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Autore: onlydreams    07/01/2014    1 recensioni
STORIA RISCRITTA DAL PRINCIPIO!
Una storia che ormai si è lasciata andare alle spalle torna prepotente nelle veci dei loro corrispettivi figli: Crhistine e Josh. Fin da subito attratti l’un dall’altro, legati inconsapevolmente. Ciò che non sanno è che il loro amore non è altro che il ripetersi di una storia terminata molti anni prima dai loro genitori.
Scopriranno con amarezza che il passato tende spesso a ritornare nel luogo in cui era finito, ignari di ciò che li unisce. Scopriranno come sia cattivo il fato nel fargli vivere le stesse emozioni,nello stesso contesto di un passato ormai trascorso.
DAL CAP
< Buongiorno Sono Josh Somerhalder e vi darò tutte le dritte per raggiungere gli obiettivi prefissati da questo corso e superarlo. Voglio precisare una cosa non accetto favoritismi di nessun genere. > La sua voce assottigliata, declinava a quelle che lo stavano già puntando, la possibilità di passare una notte con lui in cambio di un punteggio alto, ma lasciava anche intendere che fosse stato propenso a qualche notte di puro divertimento ma senza ripercussioni.
Non c'era nessun punto di sospensione nella sua frase, né nessuna forma di indugio nella sua voce.
Genere: Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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In perfetto stile burlesque









 
Il salone centrale era completamente affollato da ragazzi e professori che si erano sbizzarriti nella scelta dell'abito più adeguato ad una serata il cui tema principale era il burlesque.                                                                                                                                 
Anche se l'ambiente era abbastanza loquace e urlava alla pura bellezza, che molteplici ragazze erano riuscite a evidenziare con abitini succinti e un trucco che nella propria raffinatezza, fomentava alla naturalezza di se stesse, risultava comunque pericoloso gironzolare tra quelle vie traboccanti di uomini i cui ormoni stavano per dare in escandescenza.

Sussultai quando le sue dita affusolate entrarono in contatto con le mie, così piccole e minute a differenza delle sue che erano possenti e sicuri come quelle di un uomo di 30 anni che era lui.

Con fare timido mi voltai verso di lui, trovandomelo a diversi centimetri dal mio viso che contraddiceva il mio imbarazzo, smorzandolo con le sue labbra che riassumevano quella che era la sua sicurezza interiore.

Premendo leggermente sulla mia mano  mi invitò a seguirlo in quel cumulo di occhi che impulsivamente  al suo pensiero, avevano smesso di guardarsi e sorridere tra di loro. Lo scalpitio dei nostri passi aveva attirato la loro attenzione, quando di propria volontà o per semplice caso istigato dal destino la mia folle corsa si stoppò.

Era la scena di una guerra di trincea.

Ognuno posto al lato opposto dell'altro.
 


 
12 ORE PRIMA
 


< Sai quanto odio essere tirata in mezzo in questo tipo di situazioni > Affermò Taylor non riuscendo a nascondere l'amarezza per la situazione che si era venuta a creare.

< Posso dire che la mia infanzia sia girata intorno a questo discorso > Confessò dispiaciuta abbassando gli occhi, come se stesse dando un assaggio amaro al passato.

< Esci con Jordan! > Esclamò entusiasta, unendo istintivamente le mani come a voler simulare con il gesto un applauso privo di rumore che però, sottolineava la grandezza della sua idea.

< Vedendoti entusiasta con un altro forse non vedrà più i tuoi consigli con occhi critici > Continuò annuendo con gli occhi stessi, dando maggiore enfasi e credibilità alla realizzazione del suo pensiero.

< Anzi ancora meglio, invitalo al ballo studentesco. Un’occasione per far tacere le voci no? >

Questa ragazza era davvero simile ad un avvocato quando si trattava di parlare o vincere una determinata causa, riusciva sempre a farti inquadrare nella sua prospettiva, risultava difficile trovare pecche o difetti nelle sue parole.

 

 
*****
 

Michelle era una semplice commessa di un piccolo minimarket di cui facevo scorta svariate volte ma nella sua estrema semplicità era un'amica di consigli.

