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Autore: atonement    07/01/2014    5 recensioni
Blaine Anderson ha gli occhi più strani che Kurt abbia mai visto.
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: Né Kurt né Blaine mi appartengono, e non scrivo a scopo di lucro. I fatti narrati sono solo frutto della mia fantasia e degli strani collegamenti che faccio tra i Klane e i cartoni Disney.










Blaine Anderson ha gli occhi più strani che Kurt abbia mai visto.

Non che ci abbia mai parlato, no. Blaine sembra essere uno di quei ragazzi che vanno bene a scuola e che conoscono più o meno tutti, ma che non si vedono mai in giro sempre con le stesse persone.

In realtà, Kurt non lo vede mai in giro con nessuno. Certo, ci sono le volte in cui chiacchiera con una persona o due, ma si tratta sempre di brevi momenti dai quali Blaine riesce a scappare con piccole scuse e piccoli sorrisi. Sorrisi davvero carini, aggiungerebbe Kurt.

Ma, beh, il punto sono i suoi occhi. Sono così grandi, così caldi, così… così luminosi. Tutti fanno i complimenti a Kurt, o lo guardano con invidia, perché ha degli occhi azzurrissimi, ma a lui non sembrano nient’altro che banali. Lui si sente banale. Capelli castani, vagamente biondi, occhi azzurri, alto, magro. Se fosse una donna si sentirebbe ancora più banale, perché insomma, è tutto così cliché. E il fatto che abbia un timbro di voce tutt’altro che possente e che lo porta ad essere scambiato per una donna, almeno al telefono, di certo non lo aiuta.

Blaine invece non è banale. Oltre ai suoi occhi, di cui non ha ancora capito bene il colore, ci sono i suoi capelli. Kurt è abbastanza sicuro che siano ricci, se il suo occhio attento non lo ha ingannato, ma quel ragazzo usa davvero un sacco di gel che rende difficile poterlo dire con certezza.

E poi c’è la sua statura. Blaine è basso. Non bassissimo, sicuramente raggiungerà e supererà il metro e settanta, ma è più basso di lui di bel po’ di centimetri.

Le sue sopracciglia, poi. Quelle sono così strane. Sono… triangolari, in un certo senso. Kurt non ha mai visto delle sopracciglia del genere, e ama pensare che siano uniche. Proprio come Blaine.

E probabilmente è unica anche la sua tremenda cotta per questo ragazzo, perché in genere è molto più diretto nei rapporti, di qualunque tipo essi siano. Ma Blaine lo blocca, in un certo senso. E non solo perché lo intimidisce e tutto, con quei suoi occhi un po’ nocciola, un po’ verdi e un po’ dorati, ma anche e soprattutto perché Kurt ha come l’impressione che quel ragazzo cerchi di evitarlo. Appena si trovano vicini, o comunque l’uno nei paraggi dell’altro per un qualsiasi motivo, importante o stupido che sia, Blaine sparisce.

Kurt sa che è gay, proprio come lo è lui. E alla Dalton non si tollera il bullismo, perciò Blaine non sarebbe comunque potuto essere uno di quegli omofobi che hanno paura che gli omosessuali possano infettarli. Quindi davvero, Kurt non riesce a capire se lo eviti per altri motivi, o se sia tutto frutto della sua fervida immaginazione.

Da una parte, spera davvero che lo sia. Dall’altra, immagina che se Blaine lo evita debba pur avere un buon motivo per farlo, e che quindi lo abbia notato – in un modo o nell’altro, positivo o negativo che sia.

Il pensiero che Mi ha notato comincia a vagare tra i suoi pensieri mentre osserva la schiena del ragazzo che cammina di fronte a lui, le parole degli altri studenti che gli ronzano nell’orecchie. Sebastian gli ha mandato un messaggio qualche minuto fa per avvertirlo, ma lui, come al solito, si è perso nei suoi pensieri e adesso è in ritardo per una delle esibizioni improvvisate degli Usignoli.

