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Autore: PinkyCCh    08/01/2014    6 recensioni
Cosa può accadere se un contratto stipulato anni prima da due nonni un po' pazzi, venisse fuori?
E se questo contratto implicasse un matrimonio combinato tra due ragazzi?
E se il ragazzo fosse uno stronzo cuore di ghiaccio ?
E se la ragazza invece fosse dolce e tranquilla, innamorata dello stereotipo del principe azzurro?
E se una fidanzata gelosa mettesse il proprio zampino?
Riusciranno Shin e Yamashita ad amarsi? O il destino vincerà?
Genere: Angst, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo, Violenza | Contesto: Universitario
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ice heart - cuore di ghiaccio'
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- Chiacchiere tra donne -
2 pt


















“Di cosa dovremmo parlare nonna? “ci mancava solo una chiacchierata tra donne.


E che donne.


“Di te, del tuo dolore nascosto, del tuo amore. Non credi? “ disse accarezzandomi una guancia dolcemente.

Ma come faceva a sapere tutto solo guardandomi negli occhi?


Quella sua capacità è rimasta sempre un mistero.


La guardavo basita ed interdetta. Mi sentivo nuda e scoperta. Come faceva a capire ogni singolo problema alla perfezione?
Mi morsi il labbro inferiore, cercando di provocarmi un dolore che potesse distogliermi dai miei pensieri, ma fu tutto vano. Mia nonna era lì, col suo sguardo furtivo, che mi squadrava, mi perforava l’anima.
Sbuffai e mi accomodai sulla sedia adagiata di fianco al letto.

“Nonna, ti prego, non credo sia il caso. Sono qui per te, per parlare di te, non di me. “ cercai di sorridere e sembrare il più naturale possibile, ma era tutto vano.
“Io invece credo sia il caso e sai che non mi farai cambiare idea per nulla al mondo Yamashita Elisabetta Michiyo.” Disse accigliandosi.

Oddio, quando mi chiamava col mio nome per intero erano davvero guai.  Odiavo quando mi si chiamava col nome completo. Era odioso. Metà Giapponese e metà italiano.

“Nonna dannazione, sai che odio quando mi chiami così. E poi perché diamine ho questi nomi assurdi? Bah.” Sbottai inacidita.

Mia nonna mi regalò un altro dei suoi amorevoli sorrisi e mi fece segno di accomodarmi accanto a lei sul suo letto.

“Perché sai, tesoro, nelle tue vene scorre sangue giapponese. Tuo nonno era giapponese, ecco perché esiste quel contratto con la famiglia Seiki.”

Ok, ora il discorso m’interessava, eccome.

“Che vuoi dire?“dissi sistemandomi meglio sulla sedia.
“Vuoi sapere tutto?”

Annuii con forza. Ovvio che volevo sapere.

“Tuo nonno, che come ti ho già detto era giapponese, arrivò in Italia all’età di vent’anni. Era solo un ragazzo all’epoca. Era spaesato, in un Paese straniero, non conosceva la lingua, non conosceva niente e nessuno. Poi trovò un lavoro come cameriere in un vecchio ristorante che ora non c’è più. Lì, a lavorare come cameriere c’era un altro ragazzo Giapponese. Shin Seiki.” La voce di mia nonna si disperdeva nell’aria ed io iniziai ad immaginare quel passato lontano dove mio nonno aveva vissuto.

Tuttavia, nell’udire quel nome, il mio cuore perse un battito.

