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Autore: Wonderful_me    07/01/2014    1 recensioni
Questa è una storia d'amore. Liam Payne si ritrova catapultato nel 1872 mentre è in viaggio con Danielle, a causa di un incidente aereo. Questa storia è un sogno, la realtà, una fantasia, una magia.
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"Qui la calma è assoluta e – per un terribile istante – ho paura di essere morto. Tremo all’idea, poi una macchia scura appare al confine con il nulla del cielo e si avvicina, sfregando le vesti consunte sull’erba che le arriva alle ginocchia quasi."
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Genere: Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Payne
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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That One Thing

 
*One Thing*
 
Sono nervoso come non lo sono da un bel po’. Sono passati più di due anni dal giorno in cui il mio destino ha iniziato a compiersi, permettendomi di far parte di quel fenomeno mondiale che sono gli One Direction e ancora oggi soffro di questi attacchi d’ansia.
Paura del palcoscenico.
Domani è il grande giorno. Sta per iniziare il Take Me Home Tour, un tour mondiale che ci porterà ovunque sulla faccia della terra e tremo all’idea di non cantare come le fan si aspettano che io faccia. Ho quest’ansia di non essere abbastanza. Di sentire la mia voce storpiata da tutto quello spazio vuoto che mi separa dalle orecchie di chi mi ascolta.
Sbuffo e guardo fuori dal finestrino dell’aereo su cui sto volando, accompagnato da Danielle. Il jet-lag è un altro mio problema e va ad accumularsi a tutti questi sentimenti d’ansia e paura.
La mia ragazza però, un angelo del paradiso, mi prende la mano e se la porta alla bocca, sfiorandola piano con le sue rosse labbra. Quel rossetto nuovo che ha comperato la settimana scorsa le sta d’incanto. La guardo mentre mi bacia candidamente le nocche una ad una e le sorrido malizioso.
“Danielle non credo che sia questo l’effetto che intendevi ottenere” le dico e, con un accenno appena della mano, le indico i miei pantaloni rigonfi.
Se ci capiamo, baby, mi stai eccitando, questo è il messaggio che le voglio trasmettere.
La riccia sorride e mi si avvicina, sganciandomi un bacetto dolce sulla guancia.
“Almeno ti sei distratto dai tuoi pensieri” sussurra e mi dà un bacio sulle labbra.
Il contatto dura solo qualche secondo, ma io mi infammio e le afferro il viso mentre lei lo sta allontanando.
“Fatti baciare, ballerina” le dico e la vedo chiudere gli occhi mentre le ricopro le labbra con le mie. La mia lingua intercetta la sua e subito inizia una lotta tra le due. I nostri respiri si fanno corti, poi una sirena d’emergenza rompe l’atmosfera.
“Che succede?!” Danielle si stacca di colpo ed è spaventata. Afferra i braccioli del sedile e mi guarda, terrorizzata. Le prendo una mano e le dico che va tutto bene. Dagli altoparlanti una voce gracchia che stiamo attraversando una tempesta e che ci sono quindi interferenze, ma che andrà tutto bene. Ci dice di calmarci.
Sorrido dolce a Danielle, ma lei cinge le mani a mò di preghiera e digrigna i denti. Il terrore sforma il suo viso e la imbruttisce. Ma io la amo comunque. Le allaccio la cintura di sicurezza. Rimango immobile sul sedile per trenta secondi, forse quaranta, a guardarla poi, mentre sto per agganciare la mia cintura, lo schianto uccide ogni mio pensiero razionale. Mi sento sballottolare di qui e di là, sento voci gridare – forse il mio nome – poi tutto intorno si fa caldo. Il terrore mi abbandona quando mi rendo conto che ormai non c’è nulla che io possa fare per salvarmi.
 