Registra appena la mano di uno dei suoi compagni del Glee Club che lo trascina in mezzo alla folla, e quando si ritrova sotto lo sguardo infuocato di Sebastian, il loro solista, che lo spinge dietro insieme agli altri Usignoli che si stanno preparando per cantare – o meglio, per fare il coro –  non può fare a meno di alzare gli occhi al cielo in modo decisamente teatrale. Sente qualcuno ridere, ma non ci fa caso più di tanto.

Solo quando comincia a cantare insieme agli altri una delle canzoni che cantano più spesso, ondeggiando e facendo palesemente da sfondo, incrocia gli occhi di Blaine, che si sbriga ad abbassare il proprio sguardo.
 
-
 

«Ciao.»

Se c’è una cosa che Kurt ama di sé, è sicuramente la sua caparbietà. E il suo occhio attento. Qualità che, in un certo senso, gli hanno permesso di tenere d’occhio Blaine anche mentre cantava, di osservare le sue labbra che si muovevano impercettibilmente ripetendo le parole della canzone, probabilmente senza che ne uscisse alcun suono. E gli hanno permesso anche di avvicinarsi a lui, toccargli una spalla e parlargli, mentre aspetta che finisca l’intervallo.

Kurt pensava che non gli avrebbe dato fastidio, dopotutto. Lo stava osservando, se n’è accorto. I loro sguardi si sono incrociati altre volte, e adesso Kurt pensa che Blaine da vicino sia ancora più carino. Ma è anche più inquieto, più timido di quanto sembri da lontano.

«Ciao» mormora in risposta.

Non aggiunge altro.

«Ti è piaciuta la canzone?» sorride Kurt, sistemandosi la tracolla su una spalla. Fa una leggera smorfia nel sentire il peso dei libri e gli sembra di vedere una strana luce negli occhi di Blaine, ma è solo un attimo.

Il ragazzo di fronte a lui annuisce, guardandosi intorno. Ci sono ancora un po’ di ragazzi, molti dei quali stanno parlando con Sebastian, ma Blaine sembra incredibilmente nervoso. Come se non volesse, non dovesse o non potesse stare lì.

«Io sono Kurt, comunque.»

Kurt gli porge la mano, arrossendo vagamente mentre lo fa. Non per timidezza, ma perché si sente un po’ stupido. Blaine sembra davvero infastidito, o turbato, o non lo sa, perché è veramente difficile tirargli fuori qualche sillaba.

«Sono Blaine» mormora l’altro, il vago accenno di un sorriso, mentre gli stringe la mano per un secondo o due.

Ma quando Kurt gli propone di fare un salto al Glee Club, e magari di fare un provino perché ci sono pochi ragazzi che sembrano davvero interessati a cantare in questa scuola, Blaine spalanca i suoi occhi stranissimi, le parole bloccate in gola.

«No, io – non posso» si giustifica con semplicità, scuotendo la testa.

Kurt lo osserva preoccupato.

«Ho detto qualcosa di sbagliato? Io… ho visto come mi – come ci guardavi, e non lo so, sembravi interessato e magari… non intendevo darti fastidio, ho solo – scusami» balbetta imbarazzato. Forse le sue supposizioni riguardo a Blaine che lo aveva notato non erano sbagliato, ma di certo non lo erano neanche quelle riguardo al fatto che lo evitasse.

«Non mi hai dato fastidio!» Blaine quasi lo urla, mentre porta le mani di fronte a sé in segno di difesa. «È solo che io – io non posso, okay? Non posso

Poi mormora qualche piccola scusa, o qualche piccolo saluto, Kurt non è sicuro, e lo supera prima che lui possa aggiungere qualcosa, qualsiasi cosa.

 
-
 

Kurt pensa molto e a lungo al piccolo dialogo che ha avuto con Blaine, nei giorni seguenti. Ci è rimasto male, e molto, e seriamente, e non può proprio farne a meno. Si è detto che magari Blaine non sa cantare e si vergogna perché qualcuno potrebbe sfotterlo – specialmente quel coglione di Sebastian, la cui fama lo precede. O magari è solo timido e cantare davanti ad altre persone lo imbarazza.

