Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: kishal    29/05/2008    2 recensioni
Una storia alternativa, un pò pazza, tutta incentrata su Hermione, sulla sua guerra, sul suo amore, Blaise Zabini....
Genere: Romantico, Azione, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaise Zabini, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Nuovo personaggio
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Hermione Granger, seduta sul cornicione di legno del balcone di quella che già da cinque anni era diventata la sua nuova dimora, sospirò pesantemente fissando l’orizzonte

This is just a Tale

Of War and Love.

 

 

 

 

Hermione Granger, seduta sul cornicione di legno del balcone di quella che già da cinque anni era diventata la sua nuova dimora, sospirò pesantemente fissando l’orizzonte. Il sole tramontava, tingendo il mare di rosso e oro.

I suoi colori da una vita.

Era giunto il momento di lasciare quello splendido paradiso tropicale dove era riuscita a ritrovare se stessa, e tornare lassù, nel freddo territorio inglese, per combattere contro l’inferno.

E per farlo, si sarebbe scelta un’armata molto speciale. Perché, sapeva, solo persone speciali avrebbero davvero potuto dare una svolta alla situazione.

 

 

Con un violento calcio aprì la porta della graziosa dimora. Ci aveva messo pochi attimi a sbloccarla dagli incantesimi protettivi che le erano stati imposti, e ancor meno a buttarla giù, eliminando del tutto il problema delle serrature babbane.

Puntò la bacchetta davanti a se, diretta alla donna che si ritrovò davanti. La quale, di rimando, aveva assunto la stessa posizione d’attacco.

Hermione ghignò lievemente, fiera di trovarla ancora così agguerrita.

“Salve Ginny.”

La rossa spalancò gli occhi allibita, mandando all’aria la stecca di legno che teneva in mano e gettandosi letteralmente tra le braccia di quella che aveva sempre considerato la sua migliore amica.

Hermione Granger! Per Merlino!” Gridò, scoppiando a ridere e piangendo di felicità. “Ti credevo morta, diamine!”

In effetti lo ero…” Sussurrò quella, mentre la Weasley si allontanava lievemente da lei e la fissava negli occhi, accarezzandole comprensiva i cappelli.

“Tu non puoi morire, Herm… tu sei la persona più forte che esista al mondo!”

“Già… però è stata dura. Tu piuttosto, cosa diamine ci fai qui, da sola, protetta da incantesimi che perfino un bambino sarebbe riuscito a disinnescare?!” Disse, assumendo un cipiglio da madre arrabbiata.

La rossa fece un’espressione oltraggiata. “Non sono i miei incantesimi a non valere nulla, sei tu ad essere troppo potente, stregaccia maledetta! Invece di rompermi le scatole con queste storie, dimmi, piuttosto, come mai sei tornata?”

“Ho un conto in sospeso con questa terra.

“Si va alla guerra, dunque?” Concluse la rossa per lei, mostrando uno sguardo anche fin troppo determinato.

“Sapevo che avrei potuto contare su di te! Ora, troviamo le altre… questa volta ho intenzione di porre la parola fine, Ginevra.”

“Non aspettavo altro. Qui in zona ci sono solo io, esco la notte e veglio sul quartiere… ma la situazione è davvero misera. La gente è stanca, il buio invade la terra a qualsiasi ora… sono rimasti pochi auror, che non sanno dove andare a cercare Voldemort ed i suoi DeathEaters.

Calma piatta, rotta solo da morte e dolore, Herm.

“Allora andiamo a smobilitare un po’ la situazione. Dove troviamo Luna?”

“A Hogwarts. Vivono tutti lì ormai. E’ la roccaforte del Ministero.”

“Ci sono anche Tonks, Pansy e Cho?”

“Sì. Più qualche marmocchio fra i piedi!” Rispose arricciando il naso e sorridendo birichina.

 

 

Quando arrivarono ad Hogwarts, furono accolte con calore dalle truppe di auror che vi risiedevano.

Ron fu il primo a correr loro incontro ai cancelli della scuola, abbracciando affettuosamente Hermione e scompigliando i capelli della sorella.

“Credevo che non ti avrei mai più rivisto, secchiona!” Sorrise col suo viso bonario, fissandola con gli occhi celesti pieni di lacrime. Era diventato un uomo, ormai… un uomo dal possente corpo coperto di cicatrici, visibili… e non.

“Come al solito sbagliavi, Ronald Bilious Weasley!”

“Non sai quanto mi faccia piacere vederti… sei bellissima, Herm.”

 

Si si si, e tu sei sposatissimo, Ronnie caro!” Intervenne la sorella, tirandolo per un braccio e trascinandolo verso Hogwarts.

“Mah.. .che centra?! Stavo solo complimentandomi con un’amica! Non la vedo da cinque anni, avrò pure il diritto di fare qualche apprezzamento!”

 

La mora scoppiò a ridere, camminando dietro di loro. “Hai sposato Luna?”

“Sì Herm, due anni fa!”

 

“E sono già zia! Vedessi che belli i loro mostriciattoli!” Aggiunse Ginny, saltando sulle spalle del fratellone, con tutta l’intenzione di farsi trasportare fin dentro il castello.

“Complimenti allora!” Commentò sincera, ben capendo la gioia che si leggeva negli occhi dell’amico nel pronunciare quelle parole.

 

Non avevano fatto che pochi passi, quando un fulmine volante piombò al loro fianco.

Ed Hermione, per la terza volta in quella giornata, si ritrovò stretta fra le braccia di uno dei suoi vecchi amici.

Harry!” Sussurrò, stringendosi a lui.

