Serie TV > Castle
Segui la storia  |       
Autore: Thefoolfan    07/01/2014    4 recensioni
Seguito de "La storia continua...". Castle ripercorrerà alcune tappe importanti dell'ultimo anno trascorso, raccontando gli eventi più o meno felici che hanno condotto lui e Beckett a quel momento iniziale.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Quasi tutti, Richard Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Le storie di una vita'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


Castle si stropicciò gli occhi mentre andava a disegnare con un pennarello nero una x sul calendario, coprendo cosi il numero corrispondente al giorno appena cominciato. Sorrise nel vedere che il primo di ottobre, contrassegnato invece con un cerchio rosso, era ormai vicino. Solo qualche giorno d'attesa e poi la sua sospensione si sarebbe conclusa e nello stesso momento Beckett avrebbe assunto il suo nuovo ruolo da capitano, comportando si un aumento di responsabilità ma in particolare una diminuzione dei pericoli che poteva correre, ed era questo che premeva di più all'uomo. Richiuso il tappo del pennarello lo posò su uno dei ripiani in marmo dirigendosi poi in cucina dove la donna era indaffarata a preparare la colazione, destreggiandosi tra più pentole dalla quale usciva un invitante odorino.

“Siamo di buon umore stamattina”. Notò l'uomo sbirciando sopra i fornelli, dirigendosi verso il mobile sopra il quale era posata la macchinetta del caffè, con tutta l'intenzione di prepararsene uno per cominciare la giornata, ma la moglie lo fermò ancora prima che potesse accenderla.

“Potresti berlo quando sarò andata via?”. Gli chiese scambiandogli un occhiata per poi riportare le iridi sulla pentola facendo saltare su di essa il pancake. “Oggi è uno dei rari giorni senza nausea e vorrei evitare che l'odore del caffè me la facesse venire”. Spiegò vedendo l'ombra dell'uomo allontanarsi velocemente da quell'aggeggio per sistemarsi dietro di lei, muovendo una mano sul suo ventre.

“Mi sembra che la pancia non sia cresciuta molto in queste settimane, senza contare che mi sembri dimagrita”. Constatò dandole dei leggeri baci sul collo mentre faceva scivolare la mano libera sul suo braccio.

“Quasi un chilo e mezzo per colpa delle nausee ma la dottoressa ha detto che non c'è da preoccuparsi a meno che non continuo a diminuire. Perciò oggi approfitto del fatto che sto bene per riempirmi lo stomaco”. Spiegò colpendogli il dorso della mano con la forchetta quando lui cercò di afferrare alcuni pancake che lei aveva messo a raffreddare su di un piatto.

“Te la senti di far venire qua tutti stasera?”. Domandò Castle riempiendosi un generoso bicchiere di succo d'arancia. “Potremo sempre disdire e rimandare a un altro giorno”. Disse sorseggiando quello mentre Beckett gli passava il proprio piatto insieme allo sciroppo.

“Non credo che riuscirei a mantenere il segreto ancora per molto”. Appurò spegnendo i fornelli per andarsi ad accomodare a fianco del marito. “Mi chiedo anzi come ho fatto a resistere fino ad ora”.Continuò riempiendosi poi la bocca con quell'abbondante colazione, il tutto sotto lo sguardo attento e preoccupato di Castle che troppo spesso, secondo i suoi gusti, aveva assistito ai malesseri mattutini della donna. Mangiò distratto preso com'era a guardarla, a perdersi nei propri pensieri incentrati tutti su di lei, sorridendo debolmente vedendo come ella alternava quel pasto a un bicchiere di latte caldo, stupendosi ancora una volta di come le sue abitudini erano cambiate nel giro di poche settimane e del potere che quel bambino aveva già su di lei, su di loro.

“Allora ti occupi tu della spesa mentre io sono al distretto?”. Domandò con la bocca piena la donna, agitando per aria la forchetta guardandolo di sfuggita, non accorgendosi del modo in cui Castle la fissava.

“Lascia fare a me. Tu oggi dovrai rilassarti il più possibile, è il tuo giorno dopo tutto. Festeggiamo la tua promozione e la gravidanza quindi l'unica cosa che devi fare è goderti tutte le attenzioni che ti riverseremo”. Parlò facendo cadere gli occhi su quella pancia rotonda che provava a scoprire giorno dopo giorno, studiandola ogni sera con il proprio sguardo, ricoprendone ogni centimetro di baci e di carezze.

“Avanti a cosa stai pensando adesso?”. Interruppe i suoi pensieri Beckett voltandosi verso di lui, attenta a non perdere l'equilibrio dallo sgabello sulla quale era seduta, posando una mano su di esso e un altra sul bancone per essere più salda. “Ti ricordi cosa c'era scritto in quel libro? É importante che i futuri genitori si confidino le loro emozioni e paure”. Disse ridacchiando, sapendo bene quanto Castle non sopportasse l'idea di passare le serate a leggere i libri consigliati dalla dottoressa Hannigam, trovando certe descrizioni fin troppo dettagliate per lui. Per questo motivo gettò la forchetta sul piatto e lo scostò da se avendo perso del tutto l'appetito.

“Nessun pensiero negativo”. Sorrise sornionamente il detective avvicinandosi a lei dandole un lungo bacio. “Solo tante belle cose per la testa”. Continuò facendo scorrere il dito sul bordo della sua maglietta, tirandolo verso di se cosi da sbirciare nella sua scollatura, compiaciuto dell'effetto che la gravidanza stava avendo sul petto della moglie.

“Vediamo se sono le stesse mie”. Ribattè maliziosa Beckett andando a catturargli le labbra, facendo già scorrere le mani sotto i suoi vestiti, per sentire i muscoli della sua schiena contrarsi sotto il suo tocco. Castle rispose a quel bacio ma poi un campanello d'allarme gli risuonò nelle orecchie facendolo staccare d'improvviso, lasciando la donna ancora con le mani a mezz'aria, ferma nella stessa posizione anche se lui non era più tra le sue braccia.

“Devi andare a lavoro”. Asserì frettolosamente mentre sistemava le stoviglie che aveva usato, andandole a posare nel lavandino mentre Beckett lo guardava corrugando la fronte pensierosa.

“Da quanto non facciamo l'amore Rick?”. Il detective si irrigidì di colpo dandole la schiena, deglutendo a fatica mentre strizzava gli occhi. “Perchè dell'ultima volta ne ho giusto un vago ricordo”. Proseguì Beckett facendo dondolare la forchetta sopra il piatto che ancora aveva davanti a se, lasciandola cadere di tanto in tanto per andare a bucherellare il pancake. “Ma può essere a causa del fatto che è passato più di un mese”.

Castle posò entrambe le mani sul lavello e infossò la testa nelle spalle sbuffando sconsolato. Quell'ultima volta era ancora vivida nella sua mente. Le prime effusioni cominciate su quel divano dove lei lo aveva appena informato dell'arrivo del loro primogenito, quei tocchi delicati e attenti, quei baci leggeri, quei sospiri sussurrati. Dovette scollare il capo per togliersi quelle immagini e quei suoni dalla testa, cominciando già a subire gli effetti di quei ricordi.

