Tu cosa?” domandò Yohei lentamente, troneggiando sopra di lui.

Sendoh sentì le gambe dell’altro premere contro i suoi fianchi, costatando che non avrebbe potuto muoversi neanche se avesse voluto.

Yohei si stava mostrando in tutta la sua forza, non nascondendo la rabbia che provava.

Rabbia diversa però rispetto a quella di quando Sendoh lo aveva visto fare a pugni.

Quella che vedeva ora, era la rabbia di chi difende qualcosa che ama.

“Hai capito benissimo” rispose Sendoh fronteggiando l’altro con lo sguardo, nonostante la sua posizione di inferiorità.

Sentì le mani di Yohei stringersi sulla sua maglia e il giocatore capì che l’altro avrebbe desiderato stringerle sul suo collo.

Era un momento fondamentale, dove se avesse dimostrato di temere colui che amava, avrebbe rischiato di perderlo per sempre.

E Sendoh era intenzionato ad andare fino in fondo.

“Questo non avresti dovuto farlo” sussurrò Yohei cattivo, avvicinando il suo volto.

Nonostante l’espressione che aveva, Sendoh non potette fare a meno di pensare al profumo dell’altro che gli solleticava le narici.

Non potette fare a meno di pensare a quanto gli sarebbe piaciuto annullare la distanza effimera tra le loro labbra.

Yohei, invece, studiava interessato le reazioni dell’altro.

Aveva visto negli occhi di Sendoh un luccichio che sarebbe potuto essere catalogato come paura, ma era durato troppo poco per definirlo tale.

Forse, era stata più la sorpresa per la velocità dei suoi movimenti che altro.

Ora invece, il giocatore non sembrava minimamente intimorito da lui.

Al contrario, sembrava che volesse rimanere a lungo in quella posizione e questo da un lato, indispose Yohei.

Era un teppista, ecchecazzo!

Dall’altro lato, però, fece aumentare i battiti del suo cuore e Yohei sapeva che non era per l’adrenalina del momento ma per la vicinanza dell’altro.

Si rese conto, in quel preciso istante, della vicinanza della pelle dell’altro e della posizione in cui erano finiti.

Tuttavia non lasciò che trapelasse nulla dalla sua faccia, né si scostò.

Non avrebbe fatto capire l’imbarazzo che provava, o non si sarebbe chiamato Yohei Mito.

Anche Sendoh osservava il volto di Yohei, anche se i motivi erano totalmente diversi.

Il giocatore aveva fatto ricomparire sul suo volto l’espressione tranquilla che tanto lo distingueva e Mito sembrava esserne rimasto sorpreso.

L’aveva nascosto bene, da abile stratega qual era, lui però era riuscito a scorgere la sorpresa nei suoi occhi, anche se era durata meno di un istante.

Sendoh non poteva fare a meno di pensare al volto dell’altro a pochi centimetri dal suo.

Non poteva fare a meno di pensare agli addominali scolpiti dell’altro sul suo addome.

Perché Yohei era a torso nudo.

Spostò lo sguardo sulle sue braccia scolpite e sui muscoli del collo sviluppati, sentendo il cuore accelerare i battiti.

Gli sarebbe bastato un istante per allungare una mano e toccare quella pelle.

Gli sarebbe bastato un istante per portare l’altra mano dietro la nuca dell’altro e avvicinare le loro labbra.

La voce di Mito lo riscosse dai suoi pensieri.

“Perché hai fatto una cosa del genere?” domandò Yohei, non allentando la presa sulla maglia dell’altro, del tutto ignaro dei pensieri del giocatore.

Perché appariva così dannatamente tranquillo, il numero sette?

Perché continuava a sorridergli in quel modo?

Che cosa stava succedendo?

Yohei non si era mai trovato in una situazione del genere.

Di solito, quando minacciava le persone, non aveva mai occasione di testare un contatto così diretto con loro.

O scappavano a gambe levate, o i loro occhi si tingevano di paura.

Si sorprese ancora di più, perciò, quando udì la risposta dell’altro.

“Se vuoi che ti risponda, devi toglierti di lì!” disse Sendoh allargando il sorriso.

“Non sei nella condizione per dettare ordini!” rispose Yohei duro, fraintendendo il motivo di quella richiesta.