Aveva sempre provato un affetto speciale per il Bambino Sopravvissuto. Fin dagli inizi lo considerava una sorta di fratellino adottivo, bisognoso di tanto affetto. Di tutti, lui era quello che più risentiva delle fatiche emotive di quella guerra, perché nel cuore portava il peso della consapevolezza di essere l’unico in grado di poter uccidere Voldemort… e, finché non fosse riuscito ad adempiere al suo compito, ogni morte causata da quel mostro macchiava di sangue innocente anche le sue nobili mani.

La mia ‘Mione” Sussurrò ancora più a bassa voce lui, tenendosela vicino ancora per qualche attimo. Poi si scostò lievemente da lei, poggiandole un bacio fra i capelli e fissandola nei begli occhi da leonessa. “Ti voglio bene, piccola.”

“Anche io, campione!”

 

Herm, guarda che anche lui ha sfornato un paio di mocciosi!” Le gridò Ginny dall’alto delle spalle del fratello.

“Ma non è sposato!” Obiettò quello.

“Non ho detto mica che lo è!”

“Perché devi pensare che vogliamo per forza… si, insomma… pervertita!”

“Cosa?! Ehi! Io non ho detto niente di male! La stavo solo informando di come stanno le cose!”

“Tu dovevi finire a Slytherin, mamma l’ha sempre detto… sei una serpe nata!” Scosse la testa, avviandosi di nuovo per il sentiero.

 

“Sei papà anche tu, Harry?” Chiese dolcemente la mora, mentre lui la stringeva a se con un braccio e, così vicini, seguivano i due fratelli per la strada.

“Sì… Cho ha avuto due gemelli l’hanno scorso… dovessi vedere che belli… un maschio e  una femminuccia!”

“Che bella notizia! Ritorno e vi ritrovo tutti ammogliati! Nomi delle due pesti Potter?”

James… e Hermione.”

 

Cosa?!” Gridò quasi lei, fermandosi e fissandolo con stupore.

“Non fare quella faccia, ti ricordo che fosti tu, quel giorno, a salvare Cho da Voldemort. Se non fosse per te ora lei non ci sarebbe più, noi non staremmo assieme ed io non sarei padre!”

“Ma… Harry…”

“Niente ma. Dimmi piuttosto, tu dove sei finita tutto questo tempo?”

 

Lei sospirò, grattandosi la testa e lasciandosi di nuovo trascinare dal bel grifone. “Vivo in un villaggio magico delle Hawaii.

“Quando ho saputo della tua partenza, ho pianto, Herm… è stato come perderti. Confessò sincero, chinandosi a darle un altro nostalgico bacio sulla fronte. Lei lo guardò con un nodo alla gola.

“Mi dispiace, ma se fossi rimasta….”

“No, no… hai fatto bene. Se quel giorno fossi stato io a perdere Cho, penso che mi sarei puntato la bacchetta alla fronte e l’avrei fatta finita. Sul serio ‘Mione, non scherzo. Non ti ho mai incolpata per essertene andata, nessuno l’ha mai fatto. La guerra ti ha portato via troppo.

Piuttosto, mi avrebbe fatto piacere sentirti, ogni tanto.. ma capisco anche che volessi rompere completamente i ponti col passato.”

Hermione sospirò, mentre la leonessa che c’era in lei prendeva a ruggire. “Non sono andata via per fuggire da questo posto. Questa è la mia casa… ho un debito con questa terra. E ho intenzione di riscuoterlo. Sono andata via per trovare la forza di rialzare il capo, impugnare la bacchetta e sconfiggere colui che aveva deliberatamente devastato la mia famiglia, la mia vita… il mio cuore.

Sono partita per tornare. Ci ho messo cinque anni, ma ora sono qui. E voglio la mia vecchia squadra di nuovo con me.

Lui sorrise a quelle parole, anzi quasi rise. Quella era la sua ‘Mione, quella era la battagliera compagna di mille avventure! “Le fantastiche cinque di nuovo all’opera?!

“Esatto Potter!”

“Spero che tu riesca nell’intento… sai, molte di loro si sono sposate e hanno avuto figli…”

“Essere una madre vuol dire combattere per la vita delle proprie creature, Harry: nessuna di loro si tirerà indietro.

“Lo spero. Se così non fosse, sarai la benvenuta fra la schiera ufficiale di Auror.”

 

 

Quando, condotte da Ginevra, erano entrate nella sala comune Gryffindor, l’avevano vista lì, in piedi, con le braccia conserte e lo sguardo sicuro, fissarle una per una con i suoi brucianti occhi d’oro.

Erano tutte come se le ricordava, pochi erano i cambiamenti che notava in loro.

Cho era sempre bellissima ed elegante, nel suo abito orientale, e la maternità aveva reso i suoi tratti ancora più dolci di prima; Pansy, coperta da pizzi e pietre preziose, aveva tenuto il suo fisico minuto e snello, che in passato le aveva permesso di ottenere il soprannome di pantera, da tutti riconosciuta come la miglior spia in campo; in Luna, bellezza nordica dai lunghissimi capelli color dell’astro di cui portava il nome, l’aria svampita di un tempo era stata in gran parte sostituita da un’espressione più materna, più realista.

Erano cresciute, erano delle mamme ora, si vedeva da miglia di distanza… ma la maternità non aveva eliminato l’animo selvaggio, la voglia di giustizia che c’era in loro. E questa certezza permise a Hermione di capire, ancor prima di aver udito il loro consenso verbale, che le sue amiche non l’avrebbero abbandonata nel suo progetto.

 

Hermione!” Aveva esclamato la dolce Cho, scoppiando subito a piangere e correndo ad abbracciarla. Luna, al suo fianco, aveva sorriso e l’aveva imitata, stringendola ugualmente fra le sue ossute braccia.

