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Autore: sundayrose    07/01/2014    6 recensioni
"Hermione trattenne il fiato sbalordita tanto che la bacchetta le sfuggì di mano, atterrando, con un tonfo morbido, sull’erba ai suoi piedi.
Con mani tremanti, raccolse la catenina che l’uomo misterioso le stava porgendo. La alzò di fronte ai suoi occhi e osservò sgomenta la piccola clessidra che vi era appesa: una Giratempo!
Improvvise e amare lacrime le rigarono inaspettatamente le guance, mentre tra le labbra, come un sospiro o un gemito di dolore, le sfuggì il nome che si era tenuta chiuso a chiave dentro al suo cuore per tutti quei mesi.
- Draco… -"
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Polvere di Stelle

 

Il cielo era di un blu intenso trapunto di stelle quando Hermione Granger varcò il cancello del parco degli Champs Elysées a Parigi.
Era un’occasione più unica che rara vedere quel cielo lucente e sgombro da nubi in Dicembre inoltrato, ma le luminarie natalizie che invadevano la città e il parco in questione impedivano ai più di notare lo scintillio dorato di quelle gemme celesti, mentre la restante percentuale nemmeno se ne interessava, troppo presa dalla frenesia collettiva di ritrovarsi in Place de la Concorde o sotto la Tour Eiffel per poter festeggiare in tempo lo scoccare del nuovo anno.
Anche lei avrebbe dovuto festeggiare, al ristorante con i suoi genitori, con i quali aveva trascorso quella piccola vacanza lontana da maghi, magia, incantesimi e tutto quello che le poteva far ricordare i mesi bui che si era appena lasciata alle spalle.
Solo poco tempo prima era riuscita a ritrovare i suoi genitori in Australia e, da quando aveva sciolto loro l’incantesimo di memoria, non aveva più voluto staccarsene, memore di tutta la sofferenza provata al pensiero di non rivederli mai più. Quindi era stato ancora più difficile abbandonarli in albergo e uscire nell’aria fredda di Parigi, rispondendo tacitamente ad un invito che ancora non riusciva a comprendere.
Lo vedeva ancora, poggiato sul letto come un foglio qualsiasi, notato non appena era uscita dal bagno gocciolante e con solo l’asciugamano addosso. Ricordò di aver pensato che si trattasse di uno scontrino o di un messaggio dell’hotel lasciato lì da una cameriera. Ma quando si era avvicinata e l’aveva preso in mano aveva capito subito che non era così.
Non si trattava di semplice carta, ma di pergamena e anche molto pregiata, con ghirigori dorati agli angoli e un profumo che sapeva di nuovo e di costoso.
Aveva aggrottato le sopracciglia ancor prima di leggere cosa vi era scritto e solo dopo averne annusato quell’odore intenso e pungente che le faceva girare la testa ed inebriare i sensi.
Poche parole erano scritte in una calligrafia sottile ed obliqua. Elegante.

 

“Ho qualcosa che ti appartiene.”

 
Poi il luogo e l’ora dell’appuntamento, niente di più.
Si era sentita avvolgere da una strana agitazione. Una cupa inquietudine le aveva stretto il petto come in una morsa, quando avrebbe solo dovuto provare perplessità e una punta di sospetto per quel messaggio strano ed incomprensibile.
Si era chiesta incessantemente se avesse perso qualcosa o se (pensò al culmine della preoccupazione) qualcuno avesse preso una persona a lei cara per minacciarla in qualche modo.
Non sarebbe stato tanto strano, pensò. Non dopo la guerra che si era appena conclusa e non dopo il suo contributo nel mettere nelle mani della giustizia numerosi Mangiamorte.
Forse qualcuno di loro voleva fargliela pagare.
Nonostante tutto non aveva pensato nemmeno per un attimo di ignorare quel messaggio. Perciò si era vestita, aveva inventato una scusa per i suoi genitori ed era uscita nell’aria fredda di Parigi alle ventitre in punto. E ora si trovava lì, nell’ingresso di quel parco immenso, a chiedersi se avesse fatto bene ad essere così avventata.
Affondò le mani nelle tasche del cappotto e strinse le dita attorno alla bacchetta, in modo da essere pronta nel caso fosse stata aggredita. Poi, con la sciarpa ben stretta attorno al collo e mostrando più coraggio di quanto ne avesse in realtà, si avviò tra le file di alberi attraverso il quale si arrivava ad un fiumiciattolo calmo ma profondo sulla cui riva aveva sempre amato giocare da bambina.