O forse gli Usignoli gli stanno tutti antipatici, soprattutto Kurt. Kurt che, in un certo senso, si è sentito e si sente rifiutato. Probabilmente, se gli avesse chiesto di uscire e Blaine gli avesse risposto di no, la cosa avrebbe fatto meno male. Perché insomma, almeno avrebbe saputo che l’altro non è interessato. Ma così è un casino, è un vero casino, perché non riesce proprio a capire.

«Ehi, ragazzo.»

Kurt sorride di fronte al proprietario anziano della biblioteca, che lo guarda da sopra i suoi occhiali a mezzaluna. A volte, quando è sera e il sole è appena visibile all’orizzonte, quell’uomo gli ricorda Albus Silente. Non solo per gli occhiali e per i capelli bianchi, anche se quelli sicuramente aiutano: è più per la sua espressione buona ed enigmatica, per il suo amore per le antiche leggende, o forse per il modo lento e modulato con cui parla. Gli piace chiacchierare con lui, di tanto in tanto, è un buon compagno e, in un certo senso, un amico.

«Ciao.» Kurt gli rivolge un sorriso, come ogni volta che va in biblioteca e lo trova lì. «È libero il pianoforte di sotto? So che in genere vengo il venerdì sera e oggi è giovedì, ma… ne avevo bisogno, credo» mormora, le guance che si fanno un po’ rosse.

L’uomo gli sorride, ma scuote la testa.

«Mi dispiace, ragazzo» sospira, sistemandosi gli occhiali sul naso un po’ gobbo. «Ultimamente il giovedì sera è sempre occupato da un altro ragazzo.»

«Oh.»

Kurt è sorpreso. Quella biblioteca è poco frequentata, purtroppo, ed era abbastanza sicuro di essere l’unico, oltre a qualche vecchia professoressa di pianoforte, ad andare lì per suonare un po’ e per provare a rilassarsi.

Si schiarisce la gola, allungando lo sguardo verso le scale che portano alla stanza in cui si trova lo strumento. Ora che ci fa caso, si sente qualche nota ovattata.

«Pensa che potrei… andare a dare un’occhiata?» sussurra, mordendosi le labbra. È curioso.

L’altro alza le spalle.

«Suppongo che basterà bussare e chiedere permesso» sorride gentile.

Kurt ride piano e fa una carezza alla mano che l’uomo più anziano ha posato sulla propria scrivania, ringraziandolo con quel gesto. C’è una certa confidenza tra di loro ma, per quanto si sforzi, Kurt non riesce proprio a dargli del “tu”.

Dopo aver ricambiato un altro sorriso del bibliotecario, Kurt scende le scale in pietra che portano alla piccola ma graziosa stanza in cui suona ogni venerdì. Ora che è più vicino, le note sembrano più forti, e gli sembra di riconoscere la canzone. Forse… potrebbe essere…

La porta è solo accostata. E Kurt vorrebbe bussare lo stesso, lo vorrebbe davvero, ma non ci riesce perché, chiunque si trovi lì dentro seduto al pianoforte, sta suonando e cantando Against all odds, quella di Phil Collins, e le sue mani spingono la porta in avanti prima che possa pensarci, rivelandogli un ragazzo moro, basso e con una divisa scolastica uguale uguale alla sua.

«Blaine» sussurra stupito. Perché Blaine sa suonare il piano, sa cantare – dio, se sa cantare, e tra lui e il pianoforte c’è un’intesa tale che lascia Kurt quasi a disagio, dopo che ha interrotto quel canto bellissimo, perché si sente un estraneo e un invasore ed è una brutta sensazione.