 
I’ve tried playing it cool
But when I’m looking at you
I can’t ever be brave
‘cause you make my heart race
 
 
Mi sveglio un attimo soltanto e percepisco delle voci. Danielle!. È viva!. Cerco di formulare il suo nome e di far uscire il suono dalla mia bocca, ma sembra impossibile. Cerco di forzarmi, ma non emetto niente di niente. Sono in trappola. Non si accorgeranno mai che sono sveglio. Chiudo gli occhi e cado in un incubo pieno di un nero senza inizio né fine. Senza capo né coda.
 
Attorno a me il buio iniziale si dirada piano piano e una distesa di verde mi riempie gli occhi. Fino all’orizzonte si estende soltanto uno sterminato prato, il vento che smuove appena l’erba. Mi sembra di essere in Paradiso. Qui la calma è assoluta e – per un terribile istante – ho paura di essere morto. Tremo all’idea, poi una macchia scura appare al confine con il nulla del cielo e si avvicina, sfregando le vesti consunte sull’erba che le arriva alle ginocchia quasi.
Quando si fa più vicina mi rendo conto che è una ragazza e che, decisamente, è stupenda. Arrossisco appena mentre la vedo sistemarsi una ciocca di lisci capelli castani dietro l’orecchio e un sorriso far breccia nel mio cuore. Lei, che ancora sembra non essersi accorta di me, si accuccia per terra e ride rivolta a qualcosa che non vedo, finchè non sento chiaro e forte l’abbaiare di un cane.
Spalanco gli occhi, così felice di sapere che anche lei ama i cani, da dimenticarmi per un attimo della mia ragazza, Danielle.
All’improvviso le mie gambe si muovono e mi portano verso di lei. La vedo sussultare e schizzare in piedi di corsa, spaventata che possa farle qualcosa. La afferro mentre cerca di scappare e ci ritroviamo per terra, io sopra di lei, con tutto il mio assurdissimo peso.
“Merda!” mi dice e io, dapprima offeso, scoppio a ridere, rialzandomi appena.
Lei mi spinge via e si sottrae al tocco della mia mano che le tiene ancora il braccio.
“Ma quanto siete stupido!?” mi dice e si rialza, spolverandosi la veste di quel marrone così scuro.
Io rido di nuovo, impressionato da quel suo cambio così rapido di personalità. Sembra così fragile e delicata, ma quando ha detto ‘Merda!’ mi ha spiazzato. Decisamente sa reggersi sulle sue gambe, senza poggiarsi da nessuna parte.
È completamente diversa da Danielle.
Sussulto un attimo al pensiero della mia ragazza e mi volto a guardare la tizia che mi sta davanti. Le allungo una mano.
“Liam Payne” le dico e lei mi osserva, sgomenta. Stringe la sua veste logora e si inchina.
“Non porgetemi la mano, non sono degna di toccarla, sir”. Di colpo si è fatta timida e remissiva e io scoppio di nuovo a ridere.
Il viso le si sforma in una smorfia irosa e sta per dirmi qualcosa circa la mia risata, ma evidentemente qualcosa la blocca. Si limita a stringere i pugni e si inchina di nuovo.
“Col vostro permesso, Sir, mi allontano” mi dice e, prima che le possa rispondere, si volta e muove qualche passo veloce. La rincorro e la fermo tirandola a me. La sua schiena atterra sul mio petto dolcemente e la sento sussultare.
“Che cosa volete, ancora?” mi chiede ed è furiosa, lo so. Riesco a stento a zittire un nuovo attacco di risa e la volto verso di me.
“Vi prego, ditemi in che anno siamo e anche dove siamo. Di certo questo non è il 2013” mi guardo attorno, desolato. Lei strabuzza gli occhi e porta le mani ad un crocefisso che tiene al collo.
“2013? Che vaneggiate, Signore? Oh, siete un eretico!!! Sì, di certo siete un eretico!!” si fa il segno della croce e io spalanco la bocca per risponderle, ma la richiudo quando mi rendo conto che non so che dirle.
“Questo è il 1872, Signore” aggiunge un attimo dopo e, caspita, sono convinto che mi stia dicendo il vero e che si fidi di me. Che donna dalle mille facce!
“Che cosa? Il 1872?! E come diamine ci sono finito in quest’epoca!?!” sono sconvolto. Lo ammetto mi aspettavo di essere un po’ rintronato al mio risveglio – semmai mi fossi risvegliato di nuovo – ma aspettavo di trovare Danielle al mio fianco e i miei quattro stupidissimi compagni. Invece, non solo mi ritrovo solo in una landa desolata di qualche posto sperduto, ma addirittura sono finito in un’altra epoca. Per un momento il mondo mi crolla addosso, ma poi mi riprendo e dico a me stesso che a nulla vale star lì e piangere: devo trovare il modo di ritornare a casa, nell’epoca giusta e nel luogo giusto!
“Signore, vi prego, non imprecate davanti a me. Vossignoria, vorrà scusarmi, ma sono religiosa e non intendo ascoltare certe parole” è stizzita, furiosa quasi, ma il suo stato sociale – qualunque esso sia – evidentemente le impone di tenere un tono cortese con me.
Ne approfitto e mi faccio vicino a lei, sfiorandole le dita pallide e sottili delle mani, stringendole nelle mie.
“Posso sapere come ti chiami?” uso un tono dolce e soave, forse la voce mi viene roca come quella che Harry usa per abbordare qualche cameriera negli hotel dove soggiorniamo. Cerco di sorridere, con quel sorriso sghembo con cui Zayn fa svenire le ragazze, ma lei stacca le mani, le riporta al crocifisso e si allontana di un passo.
“Non tentate di manovrarmi. Non posso portarvi a niente. Se avessi dell’oro non farei certo la serva, non credete!?” è spaventata. La storia dell’eretico non deve essere una cazzata. Sbuffo piano, mi passo la mano tra i capelli e la osservo.
 