Il parco era illuminato a giorno da luci dorate e argentate appese sugli alberi e tra i cespugli bassi, rendendo bene l’aria di festa che già si respirava in ogni angolo della città. A dispetto di quella meraviglia, però, il parco era quasi completamente deserto: qualche coppietta cercava intimità sulle panchine più riparate e ogni tanto si intravedeva qua e là un venditore ambulante che arrostiva caldarroste profumando l’aria già pregna di neve, foglie secche e oscurità.
Hermione però non vi faceva caso mentre camminava sicura e decisa verso il luogo dell’appuntamento, con il cuore che le batteva all’impazzata dentro il petto per la curiosità e la tensione.
Quando voltò un angolo formato da un mucchietto di alberi abbastanza fitto da sembrare un boschetto, il luogo dell’appuntamento le si parò davanti in tutta la sua bellezza.
La grossa quercia in riva al fiumiciattolo aveva il tronco corto e la chioma estesa, tanto che i suoi rami più bassi sfioravano la superficie dell’acqua con leggera delicatezza, increspandola appena al loro tocco.
Qualcuno aveva attaccato delle lucine anche lì e queste si riflettevano, luminose e tremolanti, come fiammelle di candele mosse dal vento, nell’oscurità intensa del fiume, dando la sensazione che provenissero dall’abisso.
Hermione si avvicinò cautamente. Lì intorno non c’era nessuno e lei si sentì improvvisamente sola e vulnerabile.
Non sapeva cosa aspettarsi e chi aspettarsi. Non sapeva se fosse una trappola o uno scherzo di cattivo gusto, ma ormai era lì, non doveva far altro che attendere, anche se l’agitazione cominciava a corroderla lentamente.
Si avvicinò ancora di più all’albero e poggiò la mano sul suo tronco, sentendone la ruvidità anche sotto i guanti di lana rossa che portava. Chiuse gli occhi e ad un tratto era ancora la bambina che leggeva sotto quella chioma con i piedini immersi nelle acque fredde e calme del fiume.
Era stata lì per tante di quelle estati in quegli anni che era un po’ come se fosse casa sua, per questo motivo si chiese se chi le aveva mandato quel messaggio sapesse che quello era uno dei suoi posti preferiti in assoluto.
Con gli occhi ancora chiusi respirò l’odore di legno e di foglie, misto a quello più freddo e penetrante del fiume. Era un odore intenso, familiare, che piano piano le sciolse il nodo di tensione che si portava dietro da quando era uscita dall’albergo.
Quando li riaprì trasalì vistosamente, allontanandosi di parecchi passi e tirando fuori immediatamente la bacchetta. Aveva visto un movimento appena percettibile dietro la chioma corposa della quercia e ora, lontana dal punto in cui si trovava poco prima, vedeva che aveva avuto ragione, mentre gli occhi mettevano a fuoco la figura di un uomo che scivolava via dalle ombre in cui si era nascosto.
Come se quelle gli fossero amiche o avessero stretto con lui un patto di affetto e fedeltà, Hermione non riuscì a scrutare il suo volto neanche quando fu ormai a pochi passi da lei. Solo dopo qualche istante si accorse che l’uomo indossava in realtà un mantello con il cappuccio alzato e calato sul viso.
Cercò di riprendere tutto il suo sangue freddo e quando parlò la sua voce era ferma, anche se tremava impercettibilmente sotto il cappotto.
- Chi sei tu?-
L’uomo (o almeno pensava fosse un uomo data la statura) non si mosse, né parlò. Sembrava che la stesse scrutando attentamente e Hermione poteva sentire il suo sguardo che indugiava sui tratti del proprio viso e sul suo corpo come una scia infuocata, anche se non lo poteva vedere.
- Mi dispiace averti spaventata. Abbassa la bacchetta, non ti farò alcun male. -
Trasalì di nuovo, sempre più sorpresa. Ma non abbassò il braccio.
- Sei stato tu a farmi recapitare quel messaggio? -
- Sì. –
C’era qualcosa nella sua voce roca. Qualcosa di indefinibile e familiare, come un ricordo che non riusciva a penetrare gli strati della memoria.
- Chi sei? – Gli chiese ancora.