Quello stesso minimarket in cui avevo visto passare la mia vita in un attimo, era davvero come si diceva in giro, quelli che sono gli ultimi momenti di tranquillità sono anche quelli in cui l'esame di coscienza e un assaggio di ricordi sono d'obbligo.

< Sai già con chi andrai? > Esultò lei entusiasta delle mie esperienze universitarie.

Sembrava quasi che il ballo e il ragazzo che galantemente mi avrebbe evitato di fare una pessima figura, presentandomi da sola era la domanda, quella frase incompleta che bisognava di un finale per definirsi risolta. 
                              
La risposta, d'altro canto non era così difficile da cercare; fin da bambini ci viene insegnato che la maggior parte delle volte, la risposta stessa non è così poi lontana dai nostri occhi, basta semplicemente guardare con più attenzione la domanda, perchè sarà da essa che verrà ricavata la misteriosa incognita.

Riflettendoci però, io non mi trovavo tra i banchi di scuola a risolvere un questionario allegato ad un testo, non avevo nessun punto di riferimento da cui partire. La mia sola risorsa era quella domanda, che lasciava intuire un finale inconcludente perchè il resto era semplicemente questione di coraggio.

< No. Cioè... ho in mente qualcuno, solo che... > Divagai non sapendo nemmeno io come terminare la frase.

< Tranquilla. Questione di timidezza no? Non riesci a farti invitare > Mi anticipò

< Bè... se ci metti che è un tipo losco di cui è meglio diffidare, la prospettiva cambia. Non è più questione di timidezza ma mancanza di fiducia. > Affermai più a me stessa che a lei.

L'auto convincimento non era sempre così semplice, a volte ci mettevo anche ore ad arrivare a una conclusione che soddisfacesse i miei inutili complessi mentali.

< Chi è? Lo conosco > Increspò curiosa lasciando sparpagliata la merce nel bancone, trovandosi più interessata ad ascoltare i miei drammi.

<  L'amico di un amico.  > Risposi disinteressata.

E mi sentii tanto ad un colloquio tra genitori figli o una coppia di amici quando l'altro cerca disperatamente di attirare l'attenzione lasciando il dubbio della gelosia.

< Pessimo amico > Mi corressi prontamente quando sentii l'esigenza di dare una giusta definizione al grado di parentela che legava quei due, camuffando un'espressione di consapevolezza.

Sorrise divertita ed entusiasta e io mi ritrovai a seguirla.

Lo scalpitio rumoroso di alcuni passi dietro di noi ci indusse a voltarci.

Marcel.

Era davvero lui.

Il viso di Marcel era l'espressione della curiosità mescolata alla confusione, era il volto di qualcuno stupefatto come se avesse ricevuto un regalo o una notizia inaspettata.
Ghiaccio.

Il mio viso era un blocco di ghiaccio.

Anzi, quello non era il solo, sentivo le gambe tremare come se fossi caduta nella trappola del lupo, anche se mi raccomandavo di rimanere impassibile per non destare in lui quell'ulteriore conferma, che gli permettesse di capire che parlavo di lui, non riuscivo a smorzare quella sensazione simile al panico che aveva appena deformato i miei lineamenti.

Come se le mie parole fossero state per lei quel riferimento fondamentale per intuire che quel contesto imbarazzante girava proprio intorno alla figura dietro di noi, iniziò a tossicchiare, lasciando in me paura e mille domande irrisolte: da quanto era appostato la? Aveva sentito l'intera discussione ?  
                                                                                                                                         
Se i miei dubbi fossero stati fondati, non c'era più conferma per lui del modo di agire di lei, che dai suoi comportamenti ovvi aveva permesso che lui si appropriasse di quel ruolo.

< Vado a cercare una cosa. > Improvvisò tutto d'un tratto lei.

Era alquanto palese che la sua ricerca improvvisa fosse semplicemente un diversivo per fuggire da quel contesto in cui si sentiva il terzo incomodo, quella breve risatina scomoda fu un ulteriore conferma.

Istintivamente al suo modo di parlare a rallentatore mi voltai verso di lei.

Il mio sguardo accusatorio era un chiaro rimprovero al suo pessimo tempismo e alla sua incapacità di trattenere una parlantina che aveva trovato fine al momento sbagliato.

