Jean
guardò la torta di fronte a lei come se fosse la cosa
più
bella che avesse mai visto per poi di attaccarla con gioia. Era
troppo impegnata a gustare ogni forchettata di quella
delizia– dio, il cioccolato era una cosa fenomenale!
- per ascoltare Sam e Dean, ma del resto non le importava
molto: anche se avevano deciso in di portarla con loro ad indagare sul
killer
che aveva colpito in zona lei non era per nulla preoccupata. Sapeva
bene come
difendersi e si fidava ciecamente di Sam e Dean. Loro
l’avrebbero protetta.
Portò
alla bocca l’ultimo boccone di torta, alzò lo
sguardo e
provò a seguire la conversazione, ma ben presto si
trovò
a fissare un raggio di sole che colpiva i capelli di
Dean.
“…Jean?”
chiese Sam, guardandola con fare interrogativo. “Tutto a
posto? Sembri un po’
persa.”
Dean
le si avvicinò preoccupato. “Hai la febbre? Ti
senti bene?”
Jean
rifletté. “In effetti mi sento un po’
strana...”
Dean le mise una mano sulla fronte, e Jean chiuse gli occhi prendendo un respiro profondo. L’aroma di caffè, salsiccia e una leggerissima traccia del profumo di Dean le riempìrono le narici.
Il mondo era così pieno di profumi, gusti, sensazioni, colori ora che lo vedeva letteralmente con occhi diversi che non sapeva come avrebbe potuto riabituarsi alla sua vecchia vita una volta tornata normale.
La temperatura era nella norma, constatò Dean tra sé e sé; passò un braccio dietro Jean appoggiandolo sullo schienale della panca e riprese la conversazione con Sam.
Lei
cercò
nuovamente di seguire ciò che stavano dicendo,
ma il cuore le martellava nelle orecchie e non riusciva a concentrarsi.
Cosa diavolo le stava
succedendo?
Sam doveva aver notato che si sentiva ancora sottosopra, perché mentre continuava a parlare le fece cenno di porgerle il braccio e le tastò il polso. Finì la frase e poi dichiarò ai suoi due compagni che Jean aveva il battito accelerato.
Subito Dean
propose di riportarla al motel, ma Sam e Jean si
opposero.
Non lo disse apertamente, ma Sam aveva paura che potesse dare fuoco all’intero motel con sé stessa dentro visto il livello di familiaritò che aveva con tecnologia umana. Tecnologia umana non dotata di motore, s'intende.
Dal canto suo
Jean, beh... Jean semplicemente non aveva nessuna intenzione
di restare chiusa da sola in una stanza per una giornata intera quando
c’erano più
cose da vedere e da fare di quanto mai lei potesse mai sperare di
riuscire a provare.
Sapeva che molto presto sarebbe tornata al suo amatissimo asfalto, ma
voleva
godersi ogni singolo istante di quella inaspettata e inaspettatamente
piacevole
avventura, e non sarebbe stata qualche stupida palpitazione a fermarla.
“Sto
bene, mi basterà rinfrescarmi un poco e sarò come
nuova.”
Scivolò fuori dal tavolo e si diresse verso il bagno.
Una volta
dentro lo stanzino buio
mise sotto il getto d’acqua ghiacciata polsi e viso. Chiuse
gli occhi. Respira, si disse. Si guardò allo specchio, e
accigliandosi notò di
essere stata subito meglio.
In
quel momento incrociò Dean che usciva dal tavolo, e quando
lui la urtò per mancanza di spazio il suo
battito accelerò nuovamente.
Sam la squadrò, soppesando la sua teoria. “Sì, è possibile. Vuoi stargli lontana per oggi?”
Se
c’era il rischio
di farle perdere conoscenza un'altra mezza giornata con non si sa bene
quali conseguenze forse la possibilità del motel in fiamme
era
il minore dei mali.
“No,
no, sono sicura che non è niente. Voglio venire con
voi.”
Sam
rifletté un secondo ed estrasse una bottiglietta.
“Tieni,
prendine un paio di gocce; è valeriana. Se ti senti male,
avvisa
subito. Non fare l’eroina.”
“Ho
detto no alle droghe” rispose lei con un sorriso sghembo, e
lui si domandò quanti danni
cerebrali poteva averle fatto la vicinanza con Dean, anche senza
bisogno della macchia, per farle dire
battute del genere.