Beckett interpretò negativamente quel suo prolungato silenzio. Finì di bere il bicchiere di latte ormai freddo e scese dallo sgabello pulendosi la maglietta dalle briciole.

“Se è già adesso cosi non oso immaginare quando sarò grassa come una balena.”. Commentò spiando di sottecchi il marito sperando di scatenare in lui un qualche tipo di reazione che in effetti avvenne.

Castle girò il collo e andò a fissarla leggermente infastidito mentre lei rispondeva con un alzata di spalle.

“Le balene sono i miei animali acquatici preferiti quindi non c'è problema”. Scherzò andando a riavvicinarsi a lei, portando una mano all'altezza del suo volto cosi da nasconderle una ciocca di capelli dietro l'orecchio, facendo poi scivolare le dita sul suo collo.

“Quanto sei stupido”. Affermò Beckett tirando verso il basso un lembo della sua maglietta.

“Ti trovo bellissima Kate, ancora più bella di quanto non lo fossi già”. Affermò sedendosi sullo sgabello davanti a lei, incurvando la schiena verso la moglie abbassando il capo cosi da ricercare il suo. “E questa panciottina è alquanto attraente”. Ridacchiò muovendo le dita sul suo ventre, posando ancora e ancora il palmo su di quello.

“E allora perchè a mala pena mi sfiori?”. Gli domandò guardandolo negli occhi, vedendo come lui si fece improvvisamente amareggiato. “Sono la solita di sempre Rick, non sono malata, sono solo incinta”. Appurò portando entrambe le mani sul suo collo, muovendo i pollici cosi da accarezzargli la pelle sotto l'orecchio, sentendo sotto di esse il battito debole del suo cuore.

“é appunto per questo”. Inarcò la bocca il detective inclinando al contempo la testa. “Ai miei occhi sei diventata improvvisamente fragile, cosi tanto che ho paura anche a stringerti troppo. Non mi perdonerei mai se facessi del male a te o al bambino”. Beckett inspirò profondamente, lasciando passare alcuni secondi di totale silenzio.

“La dottoressa ha detto che...”. Enunciò facendo un passo verso di lui, scontrandosi contro le sue ginocchia mentre faceva scivolare le mani dal suo collo lungo il petto del marito, fermandosi sopra l'elastico dei suoi pantaloni.

“Lo so che ha detto, c'ero anche io”. Le ricordò quasi infastidito, alzando gli occhi al cielo guardando nella direzione opposta per poi scrollare il capo, andando ad afferrarla per i fianchi, tenendo la stoffa della sua maglietta tra le dita. “Stare tranquilli, non esagerare, non sono aggettivi che mi si possono attribuire. Per me sarebbe più facile stare calmo davanti a un plotone di esecuzione che non perdere il controllo mentre faccio l'amore con te”. Si bagnò le labbra chiudendo le palpebre, sentendo sulla sua pelle gli occhi tristi ma comprensivi della moglie.

“Non fare l'amore ”. Continuò con una smorfia dipinta sul volto. “è un piccolo prezzo che sono disposto a pagare per assicurarmi che voi stiate bene”.

“Ma non lo voglio pagare io”. Protestò Beckett compiendo un passo indietro, alzando una mano all'altezza del suo capo cosi da massaggiarsi la fronte. “Capisco il tuo discorso se ci fossero stati dei problemi ma sia io che il bambino stiamo bene”. Affermò indicando prima lei e poi il proprio ventre, parlandogli con fervore ma allo stesso lentamente cosi che potesse comprendere anche il suo punto di vista. “Non voglio rinunciare alla nostra intimità se non c'è una valida ragione. É anche il modo in cui ci amiamo che rende il nostro rapporto speciale. Non voglio che le cose si incrinino tra noi proprio adesso che stiamo vivendo il momento più bello della nostra vita”. Castle conficcò le dita nel cuscino dello sgabello, guardando verso il basso mentre dava dei calcetti alle gambe di metallo di quello. Sentiva nella voce della moglie una nota di malinconia, cercando di nascondere quanto quella cosa la infastidisse, eppure lui non faceva nulla per spiegarsi.

“Almeno guardami quando ti parlo, per favore”. Castle sollevò lentamente gli occhi andando a cozzare con quelli verdi e intensi di Beckett ancora ferma a qualche passo da lui. La donna inspirò profondamente, incrociando le braccia al petto e mettendo in maggior evidenza la pancia sotto di esse.

“Posso rinunciare a qualunque cosa durante questa gravidanza ma sicuro non voglio rinunciare a te. So che le cose sono cambiate e cambieranno ma al contempo voglio che tutto rimanga com'era, almeno tra di noi”. Disse prima di sentire il proprio cellulare richiamarla all'attenzione. Attese fissando Castle, aspettando che lui la fermasse dall'andare a rispondere ma invece il marito non si mosse, anzi andò lui stesso a prenderle il telefono.

“Beckett”. Disse rispondendo mentre seguiva con gli occhi l'uomo che si aggirava taciturno per la cucina, andando ad afferrare una mela dal cestino della frutta andandole a dare un sonoro morso.

“D'accordo Espo ci vediamo sulla scena del crimine”. Affermò facendo voltare di colpo il marito che rimase ancora con il pezzo di mela tra i denti, masticandola lentamente mentre preoccupato andava a studiarla.

“Non dovresti andare, potrebbe essere pericoloso”. Appurò masticando lentamente, rincorrendola quando Beckett uscì dalla cucina senza dire una parola, senza illuminarlo su quanto gli aveva detto il collega.

“é sulla Lincoln, non corro alcun pericolo”. Ribattè salendo lentamente le scale per non rischiare di perdere l'equilibrio mentre si voltava verso di lui che si era fermato ai piedi di quelle, appoggiandosi al muro sempre sgranocchiando quel frutto.

“Non vedo l'ora che arrivi martedi. Tu dentro all'ufficio del capitano ed io di nuovo al distretto. Cosi almeno fermerò i vari infarti che mi colpiscono ogni volta che esci di casa senza di me”. Beckett si soffermò a notare la distanza che c'era tra di loro, nonostante l'avesse inseguita Castle non si era del tutto avvicinato, aveva mantenuto quei metri di distanza, cosa che faceva spesso in quei giorni, avvicinandosi solo quando lei era la prima a cercarlo, quando era lei a cercare il contatto. In alcuni giorni, sopratutto quelli in cui si svegliava già stanca e irritata non le davano fastidio quei comportamenti, anzi da un lato era quasi contenta che lui le concedesse quegli spazi. Da quando però le nausee erano diminuite aveva cominciato a sentire sempre di più la mancanza di quelle attenzioni, desiderandole come in quella mattina. Peccato che Castle non volesse collaborare per chissà quale strana ragione.

“Cominci già a trovarmi poco attraente non è cosi? “. Domandò d'improvviso facendo strozzare il marito con un pezzo di mela tanto quella domanda era inaspettata. “Non che mi stupisca dato che fino a ieri mi tenevi i capelli mentre vomitavo”. Il detective ridacchiò dandosi alcuni pugnetti all'altezza dello sterno per mandare giù quel boccone mentre Beckett sbuffava dandogli le spalle, pensando di non essere presa sul serio.