 
Shot me out of the sky
You’re my kryptonite
You keep making me weak
Yeah, frozen and can’t breath
 
 
I suoi occhi sono due immensi cieli tersi, senza una nuvola. Il blu irradia fin dentro il mio cuore e gli fa mancare un battito. Non ho mai visto occhi così belli, lo giuro. I capelli le svolazzano attorno, per l’aria fresca della sera che si sta facendo strada nel cielo. Sono lisci e sembrano leggeri e soffici al tatto.
“D’accordo. Ti chiedo scusa se ti ho spaventata. Non era mia intenzione. Volevo solo sapere il tuo nome e se……” indugio un attimo, guardando la sua reazione con la coda dell’occhio. Ha mosso un passo verso di me, segno che si sta tranquillizzando.
“… Se c’è un posto in cui posso passare la notte, qui da queste parti” le sorrido di nuovo, abbandonando la faccia maliziosa in stile Zayn per indossare la maschera dolce di Niall. Mi stupisco io stesso di come riesco a evidenziare quegli aspetti dei miei quattro nuovi amici come magari farebbe una fan. Devo essere rincretinito perché sembra che io stia sbavando dietro quei quattro idioti.
Riconcentrandomi sul suo viso aspetto una risposta.
Lei mi guarda e ha il viso contrito ora, le sopracciglia inarcate, evidentemente sta pensando seriamente ad un posto dove farmi stare. Le sfioro appena il braccio e lei sussulta, fissandomi.
“Ti prego, non avere paura di me” faccio per dirle, cercando di calmarla. Poi sento la sua voce farsi flebile mentre sussurra: “Alice”.
La guardo confuso e mi rendo conto che quello è il suo nome.
Alice” accarezzo il suo nome con tutta la gentilezza che spero di trasmetterle. Vedo il suo viso imporporarsi e penso che questa ragazza sia davvero stupenda.
Sir, io… non posso trattenermi oltre. Vi prego, lasciatemi andare!” all’improvviso è tornata ad essere impaurita e sottomessa. Allontano la mano dal suo braccio.
“D’accordo” le dico e, prima che possa scappare, aggiungo: “Ma ti prego, indicami un posto dove possa dormire. Una locanda, una stalla, qualunque cosa!” la supplico, sfiorando le sue iridi blu, con i miei banalissimi occhi marroni.
Lei è timorosa e ancora un po’ rigida, ma poi si lascia andare e mi sorride.
Si volta e fa qualche passo e io la sto per fermare di nuovo, ma all’improvviso lei parla.
“Potrete dormire nella stalla del capanno dei miei genitori, ma all’alba ve ne dovrete andare. Non voglio morti sulla coscienza e, se mio padre vi trovasse, vi assicuro che non soppravvivereste per raccontare l’esperienza vissuta!” sentenzia, quindi sghignazza e si rimette in marcia. In quel momento mi accorgo del piccolo meticcio che la segue.
 
