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Autore: Blackmoody    08/01/2014    1 recensioni
[...] e sulla parete si delineò una fenditura dai contorni danzanti, una sorta di stretto uscio aperto su stelle e oscurità che vacillavano e svanivano a tratti. Qualcuno allora si fece avanti attraverso quel nulla, titubante e forse sorpreso, e il Dio degli Inganni distinse una robusta creatura dalla pelle cerulea coperta da una leggera armatura di cuoio scuro. Un manto di pelliccia gli pendeva dalle spalle e una corta daga dal fianco sinistro, e le sue iridi sanguigne lo fissavano prive di astio.

Circa un anno dopo l'ultima grande battaglia contro il Folle Titano, la vita di Loki di Asgard ed Erin di Galway scorre pacifica – in attesa, forse, di nuove opportunità di conquista da cogliere. Ma c'è qualcosa del suo passato con cui l'Ingannatore ha ancora un conto aperto: qualcosa che giungerà dal buio di vaste e antiche lande di ghiaccio e neve.
SEGUITO DI THE MAJESTIC TALE, post-Avengers, sedici capitoli.
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Loki, Nuovo personaggio, Thor
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Majestic Tale of the Mischief Maker and the Flute Maiden'
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8

8.

This town ain’t big enough for the both of us

 

 

 

 

 

 

«I soldati ai varchi sono in posizione, Maestà.»

Odino sollevò il capo nell’udire la voce di Týr figlio di Hymir, generale dell’esercito del Reame Eterno, il quale si era appena inchinato alla base della scalinata del trono con il proprio elmo ossequiosamente tenuto tra le mani. Il sovrano raddrizzò Gungnir e osservò la grande sala: oltre al lui e al comandante gli unici presenti erano le guardie silenziose disposte lungo il colonnato che dava all’esterno e Thor, che a braccia conserte guardava verso l’Osservatorio.

«Che ordini vuoi che dia al resto delle truppe, mio re?» chiese ancora il Dio della Guerra.

«Fa’ che siano pronti a tutto ma non dare disposizioni precise. Non sappiamo con esattezza come giungerà l’attacco, e dobbiamo attendere il ritorno di mio figlio da Jotunheim. Sino ad allora nulla faremo. Ti è stato possibile mantenere il segreto sul suo piano?» rispose Odino.

Týr annuì lentamente: «I miei uomini non fanno domande inopportune quando si tratta di vostri comandi, Maestà. Sanno che sul regno grava la minaccia di una possibile guerra, la stessa per cui avete mandato gli Einherjar nell’entroterra.» garantì.

L’accenno al diversivo suggerito da Loki e che il Padre degli Dei aveva messo in pratica, pur con riluttanza, indusse Thor a voltarsi in direzione dello scranno reale con vago nervosismo, mentre lo sguardo di Odino s’incupiva un poco:

«Molto bene. Ho dato disposizioni a Lady Brunhilde affinché gli Einherjar rimasti a Folkvangar siano messi a difesa delle mura della capitale. Una volta che il principe sarà tornato manderò un messaggero oltre le montagne per richiamare gli altri.» egli disse.

«E la cavalleria, mio re? Chi la guiderà?» volle sapere il generale.

«Uno dei migliori guerrieri della mia casata. Tu preoccupati delle legioni della fanteria, valoroso Týr. Io e mio figlio Thor ti daremo manforte.»

Il dio s’inginocchiò portandosi un pugno al petto, comprendendo che la conversazione era giunta al suo termine: «Obbedisco, mio signore.» si congedò.

Il sovrano lo salutò con un breve cenno solenne, quindi il barbuto comandante si rialzò, si coprì nuovamente la testa con l’elmo e uscì a passi misurati dal salone. Il Dio del Tuono aspettò che fosse scomparso oltre il portico prima di avvicinarsi al seggio d’oro del padre; indossava già l’armatura completa, sebbene avesse lasciato Mjölnir all’armeria.

«Cosa ti cruccia, padre?» indagò, anche se conosceva la risposta.

Odino abbandonò il trono e discese i gradini per accostarsi al primogenito:

«Seguire il consiglio di tuo fratello sull’allontanamento degli Einherjar potrebbe essere stato un errore. Con le truppe delle Valchirie a ranghi ridotti potremmo avere gravi problemi nel respingere gli jotun, per quanto le trappole funzionino e l’attacco non ci colga impreparati.» gli confidò; «I rinforzi potrebbero arrivare troppo tardi comunque.»