 

L’ultima ad andarle incontro era stata la bella Slytherin, Pansy Parkinson, con la sua andatura elegante e movenze serpentine; si era fermata davanti a lei, e l’aveva squadrata dall’alto al basso.

“Ti trovo bene, Granger.” Aveva osservato, ghignante.

Era il suo modo per dirle che le era mancata.

Herm, di sua volta, aveva ghignato. “Anche tu non sei messa male, Parkinson!”

“Come mai qui? Nostalgia di casa?!

“Lo ammetto, mi mancava la tua lingua biforcuta!”

“Vuoi vendetta, vero?”

“Sì. E voglio anche il mio vecchio gruppo al completo. Rivoglio le mie Wild Sisters

“Sai, è da un po’ che non scendiamo nel campo di battaglia. I nostri uomini tentano in ogni modo di tenerci fuori dalla guerra, con la scusa che ora siamo madri, e che non si possono permettere di perderci.”

“E voi vi siete lasciate mettere da parte?!

 

Io no!” Esclamò Ginny alzando il braccio, seduta sopra un divano dall’altra parte della sala.

“Tu non hai un uomo, piattola, e nemmeno figli!” La rimbeccò Pansy, con una smorfia.

“Merlino me ne scampi! Nessuno mi metterà mai le catene ai piedi!”

“Oh, suvvia, ci sono tanti modi per divertirsi a letto, senza dover ricorrere per forza al sadomaso…”

La viso della rossa, a quelle parole, si deformò in una smorfia schifata. “Oca Pervertita…!” Le sussurrò, provocando le sue risa divertite.

 

“E’ che senza te, Herm, era tutto più difficile. Eri tu ad unirci... a fare di noi un gruppo…. Eri tu a darci la forza di credere nelle nostre capacità. Spiegò dolcemente Cho, mentre la serpe e la rossa continuavano a batibeccare fra di loro.

“Vero... Tu eri la nostra musa ispiratrice. Concluse la biondissima corvonero, fissandola con quei giganti occhi celesti... profondi e insondabili come due infiniti pozzi d'acqua.

 

“Ora sono qua ragazze, e vi voglio di nuovo con me. Ci siete o no?”

“Perchè, accetteresti mai una risposta negativa?!” Domandò sarcastica Pansy.

“A dire il vero no!” Rise la mora.

 

HERMIONEEEEEE...OOOOOOHH...Ouch.... che male, cribbio...” Una saetta rosa piombò nella stanza, finendo, con la stessa velocità con cui era comparsa, distesa per terra fra un appendiabiti, una poltrona, qualche vaso e lo sciagurato tappeto che l'aveva fatta scivolare.

Tonks! Ti sei fatta male?!” Gridarono tutte in coro, dirigendosi verso l'ingresso della sala.

 

“Per le orecchie pelose di Godric Gryffindor, ragazze, ve l'avevo detto di non mettere così tanta roba così vicina alla porta! Ma no, niente, voi e la vostra fissa di rendere tutto più accogliente! Volete farmi ammazzare, forse?!” Protestò l'avvenente mutaforma, liberandosi degli oggetti che la ricoprivano. Tutte scoppiarono a ridere, aiutandola.

“Sei sempre il solito disastro, eh?!” Disse Hermione, abbracciandola.

“Oh! Hermy! Ciao!” Mugugnò quella, divenendo improvvisamente dolce come un toffee, e lasciando perdere il suo commento precedente... solitamente, quando le davano del disastro umano si offendeva a morte e diventava un'arpia!

“Ciao Tonks! Come ti va la vita!”

“Mah, tutto bene!”

 

“Ogni tanto si sfracella da qualche parte, come al solito...” Aggiunse con sufficienza Pansy, ruotando gli occhi al cielo.

“L'altro giorno ha aperto un passaggio alternativo per i sotterranei di Hogwarts facendo cadere qualche centinaio di boccette nel vecchio laboratorio di Piton!” Disse Ginny, ridendosela allegramente.

“E ieri notte ha...”

 

“BASTA COSI'!” Gridò la diretta interessata, coi capelli vagamente tendenti al viola. “Bastarde!” Aggiunse poi, incrociando le braccia con fare offeso.

“Suvvia Tonks, non prendertela, fare disastri è sempre stata la tua specialità! Ed è per questo che sei parte del gruppo!” La consolò 'Mione.

Lei si voltò immediatamente a fissarla, i capelli che tornavano di un vivace rosa confetto. “Si ricompone il gruppo Herm?”

“Ci puoi contare!”

“Ma è fantastico! Quando ci mettiamo all'opera?”

“Ora stesso ragazze. Prima si conclude la faccenda, meglio è. Per voi va bene, o dovete andare dai vostri bambini?”

“No, sono tutti in Sala Grande con il resto degli auror.

“Perfetto. Preparatevi signore. Ci ho messo un po' a progettare questo piano... ma, se portato perfettamente a termine come ho indicato, saremmo a buon punto per il gran finale...

 

 

“L'ho vista molto determinata.” Disse Harry, dando i biberon ai suoi due bambini, seduti fra i tappeti in un angolo della Sala Grande. Avevano entrambi liscissimi capelli neri, come la mamma, e grandi occhi a mandorla verde smeraldo come il papà.

“Sì, anche io.” Affermò Ronald, rimboccando le coperte alla piccola pel di carota che aveva nella culla, e controllando che gli altri due marmocchi, due bimbi biondissimi di due e tre anni, non stessero giocando come al solito con qualcosa di pericoloso.

“Sono contento che sia tornata.”