 
Something’s gotta give now
‘cause I’m dying just to make you see
That I need you here with me now
‘cause you’ve got that one thing
 
 
I piedi di Alice si muovono rapidissimi e con loro il piccolo quattro zampe che la segue. Lo sento sbaiare, lo vedo scuotere la coda e mostrare la lingua. È così felice! Le deve volere molto bene, e Alice deve volerne a lui.
Loki.
È a lui che penso in quel momento, il mio cagnetto che se ne sta ad aspettarmi a casa dei miei. Mi manca un sacco giocare con lui. È un peccato che non possa mai portarlo in giro nei tour, ma penso che, nell’aereo, finirebbe per rompere tutto per l’agitazione.
Sghignazzo al pensiero e la brunetta si volta, fermandosi, guardandomi confusa.
“State ridendo di me, sir?” mi chiede e io blocco la mia risata, tornando serio. La fisso negli occhi e lei non accenna minimanente ad abbassarli.
Di nuovo la ragazza forte fa capolino dietro quella timida e remissiva.
“Oh, no, davvero. Stavo pensando a Loki, il mio cane. Vedendo il tuo piccolino qui mi è venuto in mente il mio tesorino a casa. Mi manca molto. Tu sei molto fortunata a poter star con lui tutto il giorno” le sorrido, avvicinandomi ad accarezzare il cagnolino.
Lei si irrigidisce un po’ e il suo viso, per una frazione di secondo, diventa triste. Mentre sta per riprendere a camminare le afferro una mano e la fermo, costringendola a guardarmi.
“Che succede?” le chiedo. Lei alza un sopracciglio e posa lo sguardo sulla mia mano intrecciata alla sua. La stacco subito e lei ghigna un momento, fiera di avermi spaventato. Il suo viso roseo e sorridente, illuminato dall’ultimo sole, mi fa letteralmente impazzire e io, per la prima volta in vita mia, provo un intenso brivido e ho una voglia matta di baciare le sue labbra rosse.
“Niente, sir Payne, solo che Angel non è il mio piccolino. È il cagnolino della mia signora padrona. Io sono solo l’ancella incaricata di badare a lui” il suo viso torna triste per un millesimo di secondo. Le riafferro la mano e con l’altra le alzo il volto, incrociando il suo sguardo.
“ Sei arrabbiata, non è vero?” le chiedo.
“No, non-” la fisso nel suo blu caldo e sicuro e mi ci perdo. La inchiodo con lo sguardo, costringendola a rispondere onestamente.
“Sì. Angel non esce mai con lei, lo molla sempre da qualche parte” si volta, staccandosi dal contatto con me e riprende a camminare. Io infilo le mani in tasca e la seguo, ascoltandola. La sua voce mi sembra la più bella che io abbia mai sentito, il suo profilo mi sembra il più dolce di questa Terra (spero sia la stessa di dove vivevo io!), il suo corpo il più armonioso. Ho paura di questi sentimenti che sento e, all’improvviso, temo che lei mi possa scappare da davanti al viso, abbandonandomi solo e senza di lei.
Mentre mi sta raccontando di Angel e della sua padroncina, della vita da serva che deve fare per vivere e permettere ai suoi genitori e ai tre fratellini di tirar avanti, le prendo una mano e la incastro nella mia quindi la tiro a me e la blocco in un abbraccio fortissimo.
 