Ma quello che lo lascia senza parole è il bagliore dorato che coglie negli occhi di Blaine quando lui si gira di scatto, senza pensare, sorpreso che sia entrato qualcuno. Dura pochissimo, il tempo di un battito di ciglia, perché Blaine è velocissimo a girarsi e a sfregarsi gli occhi, probabilmente in un riflesso involontario, prima che Kurt possa anche solo aprire bocca.

«Pensavo di essere solo» dice, ansia e una punta di freddezza nelle sue parole. Abbassa il coperchio del pianoforte, quello che copre la tastiera, e si alza senza voltarsi.

«Mi dispiace» mormora Kurt, sospirando agitato. Osserva il modo in cui Blaine prende i suoi spartiti, una matita, una gomma da cancellare e altra roba che sistema nella sua borsa in modo automatico, come se fosse davvero da solo in quella stanza, e come se non fosse entrato nessuno e lui avesse semplicemente deciso di andare via di sua spontanea volontà.

Quando, finalmente, si volta verso di lui, a Kurt sembra che si volti più verso l’uscita che altro, perché non lo degna nemmeno di un’occhiata. E lui davvero non capisce.

«Posso ascoltarti di nuovo?»

Blaine si ferma proprio accanto a lui, immobile di fronte alla porta. Le loro spalle quasi si sfiorano e, se si voltassero, potrebbero guardarsi negli occhi. Blaine non ha ancora alzato i suoi, ma Kurt sa che quel bagliore dorato non c’è più. Eppure è certo di averlo visto.

Sente l’altro ragazzo deglutire, le mani strette intorno alla tracolla della propria borsa, prima che si decida a parlare.

«Non canto di fronte ad altre persone.»

Logico, pensa Kurt. Ma non ha intenzione di arrendersi in questo modo.

«E non suoni nemmeno, di fronte ad altre persone?»

Kurt pensa di sentire Blaine trattenere il fiato, ma forse è solo un’impressione. Forse sta valutando se chiuderlo dentro al pianoforte a coda e cominciare a suonare – il che sarebbe doloroso, davvero – o forse sta solo pensando ad una risposta negativa ma cortese da dargli.

O magari gli risponderà di sì.

«Vengo qui tutti i giovedì» sussurra, e sembra che sia allo stesso tempo pieno di aspettativa e arrabbiato con se stesso, ma Kurt annuisce lo stesso e lo segue con lo sguardo mentre sale le scale in pietra facendo attenzione a non cadere, proprio come ha fatto lui pochi minuti fa.

 
-

 
I giovedì diventano velocemente i giorni preferiti di Kurt. C’è questa sorta di tacito accordo tra lui e Blaine – si vedono tutti i giovedì alle sei di sera, per un’ora, prima che entrambi tornino a casa.

Le prime volte sono le più strane, le più particolari – brutte, in un certo senso, perché ci sono imbarazzo e tensione e diffidenza, ma belle perché Kurt ha la possibilità di memorizzare tutte le espressioni di Blaine mentre suona. A volte, solo per qualche istante, gli sembra che quel ragazzo frema per cantare, ma richiude la bocca non appena le sue labbra minacciano di allontanarsi l’una dall’altra per intonare qualche nota.

Dopo qualche settimana, Kurt chiede a Blaine se può cantare per lui. È una delle prime volte che Kurt lo vede annuire e sorridere – un sorriso puro e semplice, niente di formale o artificioso. Canta timidamente mentre Blaine suona canzoni che conosce, molte delle quali ha già cantato con gli Usignoli, ma in quei casi faceva solo parte del coro e l’arrangiamento non era nemmeno lontanamente bello come quello del ragazzo dagli occhi strani.

Kurt non ha più visto cambiamenti nei suoi occhi, da quel primo giorno in biblioteca. Eppure…

C’è un momento, dopo forse un mese, in cui Blaine non suona quasi per niente. Non sanno come succede – forse è Kurt, che gli ha chiesto dove prende tutti i suoi spartiti, o forse è proprio Blaine, che si complimenta quasi involontariamente con l’altro per l’ultima esibizione degli Usignoli durante la quale è riuscito a strappare un assolo.