“Fidati non è per quello che non faccio l'amore con te”. Disse distratto lui accorgendosi delle parole appena uscite dalla sua bocca solo quando Beckett scese alcuni gradini in sua direzione.

“Allora perchè non lo fai?”. Domandò lei facendo un gradino per volta, avvicinandosi maliziosamente a Castle, ma agli occhi dell'uomo quei suoi movimenti più che sensuali sembravano minacciosi.

“I ragazzi ti stanno aspettando, è meglio che vai”. Asserì staccando dal muro e scomparendo dalla vista della moglie dietro di esso.

“Piuttosto che rispondermi sei capace di gettare me e nostro figlio fuori di casa ad affrontare chissà quale pericoloso criminale”. Brontolò lei a braccia conserte fermandosi a metà scala, lasciando che nonostante tutto un sorriso le si formasse sulle labbra.

“Sarei capace di peggio, molto peggio”. Constatò lui facendo capolino con la testa da dietro la parete, mandandole un bacio prima di scomparire nuovamente.

“Non credergli piccolino”. Bisbigliò accarezzandosi la pancia da sopra la maglietta mentre risaliva le scale per andarsi a preparare per la nuova giornata di lavoro. “Il tuo papa ci adora”.

 

AL distretto Beckett si ritrovò di nuovo ad essere spazientita e irritata, sia per colpa di Castle e delle sue mancate risposte, sia a causa del caso che si trovava ad affrontare insieme ai suoi colleghi, aspettando i risultati della scientifica che tardavano ad arrivare.

“Tutto a posto Beckett?”. Le domandò Esposito avvicinandosi alla sua scrivania, portando con se una tazza fumante, avendo visto come la collega bevesse con maggior frequenza in quella giornata.

“Si, non vedo solamente l'ora che questa giornata finisca”. Commentò andando distrattamente a muovere la mano su e giù contro il proprio ventre. “Voglio solo andare a casa, farmi un bagno caldo e poi rilassarmi con voi questa sera. Ho proprio bisogno di una serata tra amici prima di iniziare questa nuova avventura da capitano”. Continuò passandosi le mani sulla faccia, cercando di levare via la stanchezza e il pensiero delle lunghe ore che ancora doveva passare prima di poter abbandonare quei luoghi.

“E tra poco arriverà anche la sorella della vittima e non so dove troverò le forze per parlarle”.

“Magari questo ti aiuterà”. Disse porgendole la tazza che Beckett andò a fissare dubbiosa. Doveva inventarsi una scusa per rifiutare quel caffè, la dottoressa gliel'aveva sconsigliato e di certo non aveva intenzione di andarle contro, nonostante sapesse che una tazza non sarebbe stata la fine del mondo, ma non voleva correre rischi.

“Tranquilla è solo thè caldo”. Affermò Esposito quasi le avesse letto nella mente, poggiando la tazza davanti a lei cosi che potesse controllare. La donna andò a prendere quel pezzo di ceramica con entrambe le mani, soffiandoci dentro prima di tornare a fissare il collega. Lo studiò per diversi istanti, notando un sorriso nascosto sotto la sua dura espressione.

“Tu lo sai”. Appurò spalancando gli occhi, bisbigliando decisa vedendo il cubano cominciare a ridacchiare divertito. “Te l'ha detto Rick?”. Domandò incredula che il marito avesse già diffuso la notizia senza avvertirla, senza rispettare l'accordo che aveva fatto.

“No, lui non ha detto nulla”. Scosse il capo Esposito andando cosi a salvare il collega. “Ma sono un detective, è il mio lavoro notare quei piccoli dettagli e di certo non mi è sfuggito il fatto che non bevi più caffè da settimane, aggiungendo le sempre più frequenti visite ai bagni e non da meno il fatto che compì spesso quel gesto”. Affermò indicando con le dita la mano della donna ancora ferma sopra il proprio stomaco.

“E Ryan lo sa?”. Volle sapere cosi da conoscere fino a che punto la sorpresa che avevano intenzione per quella serata fosse stata rovinata.

“Per un uomo appena diventato padre questi particolari avrebbero dovuto far scattare qualcosa, ma stiamo parlando di Ryan. Per lui hai solo messo su qualche chilo”. Beckett gonfiò le guance infastidita dal fatto che il collega la considerasse ingrassata, dimenticandosi velocemente la linea invidiabile che aveva mantenuto in tutti quegli anni.

“Non volevamo tenervelo nascosto. Aspettavamo solo il momento adatto per farlo, che tutto fosse a posto”. Spiegò abbassando lo sguardo, sorridendo mentre la mano si muoveva ancora sopra la maglietta.

“Non ti devi giustificare di nulla. Sono contento per voi”. Affermò Esposito aggirando la scrivania fino a portarsi di fianco alla collega. “Congratulazioni”. Disse inclinandosi verso di lei cosi da darle un bacio sulla guancia.

“Meglio non dire a Castle di questo tuo gesto”.

“Io invece speravo proprio che glielo dicessi. Adoro farlo arrabbiare”. Ridacchiò il cubano vedendo la donna scrollare il capo, tornando poi alla propria scrivania a svolgere il proprio lavoro.

 

Beckett si concesse un altro sorso di thè e poi guardò l'orologio. La sorella della vittima non era ancora arrivata, cosi come non erano ancora giunti i risultati della scientifica, era completamente ferma e questo cominciava a farla annoiare. Si guardò attorno e notò l'ufficio del capitano vuoto. La Roalstad era andata via diverse ore prima per partecipare a una riunione con i grandi capi e ancora non aveva fatto ritorno. Timidamente si alzò dalla propria sedia e si diresse verso quello stesso ufficio, chiudendo la porta dietro di se cosi da rimanere sola. Un paio di giorni e quella stanza sarebbe stata tutta sua ma la trovava estremamente grande, del tutto inutile per il tipo di lavoro che avrebbe svolto. Si diresse verso la scrivania e andò ad accomodarsi sulla sedia in pelle nera che era stata ancora prima di Montgomery e che lei considerava come un oggetto sacro, sentendosi orgogliosa di poterla occupare anch'ella.

Si guardò attorno e per un istante si sentì sola. Le faceva strano non avere davanti a se i colleghi, e ancora di più sentiva già la mancanza dell'immancabile sedia al suo fianco occupata perennemente dal marito. Cosi cominciò a pensare alle cose positive, a come avrebbe riempito quella grande scrivania con più e più fotografie raffiguranti la sua famiglia, sistemandole con cura in mezzo a quei soprammobili dalla quale non riusciva a separarsi nonostante le obiezioni di Castle.

“Almeno ci sarà spazio per tutti e due”. Disse parlando a voce normale non avendo paura di essere sentita dato lo spessore dei vetri e la poca attenzione che gli altri agenti avevano nei suoi confronti. “E chissà magari qualche giorno lo sfrutterò portando qui un box, cosi potrai venire al lavoro con mamma e papa”. Parlò ancora immaginandosi davvero quell'oggetto occupare una piccola porzione della stanza e dentro di esso un bambino o una bambina dagli occhi curiosi che si divertiva a giocare con chissà quale pupazzetto.