Thor ebbe un lieve spasmo d’insofferenza: «Parla chiaro, padre, ti prego. So che ciò che temi è che Loki ci tradisca o ci abbia traditi, poiché è ciò che tormenta me.»

Ripensò a quella mattina, quando il Dio degli Inganni era rientrato dalla sua ultima visita alla moglie e si era fermato a scambiare qualche ambigua parola con lui; poi lo aveva visto recarsi nelle proprie stanze e uscirne con indosso elmo, corazza e mantello per chiudersi, infine, nella sala dei cimeli. Di sicuro da lì aveva attraversato il portale per andare fin su Jotunheim seguendo i sentieri oscuri che mai Thor aveva percorso. Immaginò che in quel momento suo fratello stesse convenendo coi Giganti sull’inizio dell’assedio e sperò con tutto sé stesso di vederlo comparire a breve lì, nella sala del trono, per annunciare che tutto era andato alla perfezione: solo allora avrebbe ripreso a respirare liberamente e avrebbe saputo che la fiducia che si sforzava di dargli non era stata malriposta né futile.

«Hai parlato chiaro per entrambi, figlio.» mormorò il Padre degli Dei con amarezza.

Tacquero, e insieme camminarono fino alla balconata che fiancheggiava le logge. La città brulicava di vita sotto di loro, coi suoi palazzi e ponti, e al di là delle sue muraglie i Campi di Idavoll splendevano verdi nel sole velato, belli e infidi come il mare prima della tempesta.

 

 

La mole della Cittadella incombeva su di lui come un’infausta promessa, e tuttavia Loki non si fermò. Lasciando una netta scia d’impronte nella neve profonda e farinosa coprì il tratto che lo separava dall’ingresso della fortezza, le spalle ben dritte nonostante giungesse a piedi e non a cavallo: passare dal varco aperto nella gola tra i monti a nord dei Campi di Idavoll avrebbe costituito un rischio, dacché era quello che l’armata dei Giganti avrebbe utilizzato per riversarsi nel Reame Eterno – e portare un destriero nella stanza dei trofei non sarebbe stato esattamente saggio. Del resto, il passaggio era vicino alla rocca di Býleistr.

Gli jotun erano ovviamente in fermento. Gruppi di fanti entravano e uscivano dalle mura, nel grande cortile lupi e pentapalmi venivano bardati per essere cavalcati e l’aria gelida odorava di fumo e metallo; l’asgardiano riconobbe Glaumar e Hroar e scambiò con loro un’occhiata e un cenno, e considerò fugacemente che se gli uomini del fratellastro erano tutti lì erano assai meno di quanti avesse immaginato. Non riuscì a discernere se ciò fosse un bene o piuttosto l’inquietante indizio di qualcosa che gli era sfuggito, e per un istante esitò, pensando che forse avrebbe dovuto assicurarsi che ogni cosa si stesse svolgendo come aveva previsto, prima di presentarsi dal figlio di Laufey. Ma questi comparve in cima alle scale d’ingresso del castello a braccia spalancate, reso ancor più possente dall’armatura di cuoio e nero uru che lo ricopriva, e Loki non potè girare i tacchi e andarsene:

«Salute, fratello. Sembra che tu sia pronto alla battaglia.» si sforzò di apostrofarlo.

«Salute a te, fratello!» esclamò Býleistr; «Siamo invero pronti a marciare, se tu mi darai carta bianca. L’ora della vendetta è finalmente arrivata.»

Il principe ingannatore gli lanciò un sorriso storto e salì fin sulla soglia, sempre guardandosi intorno nel tentativo di cogliere dettagli che potessero rassicurarlo o allarmarlo definitivamente. Non vide però niente di particolare, all’infuori dei soldati e delle bestie che già aveva notato e che continuavano a muoversi nel vento offuscato da scaglie di ghiaccio.

«Hai carta bianca. I varchi sono tutti aperti, gli Einherjar lontani dalla capitale, e il Padre degli Dei non sospetta alcun attacco da parte vostra. I suoi timori sono concentrati sull’ancor più catastrofica idea che sarà il Folle Titano ad assaltare Asgard.» mentì dunque, e improvvisando aggiunse: «Mi crede nelle mie stanze, intento a sondare il cosmo in cerca di segnali che indichino la presenza di Thanos, e se non sarò di ritorno entro un giro di clessidra s’insospettirà. Non sei riuscito a radunare le tue forze al completo, fratello? Mi aspettavo un’armata assai più numerosa.»