“Shin?” chiesi sorpresa.
“Eh sì, tesoro. Secondo te, il tuo fidanzato perché si chiama così? Ma riprendiamo il discorso. I due ragazzi iniziarono a fare amicizia, ad affiatarsi sempre più. Più i giorni passavano e più il loro legame diventava solido e vero. Un giorno tuo nonno ricevette una lettera. La lettera di sfratto. L’appartamento dove viveva, serviva alla figlia del proprietario, prossima alle nozze. Ti lascio immaginare la disperazione che provò. La sera arrivò al ristorante che sembrava uno zombie e il signor Seiki s’interessò del motivo di tale atteggiamento. Tuo nonno gli raccontò dell’accaduto e Seiki gli propose di trasferirsi da lui. Sarebbe stato comodo per entrambi dividersi le spese e così tuo nonno accettò. Sarebbe iniziato un nuovo capitolo della sua vita italiana. Andarono a vivere insieme. I mesi passavano e le cose andavano a gonfie vele, finché un giorno tuo nonno si sentì male. Shin lo portò al pronto soccorso e lì, diagnosticarono una polmonite. Shin fu sollevato in qualche modo da tale notizia, ma tuo nonno no. Non aveva soldi per permettersi i medicinali necessari per curarsi. Shin lo scoprì e si accollò tutte le spese. Tuo nonno si sentì in imbarazzo e promise di restituirgli tutto il capitale speso per le medicine. Lavorò sodo e restituì sino all’ultimo centesimo. Poi, un nuovo incombente ostacolo, si avventò sulle loro vite. La seconda guerra mondiale. Furono richiamati in patria per arruolarsi. Partirono per la guerra. E lì, sui campi di battaglia, avvenne. Avvenne il contratto. Tuo nonno rischiò di morire attaccato dal nemico e Shin lo protesse col suo stesso corpo. Per riconoscenza, tuo nonno sottoscrisse un contratto dove affermava che l’ultima discendente donna della sua famiglia, si sarebbe sposata con l’ultimo discendente uomo della stirpe Seiki. In breve questa è la vostra storia.”

Per tutto il tempo del monologo di mia nonna trattenni il fiato, quasi per paura di perdermi qualche passaggio del racconto.

“Nonna, io...non so cosa dire. “ ed era vero. Ero basita.
“Non dire nulla. Dimmi solo la verità.” Biascicò stancamente mia nonna.
“Lo amo.” Sentenzia chinando il viso.
“Questo lo sapevo già.”

Alzai lo sguardo andando ad incontrare i suoi occhi stanchi ma ancora vitali.

“Nonna, tra noi è impossibile. Ama un’altra...” non so neanch’io il perché, ma le raccontai tutto. Mi sfogai come non avevo mai fatto. Le mie pene d’amore, le mie paure. Il piano:far soffrire faccia di marmo. Di Shooter, di Mark, di tutti. E lei mi guardava, ogni tanto annuendo e sorridendo.
“Capisco… è una situazione spiacevole ma dunque lui non sa che tu sei praticamente scappata qui, dalla tua famiglia, giusto?” chiese gentilmente mia nonna.
“Giusto.”
“E non sa che tu hai assistito al suo dialogo con questa Ayumi e che non hai visto com’è finita, giusto?” ma mi stava prendendo in giro o cosa?
“Giusto.”
“E quindi non sa che ho una nipote stupida e ancora ingenua, giusto?” disse sorridendo.
“Giu..ehi no, aspetta un momento nonna!” strabuzzai gli occhi, guardandola sbigottita.
“Tesoro avresti dovuto ascoltare tutto il loro discorso. Ora sai solo l’inizio, ma non la fine. Vuoi davvero lasciare che i tuoi sentimenti rimangano in bilico?” mia nonna era davvero saggia e con le sue parole soavi, riusciva a raggiungere il cuore delle persone.

Abbassai la testa colpevole.  Ero scappata da perfetta codarda. Che schifo.

“Cosa avrei dovuto fare? Lasciare che il mio cuore ricevesse l’ultima pugnalata? Nonna io sono stanca di essere forte e di soffrire.” Sbottai guardandola.
“Tesoro mio  il cuore di una donna lo si può calpestare, ferire, distruggere, mangiarlo, strapparema per la forza che ognuno di noi ha, lo si può sempre ricucire, sai? Chiamalo, digli che sei qui, che sei da noi e chiedigli di raggiungerti. Solo con la risposta che ti darà, potrai capire la verità.” Alzai lo sguardo inchiodando i miei occhi con quelli di mia nonna.
“Vabbè, tanto è inutile discutere con te, vero? “ sbottai, sorridendo appena.
“Lo sai benissimo! Forza va a chiamarlo.” Disse tirandomi uno schiaffetto in testa e facendomi un occhiolino.