“Ma, infatti, io non voglio che tu ti tolga!” gli chiarì Sendoh tranquillo.

“Diciamo che sarebbe preferibile per te” cercò di essere più chiaro.

Capì di non essersi spiegato quando vide l’altro guardarlo con perplessità.

Con un sospiro, sorrise dentro di sé.

Mito non sembrava essersi minimamente accorto di nulla e Sendoh, al pensiero dell’ingenuità dell’altro contrapposta a quell’aria così minacciosa, sentì chiaramente la sua eccitazione risvegliarsi completamente.

Tuttavia, non voleva neanche mettere a disagio Mito.

Però, a quel punto, visto che l’altro non ci arrivava, non aveva scelta.

Con quel poco che gli era consentito muoversi, alzò le ginocchia piantando i piedi a terra.

L’altro era molto forte e il corpo di Sendoh, dalla pancia in su, era completamente impossibilitato a muoversi.

Dalla pancia in giù, però, aveva una discreta libertà di movimento così, senza esitazioni, avvicinò il bacino al fondoschiena dell’altro, facendogli capire, con il corpo, quello che le sue parole non avevano saputo spiegare.

Vide Mito impallidire e sgranare gli occhi, senza tuttavia muoversi di lì.

“Ma... che…” balbettò Yohei incoerentemente.

“Ho provato a spiegartelo” ridacchiò Sendoh, portando le mani sui polsi dell’altro.

Non era un gesto per allontanarlo da sé, quanto un gesto per trattenerlo.

Le dita erano chiuse in una carezza e i polpastrelli sfioravano la pelle con una tenerezza tipica degli amanti.

Passò qualche istante e Yohei si alzò immediatamente, squadrando l’altro con perplessità.

Sendoh notò la distanza che Yohei aveva provveduto a mettere tra loro.

Sul suo volto, il giocatore poteva leggere tutta la titubanza che provava Mito.

“Tu non sei normale” disse, infatti, esprimendo ad alta voce i suoi pensieri.

Sendoh ridacchiò, sedendosi nuovamente a terra a gambe incrociate e non curandosi minimamente di nascondere quello che il suo corpo provava.

Anche Mito, in effetti, non sembrava molto imbarazzato.

Su questo punto di vista, Sendoh credeva che fosse Sakuragi quello che si imbarazzava di più per queste cose.

Bastava pensare come era arrossito il numero dieci, quella notte, alla parola "coppia".

Mito, invece, sembrava solo molto sorpreso e forse un tantino contrariato.

Contrariato perché la sua aria da duro aveva provocato reazioni del tutto diverse da quelle che aveva previsto.

Infatti, le parole successive dell’altro confermarono queste ipotesi.

“Cioè, fammi capire” parlò ancora Mito, con evidente incredulità nella voce.

“Io mi avvicino per pestarti -”

“Ed io mi eccito” completò la frase il giocatore, grattandosi la nuca con la mano.

“E non lo nascondi neanche” continuò Yohei indignato, osservando la postura tranquilla del numero sette.

“E perché dovrei?” gli domandò Sendoh, con finta innocenza.

Mito lo guardò truce.

“Dovresti aver capito che il tuo corpo mi fa questo effetto” ridacchiò ancora Sendoh, senza imbarazzo.

“Stavamo parlando d’altro” lo riprese Mito.

“E non mi interessa sapere cosa succede alle tue parti basse” continuò sempre più indignato, indicando con l’indice la parte incriminata.

“Vuoi sapere perché stanotte sono andato da Sakuragi” continuò Sendoh tranquillo, stendendosi a terra su un gomito e mettendo, in questo modo, ancora più in evidenza la cosiddetta parte incriminata.

Yohei si accorse che l’altro lo aveva fatto apposta e si inginocchiò accanto a lui con un ghigno indisponente.

“Se speri di mettermi in imbarazzo per così poco, ti sbagli di grosso” e un sorriso indisponente comparve sul suo volto.

“Guarda che lo so benissimo!” rispose Sendoh conciliante.

Il giocatore considerò che se non fosse già stato semi-eccitato, si sarebbe eccitato in quel momento solo per la vicinanza e il tono dell’altro.