Il giovane re sorrise e gli fece strada dentro il palazzo, solerte:

«Riscaldati e bevi una coppa di vino con me, fratello. Brinderemo alla vittoria.»

L’asgardiano esitò di nuovo, e nel frattempo l’altro chiamò due servi con uno schiocco di dita e ordinò che Hugrun fosse convocato al suo cospetto. I due obbedirono in fretta, dileguandosi nel dedalo di alti e bui corridoi che si spalancava dietro Býleistr, ed egli versò di persona il vino nei bicchieri di bronzo che gli erano stati recati.

«Una coppa soltanto.» concesse Loki con celato nervosismo, e con una mano saggiò la tasca interna del pastrano per controllare che i suoi fidi pugnali fossero al loro posto. Doveva assecondare il Gigante fino all’ultimo, si ripetè mentre beveva l’aspro nettare.

L’anziano generale comparve nella stanza, seguito da un drappello di guerrieri, e vi fu un brevissimo intreccio di sguardi tra lui e il sovrano che il dio trovò strano. Abbassò allora il calice e il fratellastro innalzò il proprio, il volto ceruleo acceso e fiero:

«Brindo a questo giorno, il giorno in cui chi ci colpì e distrusse a tradimento conoscerà quella medesima sorte. Brindo alla caduta di Asgard e alla gloria di Jotunheim, e brindo a mio padre Laufey il Grande, che mai sarà dimenticato.» declamò in tono vibrante, fissando l’asgardiano dritto negli occhi – e i suoi ardevano di una luce che a Loki non piacque.

Býleistr gli passò un braccio sulle spalle, bloccandogli la visuale e buona parte dei movimenti, e il principe contrasse d’istinto i muscoli.

E lo jotun disse: «Brindo alla mia vendetta, fratello. E alla tua fine.», e nel dirlo un ghigno gli aprì le labbra sottili, e fulmineo estrasse dal fodero la propria daga.

Ma il Dio degli Inganni non si fece cogliere completamente impreparato. Riuscì a divincolarsi in modo da schivare il potenziale affondo dell’altro, e ruotò su sé stesso per capire con precisione cosa stava accadendo e come muoversi: per adesso sapeva soltanto che il suo glaciale congiunto lo aveva preso in contropiede, e ne ignorava i motivi. Aveva sgarrato o fatto qualcosa che Býleistr aveva ritenuto uno sgarro? Era una sua mera precauzione per evitare imbrogli da parte di colui che degli imbrogli era il maestro? Oppure il Gigante aveva pensato di agire così fin dall’inizio? Nel dubbio, Loki non aveva alcuna intenzione di farsi catturare.

Un paio uomini di Hugrun gli furono addosso e lui li prese di striscio con un unico fendente dato con uno dei suoi pugnali; uno dei due urlò, portandosi una mano alla faccia, e subito altri tre soldati si fecero avanti e compatti come macigni si lanciarono sull’asgardiano: il primo lo colpì sulla mascella, facendogli vibrare dolorosamente la testa e cadere l’elmo, il secondo lo costrinse a piegarsi in avanti con un pugno al centro del torace e vi accompagnò una gomitata ben assestata tra il collo e le scapole; l’Ingannatore crollò su un ginocchio, digrignando i denti, il coltello gli sfuggì dalle dita e il terzo jotun lo frustò sulla schiena con la lama della propria spada prima che potesse allungarsi per riprenderlo.

Con un grido ringhiante e furibondo Loki cadde su entrambe le ginocchia e le mani, avvertendo il calore malsano della ferita unirsi al freddo che saliva dal pavimento. Tentò di combattere il malessere e di scuotersi abbastanza da poter ricorrere alle arti magiche, ma i Giganti gli furono nuovamente sopra e gli cinsero i polsi con una bizzarra, leggera catena che bruciava come ghiaccio e che gli tolse le poche forze che gli rimanevano.

Býleistr rise di gusto: «Trattatelo come si conviene a un principe. Lo voglio innocuo, non morto o incosciente.» comandò, e i suoi tirarono malamente su il prigioniero tenendolo per le braccia incatenate. Hugrun rimase silente nel suo angolo.