“Da quando se n'è andata, è come se la squadra auror abbia perso il suo cuore.

“Sì, è vero... Hermione è sempre stata l'anima del gruppo. Chissà quanto ha sofferto in questi cinque anni...

“Te ne ha parlato?”

“No, mi ha detto solo che è partita per tornare... insomma, si è presa una bella vacanza per rinvigorirsi le membra e fare ritorno più agguerrita che mai! Però ha eclissato l'argomento.”

“Tu non le hai detto niente, vero?”

“No... no. Non posso. Non possiamo Ronald, lo abbiamo promesso.

 

“Diventate sempre più checche con quei bambini appresso, voi due!”

 

Harry e Ron si voltarono accigliati verso l'ingresso, da cui avanzava l'irriverente figura di Draco Malfoy, con al suo fianco un biondissimo bambino di cinque anni.

“Mi pare che la tua situazione non sia molto differente dalla nostra, furetto.” Commentò Potter.

“Bah... io sono fiero del mio principe!” Replicò lui, prendendo in braccio il figlio, che lo abbracciò e sbadigliò sonoramente. “Hai sonno, Sirius?”

“Sì papà”

Lui lo baciò nella fronte, portandolo poi nel lettino dalle coperte grigio verdi che c'era lì. Per ragioni di sicurezza, si era deciso di fare dormire tutti i bambini nella Sala Grande, sorvegliati da due Auror a turno ogni notte.

Quando, dopo avergli rimboccato le coperte, si voltò verso i due uomini, li ritrovò a fissarlo con uno sguardo molto allusivo.

“Checca.” Chiarì Harry, facendoli poi scoppiare tutti e tre in una sonora risata.

“Com'è andata la giornata, Malfoy?”

“Calma piatta, nessuno in giro. E questo mi preoccupa.” Rispose, sedendosi al loro fianco.

“Sì, anche a me.” Annuì Ron.

“Sembra la calma prima della tempesta.” Sospirò Harry.

 

“E' vero che è tornata la Granger?”

“Sì, e ci ha già rapito le mogli!” Ironizzò Ronald.

“Cosa?! Non vorrà mica...”

“Oh, sì.” Disse Harry.

“Non voglio che Pansy combatta.”

“Neanche noi vorremo che le nostre donne combattano... e loro penso chiederebbero altrettanto per noi. Ma siamo in guerra, e loro sono auror... è giusto che ciascuno faccia la propria parte.

“Sì, sì... lo so, Potter.

Beh, lei come sta?”

“Si è ripresa bene.”

“Diamine, ricordo ancora il suo viso stravolto quel giorno... era scoppiata a piangere, mentre Voldemort dava fuoco al cadavere di Blaise... e aveva distrutto tutti i mangiamorte che aveva intorno.

E' a lei che dobbiamo il dimezzamento dell'esercito oscuro!”

“Già... una leonessa ferita è altamente temibile...” Sorrise con amarezza Ron, accarezzando la testolina della neonata. “Voldemort morirà questa volta, Harry. Preparati ad ucciderlo, lei ti spianerà la strada... essere il tuo braccio destro è sempre stato il suo compito.

 

 

Hermione sorrise, fissando i bambini addormentati nella Sala Grande.

Due i figli di Harry e Cho, tre quelli di Ron e Luna, una bambina per Remus e Tonks, e un erede per Draco e Pansy.

“Sono bellissimi, non è vero?” Domanda retorica quella di Ginny, che, quella notte, faceva la guardia ai piccoli insieme a lei. Lo aveva chiesto di persona, gli altri erano ben disposti a farle passare una tranquilla notte di riposo per il suo ritorno. Ma, tanto, si era detta, sarebbe stato inutile giacere in un letto, visto che mai e poi mai sarebbe riuscita a prendere sonno. Ritornare a casa era stata un'emozione più grande di quanto si era aspettata... i ricordi ripiombavano feroci nella sua mente e pesavano sul suo cuore. E, più il tempo passava, più si rendeva conto di aver fatto bene a partire lontano da lì... se fosse rimasta, non sarebbe mai riuscita a riprendersi dallo shock di aver perso l'uomo della sua vita.

“Sì, sono davvero bellissimi.”

“Sai i loro nomi?”

Scosse il capo il segno di diniego “Solo dei piccoli Potter.”.

“Oh, bene, allora tocca a me tale onore! Allora, hai detto che già conosci James e Hermione Potter; poi c’è Nargillus...

“NARGILLUS?!”

“Non fare domande, Herm. Sappi solo che Tonks è sempre lì che consola il bimbo e gli dà consigli su come farsi rispettare anche con un nome del genere.

Dicevo... Nargillus, Lancelot e Selene Weasley, Amarantha Lupin e Sirius Malfoy!”

Scoppiò a ridere di cuore. Ginny la fissò, e sorrise di rimando. “Ti mancava casa?”

 

Lei la guardò, senza lasciare che quel sorriso abbandonasse il suo bel volto abbronzato. “Sai, c’è voluto un bel po’ prima che imparassi a considerare Hogwarts come mia casa.

Questo posto è strano. Sa essere triste e amaro come il ricordo delle ricchezze passate in un periodo di miseria... e, insieme, allegro e spensierato, quasi pazzo di vita... il mondo babbano non è così, è molto più freddo, molto più automatico...

“Questo è l'effetto della magia. Elimina il tempo e disintegra i nostri rapporti con i problemi relativi alla sopravvivenza. Noi non siamo creature materiali, Herm...

“Sì, è vero... ma io sono cresciuta come una babbana...ed Hogwarts, insieme al mondo magico, li ho sempre vissuti un po' come un sogno.