Mi alzai di scatto dalla sedia, mi avvicinai a lei e le schioccai un bacio sulla fronte.

“Ci vediamo dopo nonna! Ti voglio bene!”

Uscii da quella stanza e da quella casa, correndo. Correndo a perdi fiato col cellulare stretto tra le mani.
Arrivai in un piccolo parco giochi, l’unico ancora decente in quel paese triste. Mi sedetti su una panchina, ancora miracolosamente integra, e composi un numero, il suo.
Uno, due, tre squilli.

“Rispondi ti prego.” Implorai stringendo saldamente il cellulare tra le mie mani.
“Pronto? “ aveva risposto? Era la sua voce quella?
“S-shin? Sono...sono io. Yamashita…” balbettavo come una bambinetta.
“BRUTTA IDIOTA CHE NON SEI ALTRO! SAI QUANTO CAZZO STIAMO IN PENSIERO? DOVE TI SEI CACCIATA IDIOTA? DIMMI SUBITO DOVE SEI E TI VENGO A PRENDERE! NON STARAI MICA CON QUEL COGLIONE DI SHOOTER SPERO!” Shin sbraitava come un matto ed avrei giurato di potermelo immaginare mentre la sua faccia andava a fuoco.
“SHIN! Frena un attimo. Non sono ne da Shooter, ne a Tokyo, ne...-presi fiato e ripresi a parlare – in Giappone. Sono tornata a casa, in Italia. Mia nonna aveva bisogno di me. Non sta molto bene. E poi avevo bisogno di staccare la spina.” Sputai tutto d’un fiato.
“E ti sembra una giustificazione per non avvisarmi? Sai quanto mi sono spaventato eh?” la sua voce sembrava più calma, più rilassata.
“Shin, mi dispiace...io…” non riuscii a concludere la frase perché  sentii due braccia cingermi le spalle in un abbraccio. Sbarrai gli occhi spaventata e lentamente mi girai per vedere chi fosse l’autore di tale gesto.
“Oh mio Dio..” dissi portandomi le mani sulla bocca e spalancando gli occhi.
“Credevi che ti lasciassi scappare?” il suo sorriso brillava come lui.
“Cosa ci fai qui? “ muovevo lo sguardo dal cellulare al ragazzo che avevo di fronte.
“Ho costretto Sana a dirmi dov’eri scappata, stupida. Ed ho preso il primo aereo disponibile. Kaname mi ha raccontato tutto. Sei una stupida lo sai?” disse abbracciandomi forte ed accarezzandomi la schiena.
“Colpevole. “ dissi abbassando lo sguardo imbarazzata.
“Posso sedermi?” disse indicando il posto vuoto al mio fianco.

Feci un cenno di consenso con la testa e gli feci spazio.

“Ho detto ad Ayumi che amo te, ma che comunque mi prenderò le mie responsabilità riguardo il bambino. E non voglio rifiuti, chiaro?” disse tutt’un fiato.
“Shin ma è tuo figlio. No, non puoi.” Avrei davvero voluto che quella fosse la scelta giusta per tutti, ma la verità era che non potevo essere così egoista da togliere il padre ad un bimbo innocente.
“Zitta! “  urlò Shin e dopo di che, in una frazione di secondo, spalmò le sue labbra sulle mie.

Dapprima un bacio dolce e casto che sapeva di disperazione e d’amore. Le nostre bocche si schiusero all’unisono intrecciando le nostre lingue in una danza conosciuta solo per noi.
I nostri cuori, si unirono.
Le nostre anime si unirono.
Il nostro desiderio si unii.
Noi, ci unimmo.

“Ti amo Yamashita. Ora basta soffrire. Basta, intesi?” disse chiudendo le sue mani a coppa sul mio viso.

Annuii rossa in viso e con le lacrime agli occhi. Il mio sogno, il mio desiderio, finalmente si era avverato.
Sorrisi compiaciuta, mentre stringevo stretto a me Shin. Ora era mio. Mi apparteneva. Finalmente. Non volevo più pensare a nessuno oltre noi.
A fior di labbra gli dissi ciò che di più vero e dolce potesse esserci, per me almeno.