 
So get out get out get out of my head
And fall into my arms instead
I don’t, I don’t, I don’t know what it is
But I need that one thing
And you’ve got that one thing
 
 
Alice rimane immobile, completamente interdetta, non sapendo come dovrebbe reagire una persona del suo rango ad un abbraccio di una persona del mio rango, se così posso definirlo.
La guardo un momento nei suoi occhioni blu e poi abbasso il viso e alla fine la bacio. Le do un bacio velocissimo e soffice, le mie labbra appena a contatto con le sue.
Lei spalanca gli occhi ed è spaventata. Io per primo provo un intensa ansia su ciò che accadrà adesso, poi lei si stacca di botto, percependo qualcosa lontano.
Dall’orizzonte un cavallo avanza velocissimo nella nostra direzione. Prima che io possa dire qualcosa ad Alice lei si sbraccia richiamando l’attenzione del cavaliere.
Questi ci raggiunge proprio mentre sto per prendere le mani di Alice per parlarle e le urla: “Eccoti! La padrona ti sta cercando da ore ormai! Sta per arrivare il duca e lei ha bisogno che le sistemi i capelli -” si interrompe in quel momento guardandomi, rendendosi conto solo allora della mia presenza. Mi fissa quindi si rivolge ad Alice.
“Chi è costui?” chiede. Io sbuffo e, prima che la fanciulla possa rispondere, la blocco e guardo il giovane.
“Mi chiamo Liam e sono nuovo del posto. Alice mi stava facendo visitare la zona” inchiodo i miei occhi ai suoi. Lui sembra voler rispondere, ma Alice lo fulmina indicandomi: “Lui è un signore di un Paese lontano di cui si ostina a non volermi dire il nome” mi guarda con un sorriso forzato e io le rispondo con gentilezza, la buona educazione che mi è stata impartita da mia madre ha finalmente un senso.
“Sì, Alice ha ragione, sono un conte… il mio rango – di cui mi ha investito il mio Principe – mi impedisce di dirvi il mio nome” spero che in quest’epoca esista un principe, almeno!
“Bene, credo allora che potrete apprezzare la compagnia della nostra signora. Salite a cavallo, sir, Alice ci seguirà a piedi”
“Giovanotto” Dio, mi sento proprio un vecchio bacucco! “Non credo stia bene per una ragazza che sia lei a faticare. Credo che non sarà un problema se Alice salirà a cavallo con me e voi ci seguirete a piedi” dico e il mio rango mi permette di ottenere un inchino dal cavaliere che subito issa Alice sulla schiena della bestia e io dietro. Ancora non so come ho fatto a salire, ma è piuttosto divertente trotterellare con la risata di Alice che fa da sottofondo.
“Hai una risata stupenda” le dico, stringendo i suoi fianchi tra le braccia. Nonostante non sia che una serva, come ella sostiene, non posso fare a meno di pensare che abbia un profumo buonissimo. Prima di rendermene conto sto annusando il suo collo, il naso premuto contro la sua pelle candida.
“Sir, vi prego! Non sta bene!” mi dice, scandalizzata. La osservo e ridacchio, infilando la testa nell’incavo del suo collo.
“Ti ricordo che, qualche istante fa, ti ho baciata, madamigella” le sussurro, con le labbra ad un soffio dal suo orecchio sinistro. Lei si discosta di colpo e si ricompone.
“Non è stato che uno sfioramento di labbra! E poi non sono una madamigella, ficcatevelo in quella vostra zucca!” dice, e di nuovo è l’Alice orgogliosa e testarda che parla.
 