Non che non abbiano mai parlato prima, ma non hanno mai parlato. Parlato di cose stupide, semplici, di ogni giorno o importanti per loro. Dopo un po’, i giovedì sono solo in parte occupati dal pianoforte, e sempre di meno. Kurt si meraviglia di come le sue paure per l’anno che verrà, quando ormai il liceo sarà finito e dovranno andare all’università, siano le stesse che ha Blaine. Quando gli dice che farà l’audizione per la NYADA, un’accademia d’arte, il sorriso di Blaine si spegne appena e i suoi occhi sembrano scurirsi ma, ancora una volta, è solo un attimo.

Ci sono volte in cui Blaine sembra assentarsi, o volte in cui lo guarda con una dolcezza talmente triste che lo fa sentire nudo e allo stesso tempo triste a sua volta, e poi ci sono volte ancora in cui sembra che lotti con se stesso, come se una parte di lui volesse o dovesse andarsene, ma va bene lo stesso.

Adesso i giovedì sono così rilassanti che, da quando sono diventati una routine, Kurt non ha più bisogno di andare in quella biblioteca per suonare da solo.

 
-
 

«Buonasera, Richard.»

Il bibliotecario, l’aria calma e stanca, alza lentamente lo sguardo su di lui, e lo osserva con un pizzico di sorpresa.

«Buonasera, ragazzo mio. Come mai qui da solo e di venerdì sera, se posso permettermi?»

Kurt gli sorride e scuote la testa, divertito e vagamente sorpreso.

«Non sia così formale, su. Non mi ha chiesto niente di così sconvolgente.»

«Non lo sarò più solo quando la smetterai di darmi del “lei”.»

Kurt alza gli occhi al cielo, ma non ribatte. Si lascia cadere sulla sedia proprio di fronte al bancone dell’uomo più anziano, che lo osserva con curiosità, e lo guarda negli occhi.

«Ha mai sentito parlare di persone che quando cantano cambiano… beh… colore degli occhi?» mormora con tono circospetto, guardandosi intorno. La biblioteca sembra vuota, eccetto per una ragazza seduta molto lontano da loro e con le cuffie nelle orecchie, ma ha comunque paura che qualcuno possa sentirli. Ha cercato su Internet, ma ha trovato solo cose assurde e senza senso, o banalità.

Richard invece… Richard dovrebbe saperlo. È sempre intento a leggere vecchi volumi su leggende, su eventi paranormali e su dio solo sa cosa. Ma l’uomo non dà segni di vita, o quasi. Si limita a fissarlo pensieroso, probabilmente alla ricerca di una risposta.

«Non mi sembra, no. O forse – » Il bibliotecario si ferma a metà frase e fissa nuovamente Kurt, ma più intensamente.

«Forse?....»

L’uomo assottiglia gli occhi.

«Esattamente, di quale colore stiamo parlando?» gli chiede, qualcosa nei suoi occhi che Kurt non riesce a riconoscere.

Kurt prende fiato più volte per rispondere, anche lui con gli occhi quasi ridotti a due fessure, e fa per rispondere, ma…

«Non diresti a nessuno di questa nostra conversazione, vero?»

Richard sorride.

«No. Ma solo perché mi hai dato del tu.»

Le sopracciglia di Kurt si sollevano mentre realizza ciò che gli ha detto e scoppia a ridere, guadagnandosi un’occhiataccia da un tipo che è appena entrato. Aspettano che vada a sedersi lontano da loro, prima di tornare a parlare.

«Beh, è… dorato, credo. È strano, non so spiegarlo bene, ma – io l’ho visto, Richard» sussurra serio, guardandolo negli occhi. «Non è stata solo un’impressione, io… ne sono certo.»

Il bibliotecario annuisce e appoggia il mento ad una mano, grattandosi la barba con fare pensieroso.