Ma l’uomo non rispose. Al contrario, si avvicinò ancora di qualche altro passo, inchiodandola al suo posto come sotto l’effetto di un Petrificus.
Uno strano formicolio le invase tutto il corpo, come se la vicinanza di quello sconosciuto le accendesse sensazioni che non sapeva nemmeno di possedere.
Rimase congelata sull’erba rada del parco, rigida e all’erta, come in attesa che l’uomo le sferzasse un colpo a tradimento. Ma, contrariamente a quanto si aspettava, quello allungò il braccio di fronte a sé, portando sotto i suoi occhi la propria mano stretta a pugno.
Lei rimase a fissarlo, perplessa, mentre nei successivi secondi, come un fiore che dischiude i suoi petali, il pugno si aprì lentamente, mostrando un piccolo oggetto dorato poggiato sul palmo della mano guantata di pelle nera.
Hermione trattenne il fiato sbalordita tanto che la bacchetta le sfuggì di mano, atterrando, con un tonfo morbido, sull’erba ai suoi piedi.
Con mani tremanti, raccolse la catenina che l’uomo misterioso le stava porgendo. La alzò di fronte ai suoi occhi e osservò sgomenta la piccola clessidra che vi era appesa: una Giratempo!
Improvvise e amare lacrime le rigarono inaspettatamente le guance, mentre tra le labbra, come un sospiro o un gemito di dolore, le sfuggì il nome che si era tenuta chiuso a chiave dentro al suo cuore per tutti quei mesi.
- Draco… -
Chiuse gli occhi e, come se avesse girato la clessidra più volte, si ritrovò catapultata ad Hogwarts, parecchi mesi prima, quando la battaglia era al suo culmine.

Correva tra una miriade di calcinacci, scavalcando corpi ormai privi di vita e pareti che erano crollate sotto l’effetto degli incantesimi e dei bombardamenti esterni. Alla sua sinistra una grossa porzione di castello era stata distrutta e ora vi entrava un vento forte e freddo che le scompigliava i capelli e le faceva entrare la polvere negli occhi.
Scendeva senza nemmeno vederle le scale che portavano al secondo piano, ma un colpo devastante le fece crollare proprio in quel momento.
Cadde, per parecchi metri, sommersa da pietre e detriti.
Il colpo le mozzò il respiro, facendola annaspare in cerca di quel po’ d’aria che l’avrebbe rimessa in sesto.
- Hermione!-
Qualcuno la chiamava, la cercava, ma lei non riusciva a rispondere. Non riusciva nemmeno a respirare: qualcosa le opprimeva il petto.
Un rumore di passi e macerie spostate le fece alzare lo sguardo, mentre i suoi occhi annebbiati di lacrime e dolore mettevano a fuoco la figura di un ragazzo agile e magro che tentava in tutti i modi di crearsi un varco verso di lei.
- Hermione! -
Solo un sibilo uscì dalla sua bocca, ma fu sufficiente per far sì che il ragazzo la trovasse.
- Non muoverti! Ti tiro subito fuori. -
La sua voce era piena d’angoscia, ma i suoi movimenti, al contrario, erano decisi e sicuri e lei piano piano si sentì libera da quell’oppressione, mentre il ragazzo la liberava dalla scalinata che le era crollata sul petto.
La prese in braccio con cautela e la portò in un corridoio stretto e deserto.
Non sapeva più dove si trovasse.
Il ragazzo l’adagiò delicatamente sul pavimento e la scrutò attento, facendo vagare le sue mani sul viso, sulle braccia, sul petto, controllando se ci fosse qualcosa di più serio sotto quegli ematomi e graffi superficiali.
Lei, di contro, non si muoveva, fissandolo in quegli occhi chiari e chiedendosi come fosse possibile che il ghiaccio potesse sprigionare tanto fuoco.
- Ti prego, rispondimi! Stai bene?-
Lei annuì – L’ho trovata. –
Con uno sforzo quasi sovrumano si portò le mani al collo e estrasse da sotto i vestiti la catenina con la Giratempo che aveva appena rubato dall’ufficio della McGranitt.
Draco la guardò con un misto di terrore e sollievo e fece per prenderla, ma Hermione chiuse le dita attorno ad essa, portandosela di nuovo vicino al petto.
- Vado io. – Disse, con una voce talmente flebile da farla apparire più debole di quanto fosse in realtà.