 
Now i’m climbing the walls
But you don’t notice at all
That I’m going out of my mind
All day and all night
 
 
Entriamo silenziosi, varcando la hall del castello dove vivono Alice e la sua padroncina. Qui tutto è dorato, risplende e mi fa sentire uno schifo. Mi sento meschino per la bugia che ho raccontato a quel ragazzo. Fisso Alice un momento e lei mi sorride, dolce.
“Venite, vi faccio strada nel salone. Albert ha già avvisato la signorina” dice e mi conduce su per le scale, verso una sala immensa in cui – presumo – al tempo si tenessero i grandi balli della stagione. Mi presenta e una giovane ragazza dai lunghi capelli dorati si allontana dalla finestra vicino cui sta e si volge verso di me. Rimango esterefatto. Il suo viso puro, mentre si avvicina, trasmette rilassamento, dolcezza ed eleganza. Stringe le mani in grembo e sorride, posata. Il ticchettio dei suoi tacchetti si avvicina a me e finalmente potei ammirare i suoi occhi verdi. Se Harry li vedesse glieli caverebbe, probabilmente. Sono stupendi, grandi e luminosi. Rimango a bocca aperta.
“Salve, sono lady Annabeth. E lei è sir…” sussurra, flebile.
“Liam… sir Liam Payne” mi presento. Allunga la mano e io la bacio, delicatamente, per paura che scompaia.
“Alice, ti prego, chiudi la porta della sala….” Le dice, tenendo la mia mano, attaccandosi al braccio e muovendosi verso il centro della stanza.
“… E adesso, sir Liam, siate sincero. Chi siete e da dove venite?” mi dice, sedendosi sul divano. Mi volgo verso Alice ed ella annuisce, rispettosa. Allora mi rilasso e racconto tutto ad Annabeth.
È una ragazza simpatica, elegante ed estremamente intelligente. Riesco a parlare senza vedere in lei le reazioni che, invece, ha tenuto Alice. Rimaniamo un paio d’ore a parlare e ridere, poi qualcuna bussa alla porta. Un maggiordomo ci informa che è pronta la cena e Annabeth mi invita ad unirmi a loro. Quando accetto, mi rivolto e capisco – dall’espressione sul suo volto – che Alice non potrà partecipare e la cosa la rattrista.
Mi mordo il labbro per la mia pressochè totale assenza di gentilezza nei suoi confronti.
Così, quando – a fine serata – Annabeth la liquida, liberandola dal dovere di presiedere a questa farsa, io faccio per alzarmi e seguirla. La bionda però mi ferma per un braccio e mi inchioda con i suoi occhi.
“Rimanete, vi prego” mi implora e io sono costretto a lasciare che Alice esca sola, lasciandoci soli. Tre secondi dopo che la porta si è chiusa la bionda mi tira sul divano e mi sale a cavalcioni.
Prende il mio viso tra le mani e mi bacia, infilando la lingua nella mia bocca, provocandomi con il suo corpo longilineo. Si struscia su di me, infila le mani sotto la mia camicia e io non ho la forza di resisterle. Mi lascio trascinare, ma all’improvviso la allontano.
“Annabeth, vi prego. Io non posso. Sono…. Sono fidanzato!” le dico di getto. Mi mordo il labbro per la nuova bugia che le ho raccontato.
“Davvero? Mi sembra che voi siate solo stasera!” sentenzia lei, ridendo maliziosa.
“Annabeth, non posso. Non è rispettoso nei vostri confronti. Io non vi amo e di sicuro non posso sposarvi. Ne va della vostra dignità” le dico, e sono già in piedi e ricomposto. Mi passo la mano tra i capelli, le vado vicino e le do un bacio sulle labbra.
“Questo sarà il nostro segreto. Siate felice, lady Annabeth” le sussurro, lasciandola sola nella stanza ed uscendo, chiedendo a chiunque dove diavolo possa essere Alice.
Corro ovunque, mi perdo nelle stanze, ma alla fine – mentre sto raggiungendo la stalla per farmi sellare un cavallo – la sento piangere.
Raggiungo la stalla da cui proviene il rumore e la ritrovo curva accanto ad un puledrino.
“Alice!” le urlo, raggiungendola e stringendola tra le braccia.
“Andatevene! Non voglio vedervi. Non dovreste essere qui” grida, sconvolta, e si dimena, cercando di allontanarmi, ma io l’afferro e la stringo a me.
“Non posso. Non posso proprio farlo perché io ti amo” le grido, e riesco a zittirla, trovando finalmente il coraggio di coprirla di baci. La spingo verso la parete della stalla e la bacio, in tutto il viso, asciugo ogni sua lacrima e accarezzo ogni centimetro della sua pelle.
 