Dean
osservò Jean mentre si sistemava davanti allo specchio, e si
ritrovo a constatare che l’abito
magari non faceva il monaco, ma di certo aiutava. Con i capelli ben
pettinati e
il tailleur che Sam le aveva fatto acquistare il giorno prima sembrava
una vera donna in carriera.
Quando tutti furono finalmente pronti scesero in parcheggio, e con un sospiro Dean tirò fuori le chiavi dell’anonima station wagon grigia che gli avevano rifilato all’autonoleggio. Dio, gli mancava la sua baby, il che era decisamente bizzarro visto che non le era mai stato tanto vicino.
La scenetta di
Sam e Jean che si litigavano il posto davanti però
lo rimise subito di buon umore.
“Saaaaammy,
ti prego!”
“No!
Il posto davanti è mio da sempre!”
“Per
piaceeeeeeeeeeere. Non mi piace dietro, è assurdo che io non
possa vedere la
strada...”
“Non
è la fine del mondo, puoi guardarla anche dal finestrino
dietro.”
“Ma
non è la
stessa cosa!”
“Sì
che lo è.”
“Beh
allora stacci tu.”
“No!
E poi è meglio che tu stia lontana da Dean. Non vorrai stare
ancora male…”
Se Jean avesse potuto incenerirlo con lo sguardo lo avrebbe fatto. Dean li guardò con fare sospettoso. “Cosa non mi state dicendo?”
Sam con molta
nonchalance
sviò il discorso “Niente. Intendevo che
è meglio lasciarla riprendere da ieri
sera.” Jean assecondò
la sua storia e Dean decise di far finta di bersela, ma la ragazza si
vendicò di Sam sedendoglisi dietro e pizzicandogli collo e
fianchi più forte che
poteva durante il viaggio, per poi godersi i ‘Diavolo Sam, smettila di lagnarti, sei un
cacciatore grande e grosso!’ di Dean quando lui si
lamentava.
Scesi
dall’auto Jean notò con soddisfazione il collo
arrossato di Sam, ma il suo
ghigno si trasformò in una espressione di puro stupore
quando varcarono la
soglia dell’Ama-con. Un uomo corpulento sulla quarantina
vestito da Spider Man,
una ragazza lentigginosa con una parrucca bianca da Tempesta, un
ragazzo di
circa 16 anni vestito da Loki con tanto di scettro fatto in casa: Jean
sarebbe
rimasta lì impalata a fissare con meraviglia tutti quei
costumi per chissà
quanto se qualcuno dietro di lei non l’avesse urtata. Uscita
dalle sue fantasticherie, si accorse che Sam e Dean
erano parecchi passi davanti a lei e si affrettò a
raggiungerli. I ragazzi erano
già al lavoro, e stavano domandando al gestore di una
bancarella informazioni sui
prodotti che vendeva.
Andò
tutto come previsto fino a quando Dean chiese “Ho saputo
dell’omicidio che c’è
stato due giorni fa. Roba da pazzi!”
“Sì,
veramente! La polizia avrebbe voluto annullare l’evento, ma
chi aveva anticipato
il denaro si è rifiutato, quindi hanno portato via tutto
quello che poteva
essere usato come prova e ci hanno lasciato fare.”
“Che
tipo di oggetti hanno sequestrato?”
“Beh,
cose da nulla, tipo- ehi, aspetta! Mi pareva foste familiari! State
LARPando!!!
State interpretando i personaggi di quella serie, come si chiamava?
Paranormal?
No, qualcosa con Super…
Super...”
“Supernatural”
grugnì Sam alzando gli occhi al cielo.
“Sì,
ma certo! Tu sei Dean, e tu sei Sam, e tu sei…
Charlie?”
“No,
io veramente sono l’Impala.”
“Beh,
ragazza, potevi impegnarti un po’ di più col
costume.”
Dean non fece in tempo ad intervenire: si diede una manata sulla fronte guardando Jean arrabbiarsi e insultare il proprietario della bancarella. La prese per le spalle e la trascinò via con l'aiuto del fratello mentre si dimenava e continuava a gridare ingiurie all'uomo, che li cacciò dallo stand strepitando che non aveva tempo da perdere con dei cosplayer che facevano finte interviste.