«Comincio a credere che ci sia stato un equivoco, fratello. Uno spiacevole equivoco. Parliamone, se lo desideri, e poi lasciami andare. Altrimenti il nostro piano si vanificherà.» azzardò il dio facendo appello a tutto il suo fascino e restituendo al ceruleo re una rauca risata, mentre si concentrava per sdoppiarsi o smaterializzarsi. Eppure nulla accadde.

«Oh, vorresti usare i tuoi incanti? Mi dispiace, non sono così sciocco da bloccare te e non la tua magia. Quella catena è fatta di uno speciale uru che di certo voi asgardiani conoscete meglio di me. L’ho avuto a buon prezzo da un mercante di Vanaheim e ammetto che svolge alla perfezione il proprio dovere.» lo schernì Býleistr quasi con affetto.

Loki si divincolò appena: «Perché dovrei fuggire se non ho fatto niente di male?» seguitò a blandire il fratellastro, pur con una punta d’ansia nella voce.

«Perché io ti ucciderò, principe. Non è forse un’ottima ragione per volersi dare alla fuga? Inoltre tu hai fatto qualcosa di male. Non in questo frangente, te lo concedo, ma l’hai fatto eccome.» rispose il figlio di Laufey lentamente, assaporando ogni parola e il mutare delle espressioni sul viso dell’asgardiano, il suo pallore che aumentava a dismisura; «Io ho sempre saputo, principe, che quello di cui accuso l’altro tuo fratello è in realtà imputabile a te. Ho sempre saputo che sei stato tu a lanciarci contro morte e distruzione. Ho sempre saputo che tu, e non lo stolto Dio del Tuono, hai tradito e ucciso mio padre a sangue freddo.»

Lo stomaco di Loki si contrasse, sebbene se lo fosse in un certo senso aspettato, e dunque si mantenne quasi impassibile nel replicare sibilando:

«Mi rendo conto di aver commesso un imperdonabile errore, e non a caso ho scelto di aiutare la mia gente per rimediare. Ciò che probabilmente ignori è che mai finii disperso tra le nevi, né mai venni rapito degli asgardiani. È stato nostro padre ad abbandonarmi a morire al gelo, dacché non mi riteneva un degno erede. Non te lo ha raccontato, questo?»

Le iridi di Býleistr si ridussero a due fessure rossastre, ed egli si avvicinò:

«Mi ha raccontato molto più di questo, mio padre.» disse lapidario.

«Già due volte ti sei riferito a lui come tuo padre, invece che nostro. Devo quindi pensare che tu non sia davvero mio fratello? O che io non sia meritevole nemmeno d’esser definito “figlio di Laufey”?» chiese l’Ingannatore, la mente d’improvviso confusa.

Il giovane jotun sorrise: «Oh no, tu sei mio fratello, Loki. Solo, non da parte di padre.»

S’interruppe, godendo della palese e rabbiosa curiosità che scorgeva nei verdi occhi ardenti del dio, e si rivolse al generale: «Hugrun, va’ a prendere posizione. Bláin e Vardrun guideranno assieme a te il primo attacco con le truppe regolari. Hroar e Glaumar vi raggiungeranno con la seconda ondata. Assicurati che i soldati scelti attraversino i portali diretti alla reggia di Odino, poi guida l’esercito fin nei Campi di Idavoll.»

«Consideralo fatto, mio signore. Caleremo impietosi su Asgard.» asserì il comandante.

«Bene. Voi,» riprese Býleistr facendo cenno ai guerrieri che ancora trattenevano il prigioniero, «legate il nostro ospite e attendete qui.»

Quelli fissarono la catena di uru alla colonna centrale del salone, e Loki non seppe reprimere l’impulso di divincolarsi ed esclamare: «Cosa significa? Non potete far partire ora l’assalto! Non senza che io sia tornato ad Asgard. Se non mi vedranno...»

«Se non ti vedranno, e non ti vedranno, penseranno ciò che io voglio che pensino.» lo interruppe il Gigante: «Che li hai traditi. Il che è effettivamente accaduto, dal momento in cui hai accettato la mia alleanza. Moriranno maledicendoti, com’è giusto che sia.»