“Ti amo Shin Seiki. – poi sorridendo aggiunsi – la nonna aveva ragione.”
Ora sarebbe iniziata una nuova vita. Io e lui insieme.
 
 
 
 
Sarei dovuta essere contenta, vero?
In fondo ora il mio desiderio più nascosto si era finalmente avverato. Shin era diventato mio. Ora sarebbe rimasto con me, giusto?
Eppure un senso di inquietudine aleggiava in me. Mi sentivo strana e tesa. Una paura insensata si era impossessata del mio essere.
Camminavo fianco a fianco con Shin, mano nella mano, cuore contro cuore, eppure mi sentivo in un altro luogo. Fuori dal tempo.
Che diavolo mi prendeva? Perché ora che avevo ottenuto ciò che volevo, mi sentivo così irrequieta?
Poi un volto si fece largo tra i miei pensieri: Micheal.
Già. A lui che avrei raccontato? Come gli avrei spiegato di me e Shin? Ma in fondo Shin avrei dovuto sposare, non Micheal. Ma perché mi ficcavo sempre nei guai? Perché non me ne stavo ferma e zitta? Dannazione a me ed alla mia testaccia.

“Ehi, tutto bene?” chise Shin guardandomi con la coda dell’occhio.

Mi girai verso Shin guardandolo spaesata e spaventata, quasi avessi paura che potesse scoprire i miei pensieri nascosti. Mi limitai ad un mugugno. Non volevo che sapesse. Non volevo che sapesse che pensavo a Micheal.
Che diamine mi stava succedendo?

“Che ti succede? Sei sovrappensiero. E’ successo qualcosa?” indagò Shin dolcemente.

Dio quanto era dolce. Lo Shin che avevo di fronte non aveva quasi nulla del cuore di ghiaccio che avevoimparato a conoscere nei mesi trascorsi a Tokyo.

“Perché? “ mi limitai a dire. Quel perché era pieno di significati. Perché era venuto? Perché mi amava? Perché dirlo ora? Perché farmi soffrire? Perché mettere incinta Ayumi? Perché tutto?
Shin si fermò di colpo, arrestando anche il mio cammino. Ora i nostri sguardi erano incatenati l’uno all’altra. Nei miei occhi si poteva leggere la brama di sapere e nei suoi l’imbarazzo e l’incertezza.

“Yama, ecco…forse dovremmo sederci? Che ne dici?”
“No. Voglio sapere tutto, ora! Ne dopo, ne domani, ora. In questo momento. “ dissi puntando i piedi per terra, proprio come fa una bimba cocciuta.
“Yama, c’è gente. Dai avanti. “ disse grattandosi con la mano destra la nuca.

Ma poi, vedendo la mia determinazione, sospirò rassegnato e si preparò al monologo da me richiesto.

“E va bene. Vedi... – iniziò continuandosi a grattare dietro la nuca – all’inizio ti vedevo come una palla al piede. Pensavo che per colpa tua avrei perso Ayumi. Poi col passare del tempo, vedevo che eri parecchio apprezzata dai ragazzi dell’università. Questo mi faceva sia piacere perché pensavo che ti saresti messa con uno di quelli ma anche fastidio. Non riuscivo a capire. Poi la “nostra prima volta” – disse mimando le virgolette – scoprire che eri vergine, e che ti eri concessa a me, mi aveva creato un senso di disagio ma orgoglio al tempo stesso. Eri stata solo mia ed io da coglione ho detto di amare Ayumi. Poi sei scappata via con quel coglione di Shooter. Lì, già rodevo dalla gelosia. Poi l’ospedale. Cazzo ho davvero avuto il terrore di perderti. Poi ti sei addirittura messa con Shooter e lì non ci ho visto più. Ti volevo solo per me. Sei mia cazzo. MIA! – urlò posando le sue mani sulle mie spalle e stringendo - Poi Ayumi ed il bambino, tu che scappi. Dannazione Yama, ti amo per davvero. Sarei disposto a fare qualsiasi pazzia pur di dimostrartelo.”