Con un piccolo cenno della testa e un sorriso divertito, trasformò questi semplici gesti in una forma di saluto che potesse farmi sentire meno imbarazzata.

E mentre lui tornava ad occuparsi della sua spesa, fingendosi forse interessato ad essa, io cercavo stupidamente tra le parole scritte negli oggetti un consiglio, un indizio di come agire, come quando si aspetta un segno dal cielo, ecco questo era un modo po’ strano ma forse efficace.

Chissà perché, colsi tra quelle parole, quella che impulsivamente non riuscii a mettermi a freno la lingua.

Piselli invitanti.

Forse era la mia stupidità o la voglia di potermi sentire libera di fare ciò che si vuole, che trasformai quell'aggettivo " invitanti " in un verbo " invitare "

< Volevo chiederle > Iniziai abbassando gli occhi quando notai che le mie parole preludio di un invito, attirarono prontamente la sua attenzione, che smise di cercare quello che c'era nella sua lista per alzare gli occhi su di me.

La mia bocca parlava ma la mia mente in realtà  era a cercare e a realizzare trai i mille pensieri una bambola voodoo per maledire colei che mi aveva dato quel consiglio spassionato di fare l'opposto di ciò che in realtà volevo, solo per recuperare qualcosa che sicuramente era andato perso.

Il suo modo di guardarmi fu per me consapevolezza.

La sicurezza che lui sapeva già quello che stavo per chiedergli.

Le sue sopracciglia inarcate verso l'alto erano una chiara sfida a terminare quella frase, quella proposta, che ai miei occhi risultava sbagliata e pericolosa, ma che nella mia natura di seguire l'istinto a prescindere delle conseguenze, mi incitava a correre il rischio solo per la frenesia di sapere cosa mi avrebbe riservato il futuro.

Mi zittì io stessa non volevo essere per lui il premio del giorno.

< Sì cosa? > Replicò fingendo indifferenza e poca conoscenza del motivo che mi portava a sentirmi così a disagio.

< Assolutamente nulla. > Sbottai imbarazzata, agendo come se nulla fosse entrai in un circolo vizioso, iniziai a prendere e posare bottigliette di spezie piccanti senza una ragione precisa se non quella di smorzare quel contesto che mi faceva sentire impacciata.
La sensazione che i suoi occhi fossero puntanti su di me, indusse il mio corpo ad affrettarsi, aumentando la velocità con la quale la mia mano si spostava da un lato all'altro, mentre in realtà volevo ardentemente coprirmi il viso.

< Le piacciono le pietanze piccanti? > Mi domandò con naturalezza.

Mi voltai verso di lui.

< Eh?..No. Sì  > Risposi prontamente senza rifletterci più di tanto.                                                        
Vidi nella sua curiosità un modo per fuggire da quel contesto imbarazzante, quando capendo la mia incoerenza nel perdere tempo a cercare tra gli aromi piccanti qualcosa che in realtà non rientrava nei miei gusti mi ripresi negando l'evidenza, affermando l'opposto di ciò che in realtà pensavo.

Sorrise.

Un sorriso diverso.

Non capii se in realtà sorrideva per il mio modo impacciato e poco credibile di recitare su qualcosa che nella quotidianità evitavo come la peste oppure, cosa altrettanto improbabile, ero diventata quasi adorabile ai suoi occhi.

< Adesso mi sento meno solo > Ironizzò sorridendo,  portando le mani dentro le tasche dando al suo volto l'espressione delle sue parole, camuffandolo in un viso quasi buffo.
Feci di quel momento amichevole un modo per proporre quel dannato invito, ai miei occhi lui doveva prendere le sembianze di quell'occasione per riallacciare un rapporto la cui corda era quasi slegata.

< Stasera ci sarà un ballo stile burlesque, nulla di particolare in realtà. Mi chiedevo se volessi... accompagnarmi> Diretto e privo di dubbi, era questo il tono che avrei dovuto utilizzare se non fosse stato per quel sottile velo d'imbarazzo che rese la mia voce timida.
Il suo viso non fece un salto di gioia né tantomeno rimase impassibile o assunse un'aria corrucciata, era difficile da interpretare, forse perchè non lo conoscevo così abbastanza da capire al primo sguardo il significato dei cambiamenti delle sue espressioni.