Casa per me era Londra.

E' cambiato tutto quando mi sono innamorata di Blaise, quando i Deatheaters hanno ucciso tutta la mia famiglia, quando anche lui è morto... allora il sogno ha colliso brutalmente con la realtà, gettando in un caos la mia mente e distruggendo il mio cuore.

Sono rimasta senza casa.

Ed è stato allora che ho capito che casa non è un luogo… ma è il posto dove stanno i miei affetti.

Un po' qui... e un po' alle Hawaii.

Non mi mancava questo posto, mi mancavate voi.

Ginny sorrise, allungando una mano e stringendo la sua. “Chi hai ad aspettarti laggiù? Qualche bel ragazzone muscoloso e abbronzato in tanga?!” Chiese, scoppiando a ridere, seguita a ruota dall'amica.

“Pervertita! Nessun ragazzone in tanga, rossa!”

“E allora?!

 

“Una bambina.”

 

“COSA?!” Gridò. Hermione le tappò la bocca, intimandole di darsi una calmata: al loro fianco i piccoli dormivano, e non era proprio il caso di svegliarli.

Si si, scusa... ma io non pensavo avessi avuto figli! E' di lui?”

Lei assentì col capo. “Ha cinque anni. Si chiama Berenice. Per favore, non dirlo a nessuno, voglio che rimanga un segreto… almeno fino a quando la guerra non sarà finita.” Dopo aver avuto il consenso silenzioso dell’amica, infilò la mano in una tasca dei pantaloni, passandole una foto stropicciata.

Ginny la guardò con curiosità. Era una foto babbana. Lì, una bambina dall'incredibile bellezza stava seduta in riva al mare, con una mano poggiata sul dorso di una gigantesca tartaruga.

Aveva un viso da bambola, lievemente imbronciato, circondato da voluminosi capelli dorati, schiariti dal sole, grandi labbra rosse e ammalianti occhi da leonessa color ametista.

“Ha gli occhi del padre.”

“Sì...”

“Ma, ci scommetto, ha lo spirito della madre. Ora dov'è?”

“A casa, in compagnia della più potente strega dell'emisfero australe. Ridacchiò, riprendendosi la foto, e rimettendola in tasca solo dopo averle dato un'ultima occhiata.

“Non si può dire di certo che non l'abbia lasciata in buone mani!”

“Lo ammetto, sono una madre un po' apprensiva!

Ma tu Gin, dimmi, come mai senza ragazzo?”

“Non vorrai metterti a farmi la predica anche tu ora, vero?! Pansy mi scoccia tutte le volte che ci incontriamo!”

“Ah, già, dato che ci siamo dimmi anche perchè vivi da sola alla Tana!”

“Beh, è semplice: lì sto a diretto contatto con la zona babbana e, nel caso i DeathEaters avessero intenzione di divertirsi, io sarei pronta a rovinare i loro giochi.

Prima stavo lì con Cho, ma dopo la nascita dei gemelli, lei è dovuta andare ad Hogwarts. Ed io, in casa mia, non ho voluto nessun altro al mio fianco.

“La solita testa dura.”

“Tu avresti fatto lo stesso.”

“Lo so, ma non sono sempre un buon esempio da seguire!”

“Sciocchezze!

Per quanto riguarda i ragazzi, non voglio correre il rischio di sposarmi solo per paura della guerra. Non voglio, un giorno, pentirmi delle mie azioni e scoprirmi non innamorata di mio marito.

“Ti capisco, Gin... ma, ti vedi con qualcuno?”

“No… non proprio…”

“Eh dai, dì tutto alla tua vecchia zia Herm!” Le disse ammiccando, scoppiando poi a ridere.

La ragazza arrossì, sbuffando e guardandola divertita. “Sei proprio una peste!”

“Dai dai dai dai dai!”

Lei rimase un po’ titubante, poi, sottovoce, rispose“Theodore Nott!”

 

“COSA?!”

Hermione! Abbassa il volume!” Esclamò quella, tappandole la bocca con una mano.

Si si, scusa… wow Gin… gran bel pezzo di ragazzo!”

“Sì, però… è una spia….” Commentò con amarezza.

 

Lo sguardo della mora, a quella realtà, s’intristì. Fare la spia in guerra era uno degli incarichi più importanti, ma anche più pericolosi, che si potessero avere. E lei lo sapeva bene. Perché il suo Blaise ne aveva pagate le conseguenze.

Voldemort uccide senza pietà coloro che tradiscono il suo ordine di assassini.

“Da quando Nott è una spia?”

“Da quando, dopo la tua partenza, ha deciso di occupare il posto rimasto vuoto.

La leonessa chiuse gli occhi, percorsa da brividi freddi, e sospirò, tentando di non lasciarsi andare alle emozioni. Theodore aveva dunque scelto di occupare il posto che un tempo era stato del suo uomo. Questa realtà devastante, che le dava la sensazione che la storia si stesse ripetendo, la lasciò un po’ spiazzata.

Ma lei era la leonessa, e doveva essere forte per proteggere gli altri. Non era il momento di scoppiare a piangere. Ora, il suo compito era consigliare al meglio la sua migliore amica.

“Vivi Gin, vivi finché puoi, più che puoi. Non precluderti qualcosa solo per la paura. Io non avevo sposato Blaise per lo stesso motivo, e non sai quanto me ne sono pentita.

Siete in una situazione estrema, allora vivete anche il vostro amore all’estremo. Non è il momento di porsi limiti.”

 

Gli occhi azzurri della piccola Weasley brillarono al buio. “Mi sei mancata Herm.” Le sussurrò, abbracciandola.