Dopo
un’ora circa i tre varcarono nuovamente la soglia del
comic-con. Jean era più
determinata che mai, mentre Sam e Dean si guardavano sconsolati e si
domandavano come avevano fatto a farsi trascinare in quella situazione.
Fu
così che, dopo una veloce tappa ad un
specializzato in costumi poco distante dall'Ama-con, Sam si
stava grattando
la testa sotto il suo casco da Thor e Dean non faceva che tirare il suo
costume in lycra da Batman. Inutile
specificare che i costumi li aveva scelti
Jean, e che loro avevano ceduto solo a patto che stesse buona per tutta
la
giornata e che non combinasse guai durante gli interrogatori
– ma specialmente che
non tornasse a litigare con un certo venditore in particolare...
L’idea era oggettivamente molto buona, perché riuscirono a mescolarsi nella folla molto più facilmente. Jean però ancora non riusciva a stare ferma con tutto quello che c’era da vedere, e Dean ebbe pietà di lei e si propose di farle da scorta in mezzo a quella confusione mentre Sam portava avanti il caso. Il minore all’inizio non voleva lasciarla da sola con lui visto quello che le aveva confidato quella mattina, ma lei sembrava stare bene, e per quanto Dean facesse il duro e brontolasse per il costume si vedeva che si stava divertendo un mondo.
Fece loro un cenno di saluto con testa mentre li guardava allontanarsi, e non appena i due girarono l’angolo ne approfittò per togliersi elmo e martello e buttarli in un cestino lì vicino.
Prima che se ne accorgessero, il pomeriggio volse al termine e gli altoparlanti cominciarono ad annunciare che l’Ama-con era terminato, 'arrivederci al prossimo anno!' Le indagini di Sam non avevano dato nessun frutto e continuavano a non avere piste, ma per quel giorno non c'era piùniente che potessero fare, quindi l’unica cosa che restava loro era tornare al motel, cambiarsi e cenare.
Dean non
riusciva a credere di aver finalmente
trovato qualcuno che non voleva mangiare solo cibo da conigli,
quindi quella sera decise di far provare allaa ragazza la pizza.
“Dean,
pensi davvero sia una buona idea?” chiese Sam.
“Andiamo!
E’ fatta di metallo, e andava a benzina! Scommetto che
terrà l’alcol senza
problemi... Che senso avrebbe per lei questa esperienza se non prova le
cose
belle della vita?”
“Sì,
Sam, non fare il guastafeste!” cinguettò Jean, e
gli fece una linguaccia.
Fu
così che Sam varcò rassegnato la soglia del pub
che Dean
aveva scelto. Quando lui
si diresse verso un tavolo con una buona visuale sul resto della sala
Sam ebbe la conferma che quella notte suo fratello era a caccia di
esseri
tutt'altro che sovrannaturali - esseri con labbra carnose e quarta di
reggiseno più che altro.
Osservando i
bicchieri vuoti dove prima c'erano stati un tequila sunrise, un mojito
e
una caipiroska alla fragola scolati da
Jean Sam notò che no, le auto non sono immuni
all’alcol. Aveva le guance rosse e rideva a crepapelle alle
storielle di Dean, che era al suo quarto Jack Daniels ed era
lanciatissimo. Con un sorrisetto Sam pensò Al
diavolo, finché si
divertono e basta!
Era contento che Dean non avesse più fatto caso alle ragazze
e si fosse limitato a
godersi la loro compagnia. E per l'eccesso di alcol...O così
o niente, supponeva.
I
bicchieri vuoti sul tavolo però continuarono ad aumentare, e
i due si fecero
sempre più vicini. Quando Dean cominciò a passare
le labbra sul collo di Jean Sam decise che era il caso di
intervenire.
“Dean! Dean, sei ubriaco, smettila.”
Nel frattempo
le labbra di Dean si era spostato dal collo alla bocca di Jean.
“Dean,
davvero, smettila. E'
ubriaca fradicia! Non sei tipo
da approfittarti di una ragazza di due
giorni che non sa neanche cosa sta facendo.”
Dean finalmente lasciò stare
Jean e si girò verso di
lui. Gli punto il dito contro e con un “Fanculo!”
si tolse dal collo le braccia
di Jean si diresse verso una ragazza bruna molto carina che beveva da
sola al
bancone del bar.