 
Something’s gotta give now
‘cause I’m dying just to know your name
And I need you here with me
‘cause you’ve got that one thing
 
 
Le sue mani ricambiano piano le mie carezze e finalmente mi sfiora il viso, i capelli, la pelle del collo. Le bacio il mento, scendo lento e inizio a sbottonarle la camicetta bianca, rimanendo con gli occhi inchiodati ai suoi.
“Sir, Liam… voi non dovreste…” cerca di parlare, ma la zittisco con un bacio.
“Non sono nessun sir. Sono un comune uomo venuto dal futuro, da un posto in cui tu non esisti. Non so come ho fatto a stare senza di te tutti questi anni. Ti amo, Alice, sei il mio piccolo fiore di serra” mugugno e la sfilo il vestito dalla testa, lasciandola in mutande e camicetta.
“Sei stupenda” le sussurro a fior di labbra. Lei chiude gli occhi e solleva il viso, lasciandosi baciare ovunque. Finalmente – quando è nuda davanti a me – mi spoglio ed entro in lei, diventando davvero qualcosa di unico. Io e lei, non c’è nessun altro.
“Vi amo anch’io, Liam…” geme, mentre mi muovo sempre più rapido. E poi non riusciamo più a dirci niente finchè alla fine, non grido, venendo dentro il suo fantastico corpo.
 
 
So get out, get out, get out of my head
And fall into my arms instead
I don’t, I don’t, I don’t know what it is
But I need that one thing
So get out, get out, get out of my mind
And come on, come into my life
I don’t, I don’t, I don’t know what it is
But I need that one thing
And you’ve got that one thing…
 