- Non essere sciocca, sono io che devo farlo. Solo io posso fermare tutto questo. –
- Ti ucciderà! –
- No, se non mi faccio scoprire. –
- Ci sarà anche l’altro te. –
- Lo metterò fuori combattimento e prenderò il suo posto. –
Scosse la testa, mentre migliaia di piccole fitte le attraversavano il corpo – E’ troppo pericoloso! –
Un sorriso sghembo gli si allargò sul viso – Se con questo vuoi convincermi a mandare te al mio posto devi aver battuto la testa davvero forte. –
- Draco… -
- Hermione! – La interruppe lui – Non me ne starò con le mani in mano mentre tutto viene distrutto per colpa mia, mentre persone muoiono a causa di una mia stupida scelta. –
Era sicuro, dannatamente sicuro. Il suo volto rifulgeva dello splendore della determinazione. La risolutezza delle sue idee e dei suoi gesti si sprigionava dal suo corpo come mille scintille di fuoco.
Hermione non riuscì a controbattere.
- Sta’ attento. – Disse soltanto - Se ti dovessero prendere, se ti dovessero uccidere…-
- Non farò più ritorno, lo so. –
Altre lacrime le annebbiarono la vista, sfocando il suo volto come acqua su un dipinto – Draco… -
Lui le prese il volto fra le mani – Lo faccio soprattutto per te, non lo capisci? Per noi. Non potrei mai vivere con questo peso sulla coscienza, non riuscirei ad andare avanti se sapessi che c’era qualcosa che avrei potuto fare e l’avessi ignorata. Come potresti guardarmi con rispetto se facessi una cosa del genere? –
Lei scosse convulsamente la testa – Io non ti guarderei mai… -
- Ora forse no. Ma un giorno, fra un anno o dieci anni, quando ricorrerà questa data e ti ricorderai di tutte le morti che ci sono state in questo giorno, mi guarderai con biasimo e mi chiederai perché non ho fatto niente per impedirlo. Io, che potevo davvero fare qualcosa.-
Com’era diverso dal ragazzo che aveva conosciuto parecchi anni prima, quello che non avrebbe esitato un attimo a scappare per salvarsi la pelle, o che avrebbe appoggiato la parte più forte solo per poter godere di un maggiore prestigio e di una maggiore  protezione.
Si chiese quando fosse cambiato, quando il ragazzo vigliacco e presuntuoso avesse lasciato il posto a quel giovane uomo pieno di coraggio. Quando fosse comparsa quella scintilla di ardore nei suoi occhi, quando era stata sostituita alla freddezza glaciale sotto il quale non si percepiva niente, se non un abisso di gelo e di vuoto.
Forse era stato nel momento in cui aveva mentito per salvare Harry dalle grinfie di sua zia e dei suoi genitori, a Villa Malfoy. Forse era stato nel momento in cui aveva assistito alla tortura atroce che sua zia Bellatrix aveva inflitto a lei senza nessuna pietà.
Forse era stato in quel momento che il tarlo del dubbio e della colpa si era insinuato tra le crepe di quella  superficie ghiacciata che era la sua anima.
Forse per questo era fuggito insieme a loro, aggrappandosi a Dobby prima che li materializzasse sulla spiaggia di fronte a Villa Conchiglia, mille miglia lontani da tutto quel dolore. Anche se il dolore, aveva imparato presto, ti segue come un’ombra, indifferente al posto in cui vai, incurante di quanto tu possa andare lontano.
Lei se lo portava dietro da anni quel dolore e forse, lo capiva solo adesso, se lo portava dietro anche lui.
- Tornerò indietro nel tempo, al momento in cui ho fatto entrare i Mangiamorte nel Castello. Distruggerò l’Armadio Svanitore in modo che nessun altro possa più usarlo. Impedirò che avvenga tutto questo. Io ho dato inizio a tutto, io ho permesso al male di penetrare queste mura e io vi porrò rimedio. -
Poi le aveva dato un bacio sulle labbra, dolce ed intenso, e lei aveva impedito alla sua mente di pensare che fosse un bacio d’addio.
Mentre ruotava la clessidra, più e più volte, per ritornare indietro di un anno, lui la guardava e nell’istante immediatamente prima del suo scomparire sibilò tra le labbra due parole, due semplici parole che sarebbero state la sua forza e la sua condanna nei mesi a venire.

Stringeva talmente forte la piccola clessidra dorata che temeva le si frantumasse tra le dita.