< Ho sempre avuto un debole per gli eventi universitari, difatti è l'unica cosa che rimpiango > Confessò con tono confidenziale, quasi stesse svelando un segreto di se stesso lasciando intuire una stonatura di amarezza alla fine delle sue parole.

< Ad ogni  cosa c'è una buona ragione dietro. Lei avrà avuto la sua > Sussurrai con tono consolatorio.

< Magari stasera mi accenni cosa mi sono perso > Sarcasticò maliziosamente accennando ad un sorriso laterale interrompendo quei toni quasi tristi.

Mi stupii.

Ecco, lui era quel prototipo di uomo che non accettava su due piedi un invito, era quel tipo di persona pacata che preferiva dare di sé un’aria impassibile piuttosto che esternare le proprie reazioni, una persona razionale che seguiva di gran lunga la testa prima di parlare o di agire, una persona diffidente.


 
****
 

Il salone centrale era completamente affollato da ragazzi e professori che si erano sbizzarriti nella scelta dell'abito più adeguato ad una serata il cui tema principale era il burlesque.                                                                                                                                
 Anche se l'ambiente era abbastanza loquace e urlava alla pura bellezza che molteplici ragazze erano riuscite a evidenziare con abitini succinti e un trucco che nella propria raffinatezza, fomentava alla naturalezza di se stesse, risultava comunque pericoloso gironzolare tra quelle vie traboccanti di uomini i cui ormoni stavano per dare in escandescenza.

Sussultai quando le sue dita affusolate entrarono in contatto con le mie, così piccole e minute a differenza delle sue, che erano possenti e sicuri come quelle di un uomo di 30 anni che era lui.

Con fare timido mi voltai verso di lui, trovandomelo a diversi centimetri dal mio viso che contraddiceva il mio imbarazzo, smorzandolo con le sue labbra che riassumevano quella che era la sua sicurezza interiore.

Premendo leggermente sulla mia mano mi invitò a seguirlo in quel cumulo di occhi che impulsivamente al suo pensiero, avevano smesso di guardarsi e sorridere tra di loro, lo scalpitio dei nostri passi aveva attirato la loro attenzione, quando di propria volontà o per semplice caso istigato dal destino la mia folle corsa si stoppò.

Era la scena di una guerra di trincea.

Ognuno posto al lato opposto dell'altro.

Caryin mi guardava come una ragazza guarda la sua amica quando il suo volto entusiasta è un preludio, un dolce anticipo a parole che quella sera non avrebbe adoperato.

Lo sguardo di Josh era l'opposto di ciò che il sorriso di lei rifletteva nello specchio, un sentimento di orgoglio che smorzava e nascondeva in realtà quel velo di curiosità che i suoi occhi urlavano.

Senza una ragione ben precisa percepii un grosso peso nello stomaco che mi incoraggiò ad allontanarmi e riprendere fiato solo dopo che le figure di Caryin e Josh erano ormai nascoste nella mischia.
 
Non era stato molto educato da parte mia nascondermi, trovando come scusante quelle conversazioni futili, iniziate da coloro che  non provavano nessuna vergogna nel dimostrare che la timidezza e l'indiscrezione erano principi posti nell'ultimo gradino dei valori, solo per capire quale fosse il mio ruolo in quel brano di pettegolezzi.

Non mi piaceva la posizione che stavo prendendo, mescolandomi con quelli che il loro unico scopo era rubarmi piccoli frammenti di vita quotidiana, solo per dimostrare di avere qualcosa d'interessante di cui parlare con quelli che loro consideravano grandi e che nel buio invidiavano, bramando di suscitare la stessa sensazione di grandezza negli altri.

Era questa la società in cui vivevo.

Era semplicemente una questione di potere, tutti volevano assaggiare la stessa quantità di torta che i " grandi " avevano divorato grazie alle finte apparenze.

All'improvviso i miei stessi pensieri divennero dettagli superflui e le loro risate stridule lontane, quando quelle lucine dorate che contornavano l'intero soffitto, richiamarono l'attenzione dei miei occhi, che troppo pigri per alzare lo sguardo al cielo coglievano solo adesso quel panorama così perfetto.