Jean
sembrò non capire bene cosa stava succedendo, ma aveva
davanti un bicchiere mezzo pieno e allungò la mano
per afferrarlo.
“Oh
...no!” Sam fu più veloce. Lei
seguì con lo sguardo il tragitto del bicchiere
fino alla bocca di Sam, che lo
svuotò in un solo sorso, sempre col
braccio teso e con lo sguardo di un
neonato cui fosse stata tolta la ciuccia.
“Jean, torniamo a casa.”
“No,
voglio un’altro drink!”
“Jean,
basta bere. Domani
sarà già abbastanza dura così,
fidati.”
“Noooo…
Cameriera!”
“Jean…”
Lei non gli rispose neppure mentre cercava di attirare l'attenzione della cameriera agitando un braccio in aria.
Sam
sospirò. “Non
mi lasci altra scelta.” Spostò la sedia
di Jean
da sotto la tavola, la afferrò per la vita e se la mise in
spalla. Lei
cominciò a lamentarsi, dargli pugni sulla schiena e
scalciare. Parecchie
persone nel locale si girarono e un
tizio nerboruto si avvicinò: “Ragazzina, tutto
bene?”
Sam
la precedette “E’ mia sorella. E' ubriaca fradicia,
la riporto a casa.”
“Sam,
ho quasi cinquant’anni, potrei essere tua madre! Mettimi
giuuuuuù!”
Sam fece un segno con la mano come a dire ‘Vedi? Non c’è con la testa’ e il tipo si allontanò, ma seguitò a osservarlo con fare sospettoso. Sam si avvicinò a Dean e alla bionda con cui stava parlando ora.
“Dean,
dammi le chiavi.”
“Col
cavolo!”
“Dean,
hai bevuto, non puoi guidare e io devo portare a casa Jean.”
“Ma
si può sapere che hai stasera? Dannazione! Sono nella
giacca,
sulla sedia. Prenditele, rompipalle. Dicevamo, bellezza?”
Sempre
con Jean in spalla, Sam si girò su sé stesso di
180° per guardare nella giacca e
Jean si trovò di fronte Dean e la ragazza.
“Dean!” disse ridacchiando “Ecco dov’eri!” prese il bicchiere dalle mani della biondina. “Grazie!" L'amichetta di Dean sembrò non aver mai ricevuto un affronto simile e spalancò la bocca incredula.
Jean non la
degnò della minima attenzione. "Deeeeean, perché
te ne
sei andato così?”
“E
questa chi è?”
“Non è nessuno, splendore. Lasciami offrirti un altro drink...”
Jean ridacchiò "Non è vero, sono la tua baby. Diglielo, Dean!"
La
ragazza gli lanciò un’occhiataccia, e senza dire una
parola prese la
propria borsetta e se ne andò.
“Grandioso,
veramente grandioso! Ma voi due avete deciso che dovete rendermi la
vita un
inferno? Grazie tante! Io torno a casa a piedi.”
Sam
lo guardò sbalordito uscire dalla porta senza neanche
prendere la propria giacca. Ancora leggermente sotto shock
afferrò la sudetta
giacca, da cui aveva nel frattempo tirato fuori le chiavi, e
uscì dal locale con Jean ancora in spalla.
“Fa
freddo!” si lamentò lei.
“Prometti
di non combinare casini se ti metto giù?”
“Io non combino casini.” brontolò.
Sam la
appoggiò a terra e le mise sulle spalle la giacca di
Dean. Poi notò che aveva ancora in mano il bicchiere della
bionda, e alzando gli occhi al cielo lo prese e lo
appoggiò accanto a uno dei vari posacenere strapieni
lì attorno.
“Certo!”
*hic* Con un singhiozzo Jean si incamminò verso la macchina
prestando estrema attenzione alle proprie gambe. Uno... Due...
“Sei
così alto... Come fai ad essere così
alto?”
“Non
lo so, genetica?”
“Ma
Dean non è così alto. Dean è alto il
giusto.”
Erano arrivati
all'auto; Sam
le aprì la portiera e le mise la cintura, e lei gli
afferrò un braccio.
“Dean è
arrabbiato” disse con una vocina piccola piccola, improvvisamente
triste.
“Ho fatto qualcosa che non
va?”
Lui
la fissò per un istante, poi fece il giro
dell’auto e si sedette nel posto di
fianco al suo. Le accarezzò la fronte “Non ce
l’ha con te, Jean.”