Non gli diedi il tempo di proseguire perché mi avvinghiai a lui, alzandomi sulle punte gli tappai la bocca. Lo baciai. Un bacio dolce e pieno di sentimenti. Di amore. Il mio. Il suo. Il nostro.

“Shin ora nessuno ci dividerà più. Resterò per sempre al tuo fianco. Qualsiasi cosa accada.” Soffiai sulel sue labbra sorridendo.

Shin per tutta risposta mi cinse più forte le spalle. I nostri corpi sembravano appiccati da una colla invisibile. O forse no? Perché la nostra colla invisibile si chiamava: Amore.

“Ehi piccola, che ne dici se domani, ci prendiamo la giornata tutta per noi?” domandò accarezzandomi la testa con fare affettivo.

I miei occhi, se possibile, diventarono a forma di cuoricini. Io e lui passare un’intera giornata insieme? Come una vera coppia?

“Sì, sì. Mille volte sì!” squittii allegramente.

Gli gettai le braccia al collo e spalmai le mie labbra sulle sue,con fare possessivo.


È mio. Mio. Mio. Mio. Mio. Mio. Solo e soltanto mio!


“Così finirai per strozzarmi Yamashita! Mollami almeno un po’ dai!” la voce attutita dal mio corpo di Shin, mi fece sorridere.

Dio mio, sembravamo davvero una coppietta felice ed innamorata.

“Oddio Shin, devo...ehm dobbiamo tornare a casa! È tardissimo. I miei saranno preoccupatissimi!” iniziai ad agitarmi immaginandomi già la ramanzina che mi avrebbe fatto mia madre.
“Tranquilla. Non è tardi, vedrai che non saranno preoccupati o arrabbiati.” Cercò di tranquillizzarmi il mio fidanzato.


Vi ho già detto che Shin versione innamorata, era davvero gnocco? Non ve l’ho mai detto? Bene ora lo sapete. Era davvero una visione celestiale. Sublime.


Ci incamminammo lungo il viale principale. Avevo timore ad avvicinarmi, ad unire le nostre mani in un unico gesto. Avevo timore che la mia felicità al quel tocco potesse dissolversi come polvere.
Però,  Shin doveva essersi accorto dei miei timori perché fu proprio lui ad unire le nostre mani.


Proprio come i veri fidanzatini stile telefilm.


L’emozione che provavo era indescrivibile. Mi sentivo una regina. Mi sentivo completa ed amata. Però mi sentivo costantemente in bilico. Il viso di Micheal continuava a tormentare i miei pensieri. Al mio ritorno in Giappone avrei dovuto parlare anche con lui.

“Ehi, siamo arrivati.” Interruppe i miei pensieri Shin sventolandomi una mano davanti al viso.

Alzai finalmente gli occhi da terra e mi accorsi che eravamo per davvero già arrivati. La mia casa era di fronte ai miei occhi. Ma quando ci eravamo arrivati? Non mi ero accorta di nulla.

“Entriamo piccola?”
“Sì...” dissi con un filo di voce. I miei pensieri mi stavano distruggendo.

Ci avvicinammo al cancello e Shin premette il bottoncino del citofono con sopra la targhetta col nome della mia famiglia.

“Si? Chi è? “ che voce squittante che aveva mia madre. Ma perché non mi sembrava la sua voce?
“Siamo Shin e Yamashita, signora.” Disse risoluto Shin.
“Shin e Yamashita...oh…cosa? oddio si..si. “

Uno, due, tre minuti e il cancello ancora non accennava ad aprirsi.

“Ma che sta combinando mia madre?” sbottai spazientita.
“Boh, forse la casa sarà in disordine.” Ipotizzò Shin.

Gli tirai un pugno sul braccio, talmente forte che lui per ripicca mi tirò un pizzico sul fianco.
Dopo cinque minuti abbondanti che eravamo praticamente parcheggiati sotto casa, il portone si aprì, rivelandoci e confermando i miei sospetti, una Nya sconvolta. Capelli arruffati, vestito sgualcito, giacchetta messa alla rinfusa. Decisamente quella non era mia madre. Dietro di lei fece capolino mio fratello Ryou. Lui era messo peggio. Aveva anche la zip abbassata.