Prese a girargli intorno come una belva con la sua preda ormai spacciata, e il solo pensiero logico che il Dio degli Inganni riuscì a formulare fu che il suo nemico non sospettava che lui avesse giocato sempre contro Jotunheim, e non contro il Reame Eterno. V’era ancora speranza per Odino e il suo dorato esercito, nonostante la precocità dell’assedio, e Býleistr ignorava l’esistenza delle trappole ai varchi minori. Tuttavia per sé Loki ne aveva meno di un soffio, di speranza: «Sarebbe questa, la tua vendetta? Confidare nella labile fiducia che gli asgardiani nutrono nei miei confronti e quindi uccidermi?» proruppe, sprezzante.

«Ti ucciderò soltanto alla fine. La mia vendetta è appena iniziata e tu ed io non abbiamo alcuna fretta. Ho una storia da narrarti, principe.»

Il giovane re richiamò i servitori e si fece portare uno scranno su cui si assise, placido e ferino, dopo essersi versato con calma un secondo calice di vino. L’Ingannatore deglutì a vuoto, la gola fastidiosamente secca; la ferita sulla schiena gli pulsava senza posa.

«Rammenti quando ti parlai di nostra madre, fratello? Rammenti? Farbáuti la bella, dai capelli color del buio e la risata d’argento, così bella che da Svartalfheim sino a Nidavellir in molti si sfidarono per averne la mano, durante la sua gioventù. Era figlia di un ambasciatore del precedente sovrano dei ghiacci, e assieme al genitore viaggiava spesso, entrando in contatto con gli individui più disparati.» esordì Býleistr, sognante e asciutto al contempo: «Conobbe così, tra gli altri, un giovane degli Æsir, un nobile guerriero, e si dice che tra i due sorse subito un’incredibile passione. Non che fosse destinata a durare, come ben immaginerai. Farbáuti era stata promessa, a sua insaputa, a colui che avrebbe ottenuto il trono di Jotunheim alla morte del vecchio Fornjót, e dunque a mio padre che vinse la lotta per la successione. E il giovane asgardiano sposò una dama della sua razza, non so se per scelta o per dovere.»

Fece una pausa, scrutando il fratellastro da sopra l’orlo della coppa di bronzo, e Loki sentì il proprio respiro farsi pesante e affannoso: non poteva trattarsi di una banale coincidenza, quel riferimento del figlio di Laufey al misterioso, anonimo, nobile guerriero di Asgard. E poiché lo jotun gli aveva rivelato che condividevano il sangue materno, e non quello paterno, con un serpeggiante brivido comprese che il racconto era volto a far luce sull’identità di colui che assieme a Farbáuti lo aveva messo al mondo.

«Trascorsero gli anni, e giunse la lunga guerra tra Asgard e Jotunheim. Iniziò su Midgard, e solo dopo si spostò nelle nostre terre. Eppure fu al termine degli scontri su Midgard che l’antico amante asgardiano di nostra madre tornò. Non è stato mai provato che fosse lui, ma a quell’epoca comparve un ignoto viandante, nei pressi della reggia di mio padre, e Farbáuti sovente lo ricevette, mentre il re era tra gli umani. Soltanto dopo, quando gli Æsir intervennero per fermare la nostra espansione tra i Nove Regni, fu chiaro che lo straniero dimesso e incappucciato altri non era che una spia del Reame Eterno.» proseguì Býleistr con una certa teatralità; «Al principiare del periodo di combattimenti su Jotunheim, nostra madre scoprì di essere gravida di un figlio. “Il primogenito del nostro sovrano!”, esultarono sudditi e soldati in ogni dove, e Laufey medesimo ritenne che si trattasse del frutto del suo seme. Si venne a sapere che anche Odino e Frigga sua sposa avevano avuto un erede, il biondo Thor, e ciononostante la guerra non si fermò. Poi Farbáuti partorì, alla vigilia di quella che sarebbe stata la battaglia finale, e qualcos’altro divenne evidente agli occhi di mio padre: il neonato che diede alla luce aveva, della stirpe degli Jötnar, unicamente il colore della pelle, un blu sbiadito su carne troppo morbida e liscia. Ed era piccolo, e rotondo, ed esile, un cucciolo degli Æsir con sangue dei ghiacci nelle vene. Il figlio bastardo della regina e del suo amante asgardiano.»