“Ha
detto che non sono nessuno.”
“E’
solo che ha bevuto.”
“Anch’io
ho bevuto.”
“Sì,
ma tu non ragioni col cazzo.”
Scoppiò
in una risata fragorosa che si spense quasi subito. Ci fu un istante di
silenzio in cui ognuno si perse nei suoi pensieri, quando ad un certo
punto lei
sussultò e si portò una mano alla guancia.
“Sam!”
esclamò agitata “Sam! Perdo!”
Con
un sorriso amaro raccolse un’altra goccia e la
portò alla bocca. “E’ solo una
lacrima, Jean. Stai piangendo.”
“Non
mi piace piangere. Non
mi sento per niente bene”
“Lo
so, Jean.”
‘Poveretta,’
pensò, ‘quell’idiota
di mio fratello domani farà i conti con-’
…e
Jean gli vomitò su una spalla. Più veloce che
poté aprì il finestrino e le
resse la testa fuori finché non finirono i conati.
Smontò dall’auto, si tolse
la giacca gettandola nei posti dietro e fece spostare Jean nei posti
davanti.
Con tutte le emozioni della giornata, l’alcol e la stanchezza
dovuta ai conati la ragazza
si addormentò appena appoggiò la testa sul sedile.
Sam lasciò i finestrini dietro aperti e girò la chiave nel quadro d'accensione. Uscì dal parcheggio a tutta velocità con un gran ruggito del motore, ben deciso ad andare a letto il prima possibile per riposare e cancellare quella serata dalla mente.
Quando a
metà del tragitto
dal bar al motel i fari dell’auto illuminarono Dean che
camminava sul ciglio della
strada pensò
per un istante di fermarsi, ma la stanchezza e la voglia di fargliela
pagare ebbero
la meglio. 'Camminare gli
farà
bene'
pensò sfrecciandogli a fianco. Gli sarebbe passata la
sbronza,
l’arrabbiatura… e magari anche un po’ di
stronzaggine.
Arrivato al motel contemplò l'idea di pulire quel casino, ma era troppo stanco e lo posticipò al giorno dopo. Anzi, l’avrebbe lascato a Dean visto che la fantastica idea di far bere Jean era stata sua.
Prese in braccio la ragazza ancora addormentata e la portò su per le scale fino alla loro stanza. Per non si sa bene quale miracolo riuscì ad aprire la porta, e dopo aver dato un’occhiata ai vestiti che indossava e aver constato che non era sporca di vomito, adagiò l'Impala sul proprio letto, ancora completamente vestita. Richiuse la porta a chiave – anche da ubriaco Dean avrebbe forzato la serratura ad occhi chiusi, ed era un'altra piccola vendetta per essere stato un idiota.
Sconsolato per le condizioni di entrambe le persone a lui più care poggiò la testa alla porta. Aveva urgentemente bisogno di almeno sei ore di sonno.
Facendo ben attenzione a non svegliarla o a non spingerla giù dal letto accidentalmente si distese a fianco di Jean (anche lui ancora completamente vestito, a parte le scarpe). Ricordandosi quanto avesse bisogno di contatto umano le passò un braccio attorno. Sospirò.
Il suo
ultimo pensiero prima di chiudere gli occhi e addormentarsi di botto fu
Se mai dovessi smettere di fare il cacciatore
almeno potrò mettere nel curriculum
‘babysitter’
’
Buongiorno!
Passato delle buone vacanze?
Mi
sono documentata: l’Ama-con dura un solo giorno, ma per fini
narrativi ho
deciso di estenderli a tre. Beh, per fini narrativi intendo che era un
crimine
farli andare ad un comic-con e non fargli fare un po’ di
cosplay, e per citare
la bozza di questa storia “ho deciso che dura tre giorni e
non me ne frega un accidenti.”
NOTA
BENE: so bene che sto facendo dire a Dean una serie di battute e
cliché sessisti. Lo faccio solo perché credo sia
"in
character" e mi dissocio altamente. A furia
di menarlo Jean lo
addomesticherà un pochetto, promesso.
Ehm,
okay, quindi… volevo dire… sì,
insomma… spero il capitolo non sia stato troppo
noioso e di scriverne un altro presto. Byeeeeeeeeeeeee!