Che gran porcellini. Ecco spiegato il motivo del ritardo.


Nya attraversò velocemente il vialetto. Arrivò al cancello dove eravamo io e Shin e con lo sguardo rivolto verso terra, si dileguò con un semplice e sussurrato ciao.
Io e Shin ci guardammo divertiti, per poi avviarci verso il portone, dove c’era ancora un Ryou sconvolto.

“E lui che ci fa qui? “ ecco che Ryou iniziava con la paternale da pseudo-fratello geloso.
“È il mio fidanzato. – dissi alzando un sopracciglio – tu piuttosto, dimmi, come mai tu e Nya siete così sconvolti? Eh? Sporcaccione!”
“Stai zitta impicciona di una sorella!” sbraitò Ryou provocandomi una risatina.
“Lo dirò a mamma e papà, tiè! Così ti faranno il terzo grado! Ahahahah come godo!” dissi continuando a ridere.

Vidi Ryou prendere la rincorsa, per poi sollevarmi da terra e mettermi a mo’ di sacco di patate sulle sue spalle e catapultarmi dentro.

“Forza Seiki, entra. “ecco ora era tornato il solito petulante fratello.

Rivolsi lo sguardo verso Shin che aveva un’aria divertita. Bastardo, anche lui si prendeva gioco di me. I due uomini più importanti della mia vita,si beffavano di me. Me l’avrebbero pagata!

“Mettimi giù Ryou Michiyo. Adesso. Te lo ordino.” Sbraitai continuando ad agitarmi.
“Altrimenti? Che mi fai? Avanti Yamashita, sei alta un metro ed una banana. “ mi prese in giro mio fratello guardando complice Shin.
“Spiritoso. Shiiiiiiiiin – piagnucolai- aiutami ti prego.” per accentuare la mia sceneggiata, inarcai il labbro inferiore facendolo tremare appena. Volevo sembrare il più dolce possibile.
“Niente da fare. Concordo con tuo fratello.” Rispose Shin incrociando le braccia al petto ed alzando il mento con fare altezzoso.
“Bravo cognatino. Tra uomini ci si capisce, sorellina.” Intervenne mio fratello beffandosi di me.
“Mettimi giù! Dannati bastardi! Stronzi!” imprecai. Erano davvero stronzi quei due.
“Dai su, mettila giù. Così ci prepara da mangiare.” Propose Shin strizzando l’occhio destro.
“Giusto! Forza scendi!- disse Ryou scaraventa domi sul pavimento- prepara donna!”
“Stronzi! “rivolsi loro una linguaccia e mi rintanai nella cucina. Me l’avrebbero pagata. Oh sì. E loro stessi mi avevano servito l’opportunità su un piatto d’argento.
 


Ero in cucina intenta a preparare una semplice pasta alla carbonara. Veloce e deliziosa e perfetta per la mia vendetta.
Riempii una pentola d’acqua, accesi il gas e la posizionai sul fornello. Presi una padella, la riempii con un po’ d’olio, appena fu riscaldato, aggiunsi la pancetta a pezzi, facendola rosolare. Preparai l’intruglio di uovo e formaggio.
Ora il piano poteva avere inizio. Presi il barattolo del sale. Versai tre cucchiai grandi nell’acqua, due sulla pancetta e due nell’intruglio. Avrebbero mangiato non pasta alla carbonara, ma SALE, alla carbonara.
Appena l’acqua iniziò a bollire, aggiunsi gli spaghetti. Dopo 20 minuti circa la mia pasta speciale al sale era pronta.
Presi la pentola contenente il cibo e mi diressi nella sala da pranzo, dove i ragazzi nel frattempo avevano apparecchiato la tavola.

“Bene ragazzi, la cena è servita! “ dissi strizzando l’occhio sinistro.

Posizionai la pentola al centro, iniziando a riempire i loro piatti.

“Tu non mangi? “ disse mio fratello.
“No a dire il vero no. Mi accontenterò di un po’ di pane. Grazie. “ non vedevo l’ora di assistere alla loro reazione.