Mi ritrovai a sorridere.

La sensazione di avere quei colori lucenti dipinti negli occhi, caduta quasi in un sonno profondo, si rivelò ben presto un sogno quando il tocco freddo di una mano sfiorò la mia spalla nuda, scendendo verso il braccio afferrandolo e invitandomi a seguire i suoi movimenti mi ritrovai a faccia a faccia con Marcel.

< Non vorrai non concedermi un ballo neanche dopo aver fatto tanta fatica per invitarmi? > Sibilò con tono pacato e quasi silenzioso, lasciando che il suo modo di schernirmi, di avvicinarsi forse, fosse l'introduzione al suo gesto per appoggiare nuovamente la sua mano sul punto scoperto della mia spalla e invitarmi a danzare.

Aveva la capacità di apparire naturale anche quando si complimentava con stesso a discapito della sensazione d'imbarazzo che ti avrebbe travolto.

Arrossii di colpo non solo perchè indubbiamente mi ero lasciata scoprire ma anche per il suo modo di far apparire quell'invito qualcosa di inevitabile.

Abbassai gli occhi.

< Stavo solo... > Non riuscii nemmeno a mettere in piede una banale scusa che il suono del suo telefonino squillare mi tolse questo vagone zittendomi.

< Scusami > Sussurrò lasciando la presa su di me e stupendomi come se volesse adeguarsi a quel ruolo e a quel contesto antico, afferrò la mia mano baciandola.

Il suo gesto non fu soltanto la volontà di volermi stupire, non era un patetico baciamano ma il desiderio che questa immagine fosse impressa nella mia mente, voleva spiazzarmi quando in contemporanea al suo gesto inchiodò i suoi occhi decisi nei miei per poi sollevarsi e allontanarsi tra la folla.

Forse lui l'aveva capito, che nella vita non facevo altro che costruire un castello di scuse per giustificarmi o per sentirmi meno debole rispetto all’aspettative degli altri che mi sopravalutavano solo perchè indossavo una maschera d'ipocrisia che tingeva ad essere forte e mai una perdente.

La voce di Josh raggiunse le mie spalle perforandole.

< Si presuppone che quella vestita peggio balli con il più bello per guadagnare punti agli occhi degli altri >  Recitò con sorriso sornione.

Proruppe come un direttore impartisce ordini e si aspetti che questi vengano rispettati, come un uomo senza scrupolo lasciò che la sua arroganza fosse più forte del rispetto per la volontà altrui, ignorando i miei passi che stavano per allontanarsi quando la sua mano mi strinse a se, costringendomi ad imitare i suoi stessi passi.

< La sua è semplice ingenuità o una predisposizione al rischio? > Con tono stuzzichevole e un volto che aveva tramutato i propri lineamenti in pura curiosità, si accostò di qualche centimetro a me, al lato dove l'abito sfociava con una profonda scollatura e lasciava intravedere una gamba esile.

Le sue labbra si colorarono di compiacimento quando con un lieve movimento degli occhi, corse nel mio viso e nella postura rigida del mio corpo un'immagine spazientita, che si imponeva di ignorarlo ma che comunque non riusciva a nascondere quel sentimento di curiosità e confusione che le sue parole  avevano destato nel mio animo ribelle.

Con profonda presunzione e volontà di sminuire e perchè no, snobbare i miei comportamenti ai suoi occhi infantili, continuò a parlare.

 < Non c'è nessuna differenza. - fece una breve pausa - Tra lei e chi si offre volontario in una spedizione senza possibilità di ritorno. Avventarsi in un rapporto che può solo ritorcerle contro non è come andare felicemente incontro ad una mina intenta a esplodere?  >

Sarcasticò attonito, usufruendo di propria volontà della parola " felicemente " come se volesse evidenziare la drasticità della situazione, mentre nella mia mente veniva riprodotta la scena in formato animato. 
                                             
La sua era più simile ad una domanda retorica, che cercava con disperazione nei meandri più nascosti una risposta soddisfacente, che una domanda posta solo per fare quattro chiacchiere.

Lui era la tentazione.