«Potrei avere un’idea» mormora, perdendosi un attimo a fissare il vuoto prima di tornare a guardare il ragazzo seduto di fronte a sé. «Immagino che tu non abbia mai sentito parlare del magico fiore dorato.»

Kurt scuote la testa, curioso e sorpreso che Richard possa davvero aiutarlo. Si sporge di più verso di lui, avvicinandosi. L’anziano signore continua.

«Alcuni lo chiamano dono del sole. Non ho trovato molto, perché è davvero una faccenda delicata, ma… beh, c’è questa leggenda poco conosciuta secondo la quale, anni e anni fa, una goccia di sole cadde sulla terra, e da quella goccia nacque un fiore magico, capace di guarire da qualunque malattia.»

Il cuore di Kurt comincia a battere più velocemente mentre prova a fare dei veloci collegamenti tra Blaine e quel fiore magico, ma sembra così assurdo.

«Sempre secondo questa leggenda, un giorno una donna molto ammalata, forse una regina, bevve un liquido dorato ottenuto proprio dall’unione di quel fiore e dell’acqua di una fonte purissima. Quando nacque la bambina che la donna portava in grembo, nacque con dei lunghi capelli dorati.» Il vecchio si interrompe, come cercando di ricordare ogni dettaglio.

«E?»

Richard ride, facendogli una carezza.

«Pazienza, ragazzo mio.» Fa una piccola pausa, beve un sorso d’acqua, poi ride ancora di fronte all’espressione ansiosa di Kurt, e continua.

«Quando la bambina cantava, i suoi capelli diventavano luminosi come il sole, e la loro magia guariva chiunque li stesse toccando. Ma non finisce qui» sorride, guardando con tenerezza il ragazzo dagli occhi azzurri che praticamente pende dalle sue labbra. «La magia era, come dire… ereditaria? Il figlio della ragazza, o della principessa, o quel che era, aveva lo stesso potere, ma concentrato nelle sue lacrime. E a questo punto…»

Kurt si fa più attento.

«A questo punto?»

Ma Richard scuote la testa, alzando le mani come segno di scuse.

«Non si sa altro, Kurt. E puoi ben immaginare perché, se qualcuno aveva davvero un dono del genere, abbia deciso di tenerlo nascosto o di cancellare tutte le proprie tracce.»

Kurt si tira indietro e stringe le braccia attorno al proprio busto, pensieroso.

«Prima hai detto che si tratta di una faccenda delicata» sussurra, guardandolo con un pizzico di ansia.

L’altro annuisce, e gli regala un sorriso un po’ triste e un po’ nostalgico.

«Riesci ad immaginare cosa potrebbe succedere ad una persona con il dono di guarire ogni malattia, forse persino la vecchiaia, se si venisse a sapere?»

E Kurt non sa cosa rispondere.

 
-

 
Quando rivede Blaine in quella stanza, meno di una settimana dopo, Kurt non sa come comportarsi. Gli sembra tutto senza senso e allo stesso tempo pieno di logica. Perché è una leggenda e come tale deve essere presa, non è niente di serio e non può essere vera, ma se lo fosse… se lo fosse tutto avrebbe senso. Gli occhi di Blaine che – ne è assolutamente certo – diventano dorati quando canta, o il fatto che non voglia cantare di fronte ad altre persone, o il modo in cui sembra sempre scostante con tutti.

Blaine sta suonando, in questo momento. È Can you feel the love tonight ed è bellissima, soprattutto se suonata in quel modo e da lui, ma Kurt ha bisogno di sapere.

«Canta per me.»

Le mani di Blaine si bloccano sulla tastiera e lui sobbalza, come se la panca su cui è seduto scottasse. Kurt si avvicina di più con la propria sedia, ma l’altro non lo guarda. Ha un’espressione livida sul viso, quasi arrabbiata, o forse triste.