 

 

 

C’era voluta una settimana perché il piano delle Wild Sisters fosse pronto, e perché il resto degli auror fossero in grado di sostenerle nel momento cruciale.

Era da tempo che non si effettuavano operazioni offensive di tale portata. Da quando, ossia, Hermione Granger aveva abbandonato l’Inghilterra. Lei era l’unica in grado di preparare piani così complessi e dare agli uomini la forza necessaria per poterli portare a termine.

Era una grande leader, questo era indubbio.

 

Alle prime luci dell’alba le cinque Wild Sisters si trovavano fuori dal terreno di Hogwarts. Ciascuna di loro aveva un compito ben preciso da portare a termine.

Cho Chang, dalla Stamberga strillante - appositamente protetta da Hermione con incantesimi di grande portata – avrebbe monitorato l’intera situazione attraverso un sistema informatico babbano da lei appositamente modificato in modo da riprendere anche il mondo magico.

Sul campo, le altre quattro portavano a termine il piano. Quest’ultimo consisteva nel seguire Lord Halliwell, noto membro del Winzgamonat, sospettato da lungi dagli auror di essere un sottoposto di Tu-Sai-Chi, e fare in modo che lui entrasse nella postazione segreta dei DeathEater che c’era in zona (di cui si sapeva l’esistenza ma si ignorava la locazione esatta), e da lì, accedesse alla reggia in cui si nascondeva il Lord Oscuro. E da lì… avrebbero avuto inizio i giochi finali.

 

“Sta uscendo ora di casa.” Disse Cho al microfono, alle dieci del mattino, dopo cinque ore di silenziosa postazione. “Ha un appuntamento al Ministero far mezz’ora.

“Finalmente…” Commentò Tonks grazie alla minitrasmittente che aveva nell’orecchio. “Lo vedo” Aggiunse poi. Il suo compito, invisibile a cavallo della scopa, era controllare la situazione dall’alto e agire qualora ce ne fosse stata la necessità.

“Orario perfetto, non c’è che dire!” Commentò Ginevra, trasfigurata grazie alla polisucco in una bionda bomba sexy. “E’ il mio momento ragazze, state a vedere come sarà facile!” Aggiunse poi, tirandosi su il seno e abbassando l’abbondante scollatura.

Il suo compito era piazzare una pulce magica nell’uomo. Per farlo, avrebbe dovuto avere un contatto diretto con lui.

In men che non si dica si ritrovò sulla strada, a camminare in maniera sensuale proprio verso il nobile signorotto.

Questi, un piccolo ometto grasso, dai grandi baffi e gli occhi di uno che è abituato a mentire, era di fama un gran amatore… e difatti si accorse ben presto della presenza della bellissima maggiorata davanti a sé.

Mantenne apparentemente la calma, ma i suoi occhi non si staccavano dalla portentosa bionda che aveva davanti.

Quando poi, per un fortuito caso, proprio nel momento in cui erano prossimi ad incrociarsi al centro della vasta via di Diagon Alley, la ragazza gli cadde letteralmente sopra, quasi soffocandolo col suo abbondante seno, l’uomo non riuscì neanche più a mantenere la sua facciata distaccata.

“Signorina, tutto bene?!” Chiese, rosso come un peperone.

“Oh, si, si, la ringrazio!” Disse quella, mugugnando un insulto far se e se: la pulce non si era attaccata. La situazione si complicava. Ma non c’era da disperarsi: da sempre aveva amato la recitazione. Era una sua dote innata, riteneva….

Con aria dispiaciuta si allontanò lievemente da lui e si rassettò tutto il vestiario sotto il suo sguardo attento.

“Si figuri…”

“Lei non s’immagina, sono così maldestra!”

“…Ma davvero?!

“Sì, sì… e… penso proprio sia per questo che il mio ragazzo mi abbia mollato!” Sussurrò poi, portandosi una mano al viso con fare melodrammatico, e di lì a poco, iniziando a singhiozzare.

L’uomo, incantato dal rimbalzo del suo abbondante seno, rimase qualche attimo in silenzio, prima di mugugnare “No, ma che dice?!”

“Sì, sì è così invece!” Scoppiò a piangere lei, abbracciandolo stretto al suo petto e appoggiando la testa sulla sua nuca calva. Nel mentre, con la mano sinistra infilava, all’interno del mantello, la pulce. E questa volta quella maledetta si attaccò.

 

“Fatto Ginny, ce l’abbiamo!” Disse Cho, esultante. “Luna, ora è il tuo turno!”

 

Luna, invisibile in mezzo alla via piena di gente, sorrise allegramente. E, un attimo, proprio dove stava lei, scoppiò un terribile boato: la zona si ricoprì velocemente di fumo multicolore, mentre demoni di qualsiasi tipo sorgevano dal nulla, causando totale confusione.

Immediatamente Ginny lasciò la sua preda, allontanandosi da lui, nascosta dal fumo.

L’uomo, rimasto solo, si rigirò un paio di volte intorno, non capendo bene cosa stesse succedendo. Non ci mise molto a impugnare la bacchetta e dirigersi, inosservato, verso Nocturn Alley. Stava succedendo qualcosa di strano, e doveva avvertire immediatamente il Lord Oscuro.

 

“Ragazze, si sta spostando!” Disse Cho, fissando il puntino rosso che si muoveva sullo schermo.

“Sì, ce l’abbiamo!” Sussurrò Pansy con un ghigno, camminando dietro l’uomo. Al suo fianco c’era Hermione. Entrambe, ovviamente, erano invisibili.

“Siamo a buon punto, fanciulle! Ora stendetelo!” Aggiunse Ginevra, che, finito il suo compito sul campo, ora stava di vedetta sulla sua scopa insieme a Tonks.