Si rilassò su quella sedia, spalancò gli occhi appagata mentre ascoltava il silenzio, la quiete di quella giornata, guardando fuori dalla finestra, la luce tenue del sole che filtrava attraverso i vetri oscurati, quello stralcio di paesaggio che sembrava cosi lontano dalla città in cui viveva, quasi si ritrovasse in tutt'altro luogo, solo lei, con quella creatura che le cresceva dentro.

“In un altra vita mi sarei considerata pazza a parlarti come sto facendo ora”. Riprese a parlare appoggiando la testa contro lo schienale della sedia. “Ma in quella vita non avevo la minima idea di cosa volesse dire averti dentro di me, e forse non ce l'ho nemmeno ora. Ma non importa, non voglio capirlo, non ancora, voglio solo viverlo questo momento. Sognarti diverso ogni notte, ma sempre con gli stessi occhi, sempre con lo stesso sorriso, quello di tuo padre, che custodisce l'immenso potere di portare la luce la dove c'è buio. ” SI fermò la donna inspirando diverse volte con pigrizia, andando a scrutare i colleghi per qualche secondo, presi dal loro lavoro, ma senza il bisogno di un suo intervento. “Chissà se mi ascolti quando ti racconto di tutte le paure che provo in queste settimane, e che proverò nei prossimi mesi, e delle certezze che mi doni, della forza che mi fai scoprire.” Un lieve sorriso si formò sulle labbra della donna mentre sentiva il battito del proprio cuore aumentare d'intensità. “Comunque sia te lo prometto, non smetterò mai di parlarti, di spiegarti ciò che accade qui fuori, voglio che tu capisca fin da subito quanto amore ti circonda, quanto siamo fortunati ad averti”.

 

Quando le porte dell'ascensore si aprirono davanti a Beckett la donna sentì della musica aleggiare sul piano dove si trovava il suo appartamento. Di primo istinto le venne di dare la colpa al figlio adolescente di qualche vicino ma ascoltando bene capì che non poteva essere, quella che udiva era musica classica. Dirigendosi verso la propria casa il suono si fece più forte e i sospetti ricaddero invece sul marito, avendone la conferma una volta giunta davanti alla porta.

Fece scattare la serratura per ritrovarsi in un appartamento completamente diverso da quello che aveva lasciato quella stessa mattina. I divani erano stati spostati per lasciare il posto a un lungo tavolo dove già erano posati sopra alcuni stuzzichini, mentre più e più striscioni erano appesi alle pareti. Si tolse la giacca andando a riporla nello sgabuzzino, liberandosi poi delle scarpe prima di andare alla ricerca del marito, approfittandone per controllare come lui avesse sistemato la stanza. Le sedie erano già a posto, cosi come i bicchieri, le bottiglie, persino le candele che aveva disposto su più credenze ad abbellire quello spazio. Si era dato da fare, noto tra se e se, sentendo una nuova canzone prendere il posto di quella udita prima. Diede uno sguardo alla cucina e alla scale, non vedendo però comparire Castle, e cosi si diresse allo stereo con l'intenzione di abbassare il volume. Accanto ad esso vide custodie di cd sconosciuti. Curiosa li prese in mano studiandone uno dopo l'altro, alcuni erano di compositori famosi come Mozarth, o lo stesso Bach che stava risuonando in quel momento. Castle doveva averli comprati quello stesso giorno, seguendo il consiglio della dottoressa che suggeriva di ascoltare musica classica durante la gravidanza, informandoli degli effetti positivi che avrebbe avuto sul bambino. Un altra custodia però era completamente bianca, non vi era scritto nulla e quello le bastò per stuzzicare la sua curiosità. Stoppò il cd e lo sostituì con quello nuovo e poi attese che la musica partisse, preparandosi al peggio conoscendo bene il marito.

Fu sorpresa di non sentire il ritmo canzonato della musica rock o pop più congeniali al detective, invece alle sue orecchie giunse una musica lieve, quasi impercettibile inizialmente, il suono prodotto da dita abili che si muovevano con agilità sui tasti di un pianoforte.

“Mi è sempre piaciuta la colonna sonora di Forrest Gump. Mi rendeva allegro e speranzoso”. Disse Castle comparendo davanti a lei con indosso un paio di jeans chiari e una camicia aperta, sotto la quale poteva vedere una maglietta grigia con al centro il volto minaccioso di Dart Vader.

“Sai, dopo essere andato a comprare quei cd mi sono messo ad ascoltarli”. Spiegò indicando le custodie che la donna aveva rimesso al loro posto sulla mensola. “Saranno anche belli per alcuni ma a me personalmente non mi dicevano niente perciò ho deciso di fare un cd tutto mio. Voglio che nostro figlio ascolti della musica che gli evochi qualcosa, che lo faccia sognare, che lo faccia sorridere anche se è ancora dentro di te”. Continuò fermandosi davanti a lei, posando entrambe le mani sul suo ventre, guardandolo felice, con un leggero sorriso sulle labbra che racchiudeva ogni sua emozione.

“E a te cosa ti fa sognare?”. Domandò Beckett avvolgendo le braccia intorno al suo collo, tenendosi in equilibrio contro il suo petto mentre si alzava sulle punte avvicinando il più possibile i loro volti. “Una piuma che svolazza leggera e che poi si posa sulla tua scarpa”.

Castle ridacchiò divertito mentre negava con il capo, andando a stringere ancora di più con le braccia. “La donna che amo che culla contro il proprio petto mio figlio, asciugandogli le lacrime e cantandogli la ninna nanna, mentre io la guardo meravigliato da come riesce a rendere tutto cosi perfetto solamente essendoci, dicendomi che mai avevo visto niente di più bello”.

Beckett non mutò espressione, rimanendo seria mentre posava una mano sulla sua guancia che lui prontamente andò ad afferrare.

“é un bambino fortunato nostro figlio”. Affermò solo prima di andarlo a baciare, aggrappandosi alla sua maglietta mentre lui si sforzava di non schiacciarla contro di se.

“Tra poco arriverà Alexis”. La informò Castle staccandosi da lei, dandole le spalle mentre spegneva lo stereo, non vedendola cosi sbuffare annoiata per quel suo  rinnovato comportamento. “Le ho detto di venire qui prima degli altri perchè voglio dirle del bambino in privato, se a te non dispiace”.

Beckett si voltò a guardarlo negando con il capo, sorpresa che il marito già non avesse informato la sorella di quella piccola addizione alla loro famiglia. Immaginava che di certo non fosse stato facile per lui mantenere il segreto dato il rapporto che aveva con la ragazza, avendola sempre informata per prima di ogni cambiamento della sua vita.

“Vado a darmi una rinfrescata e a cambiarmi allora”.Disse la detective dirigendosi verso le scale.