 

 

Loki cessò di respirare per una manciata di attimi. Il cuore gli rimbombò nelle orecchie e gli occhi gli bruciarono, come se lacrime irose gli offuscassero la vista:

«Quale asgardiano? Chi era lui, Býleistr? Chi era?» domandò convulsamente, la voce che a malapena gli usciva. Poteva trattarsi di un’altra menzogna del ceruleo re, ma se realmente era figlio di un uomo di Asgard e di Farbáuti molte cose si sarebbero spiegate: la sua conformazione fisica, soprattutto, l’esiguo amore che provava per Jotunheim e il legame che suo malgrado sentiva con il Reame Eterno; avrebbe finanche dato un’altra dimensione al gesto del Padre degli Dei – e si chiedeva se lui avesse sempre saputo chi era, e perché gli avesse fatto credere d’esser dapprima suo figlio e dopo figlio di Laufey. Questo si chiedeva, o tentava di chiedersi, poiché la sua mente non riusciva a elaborare riflessioni compiute.

«Pazienza, principe, pazienza.» ridacchiò lo jotun con dolcezza, prendendo tempo e sorseggiando il vino: «Non t’interessa sapere cosa ne fu della nostra povera, bellissima madre? Mio padre non la uccise immediatamente. Le fece confessare ogni cosa, e ti abbandonò tra la neve a morire di freddo e di stenti. Quindi la ingravidò e tenendola sotto chiave attese che il suo legittimo erede nascesse, e una volta che io fui uscito dal suo ventre la soffocò sul suo letto di puerpera. Alla gente fu detto che era morta di parto e che tu, il primo rampollo, eri scomparso durante l’ultimo scontro, lo scontro che sancì la nostra sconfitta.»

Rise, deliziato, e quello sgradevole suono andò a pungere lo sterno del Dio degli Inganni, già stretto a causa dell’immagine della sua vera madre ammazzata come una cagna:

«Dimmi il nome di quell’asgardiano.» quasi gridò.

Býleistr lo ignorò: «Ah, quale non fu la mia sorpresa nell’apprendere che eri vivo, nientemeno che ad Asgard, e che proprio il Padre degli Dei ti aveva cresciuto come un principe e come suo figlio! Il mio, di padre, non è vissuto abbastanza per poter godere assieme a me di un tale beffardo, incredibile, perfetto scherzo del fato.»

«Voglio quel nome, Býleistr!» ripeté Loki ormai urlando.

«Non hai ancora capito, fratello?» sibilò il Gigante facendosi serio e crudele: «Non è abbastanza ovvio? Tuo padre probabilmente non si è mai reso conto di aver salvato e accolto il suo erede illegittimo, o non avrebbe pensato che tu fossi figlio di Laufey. Eppure tuo padre e colui che ti trovò sono la stessa persona, e credimi, non potrei esserne più sicuro.»

Si alzò dal seggio, e torreggiando sull’Ingannatore scandì:

«Quanta sofferenza inutile hai seminato e patito, Loki figlio di Odino.»

Fu come se un fulmine lo avesse colpito. Il quadro gli parve lampante, completo e spietato; si aggrappò disperatamente alla possibilità che Býleistr stesse mentendo, eppure in cuor suo era conscio del contrario: se comunque lo avrebbe ucciso, perché rivelargli una cosa del genere? C’era stato un tempo, in seguito alla scoperta di essere uno jotun – un mezzo jotun – in cui Loki avrebbe dato qualunque cosa pur di cancellare quella consapevolezza e tornare a essere il secondogenito del Padre degli Dei, e adesso che ciò si era avverato, ribaltando nuovamente il suo mondo e le sue convinzioni, si stupì di quanto odiasse quella verità.

Vanificava tutto, vanificava il suo disprezzo, le azioni che aveva commesso in nome di una causa divenuta sua soltanto, vanificava quel che aveva perduto, costruito e infine riconquistato. Era una gigantesca beffa, un giro a vuoto attraverso il cosmo, un ritrovarsi al punto di partenza con un fardello di rovine sulle spalle. Difficilmente avrebbe potuto venirlo a sapere senza l’intervento del suo vendicativo fratellastro, e tuttavia si sentì uno stolto, un patetico ingenuo, un povero idiota. E se morirò qui, pensò, verrò ricordato dagli Æsir come figlio di Laufey, traditore e criminale, e per loro niente sarà cambiato.