Non era cambiato niente. Non era più tornato.
Se tutto fosse andato come previsto non ci sarebbe dovuta essere nessuna incursione nel Castello. Forse i Mangiamorte avrebbero trovato un altro modo per entrare o forse avrebbero spostato la battaglia finale su un altro campo, ma Hogwarts non sarebbe stata sotto il dominio dei Carrow, né sarebbe stata utilizzata per intimidire gli studenti, né come campo di battaglia per quella strage sanguinaria.
Se tutto fosse andato come previsto ci sarebbero stati sicuramente dei cambiamenti. Chi gioca con il tempo e muta anche un piccolo particolare insignificante non può non aspettarsi di trovare il proprio mondo stravolto una volta tornato.
E invece non era cambiato niente: la guerra era proseguita, gli studenti e gli Auror avevano continuato a morire… e lui non era ritornato.
Se tutto fosse andato come previsto sarebbe dovuto comparire nell’esatto punto da cui era partito.
Hermione aveva aspettato invano, con l’agitazione nel corpo e la speranza nel cuore, finchè questa non si frantumò del tutto una volta che Voldemort fu ucciso e lei aveva perlustrato personalmente l’intero Castello, senza trovare alcuna traccia di Draco.
Non era più tornata ad Hogwarts. In barba alla sua fama di celebre studentessa qual era non aveva mai terminato gli studi. Era troppo per lei ritornare lì dove tutto era cominciato e finito. Era sicura che avrebbe vissuto quei giorni con i fantasmi dei suoi amici e del suo dolore davanti agli occhi.
Perciò aveva accettato di buon grado l’impiego di Auror al Ministero della Magia assieme a Ron ed Harry, e quella che stava trascorrendo in quel momento era la prima parvenza di vacanza e normalità che aveva da mesi.
Almeno fino a quel momento.
- Dove l’hai presa? – Chiese con voce rotta, mentre cercava di scrutare, celati sotto al cappuccio, i lineamenti dell’uomo che aveva di fronte.
- Non posso dirtelo. – Disse dopo una pausa carica di tensione.
- Che significa che non puoi dirmelo? Sei stato tu a mandarmi quel messaggio, tu a dirmi di venire qui, tu a ridarmi la Giratempo che avevo dato a Draco… - La sua voce si ruppe, mentre il suo petto si alzava e abbassava frenetico, come se avesse appena finito una corsa. – Chi sei? Come hai fatto ad averla? –
Un ostinato silenzio si allargò tra loro, denso ed oscuro come le acque del fiume che scorreva loro accanto.
Hermione non lo potè più sopportare – Rispondimi! – Sbottò, avventandosi su di lui con entrambe le braccia e scagliando i pugni sul suo petto.
L’uomo, preso alla sprovvista, non fece in tempo a reagire e barcollò all’indietro, andando a sbattere contro il tronco della quercia, mentre il cappuccio gli scivolava via dal viso.
Hermione trattenne il fiato per l’orrore.
Lui le voltò immediatamente le spalle, ma ormai lei aveva visto. Aveva visto che in realtà quello non era affatto un uomo ma un ragazzo, probabilmente della sua età. Aveva visto che aveva i capelli chiari e lunghi e che gli nascondevano buona parte del viso. Aveva visto che portava una maschera, nera, come tutti i suoi abiti. Ma aveva visto anche qualcos’altro.
Un bagliore, il luccichio di qualcosa nel buio, come gemme di cristallo che rifulgevano di luce propria.
Si portò la mano alla bocca.
Il ragazzo fece per andarsene, ma lei fu più veloce e lo trattenne per un braccio.
- Lasciami andare. -
Quella voce. Quella voce che prima aveva tentato in tutti i modi di associare a qualcosa di familiare. Quella voce ruvida che grattava le note delle parole come una patina grottesca, sotto al quale si celava la sua vera identità, il suo vero timbro.
Non osava sperare così tanto.
Hermione non lo ascoltò. Al contrario, si pose di fronte a lui e lo girò in modo che le luminarie del parco facessero luce sul suo viso.
Il ragazzo teneva la testa bassa, mentre i ciuffi di quei capelli troppo lunghi gli coprivano il viso. Alzò una mano per spostarglieli, ma lui l’afferrò per un polso, agile e veloce come si ricordava che fosse.