Castle si morse un labbro e decise di tenere occupato quel poco tempo libero che ancora avevano controllando che tutto fosse sistemato. Ripercorse il tavolo, assaggiando velocemente qualche stuzzichino, tirandone bene la tovaglia che lo copriva, allineando con cura i tovaglioli e i flute sopra il vassoio in acciaio. Dopo di che fece qualche passo indietro, cosi da avere una visuale completa della sala, soddisfatto del risultato che aveva ottenuto. Si diresse allora verso le scale, facendo alcuni gradini correndo, quando si dovette bloccare sentendo il campanello suonare. Corrugando la fronte guardò l'orologio al proprio polso chiedendosi chi potesse essere a quell'ora dato che gli invitati sarebbero dovuti giungere da li a un ora. Tornando sui suoi passi andò ad aprire la porta contento di veder comparire dietro di essa la sorella.

“Ho pensato che ti serviva una mano a preparare dato che Kate ha lavorato tutto il giorno e sarà stanca”. Spiegò la sua presenza andando ad abbracciare il fratello.

“Grazie per il pensiero ma è già tutto pronto”. Ribattè aiutandola a togliersi il giubbotto, andando a ritirarlo nello sgabuzzino mentre la ragazza entrava nella sala, stupefatta del lavoro compiuto dal Castle.

“Quale ditta hai assunto per riuscire a sistemare cosi bene?”. Scherzò la giovane manifestando lo stesso vizio del fratello, mettendosi davanti al tavolo imbandito scegliendo quale stuzzichino assaggiare per primo dando cosi tregua a quell'improvvisa golosità.

“Gentile”. Affermò lui offeso con una leggera smorfia, prendendola per una mano facendola accomodare sul divano.

“Vado a prenderti qualcosa da bere. Acqua o una bibita?”. Le chiese mentre già si stava dirigendo verso la cucina, sfregandosi le mani impaziente di rivelarle quel loro piccolo segreto, ma doveva ancora resistere qualche minuto, voleva farlo con Beckett presente.

“Andiamo Rick, ho 24 anni, credo che un bicchiere di vino posso concedermelo no?”. Castle storse il naso ma alla fine ritrasse dal frigo una bottiglia di vino rosso già aperto e riempì mezzo calice per Alexis e uno più abbondante per se prima di tornare in sala.

“Kate, è arrivata Alexis”. Urlò fermandosi ai piedi delle scale per avvisare cosi la moglie prima di procedere di nuovo per il suo cammino.

“Non dirlo a papa però”. La ammonì porgendole il bicchiere, controllando quanto lei ne andasse a bere prima di concedersene un sorso lui stesso.

“Allora perchè mi hai chiesto di venire prima degli altri?”. Domandò d'improvviso la ragazza e Castle si ritrovò a guardare nella direzione opposta nella speranza di vedere Beckett scendere il prima possibile, sapendo che sotto le domande insistenti della sorella alla fine avrebbe ceduto.

“Cosi”. Disse criptico, facendo le spallucce e tornando a riempire la bocca con del vino cosi da avere una scusa per tacere.

Alexis inarcò un sopracciglio guardandolo guardinga mentre lui si sforzava a far finta di niente, voltando lo sguardo da lei in modo da non incrociare i suoi occhi alla quale non avrebbe saputo resistere.

“Richard Castle che cosa hai fatto?”. Domandò perentoria la ragazza alzandosi dal divano, sistemandosi di fronte a lui mettendosi le mani ai fianchi, una posa che molto gli ricordava quella di sua madre o di Beckett quando lo rimproveravano per qualcosa e anche con la sorella si sentiva nello stesso modo, con un mirino puntato dritto alla testa senza via di scampo.

“Ehi Lex ben arrivata.”. La moglie lo salvò proprio mentre stava per aprire bocca, scendendo dalle scale indossando ancora gli abiti da casa, dei pantaloncini bianchi e una maglietta rosa, con i capelli ancora umidi raccolti in una cosa di cavallo.

“Nick non c'è?”. Le domandò non vedendo il ragazzo accanto alla cognata, spostando poi il proprio sguardo sul marito che le sussurrò un grazie anche se non ne capì il motivo.

“Si scusa molto ma il redattore del giornale ha voluto farlo assistere all'intervista di un politico e non ha potuto dire di no”. Spiegò brevemente prima di tornare a guardare torvo il fratello. “Tu sai cosa mi sta nascondendo Rick?”. Chiese a Beckett che intanto si era andata ad accomodare sul divano prima occupato dalla giovane.

“In effetti si”. Disse la detective non riuscendo a reprime l'ampio sorriso che le si era formato sulle labbra, sistemandosi meglio sul divano inspirando profondamente, lanciando un occhiata complice al marito.

“Che succede?”. Insistette Alexis non intuendo la causa di quegli sguardi, fissando prima Castle e poi Beckett studiando i loro volti, chiedendosi quale fosse il motivo per cui avessero quell'aria cosi sognante. Ci pensò poi Castle a porre fine a quel suo struggersi.

“Kate è incinta”.

Alexis andò a guardare la donna che le annuì con il capo e un secondo dopo le corse incontro cacciando un urlo di gioia, gettandola sul divano insieme a lei. Castle fece un passo avanti allungando le braccia verso di loro, preoccupato che si fossero fatte male, ma alle sue orecchie giunsero solo delle risate divertite alla quale andò ad aggiungere le proprie.

“Diventerò zia”. Constatò semplicemente la più giovane ritrovandosi a terra in ginocchio dando cosi modo a Beckett di rimettersi seduta, coprendosi il volto con le mani ritrovandosi sull'orlo di piangere.

“Se piangi tu finisce che piango anche io”. Ridacchiò Beckett asciugandosi con l'indice gli occhi già umidi, pentendosi di aver già cominciato a truccarsi, ritrovandosi cosi costretta a rifare tutto da capo.

Un altra risata lasciò la bocca di Alexis e la giovane si gettò ancora tra le braccia della detective, sussurrando parole udibili solo a lei.

“Ehi, ho contribuito anche io a tutto questo, credo di meritarmi un abbraccio”. Si intromise Castle allargando le braccia sentendosi dimenticato dalla sorella che aveva prestato tutte le sue attenzioni solo sulla cognata e non su di lui.

“Congratulazione fratellone”. Disse Alexis andando da lui per dargli ciò che voleva. “Mamma e papa lo sanno già?”. Chiese la giovane venendo sollevata da terra mentre il detective l'abbracciava ancora più forte contro di se, sentendola di nuovo piccola tra le sue braccia.

“No. Volevo che tu fossi la prima a saperlo ufficialmente. Sei l'unica a cui tenevo particolarmente dirlo”. Affermò con tono dolce l'uomo, sentendosi ancora più legato alla sorella in quel momento di gioia.

“Te che diventerai padre, chi l'avrebbe mai detto”. Commentò la ragazza asciugandosi una lacrima con una mano mentre l'altra la teneva all'altezza del cuore del fratello. “Ma è quello che ti meriti. Hai dato tanto, a tutti, anche a completi sconosciuti. Ora è il tuo momento per essere felice e avere ciò che hai sempre desiderato”.