«Non farmelo, Kurt. Ti ho già detto che io non – »

«Blaine.» Kurt lo costringe a voltarsi verso di lui, prendendogli una mano e girandogli il viso con l’altra. Gli occhi di Blaine sono pieni di lacrime mentre lo guarda, e sono così belli e limpidi che non sembrano nemmeno reali. «Ehi» sussurra, asciugandogli una piccola lacrima. Se lo stringe al petto, accarezzandogli la schiena. Il modo in cui Blaine lo stringe e lo tira a sé è quasi doloroso, ma sembra lo stesso giusto e perfetto, nonostante il leggero freddo che li avvolge e nonostante la sensazione di bagnato sul collo di Kurt.

Quando i singhiozzi di Blaine si calmano e lui sembra tornare a respirare normalmente, Kurt lo scosta leggermente da sé, giusto per guadagnare quel minimo di spazio di cui ha bisogno per guardarlo negli occhi. Gli prende il viso tra le mani, osservando le sue guance umide e pulendolo dalle ultime lacrime che la sua divisa non ha assorbito.

«Canta per me» ripete, accennando un sorriso. Poi sbuffa una risata, accarezzandogli una guancia. «Io canto sempre per te.»

Blaine scuote la testa, evita il suo sguardo.

«È diverso, io non – »

«Lo so che è diverso» sospira Kurt, riportando i suoi occhi nei propri. Lo osserva a lungo, le loro cosce che si sfiorano e i loro nasi incredibilmente vicini. «Lo so, Blaine.»

«Cosa sai?» mormora lui, aggrottando le sopracciglia. Poi scuote ancora la testa e sbatte più volte le palpebre, cercando di allontanare le lacrime. «Non puoi capire.»

«Aiutami a capire allora.» Kurt guarda Blaine, lo guarda tutto – il viso, la camicia con il primo bottone aperto, le mani grandi, la sua pelle così scura rispetto alla sua, pallida e delicata. Tiene ancora il suo viso stretto tra le mani, gli accarezza di nuovo le guance. «Blaine» sospira, e lui punta gli occhi nei suoi, due pozzi scuri in due gocce d’oceano chiarissimo.

Il bacio che si scambiano è delicato, a fior di labbra, umido di lacrime e carico d’attesa. Blaine è stato il primo ad avvicinarsi, o forse è stato Kurt, o forse sono stati entrambi. È uno sfiorarsi così silenzioso che finisce prima che possano capire com’è iniziato, e Kurt guarda il ragazzo di fronte a sé con tenerezza, prima di sussurrare: «Canta per me.»

E Blaine lo fa.

Kurt aveva già sentito la sua voce. Blaine era di spalle, accompagnava le sue parole con la musica del piano e cantava quella canzone di Phil Collins che gli piace tanto. Adesso sta cantando la stessa canzone, le stesse parole, ma senza il pianoforte e senza dargli le spalle. Lo fa con timidezza, abbassando lo sguardo e stringendo le mani di Kurt tra le proprie. E continua a tenere gli occhi bassi, mentre canta in modo un po’ stentato – forse per le lacrime di prima, forse perché è la prima volta che canta davanti a qualcuno che non siano i suoi genitori.

Quando vede qualcosa di dorato, Kurt appoggia la fronte a quella di Blaine e sussurra il suo nome, e Blaine alza il viso e lo sguardo, le parole che continuano ad uscire intonate dalle sue labbra mentre, per la prima volta, i suoi occhi dorati incontrano quelli di Kurt, spalancati per l’emozione.

Kurt abbandona le mani dell’altro ragazzo solo per prendere di nuovo il suo viso tra le mani, per baciarlo di nuovo, per sorridere sulle sue labbra e per osservare i suoi occhi, che pian piano tornano ad essere un po’ verdi e un po’ nocciola mentre Blaine smette di cantare. Dopo qualche istante di silenzio, è proprio lui il primo ad interromperlo.