- Non farlo! – La ammonì lui, ma non c’era nessuna minaccia nella sua voce. Piuttosto una preghiera, che non sarebbe stata ascoltata.
- Ho bisogno di farlo. Ho bisogno di vedere. – La voce di Hermione era decisa, sebbene un fremito di speranza misto a timore la faceva tremare appena.
Il ragazzo sospirò, come un lupo ormai in gabbia che ha perso tutte le speranze di essere liberato, e le liberò il polso, rassegnato ormai all’inevitabile.
Hermione allungò nuovamente le mani sul suo viso, spostando delicatamente i ciuffi biondi e posizionandoglieli dietro le orecchie. Una maschera di pelle nera copriva gran parte del volto. Lei la accarezzò delicatamente prima di sciogliere il laccio che la teneva legata, facendola scivolare al suolo.
Prima che questa toccasse l’erba fredda e rada del parco lei aveva già capito, mentre le sue dita tastavano esitanti la pelle lucida e martoriata del ragazzo che aveva creduto morto per mesi.
- Draco… -
Aveva gli occhi chiusi, ma lei lo aveva visto, inequivocabile, il bagliore che li contraddistingueva. Perciò non poteva sbagliarsi, quello era lui, anche se il suo volto non era più lo stesso.
- Draco. – Ripeté ancora. Ma lui si ritrasse dalle sue mani, come se non potesse sopportare quel tocco e quel tono di voce così sollevato, così intenso, così amorevole.
Riprese la maschera che era caduta a terra e se la rimise – Non guardarmi. Non voglio che tu mi veda così. Io…sono un mostro!-
Le girò nuovamente le spalle, allontanandosi da lei di qualche passo.
Guardandolo da quella distanza Hermione si chiese come avesse fatto a non riconoscerlo: la postura delle spalle, i movimenti, l’eleganza innata erano gli stessi che aveva visto per così tanti anni.
- Che cosa significa? Tu… come… - Deglutì rumorosamente, lo shock le aveva fatto perdere del tutto la voce e le aveva seccato la bocca - Perché non sei più tornato? -
Non era la prima domanda a cui aveva pensato. Ce n’erano altre che urlavano e spingevano sulle pareti del suo cervello. Come per esempio che cosa ci facesse a Parigi, perché fosse conciato in quel modo, perché non voleva che lei lo riconoscesse, dove fosse stato tutto questo tempo; ma inspiegabilmente questa era quella che le pesava di più sul cuore, quella che l’aveva fatta soffrire in maniera così inconsolabile in tutti quei mesi.
Lui emise uno strano suono, a metà fra uno sbuffo e una risata – Non è evidente? –
Hermione rimase perplessa – No, non lo è affatto. –
A quelle parole lui si voltò di scatto, mentre nei suoi occhi glaciali rifulgeva un ardore e una disperazione che lei non gli aveva mai visto prima.
- Hermione, guardami, non sono più io! – Urlò Draco strappandosi di nuovo la maschera dal volto e avvicinandosi a lei con una falcata.
Hermione trattenne il respiro, mentre la luce della luna illuminava un volto completamente devastato: la parte destra era interamente ricoperta da piaghe e la pelle era lucida e tesa, come se si fosse bruciata. L’occhio destro la scrutava da sotto una palpebra priva di ciglia e, ora che guardava bene, anche il sopracciglio era scomparso, facendolo apparire nudo e vulnerabile al cospetto di quello sinistro che rifulgeva ancora dell’antica bellezza. La bocca era ancora quella di un tempo, tranne che per una lunga cicatrice che gli tagliava di netto l’angolo destro. Anche i capelli erano più radi da quella parte sulle tempie, ma si vedeva che stavano ricrescendo.
Hermione ricacciò indietro il sapore amaro che aveva in bocca, fissando il suo sguardo in quello del ragazzo di fronte a lei.
- Ti sbagli, sei sempre tu. -
- Non è vero! – Sbottò Draco coprendosi il viso con le mani. – Sono un mostro, un essere deforme. Come potevo presentarmi a te in queste condizioni? Odiavo il pensiero di vedere l’orrore e il disgusto impresso sul tuo viso. –
- Ma che cosa stai dicendo? Io non ti avrei mai… -
- Non mentire! Ce l’hai anche adesso. –
Hermione barcollò all’indietro, come se Draco le avesse appena tirato uno schiaffo. Abbassò gli occhi e fece un respiro profondo, quando li rialzò erano duri e freddi come l’acciaio.