 

Meno di un ora dopo la parola quiete aveva abbandonato del tutto quella casa. Tutte le famiglie erano riunite in allegria nel salotto, accompagnando alle parole e alle risate del buon vino e degli ottimi stuzzichini e pasticcini portati da Jenny e Lanie. Ryan, Esposito, Alexander e James chiacchieravano di sport, ascoltando uno gli aneddoti dell'altro sulla propria carriera agonistica liceale. Martha e Johanna facevano da babysitter al piccolo Colin, dando la possibilità alla signora Ryan di divertirsi insieme alle amiche. L'unico sempre in movimento era Castle, che più volte aveva fatto avanti e indietro dalla cucina per sostituire le bottiglie vuote con quelle piene, tornando a riempire i vassoi vuoti con le più prelibate cibarie, il tutto per non far muovere un dito alla moglie non volendola in alcun modo stancare.

Solo di tanto in tanto si fermava per controllare che stesse bene, che non fosse stanca dopo la lunga giornata di lavoro, e di nuovo tornava ai propri compiti quando la vedere sorridere spensierata.

“Ehi Richard dici che mi dona?”. Gli chiese sua madre vedendolo passare davanti al divano dove era seduta insieme a Johanna, accoccolandosi ancora più contro al bambino che teneva stretto al petto.

“Trovo che ti ringiovanisce”. Commentò notando i segni del rossetto che la donna aveva lasciato sulla nuca di Colin, cominciando a immaginare la reazione della donna alla notizia della gravidanza.

Martha non aveva mai tenuto segreto il suo desiderio di diventare nonna nonostante lo stesso Castle le avesse più spesso fatto notare che l'aver un nipote l'avrebbe fatta scontrare con la dura realtà che in effetti non era più giovane quanto si credeva eppure lei ogni volta lo contraddiva immediatamente ripetendogli che il diventare nonna le avrebbe fatto vivere una seconda giovinezza.

Sospirò mentre estraeva dal frigo la bottiglia di Champagne, la migliore che aveva trovato, non preoccupandosi del fatto che gli fosse costata quasi metà del suo stipendio, dovevano celebrare l'arrivo al meglio di suo figlio.

“Sembra che tu stamattina a colazione abbia mangiato pane e agitazione”. La voce di Beckett lo fece girare di scatto verso di lei che se ne rimaneva in piedi contro il ripiano della cucina.

“Vuoi goderti un po' questa serata o preferisci correre avanti e indietro come una macchinina”. Continuò strappandogli di mano la bottiglia posandola dietro di se.

“Si nota cosi tanto che sono agitato?”. Domandò ridacchiando mentre si grattava il retro della nuca, non avendo fatto caso al modo in cui lui stesso si comportava, essendo in preda a strane emozioni che gli impedivano quasi di pensare, solo di compiere quelle poche azioni che si era programmato in precedenza.

“Un pochetto”. Strizzò gli occhi la detective mimando la quantità con le dita mentre si avvicinava a lui. “Hai portato in sala tanto di quel mangiare e quel bere che potremmo andare avanti per giorni senza accorgerti che nessuno lo sta toccando presi come sono a parlare. Più volte Ryan ed Esposito ti hanno invitato ad unirti a loro, tu rispondevi di si ma poi sparivi di nuovo in cucina. Anche tua madre ha cercato di fermarti ma tu nulla perciò perchè adesso non ti siedi, non ti rilassi, e lasci fare qualcosa a me”.

Castle gonfiò le guance pensieroso mentre le prendeva le braccia e se le portava attorno al proprio collo. “Sei tu quella che dovrebbe starsene seduta e riposarti”. Ribattè facendo ricadere una mano sul suo ventre, contro quel vestito che con eleganza le nascondeva la piccola pancia. “Io ho passato la giornata seduto sul divano tu invece a lavorare, devi essere esausta e non voglio farti faticare ulteriormente”.

“In realtà mi sento piena di energia stasera”. Disse alzandosi sulle punte per baciarlo lievemente “Anche se non vedo l'ora di stappare lo champagne. Ancora un po' che aspettiamo a dirlo e sarà ora per i nostri ospiti di andare a casa”. Abbassò gli occhi la donna vedendo il dolce sorriso sulle labbra del marito mentre ancora la sua mano se ne stava contro il proprio grembo.

“Pronto?”. Gli chiese girandosi con l'intenzione di prendere la bottiglia ma lui ancora la trattenne stringendola contro il proprio petto.

“Ancora un secondo”. La trattenne per prendersi un altro bacio.

 

Una volta finito di riempire i calici con dell'abbondante champagne Castle batte contro uno di questi con un cucchiaino richiamando cosi l'attenzione dei presenti che uno ad uno si avvicinarono al tavolo per appropriarsi del proprio bicchiere. Tutti gli occhi erano puntati su di lui, tutti tranne quelli di Esposito che invece erano su Beckett, avendo intuito che il momento era ormai giunto.

“Cominciavo a chiedermi quando l'avreste fatto”. Ridacchiò facendo cozzare il calice contro quello della collega producendo un flebile tintinnio.

“Se l'avessi fatto prima avrei passato una serata d'inferno. Se c'è una cosa che non sopporto è stare al centro dell'attenzione e di certo mia madre e Martha me ne avrebbero data fin troppa. Facendolo ora invece la sofferenza sarà breve”. Affermò a bassa voce Beckett, con un sorriso stampato sulle labbra mentre sentiva Castle ringraziare tutti per aver partecipato a quei piccoli festeggiamenti privati, cedendole poi la parola cosi da darle l'onore di tale annuncio.

“Bhè che dire”. Esordì la donna stringendo tra le dita il collo del bicchiere, avendo l'impressione che questo si stesse per rompere a causa della pressione che vi imprimeva, osservando davanti a se gli amici e i famigliari che la ascoltavano con attenzione. “Quasi dieci anni fa ho varcato la porta del distretto piena di speranze, di aspirazioni, con le idee già ben chiare su dove volessi arrivare. Davanti a me vi era solo la mia metà, diventare capitano, e poi comandante e poi ancora spingermi oltre, puntando sempre al meglio”. Asserì tenendo gli occhi bassi, mettendo a fuoco la vista cosi da notare quelle piccole bollicine che frenetiche si muovevano nel bicchiere.

“Vedevo solo il punto di partenza e il punto d'arrivo, escludendo a priori il viaggio. Fortunatamente oggi scopro che è quello che è stato veramente importante. Perchè se non vi avessi incontrato lungo il mio percorso questa promozione avrebbe avuto un sapore amaro, il mio castello in aria si sarebbe sgretolato come sabbia tra le mie dita”. Si fermò inspirando con il naso, sollevando gli occhi cosi da incrociare lo sguardo di ognuno dei presenti. “Ognuno di voi ha contribuito in maniera rilevante, ognuno di voi mi ha dato più di quanto io stessa già chiedessi. Perciò permettetemi di dire che questa non la sento come una mia vittoria, ma più come un nostro successo, un altro traguardo che abbiamo raggiunto rimanendo uniti, nonostante tutto”. Beckett si bagnò le labbra e cercò il marito che, con un cenno del capo, la invitava ad andare avanti, a finire quel discorso e urlare la propria gioia.

“Da martedi avrò una nuova scrivania e su quella ci sarà scritto Capitano ma voglio che sappiate fin da ora che questo non cambierà nulla, che non sarà questa nuova carica a cancellare ciò che abbiamo costruito in questi anni di collaborazione. Succeda quel che succeda io sarò sempre la detective Beckett che avete conosciuto e sopportato, sarà il mio primo e più importante impegno come capitano, rimanere me stessa”. Mosse le labbra non riuscendo ad emettere alcun suono, ritrovandosi improvvisamente priva di parole, avendo dimenticato quelle decise in precedenza per rivelare a loro la gravidanza, tutto era diventato improvvisamente buio.