 
Quando riapro gli occhi attorno a me è tutto bianco. Un pianto sommesso risuona al mio fianco e pian piano metto a fuoco il luogo dove mi trovo. È l’ospedale, la stanza d’ospedale dove ero ricoverato. Muovo la testa piano e accanto a me Danielle piange stretta a Harry. Niall e Louis stanno in silenzio a guardare il pavimento. Dall’altra aprte del letto qualcuno tira le coperte a sé e, voltandomi, vedo il corpo addormentato di Zayn. Il mio miglior amico.
Alzo la mano lentamente – molto, troppo lentamente – e gli sfioro la testa. Lui mugugna qualcosa, poi schizza in piedi e urla il mio nome, attirando l’attenzione di tutti.
“Zayn, non… non urlare… per piacere…” dico, e fatico a parlare. Prima di accorgermene Danielle mi porge un bicchiere con una cannuccia e dell’acqua.
“Amore mio, ti sei svegliato finalemente” mi dice ed esplode in una nuova crisi di pianto. Sentire quel suono mi fa ricordare qualcosa, qualcuno, ma non riesco a visualizzare l’immagine del suo viso.
La testa mi pulsa così mi rimetto sdraiato.
Che cosa sono questi ricordi?
Harry tenta di calmare tutti – Niall per primo – e li manda fuori lasciandomi solo con Danielle. La ricciolina mi avvolge tra le braccia e piange ancora. Richiede carezze che le dicano che è tutto ok, ma non ci riesco. Sono come paralizzato dal suono delle sue lacrime: qualcuno, qualcuno di importante piangeva così. Chi?
Dalla porta, all’improvviso, entra una ragazza dai lunghi capelli lisci e castani. I suoi occhi blu mi fissano e mi ci perdo. Allontano Danielle da me, guardo la ragazza e rimango esterefatto.
La riccia esce dalla stanza magari pensando che l’infermiera abbia bisogno di tranquillità, ma lei mi fissa, le lacrime agli occhi.
“Alice” sussurro, cercando di alzarmi a sedere. Lei mi è subito vicinissima e mi stringe a sé. Mugugno di dolore e fa per staccarsi, ma la trattengo.
“Sono… così…. Così felice… di vederti…” ogni parola mi costa dolore, ma non riesco a zittirmi davanti a lei. Mi bacia, dolcemente e io ricambio.
“Amore mio, mi dispiace così tanto! Non dovrei essere qui, quella strega mi aveva detto che poteva far male, ma mi mancavi, sono mesi che cerco di dimenticarti”
“Mesi?” chiedo e lei annuisce.
“Sì, la strega mi ha spiegato che il tempo può avere intervalli diversi tra le epoche, ma non importa. Mi basta essere qui con te adesso!”
“Piccola, sono così felice. Ti amo, piccola” non riesco a smettere di toccarla. È così piccina e dolce.
“Ti amo anch’io, Liam. Oh, vorrei stare ocn te per sempre”
“E così sarà amore mio”
“No, non si può” nega con la testa. “Mi restano altri dieci minuti, poi sparirò nel nulla e le nostre epoche potranno incontrarsi solo tra cent’anni. I varchi spazio-temporali non sono gestibili a piacimento. Oh amore mio! Come farò?” piange sommessamente sulle mie gambe e io piango con lei. Finalmente posso vederla e lei mi scappa via così, per sempre.
“Alice, piccolo amore mio, io non mi dimenticherò mai di te. Ti prometto che fra cent’anni ci rivedremo” le sorrido, abbracciandola forte a me e poi – di colpo – il suo corpo si dissolve, lasciandomi solo per sempre. Per sempre.
Quando Zayn entra in stanza per vedere come va mi trova sdraiato con un braccio a coprire il mio viso in lacrime. Sto morendo dentro. Il mio cuore è volato via con lei.
 
 
You’ve got that one thing.
 
 
Sorrido, guardando il viso di Danielle, la mia riccia è dolcemente coccolata a letto, vestita di quel camice candido che ti danno all’ospedale. Stringe tra le braccia la nostra piccolina, la figlia nata dal nostro amore.
La guardo, mi perdo nell’azzurro dei suoi occhi, nel castano dei suoi capelli lisci e nel suo sorriso perfido.
“Ciao, piccola” le dico, avvicinandomi a baciarle il visino minuto.
“Ciao Alice” sussurro, sfiorandola piano.
“Liam, si è appena addormentata. Vedi di non svegliarla!” mi rimprovera Danielle con un sorriso poi mi bacia dolce.
Io rido piano e ricambio il suo bacio.
“Lei deve sapere che sarà sempre il mio amore, la mia piccola, la mia Alice”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ahahahahahahahah come sono depressa.
This is my OS su Liam. Finalmente ci sono riuscita, ho scritto la OS su Liam. credo che non avrei scommesso nemmeno un euro su questa cosa. Posso scrivere chilometri di roba su Zayn, su Harry, sulla purezza di Niall, gli Ziam, Louis, ma Liam era il mio problema più grande.
Lui è il mio tutto e non riesco ad esprimere ciò che è per me. Questa è una storia scritta per me e mi emoziona così tanto.
Spero che vi possa piacere <3 <3 <3
  
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