Una sorta di peccato che come il serpente ti istiga a mostrare quel lato peggiore che a volte ci mette anni a mostrarsi.

Era difficile trattenere un sorriso quasi perfetto, quando nei dintorni si girava la sua figura, sempre impeccabile che trasmetteva quella fastidiosa sensazione di sentirsi fuori luogo o più personalmente sotto tiro.

Fu inevitabile.

Iniziò una lotta tra ragione e istinto.

Il sorriso che avevo cercato più volte di disegnare di fronte allo specchio aveva lasciato spazio alla forma più disumana della rabbia.

L'istinto mi pregava di dargliela vinta, di lasciar sì che quest'ultima prendesse il controllo delle mie parole e azioni
.
 La ragione mi imponeva di rispettare quell'immagine, che con fatica avevo costruito e costretta a  salire su un palco che tentava di recitare la felicità o almeno ci provava.                                                        

Come una perfetta marionetta che non aveva nulla fuori posto se non i fili che la reggevano e le davano quell'equilibrio indispensabile per essere all'altezza di quel mondo la cui abitudine era giudicare ogni minima piccolezza, purché si avesse qualcosa di cui parlare.

Aspettai che il cuore battesse regolarmente e la respirazione tornasse ad essere più pacata affinché la mia mente si riempisse di pensieri positivi, reprimendo quella mania omicida che aveva accecato i miei occhi.

< Lei invece? - Iniziai sorprendendo me stessa del tono tranquillo adoperato - ha maturato la dote da pettegolo frequentando salotti da tè oppure ha acquisito questa vena poetica divorando l'intera vita di Pascoli? > Beffeggiai simulando con gli occhi inarcati verso l'alto e un sorriso deriso elargito dalla volontà di infastidirlo e renderlo partecipe di un gioco a cui aveva dato inizio lui.

Divenni impaziente di vederlo crollare, di guardare i suoi lineamenti contratti, ero impaziente di vederlo simile a me.

Si voltò incrociando i miei occhi.

Sorrise marpione.

E alla fine colei che ne uscii con i muscoli tesi e il viso sbigottito fui proprio io, quando il suo viso dipinto d'indifferenza fu conferma della nostra diversità e della mia sbagliata capacità di presupporre le sue possibili reazioni, che a quanto pare il tempo gli aveva insegnato a gestire e controllare.

Il suo volto, la sua reazione alquanto inaspettata deluse le mie aspettative nel vederlo spegnere totalmente la vampata che tratteneva a sé le proprie scintille pronte ad un contrattacco, piuttosto che vederlo rispondere fuoco con fuoco.

< Ho l'intera collezione riposta accuratamente nella piccola ma accogliente biblioteca del mio appartamento. Vuole venire a vederla? > Sibilò fermandosi, scandendo ogni singola parola con estrema sensualità e i suoi occhi complici si dischiusero in due piccole fessure affascinando lo sguardo e predisponendo il suo tono a lasciar intuire a chiunque l'ascoltasse l'incoerenza e l'immoralità che la sua mente voleva destare nei pensieri altrui, conducendo così la povera vittima nel cammino della confusione, rendendo instabile il percorso da percorrere.

Lo scopo? Perdere la ragione.

Il mio cuore inaspettatamente perse un battito.

Il suo modo di fissarmi fu più che sufficiente per farmi vacillare ma a lui questo non bastò, sopraggiunsero le sue parole che mi diedero quell'effimero colpo di grazia.

Rifiutare sarebbe stato sinonimo di debolezza?!

 

 
SPAZIO AUTORE.
 
Non so ditemi voi è sinonimo di debolezza rifiutare? ahahahah XD Aspetto dunque le vostre risposte per conoscere aspettative e chissà speranze ù_ù                                                                          
Ancora adesso pubblicò i miei capitoli in ritardo, magari non sarà visibile ai vostri occhi ma sto migliorando notando la differenza di tempo trascorsa nei capitoli precedenti >.< Dai cerco di consolarmi da sola XD Che altro dire? Spero di non risultare noiosa o peggio di non riuscire a dare un quadro completo della situazione.
!
Grazie a tutti coloro che leggeranno e commenteranno! 
 
 
 

 
  
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