“A questa nuova avventura”. Disse alzando il calice, vedendo anche gli altri compiere lo stesso gesto, tranne Castle ed Esposito che rimanevano immobili aspettando altro, sapendo bene che vi era altro da dire.

“Al nostro nuovo capitano”. Echeggiò Lanie andando a bere dal bicchiere mentre Castle si muoveva velocemente accanto alla moglie, fermandosi davanti a lei come a voler farle da scudo contro i propri famigliari.

“Vuoi che lo dica io?”. Le domandò all'orecchio vedendola negare con il capo, muovendo una mano alla cieca cosi da cercare quella del marito. Diventare capitano e avere un figlio, tutto nello stesso periodo, due sogni che collidevano uno con l'altro, facendo sorgere in lei la paura che uno dei due non avrebbe resistito a quell'urto. Da sola non ce l'avrebbe mai fatta, ma per sua gioia sapeva di non esserlo.

“Un ultima cosa”. Disse non accorgendosi di aver alzato improvvisamente la voce. “Un ultima richiesta”. Continuò posando sul tavolino il suo champagne intatto, anche se era una serata di festeggiamenti lei ormai aveva bandito l'alcool dalla sua vita, seppur fosse solo un misero bicchiere.

“Il vostro appoggio, la vostra amicizia incondizionata perchè ora più che mai ne ho bisogno, ora che sto vivendo il periodo migliore della mia vita, della nostra vita”. Affermò stringendo la mano a Castle, andando a guardarlo notando quel suo sorriso infantile che gli illuminava il volto.

“Rick ed io aspettiamo un bambino”. Beckett non si sorprese quando vide la madre e Martha esternare la propria gioia con lacrime e un prolungato abbraccio, ritrovandosi schiacciata tra le due invidiando il marito che invece riceveva semplici congratulazioni accompagnate da decise pacche sulla schiena.

“Dovrei essere arrabbiata con te dato che non me l'hai detto prima ma per questa volta ti perdono”. Constatò con gli occhi lucidi Lanie abbracciando l'amica. “Spero che tu ti sia concentrata a farla uscire femmina perchè se mi capita tra i piedi un piccolo Richard Castle potrei impazzire definitivamente”. Scherzò lasciando poi il proprio turno agli altri, in particolare a Jenny e Ryan contenti che Colin avesse presto questo “cuginetto” con cui poter instaurare lo stesso rapporto che legava i genitori.

“Tutto bene?”. Domandò Alexander al figlio che, senza farsi troppo notare, si era allontanato di qualche passo dal gruppetto più concentrato su Beckett che su di lui.

“Sto per diventare padre”. Rispose solamente andando a finire il poco champagne che era ancora contenuto nel suo calice.

“Già l'ho saputo”. Ribattè l'uomo mettendo una mano in tasca dondolandosi sui talloni.

“Sai a volte credo di essere io quello soggetto agli sbalzi d'umore. Pensando al bambino sono felice ma ecco che un istante dopo mi assalgono i sensi di colpa. Già nelle precedenti settimane, quando Kate aveva le nausee mi sentivo impotente, chiedendomi in che guaio l'avessi cacciata. Poi da quando ho visto l'ecografia le cose sono peggiorate. Se sorgessero complicazioni, se il bambino o Kate avessero qualche problema a causa mia come potrei sopravviverne?”. Confessò sforzandosi di sorridere, ma sentendo quel nodo alla gola ormai divenuto troppo famigliare. Prima che Beckett rimanesse effettivamente incinta si era immaginato la gravidanza come un esperienza totalmente diversa, sopratutto riguardo i propri sentimenti, invece ora si trovava impreparato e quello faceva aumentare la sua angoscia. Si sentiva come se facesse ancora parte della Cia, pronto a partire per una missione, sprovvisto però delle istruzioni, di una guida, che gli dicesse cosa fare e cosa evitare per giungere alla conclusione.

“L'unica colpa che ti potrai attribuire sarà quella di aver messo al mondo un bambino con il tuo stesso caratteraccio”. Ridacchiò Alexander studiando con la coda dell'occhio il figlio che si limitò ad abbassare il capo. “Vedrai molti cambiamenti in Kate nei prossimi mesi. La vedrai stanca, avvilita, arrabbiata, ma è cosi che succede. Quando ha deciso di avere un figlio da te credo sapesse benissimo quello a cui andava in contro, perciò perchè incolparsi di qualcosa che avete voluto fortemente entrambi?”. Vedendo il detective non muoversi il vecchio Castle gli tirò una gomitata costringendolo a voltarsi verso di lui.

“Nemmeno durante la prima missione con il Cirg mi sono sentito cosi inadeguato”.

“Quello era solo lavoro Richard. Ora si parla di tuo figlio, di una parte di te. Se non vuoi avere rimpianti in futuro smettila di sentirti responsabile per ogni malessere di Kate e comincia a vivere questa gravidanza per quello che è, come il più bel momento della tua vita, altrimenti ti perderai molte cose senza accorgertene e una volta andate non potrai più riaverle.”. Fu il turno di Alexander di farsi pensieroso, mentre ricordi vecchi di più di trent'anni gli riaffioravano a galla, chiedendosi se fosse il caso di condividerli o meno con il figlio, se aspettare un altro momento, un altro luogo o se non farlo proprio.

“Usa questi tuoi dubbi, queste tue paure, per diventare più forte. Affrontale usando l'amore che già provi per tuo figlio e ti accorgerai che non sono altro che piccole gocce d'acqua in mezzo d un oceano.”. Castle deglutì a fatica osservando come gli invitati di quella serata stavano cominciando a salutarsi a vicenda, augurandosi la buona notte, portandolo a guardare il proprio orologio.

“Delle gocce che però possono creare increspature che vanno ad agitare questo oceano”. Ribattè quasi con sfida tornando a guardare il padre, curioso di vedere cosa lui gli avrebbe risposto, come avrebbe sollevato il suo morale dopo quella constatazione.

“Per tua fortuna hai al tuo fianco l'unica persona che ha il potere di porre fine a quelle increspature, basta solo trovare il coraggio di chiederle aiuto. Certo è incinta, ma questo non vuol dire che abbia perso la sua forza, la sua tenacia. Ricordati sempre che non sei solo, siete in due ad affrontare questa cosa”. Asserì Alexander dandogli qualche schiaffetto leggero sulla guancia allontanandosi lentamente da lui.

“Sarai un ottimo padre figliolo. Il solo fatto che fin da ora tu ti stai sforzando per esserlo mi da la certezza che lo sarai. Devi solo accorgertene tu stesso”.