«Mi dispiace se all’inizio ti ho trattato male» sussurra, accarezzandogli una guancia. «È solo – ho così paura dei rapporti con gli altri, è così pericoloso, questo – » Blaine indica i propri occhi, sospirando spazientito. «Questa cosa non può saperla nessuno, nessuno, e so che non sai nemmeno di cosa sto parlando e adesso ti sembrerà tutto assurdo perché – »

«Blaine, ehi.» Kurt ferma le sue mani, sorridendogli. È ancora un po’ agitato per tutte le cose che sono successe negli ultimi minuti, ma si sente anche tranquillo e felice. «Credo di saperlo, sai» sussurra, tranquillizzando Blaine con una carezza quando lui lo guarda terrorizzato. «Richard mi ha parlato della leggenda del dono del sole, e – ma non sa niente di te, te lo giuro!» si affretta ad aggiungere non appena l’altro si scansa da lui, come se scottasse. Kurt lo attira nuovamente a sé, stringendo le braccia attorno al suo collo e aspettando che Blaine, seppur un po’ titubante, stringa le proprie attorno al suo busto. Quando lo fa, sono vicinissimi e le loro labbra si sfiorano di nuovo, stavolta più umide di saliva e più sicure, più preparate.

«Non lo direi mai a nessuno, Blaine» sorride, strusciando il proprio naso contro il suo. «A nessuno.»

Blaine annuisce appena, accarezzandogli la schiena con le dita.

«Non so che leggenda tu abbia sentito di preciso, ma… girano un sacco di assurdità, anche se fortunatamente è poco conosciuta come storia» sbuffa una risata, facendo ridere anche l’altro. Poi sospira, baciandolo a fior di labbra. «Dovrò spiegarti tante cose, se – »

«Mi spiegherai tutto. Quando vuoi.»

Blaine fa un piccolo cenno con la testa, senza smettere di osservare gli occhi chiari di Kurt.

«Ho provato così tanto a stare lontano da te» sussurra poi, le sue braccia che stringono Kurt ancora più forte. Kurt spalanca gli occhi e li fissa in quelli dell’altro, stupito. «Non essere sorpreso, Kurt» sorride poi, baciandogli la punta del naso. «Sei stupendo. E così speciale… sei più di qualsiasi persona su cui io abbia mai posato gli occhi.»

Blaine sospira, facendogli un sorriso timido. «Sei sempre stato il mio sogno. Sempre.»

Quando lo bacia ancora, Kurt non può fare a meno di ridere mentre pensa a tutte le sue assurde supposizioni, a tutti i suoi assurdi pensieri. Passa le dita tra i capelli dell’altro, proprio sopra la sua nuca, dove qualche riccio coraggioso è riuscito a fuggire dallo spesso strato di gel che Blaine continua ad usare ogni giorno.

«E tu eri il mio» mormora Kurt, mente l’altro lo guarda un po’ sorpreso e apre la bocca per ribattere. Kurt lo zittisce dolcemente con lo sguardo. «Tu, e i tuoi occhi che cambiano colore.»












Note finali: Ah, Rapunzel. <3
Beh, se qualcuno di voi ama quel cartone quanto lo amo io, sicuramente avrà capito che mi sono ispirata a quella storia, per il fiore magico e tutto. Giorni fa ho visto questo gif set dei Klaine versione Rapunzel che mi ha fatto venire voglia di rivedere il cartone, ed ecco che cosa ne è uscito fuori. In realtà il gif set in sé mi ha ispirato per un'altra storia (decisamente più idiota e del tutto priva di elementi magici, sulla linea di Diet is die with a t) che spero di riuscire a postare presto.
Ma tornando a questa storia, quando l'ho finita mi sono detta: "Ma che cazzo ho scritto?". Sapete quando fate un disegno e c'è qualcosa che proprio non vi convince, ma non capite cosa? Ecco, è esattamente quello che mi è successo con questa os. Questa os che ha "rischiato" di marcire nel pc, se non fosse che ormai l'avevo scritta...

Quindi, direi che stavolta più di ogni altra sono aperta ad ogni critica, davvero. XD
  
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