 

L’uomo percorse un altro centinaio di metri, poi, d’improvviso, scomparve nel nulla.

Hermione e Pansy si catapultarono sul posto, non riuscendo però a trovare nessuna evidente entrata.

“Ragazze, ci deve essere! Il puntino è sempre fermo allo stesso posto! E’ rimasto lì!” Le incitò la cinese.

Hermione sospirò. Sapeva che utilizzando un incantesimo avrebbe corso il rischio di venire scoperta, ma era l’unico modo che avevano per entrare nel nascondiglio. Così chiuse gli occhi, pronunciò a bassa voce una formula latina, e pochi attimi dopo un velo nero le avvolse, portandole all’interno di un gigantesco corridoio di terra.

“Dove diamine siamo?!” Sussurrò Pansy, guardandosi intorno schifata.

“Sottoterra.” Fu la laconica risposta della mora, che con passo veloce si diresse verso la porta dinanzi.

Una porta babbana chiusa con serrature magiche.

La Slytherin la aprì in men che non si dica.

 

Un attimo dopo si ritrovarono in una grande stanza circolare, al cui centro stavano disposte, in ordine perfetto, dieci spade metalliche. Lord Halliwell, sotto i loro attenti occhi, ne prese una.

E, immediatamente dopo, scomparve.

 

Il cuore di Hermione cantò vittoria. “Le spade sono le passaporte per il castello di Voldemort. Disse, raggiante.

Cho, immediatamente, diede la notizia al Quartier Generale ad Hogwarts.

Come da programma, Luna, Tonks e Ginny tornarono alla scuola, a fare da guardia ai bambini, mentre l’intera squadra di auror si dirigeva verso il luogo segreto, seguendo le indicazioni della giovane signora Potter.

 

Ma la Gryffindor non aveva alcuna intenzione di aspettare i suoi compagni. Il suo animo ruggiva… e, senza pensarci due volte, fece per avvicinarsi e prendere una delle spade.

Una mano femminile la tirò via con violenza, scaraventandola lontano. “Non andrai laggiù da sola, pazza!” Le disse Pansy con rabbia, ridivenendo visibile.

“Gli altri stanno arrivando.” Commentò quella laconicamente, mentre anche il suo incantesimo d’invisibilità perdeva il suo effetto.

“Allora li aspetteremo!”

“Tu devi tornare ad Hogwarts!”

“Anche tu!”

“Non ci penso neanche per sogno!”

“Se non torni tu non torno neanche io!”

Pansy… non dire sciocchezze. Hai un bambino a cui badare…”

“Non sono l’unica in questa stanza ad avere un figlio..!.”

 

Hermione la fissò sconvolta. “Chi… cosa…” Mugugnò, allibita.

Lei sorrise, comprensiva. “A dire il vero nessuno. Sono una madre anch’io Herm, non ci metto molto a riconoscerne un’altra.

Per favore, non fare pazzie. Il tuo bambino ha bisogno di te.”

Lei chiuse gli occhi. “Starà bene anche senza. L’importante è che Lord Voldemort venga distrutto, e lei possa vivere in pace.”

“No, non è vero, per te l’importante è vederlo morire, magari ucciderlo con le tue stesse mani!”

La riccia si infuriò. “E allora?! Perché, forse non è anche il tuo sogno questo?! Ha ucciso i miei genitori, ha ucciso i miei amici, ha ucciso il mio uomo… Ti pare forse così assurdo il mio desiderio?!

”No. E sarei propensa a lasciarti andare, se non fosse che so con esattezza che tu, da quel posto, non tornerai mai più. Le mani le tremarono, e i suoi occhi si riempirono di lacrime. “Fin dagli inizi, Herm, ho provato invidia per te. Perché avevi una famiglia felice, perché avevi la possibilità di scegliere il tuo futuro, perché potevi essere te stessa in qualunque momento. Questa mia invidia mi ha portato ad odiarti. Tu sapevi cosa provavo per te. Cosa tutti noi Slytherin provavamo per te. Nonostante tutto, alla morte di Silente, sei venuta da noi. E ci hai chiesto di scegliere da che parte stare. Anzi, no… ci hai ordinato da che parte stare! Sei rimasta lì, a fronteggiare tutti noi, a difenderti da tutti gli incantesimi che ti lanciavamo, fino a quando, stremati, non ti abbiamo detto di sì.

Lo hai fatto solo per il nostro bene. Lo hai fatto per salvarci, anche se da una vita ci comportavamo come tuoi nemici. Tu eri la leonessa. La creatura più giusta e più forte che potesse esistere.

Ora cosa è successo, ti sei dimenticata di saper ruggire? Ti sei lasciata uccidere da Voldemort?! Sei diventata una vigliacca, Hermione Granger?!” Gridò, avvicinandosi a lei e iniziando a tirarle pugni e schiaffi.

“Tu sei pazza!” Replicò con furia la mora, difendendosi e attaccando di sua volta.

E continaurono lì, a picchiarsi, fino a che non sopraggiunsero le lacrime. E allora finirono per abbracciarsi.

“Non farlo Herm. Rimani ancora qui… Noi abbiamo bisogno di te. Tua figlia ha bisogno di te. Non farle perdere anche l’ultima parte di famiglia che le rimane. Sai cosa vuol dire non avere genitori. Non fare un torto del genere proprio alla tua creatura.

 

Hermione pianse copiosamente, liberando tutte quelle lacrime che, in quei lunghi cinque anni, si era tenuta dentro.

Solo in quel momento ammise a se stessa di essere tornata a Londra per una missione suicida.