 

Castle fece un fagotto con la tovaglia cosi da intrappolare al suo interno le briciole e si diresse in cucina con l'intenzione di gettare tutto nel lavandino. Mentre svolgeva questo semplice gesto sentì una nuova melodia espandersi per la casa, facendogli capire che Beckett si era di nuovo messa ad armeggiare con il cd che si era divertito a comporre quello stesso pomeriggio. Gli bastarono poche note per capire di che canzone si trattasse e si ritrovò a sorridere stupidamente al ricordo. A quando capitò ai due di vedere insieme Casper, abbracciati sul divano in una notte d'inverno, e lui l'aveva scoperta a singhiozzare alla fine del film. Uscì dalla cucina e si diresse verso la moglie che, persa nei propri pensieri, stava osservando fuori dalla finestra.

“Posso tenerti con me?”. Le sussurrò contro l'orecchio mentre l'avvolgeva tra le sue braccia, posando il mento sulla sua spalla. Beckett girò il collo e sollevò un braccio cosi da far ricadere la mano sulla nuca del marito, ricevendo quel bacio dolce, lento, seguito da carezze soffici che a mala pena le sfioravano la pelle. Castle l'aggirò staccando le loro labbra solo quando si ritrovarono uno di fronte all'altra. La donna si ritrovò poi a fissarlo dubbiosa, abbassando il capo e corrugando la fronte quando lo vide inginocchiarsi ai suoi piedi, prendendole i fianchi in entrambe le mani, avvicinando il viso al suo stomaco, sentendo poi le labbra morbide dell'uomo contro di quello. Chiuse gli occhi e gli passò una mano nei capelli godendosi quel gesto.

“Tu non lo sai”. Enunciò inclinando il collo all'indietro andando a fissarla. “Ma sei uno scrigno di cristallo che al suo interno custodisce il bene più prezioso del mio mondo”. La sua mano prese il posto occupato precedentemente dalla sua bocca, accarezzando ancora e ancora quel rigonfiamento. “E ho paura che anche il mio  più piccolo gesto possa rovinarlo, posso in qualche modo comprometterlo.”

“Stai cercando di aprirti?”. Le domandò Beckett inarcando un sopracciglio osservandolo con fare divertito mentre lui annuiva con il capo.

“Ci sto provando. Vado bene?”. Sogghignò trovandosi improvvisamente in imbarazzo, sentendosi le guance rosse mentre puntava ancora gli occhi contro di lei.

“Il bambino è al sicuro, ed è più forte di quanto tu immagini. Non devi avere paura”. Disse risoluta Beckett vedendo il volto dell'uomo farsi improvvisamente serio e inquieto.

“Si ha sempre paura delle cose che non si comprendono”.

La donna si morse il labbro inferiore e prese la mano di Castle nella propria, muovendola più in basso rispetto al punto dove lui aveva deciso di fermarsi.

“Nostro figlio si trova qui ed è piccolo quanto un fico eppure ha un cuore forte come quello del suo papa”.Gli ripetè le stesse parole che aveva letto su uno dei tanti libri sull'argomento, dandole un tocco proprio volendo rendere il più partecipe possibile il marito. “Ormai è quasi del tutto formato e comincia già a muoversi anche se non posso ancora sentirlo, ma accadrà tra poco. Un paio di mesi e lo sentiremo scalciare ma ancora prima scopriremo il sesso, già dalla prossima ecografia se vorrai”.

Castle spostò lo sguardo, andando a fissare il pavimento mentre valutava quella possibilità, facendo scorrere velocemente nella testa un elenco di pro e contro, se avere la sorpresa finale oppure prepararsi fin da subito. La curiosità però alla fine vinceva sempre. “Mi piacerebbe in effetti”.

“Io sto bene Rick”. Proseguì con un filo di voce, sempre guardandolo ancora inginocchiato, con la mano sotto la sua e l'altra posata ancora sul suo fianco. Non pote non sorridere al pensiero di quanto si sentiva venerata in quel momento. “Certo sono molto spesso stanca senza motivo, oppure piena di energie che nemmeno io so dove ho trovato. Comincio a dover scartare la maggior parte dei vestiti, e quando ne vado ad acquistare di nuovi passo la maggior parte del tempo a fissare le vetrine dei negozi per bambini. Senza dimenticare che ora mi piace ascoltare ogni aneddoto riguardo i figli degli altri agenti al distretto e molte volte riesco anche a commuovermi”. Beckett sospirò facendo spallucce e allargando le braccia rassegnata.

“Questa non è la me stessa che conoscevo eppure mi piaccio, adoro ogni cambiamento che sto vivendo, anche quelli che agli occhi degli altri possono sembrare negativi. Per me non lo sono, sono piccoli passi, piccoli sacrifici, che portano a qualcosa di meraviglioso.”. Ritrovandosi a deglutire a fatica la detective si abbassò di colpo inginocchiandosi di fronte a Castle, prendendo il suo viso tra le mani con fermezza, notando il suo sguardo confuso.

“Come fai a resistere?”. Le chiese lui accarezzandole una guancia, lasciando che le dita le sfiorassero i capelli. “A me mi si spezza il cuore ogni volta che vedo che non stai bene, che devi correre in bagno, che sospiri esausta, che rinunci a ciò che ti piace, e tutto per colpa mia”.

“Colpa di cosa? Di avermi dato ciò che volevo?”. Beckett posò entrambe le mani a terra e si mosse verso di lui vedendolo indietreggiare con la schiena, fino a che non si ritrovò costretto a mettersi seduto e poi disteso mentre lei gli si sdraiava sopra, sentendo ogni muscolo del suo corpo irrigidirsi quasi avesse paura.

“Non voglio fare l'amore con te”. Appurò il detective strizzando gli occhi e voltando la testa quando vide Beckett avvicinarsi per baciarlo. Non sentendola rispondere andò con cautela a sollevare una palpebra finendo subito a cozzare con i suoi occhi verdi che lo fissavano, ma non con risentimento come si sarebbe aspettato.

“L'avevo notato, ma credo di avere almeno il diritto di sapere perchè.”.

“Perchè c'è un bambino dentro di te. Voglio dire sei già una mamma ormai. Una mamma che vedo perfetta, pura, candida mentre il sesso è qualcosa si di bello ma è anche qualcosa di sporco, di selvaggio, e mi sembra di mancarti di rispetto nel desiderarti adesso”. Castle sgranò gli occhi quando vide la donna spalancare la bocca incredula, pentendosi all'istante delle parole appena pronunciante.

“Ma non credi che invece a me faccia piacere sentirmi desiderata, sopratutto in questo momento”. Ridacchiò Beckett andando a strizzare il lobo dell'orecchio tra le dita, tirandolo verso l'alto cosi da farlo sedere. “Prima di essere madre sono tua moglie e una donna, che ha dei bisogni, non dimenticarlo per favore”.

“Come potrei farlo. Solo ti chiedo di avere un po' di pazienza, di darmi il tempo di abituarmi alla presenza di questo piccolino. Tutto qui”. Beckett si accigliò pensierosa, ponderando sulle parole del marito, alla quale diede un leggero bacio sulla fronte prima di prenderlo tra le braccia facendogli posare la testa contro il suo petto. Castle le nascondeva qualcos'altro se lo sentiva, eppure per quella volta cedette, concedendogli il tempo necessario per metabolizzare la cosa prima di prendere la situazione in mano.


 

  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Castle / Vai alla pagina dell'autore: Thefoolfan