Ecco, stavano portando il primo boccone in bocca.
Tre, due, uno…

“Che cazzo è..aiutoooooooooo! E’ salatissimo.”  urlò Shin.
“Porca puttana, è immangiabile. “ Urlò Ryou.

Ed io? Io ridevo come una matta fissando le loro facce schifate e disgustate. Era davvero una goduria!

“Ahahahah vi sta bene.” Avevo le lacrime agli occhi e la risata non accennava a diminuire.
“Stronza che non sei altro! Vieni qua.” M’intimò Shin.

Ora iniziavano i guai. Shin e Ryou che mi inseguivano?
Salii velocemente le scale, chiudendomi a chiave nella mia stanzetta. Almeno lì sarei stata al sicuro.
O almeno così pensavo.
Ad un tratto sentii dei rumori molesti ed indefiniti provenire dalla finestra.
Appena cercai di muovere un piede, vidi la finestra spalancarsi e fare il suo ingresso uno Shin infuriato.
L’avevo combinata grossa. Davvero grossa.

“Ora me la pagherai.” Ringhiò Shin.

Lo vidi avvicinarsi molto velocemente. Non ebbi il tempo di riflettere, pensare e reagire, perché Shin mi aveva avvinghiata a se, fondendo i nostri corpi.
Avvicinò la sua bocca vicino il mio orecchio. Quel gesto, mi provocò dei brividi.
Mi stavo eccitando.

“Voglio fare l’amore con te. Questa volta da lucido voglio entrare in te, sentirti.” Sussurrò sensualmente.

Ero letteralmente impazzita. La sua voce, le sue braccia, il suo corpo, mi avevano drogata.

“Facciamolo.” sussurrai appena.

Shin non se lo fece ripetere sue volte. Mi gettò letteralmente sul letto. Iniziò a baciarmi. La sua lingua aveva intrapreso una danza con la mia. Le sue mani, avide, accarezzavano il mio corpo. La sua bocca lasciò la mia per lasciare baci umici e dolci lungo il collo.
Sentivo la pelle bruciare. Il cuore accelerare ad ogni cambiamento del suo tocco.
Le sue mani sfottevano i miei seni, il mio addome, la mia femminilità.
Ero in ecstasy. Lo desideravo.

“Shin non ce la faccio più.” Biascicai.
“Shh piccola. Tempo al tempo.” Sussurrò lui di rimando.

Mi morsi il labbro inferiore.  Era una dannato bastardo.
Il mio dannato bastardo.
Iniziò a spogliarmi. Mi tolse la magliettina, lasciandomi in reggiseno. Sganciò il bottone dei jeans ed abbasso la zip, liberandomene infine. Rimasi in biancheria intima.
Sentii le sue mani indugiare, aprii gli occhi per vedere cosa stesse succedendo.
Lo vidi guardare il mio corpo, con una luce nuova negli occhi.
Non come quella della prima volta.
No, quella luce, ora, era amore.
Il nostro.

“Sei bellissima, amore.”

Mi aveva chiamata amore?


Oddio.


Tornò ad occuparsi degli ultimi stracci che mi erano rimasti addosso.
Ero completamente nuda.
Ora toccava a me, giusto?
Imitai tutti i suoi gesti, lasciando anche lui nudo.
Era una visione idilliaca.
Il suo corpo era proprio come lo ricordavo.
Era perfetto.
Ed era tutto mio.

“Sei pronta?” chiese gentilmente Shin.

Annuii.

Questa volta non ci sarebbero stati preliminari.Avevamo troppa foga e voglia di stare assieme.
Di unirci.
Di sentirci nostri, finalmente.
Di appartenerci, finalmente.
Quella notte ci amammo più volte.
Più volte il mio corpo ospitò il suo.
Più volte vedemmo la gioia insieme.
Più volte i nostri cuori si unirono.
Più volte i nostri sguardi s’incrociarono.
Più volte le nostre bocche si unirono.
Più volte, fummo finalmente noi stessi.
 
Ora eravamo finalmente Shin e Yamashita.

Finalmente.

 
 
 
 
 
 

 
   
 
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