- L’orrore che mi vedi negli occhi è dato soltanto dal tuo comportamento. Tu mi hai fatto credere per tutto questo tempo che fossi morto. MORTO, non lo capisci? Come puoi pensare che per me fosse peggio vederti in questo stato? Come puoi pensare che il dolore che ho provato nel saperti perso per sempre fosse meglio di vederti vivo, solo con qualche graffio in faccia? -
- Qualche graffio? QUALCHE GRAFFIO?! Io sono stato bruciato con l’Ardemonio, Hermione! Sono stato scoperto e sono stato punito. Sarei morto se non fossi riuscito a scappare e ritornare al nostro tempo. Non ho risolto la situazione, non ho evitato che i Mangiamorte penetrassero nel Castello, non ho impedito a tutte quelle persone innocenti di morire. Non sono riuscito in niente! –
- Bè, benvenuto nel mondo degli eroi. Non sempre si riesce in quello che si fa. Non sempre le tue gesta e i tuoi sforzi portano a qualcosa di buono. Al contrario, certe volte lasciano cicatrici ben peggiori di quelle che hai sul viso. –
Hermione fece un respiro profondo, cercando di calmarsi. Poi si avvicinò a lui di qualche passo.
- Draco, guardami! – Quando lui non lo fece, lei gli mise due dita sotto il mento, costringendolo a voltare la testa verso di sé. – Come hai potuto pensare anche solo per un momento che io ti avrei rifiutato solo perché non sei riuscito nel tuo intento? O solo per…questo? – Disse, accarezzandogli delicatamente con le punta delle dita la parte di viso bruciata dall’Ardemonio.
Lui chiuse gli occhi a quel tocco, ma lei non seppe dire se fosse per il dolore, il piacere o la frustrazione.
- Queste cicatrici, che tu ostini a nascondere con tanta insistenza, sono il simbolo del tuo coraggio. Un promemoria che rimarrà per sempre, certo, ma di cui non dovresti mai vergognarti. Anzi, dovresti esporle con orgoglio. -
Draco alzò la mano, poggiandola su quella di Hermione e facendola scivolare davanti la bocca, inspirandone profondamente il profumo di vaniglia che emanava – Mi sei mancata così tanto! –
- E allora perché non sei venuto subito da me? – Ripeté lei con le lacrime agli occhi.
- Temevo che mi avresti guardato con disprezzo. Temevo il tuo giudizio. Io non sono alla tua altezza, Hermione, non lo sono mai stato. Ora meno che mai. – I suoi occhi chiari erano cupi di angoscia – Tu meriti di meglio e di certo il meglio non sono io. – Concluse abbassando lo sguardo.
- La smetti di essere così maledettamente egoista? – Sbottò lei infiammandosi di colpo.
Draco fu esterrefatto – Egoista?! Hermione, io sto solo… -
- Lo so cosa stai facendo. Ti stai crogiolando nell’autocommiserazione, stai annegando nel tuo stesso orgoglio ferito. Perché è di questo che si tratta, Draco, non di altruismo nei miei confronti. Tu non sai affatto cosa voglio io, non puoi dirmi cosa è meglio per me e non venirmi a dire che sei rimasto nascosto per tutti questi mesi perché ritenevi che non fossi alla mia altezza, perché non è vero. Tu l’hai fatto perché ti sentivi distrutto, ferito, fallito e questo riguarda te, non me. Altrimenti perché saresti venuto qui mascherato come un ladro con il chiaro intento di non farti riconoscere da me? Che cosa avresti fatto se io mi fossi presa la Giratempo senza tante domande? Te ne saresti andato senza dirmi che eri tu? Mi avresti fatto credere ancora che fossi morto? Rispondi! –
Hermione lo fissò con le guance arrossate dal freddo e gli occhi accesi dalla furia. Lui, al contrario, sembrava sbigottito, del tutto impreparato a quella scenata.