Dalle labbra serrate esalò una gutturale e cantilenante risata simile a un lamento, il capo chino sul petto: «E ora mi darai il colpo di grazia, fratello?» soffiò contro Býleistr.

«Lo desideri così tanto? Non vorresti prima rivedere la tua dolce sposa mortale? Oh, hai ragione,» rispose questi gesticolando verso i sei guerrieri che ancora attendevano comandi sul fondo della sala, «non potresti comunque. Lei è su Midgard e tu qui, e come se non bastasse l’hai ripudiata.  La sua sorte non dovrebbe più toccarti, giusto?»

Il riferimento a Erin spiazzò l’Ingannatore, mozzandogli il cupo riso nella gola arida.

«Erin di Galway.» sillabò il giovane re: «Ritengo che tua moglie si trovi lì, essendo Galway la sua città natìa. Prode Gangr, ti recherai subito là coi campioni tuoi compari e troverai la Dama del Flauto. E quando l’avrai trovata, farai ciò che sai.»

«Býleistr. Quella donna non significa nulla per me.» azzardò il dio annaspando, le mani chiuse a pugno. Sapeva dove il suo nemico sarebbe andato a parare. Lo sapeva, lo avvertiva, inevitabile come il sudore freddo che gli colò dalla nuca fino alla base della schiena.

«Vuoi che faccia esattamente quel che mi hai detto, mio signore?» s’informò Gangr.

Il figlio di Laufey lo guardò, le iridi scarlatte che fiammeggiavano, e sorrise.

«Býleistr!» tuonò l’asgardiano. Fingere che non gl’importasse di lei si faceva arduo, e cominciava a dubitare che sarebbe servito a fermare il fratellastro. Si agitò, scuotendo le catene, e l’uru gli graffiò i polsi.

«Lo voglio, Gangr. Uccidete l’irlandese.» fu l’ordine del Gigante.

E mentre i sei soldati uscivano, Loki gridò, e fu un suono inumano e terribile quello che gli uscì violento dai polmoni. E Býleistr si versò soddisfatto l’ennesima coppa di vino e mirò fuori dalla grande porta del palazzo, verso la strada maestra che pullulava di legioni.

E ad Asgard un allarme fu affannosamente lanciato: gli avamposti di Jotunheim stavano sciamando, a centinaia e anzitempo, sul verde mare d’erba dei Campi di Idavoll.



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note

Ho rimandato più a lungo del previsto la pubblicazione di questo capitolo per almeno un paio di motivi.

Il primo sono le vacanze natalizie – per me vacanze per modo di dire, visto che ogni anno c’è da suonare come dei disperati; il secondo è l’impopolarità della mia povera storia, della quale devo prendere tristemente atto tutte le volte che apro EFP *sigh*; il terzo, infine, è il capitolo stesso, perché è il punto di svolta di tutto quanto e la rivelazione che dà è una vera e propria bomba, e non sono sicura di come la prenderete :D

Va da sé che non è una mia idea: in Earth-1610 Loki è effettivamente figlio di Odino e Farbáuti, che viene “data” ad Asgard in qualità di ostaggio/offerta di pace. La storia qui è diversa, ma l’avere sangue per metà asgardiano e per metà jotun spiegherebbe molte cose del nostro Ingannatore, a partire dal suo aspetto fisico – a me devono ancora spiegare, nei film, come faccia a essere soltanto un nato prematuro da due Jötnar, visto che ha le fattezze di un neonato ‘umano’ dai colori sballati!

Questo capitolo è di gran lunga il mio preferito, per crudele che sia, e mi ha dato modo di mostrare finalmente il vero carattere di Býleistr, villain di cui vado sinceramente fiera :) sebbene la nostra irlandese sia ora nelle peste a causa sua, e peste GROSSE…

Il titolo è quello di una canzone semi-sconosciuta degli anni ’70 degli Sparks che è stata utilizzata per la colonna sonora di Kick-Ass, anche se qui la soundtrack è meglio rappresentata dall’Adagio dei Daft Punk in TRON Legacy.

Se intanto volete venirmi a trovare su tumblr troverete grafiche sui due ingannevoli sposini e sul MCU in generale.

Ci sentiamo al prossimo aggiornamento! Tantissimi auguri di buon inizio anno e ossequi asgardiani a tutti ;)

 

 

 

 

  
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