Questo gli diede un’ennesima conferma che la sua non era una cotta; lui lo voleva.

Voleva tutto di Yohei; il suo corpo, la sua mente, la sua anima, il suo cuore.

Cuore abilmente nascosto agli occhi degli altri; cuore che sarebbe riuscito a raggiungere.

“E allora, rispondimi!” continuò Mito, distogliendolo dai suoi pensieri.

“Ti sei risposto da solo” sussurrò Sendoh. “Con la storia che mi hai appena raccontato!” concluse sapendo che l’altro avrebbe capito.

Passarono parecchi minuti in silenzio, entrambi immobili nelle stesse posizioni.

Mito rifletteva sulle parole del giocatore.

Sendoh che andava da Hana in piena notte.

Sendoh che agiva di nascosto alle sue spalle.

Sendoh che piombava da lui, a quell’ora assurda, e si faceva raccontare come avesse fatto Rukawa ad avvicinare Hanamichi.

Ripercorse al contrario la storia, vivendola da spettatore.

Rukawa che parlava con lui di nascosto a Hanamichi.

Lui e Rukawa che si consultavano su Hanamichi, sempre tenendo all’oscuro quest’ultimo.

E, in quel momento, capì.

Sendoh era andato da Hanamichi per sapere come avvicinarlo.

Sendoh si era rivolto a Hanamichi per capire cosa significassero le sue frasi.

Come hai fatto a capire che Rukawa andava bene per Sakuragi?

La domanda del numero sette, ora, acquistava senso.

Quello che aveva fatto Rukawa per il suo do’hao era stata la risposta.

E Sendoh voleva fargli capire che lui, quella notte, aveva fatto lo stesso.

Le frasi che avrebbero dovuto allontanarlo, lo avevano spinto invece a cercare una soluzione immediata.

Le frasi che avrebbero dovuto farlo scappare a gambe levate, considerando colui che le aveva dette uno psicopatico, gli avevano fatto capire che da solo non poteva farcela.

Proprio come Rukawa tempo addietro.

Anche mesi prima, il numero undici, sentendo a pelle che Hanamichi era molto più di quello che dava a vedere, era stato disposto a scendere a compromessi con il suo braccio destro per cercare di capirci qualcosa.

E Yohei lo aveva ritenuto abbastanza forte da spingerlo a non mollare.

Sendoh, quella notte, gli aveva dimostrato di aver fatto la stessa cosa.

Chiuse gli occhi, massaggiandoseli con il pollice e l’indice.

“Ed io che pensavo che mi avresti considerato matto da legare” disse con un sussurro.

Non c’era bisogno di aggiungere altro; Sendoh capì immediatamente che si riferiva alle frasi con cui l’aveva liquidato.

“Hai fatto solo uno sbaglio” rispose il giocatore conciliante.

“Sottovalutarti?” gli domandò Yohei, sempre a occhi chiusi.

“No!” lo corresse Sendoh. “Sottovalutare i miei sentimenti” gli chiarì.

Mito lo guardò, non sapendo cosa dire.

Si sedette a terra a gambe incrociate, non sapendo come gestire quella nuova situazione.

Fu il numero sette a trarlo d’impaccio.

“Io vado a dormire qualche ora!” disse Sendoh avvicinandosi.

“Tanto, oramai hai capito che non ti lascio più scappare!” aggiunse con un sorriso vicino all’orecchio dell’altro.

Mito sentì il respiro dell’altro solleticargli la guancia e deglutì di rimando.

Sendoh se ne accorse e si allontanò.

Non poté fare a meno però di sfiorare le labbra dell’altro in un veloce bacio.

Era venuto il momento di andare, perché Sendoh sapeva che ora Yohei aveva solo
bisogno di tempo.

Lui glielo avrebbe concesso volentieri.

Il peggio, ora, era passato.
 
 
Continua…
 
Note:
 
Ecco spiegato il comportamento di Sendoh.
Spero di non aver stravolto troppo i personaggi.
Come il solito, attendo i vostri commenti.
Nel frattempo, ringrazio chi è giunto fin qui, sperando che il capitolo vi sia piaciuto.
Ci vediamo martedì prossimo con il nuovo capitolo.
Pandora86
  
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