- Pensavo che saresti stata meglio senza di me. –
- E da cosa hai dedotto questa stupidaggine? Ripeto, tu non sai niente di quello che voglio io. -
- Dimmelo, allora. Dimmi quello che vuoi. –
- Voglio te! – Le loro voci si erano alzate fino all’inverosimile. Se non fosse stato l’ultimo dell’anno e se non fossero state quasi coperte dal frastuono gioviale della gente che aspettava festosa la mezzanotte, sarebbero stati certamente sentiti anche fuori dai cancelli del parco. – E’ così difficile da capire? Perché prima hai accettato così facilmente quello che provavo per te e ora invece no? –
- Perché prima ero diverso. –
- Diverso in cosa, Draco? IN COSA? Io ti amo, non lo capisci? Ti ho amato anche quando eri solo uno stronzo purosangue, ti ho amato quando ti sei ricreduto, ti ho amato quando sei scappato insieme a noi e ti ho amato quando hai deciso di fare qualcosa per risolvere la situazione. Non ho mai detto che avrei smesso di amarti se non fossi riuscito nel tuo intento o se fossi ritornato diverso da prima. – Lo guardò intensamente, cercando di fargli capire, attraverso gli occhi, la verità di quanto gli stava dicendo – Questo non mi fa cambiare idea – Disse, accarezzandogli nuovamente la pelle bruciata del viso – Non avrei cambiato idea nemmeno se fossi ritornato senza un braccio, completamente pelato o paralizzato. Tu, qui – Gli poggiò la mano sul cuore – Sei sempre lo stesso.-
Draco la guardava esterrefatto. Come era possibile che lei lo volesse ancora? Aveva passato tutti quei mesi credendo fermamente che sarebbe scappata inorridita al solo vederlo e invece…
Forse doveva ancora conoscerla a fondo, forse non aveva ancora carpito l’essenza nobile e magnifica che si celava dentro di lei, anche se la si poteva percepire dalla luminosità pura dello sguardo e dalla splendida fierezza del viso. Ma ancora doveva conoscerla e non avrebbe chiesto niente di meglio dalla vita se non impararla a memoria in ogni suo pregio, in ogni suo difetto, sapere ogni cosa che le avrebbe fatto rischiarare il volto in un sorriso o indurire i lineamenti in un cipiglio arrabbiato. Voleva carpire il segreto di ogni sua ruga e di ogni sua espressione, voleva leggerla come i libri che lei tanto amava.
- Avevo solo paura di un tuo rifiuto. Ma adesso ho capito che ero io a rifiutare me stesso. So bene di non essere il cuor di leone a cui tu sei abituata e non sono certo di riuscire a diventarlo mai; ma se mi accetti così come sono, Hermione, posso prometterti di non farti mancare mai il mio amore, sperando di rimediare a tutte le cavolate che ho fatto nella mia vita. -
Hermione lo abbracciò di slancio, stringendosi a lui così forte da sembrare che volesse fondersi con il suo corpo – Io ti ho già perdonato, Draco. Ma non sono così forte come sembro. Ho bisogno che tu mi stia vicino. Ho bisogno di te! Ti prego, non lasciarmi mai più da sola. – La sua voce sapeva di sospiri e di lacrime.
Draco la strinse più forte.
- Non lo farò. Te lo prometto! -
Quando i loro occhi si incrociarono di nuovo avevano lo strano bagliore delle stelle che rifulgevano nel cielo e che ammiccavano silenziosamente al loro cospetto: quella luminosità interna e inspiegabile che sprigionano solo le persone innamorate.
Da lontano si sentiva il conto alla rovescia di migliaia di persone unite in una sola voce. Quando le loro labbra si toccarono un boato di gioia e urla si propagò nell’aria come una bomba e i due ragazzi poterono intimamente immaginare che quelle persone stessero festeggiando anche per loro, mentre i fuochi d’artificio coloravano il cielo e scendevano sulla città incantata come polvere di stelle.

 

NOTE DELL’AUTRICE:

Salve a tutti. Se state leggendo questa piccola nota vuol dire che avete letto fino alla fine la mia one-shot e spero vivamente che vi sia piaciuta.
Avrei voluto pubblicarla il giorno di Capodanno, ma la stesura ha richiesto più tempo del previsto, quindi eccola qua, un po’ in ritardo ma presente (chi mi conosce sa già che cado spesso in questo difetto).
Piccolo appunto: io non sono mai stata a Parigi, quindi le descrizioni che ho fatto sono di mia totale invenzione; non prendetevela se ho detto assurdità.
Spero di leggere qualche commentino da parte vostra e vi invito, se volete, a cliccare Mi Piace anche alla mia pagina facebook Sundayrose Efp.
Un bacio a tutti.
Sundayrose

  
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