Perché, da quando lui non c’era più, da quando Blaise era morto, lei si era convinta di non riuscire più a vivere.

Ma Pansy aveva ragione. Non era questo il modo di comportarsi. Lei era la leonessa, doveva continuare a ruggire.

 

Quando, appena dieci minuti dopo, arrivarono gli altri auror, le due amiche tornarono assieme al vecchio castello.

 

 

 

Quel giorno Harry Potter distrusse Lord Voldemort.

 

Gli incantesimi che nascondevano il suo castello furono immediatamente cancellati, permettendo così alle truppe di auror dei paesi esteri di accorrere in aiuto dei vincitori per arrestare tutti i mangiamorte sopravvissuti e liberare gli eventuali prigionieri presenti.

Hermione, non appena saputa la notizia, scappò via da Hogwarts, diretta al luogo della battaglia.

Quando vi arrivò, ormai il posto era sotto il controllo degli auror.

Si assicurò che tutti i suoi più cari amici stessero bene. Poi, andò alla ricerca dell’unico di cui, in quel momento, aveva follemente bisogno.

Trovò Harry che si faceva medicare le ferite da un medimago.

Con le lacrime agli occhi lo abbracciò forte a sé.

Rimasero così, allacciati, per un bel po’ di tempo. Semplicemente stretti l’uno all’altra, i cuori che battevano all’impazzata.

E’ finito tutto Herm.” Le disse Harry ad un certo punto, con voce quasi incredula.

“Assurdo, vero?!” Ridacchiò lei, piangendo ancora di più.

“Sì… ma… è fantastico ‘Mione! Se non ci fossi stata tu…”

“Non l’ho ucciso io…”

“Ma non ci sarei mai riuscito senza di te. Grazie… Grazie Herm. A nome di tutto il mondo magico.” Le disse, serio. Lei gli accarezzò i capelli, e lo strinse di nuovo a se.

 

Se non fosse che, un attimo dopo, un mugolio piuttosto accentuato ricordò loro la presenza del medimago al loro fianco.

Lentamente si voltarono, scorgendo l’uomo a fissarli biecamente. Senza dubbio non era felice di essere stato interrotto durante l’esercizio della sua funzione. Con una smorfia simile a quella di due bimbi scoperti con le dita nel vasetto della marmellata si allontanarono l’uno dall’altra.

“Ehm… và da Draco, so che stanno facendo dei gruppi per perlustrare il castello. Sicuramente ci sarà bisogno delle tue conoscenze in fatto di incantesimi!”

Ok, mi ci fiondo…! A dopo Harry…” Fece lei, allontanandosi di fretta.

“A dopo Herm…” Rispose lui, voltandosi a fissare l’uomo.

Faceva paura, con quei baffoni pelosi e gli occhietti neri scintillanti. “Eheh… è un’amica…. Carina vero?!” Disse, tanto per abbassare un po’ la tensione.

Quello grugnì, si sedette di fronte a lui e iniziò a riempirlo di ogni sorta di pomata. “Sa signor Potter, conoscevo suo padre. Grand’uomo, senza dubbio. Ma il suo senso dell’umorismo non l’ho mai sopportato.

“…”

“E lei l’ha ereditato tutto.” Concluse, pronunciando l’ultima parola con tono greve e irritato.

 

 

Draco, Ron e Hermione ebbero l’incarico di visionare le segrete del castello, dove venivano tenuti i prigionieri del Signore Oscuro. Quando vi giunsero, si resero conto che la loro vastità richiedeva per forza che il trio si dividesse: così, Malfoy andò nell’ala nord e Lenticchia nell’ala est.

 

Alla leonessa toccò l’ala ovest.

Sapeva poco di quel castello: costruito da Salazar Slytherin come mausoleo per la propria persona, era passato poi di mano in mano ai suoi eredi, disperdendosi far le varie genealogie. Molti degli ultimi proprietari però erano stati praticanti di magia nera, e questo aveva fatto cadere quel luogo nell’ombra. Probabilmente uno di questi era divenuto un fedele di Voldemort, e gli aveva donato la sua tenuta come suo quartiere segreto.

 

Si accorse subito che, nonostante le carceri, da ambedue i lati, fossero vuote, il corridoio era invaso da un fetido odore. Fu questa anomali a spingerla ad attuare alcuni incantesimi di rilevazione, che misero in evidenza alcuni incantesimi di barriera posti davanti alle celle.

Aspettandosi il peggio, li disinnesco.

Ed il peggio arrivò.

Corpi straziati, cadaveri in ampio stato di decomposizione, altri deceduti da poco, si ammucchiavano in quantità spaventose in ciascuna di quelle stanzette.

Più che una prigione, quella pareva una discarica di resti umani.

Reprimendo l’istinto di vomitare, visionò ogni stanza, sperando di trovare qualche sopravvissuto.

 

E aveva quasi, ormai, perso le speranze, quando, nell’ultima cella, trovò un uomo, solo, seduto per terra, di spalle, nell’angolo destro della stanza.

Era vestito di stracci, la sua pelle era sporca. I capelli, lunghi e neri, erano in più punti sporchi di sangue.

Era vivo, ne era certa.

Per sicurezza attuò un protego su se stessa. Poi, lo chiamò.

Lui si voltò.

E due grandi occhi stanchi, di un intenso color ametista, incrociarono i suoi.

 

Hermione gridò con tutta la forza che aveva, sentendo le corde vocali bruciarle, e il cuore dilaniarsi per l’emozione.

Poi, svenne.

 

 

 

“Quando si riprenderà?”

“Presto.”

“Ne è sicuro?! Sono più di ventiquattro ore che dorme!”

“E’ stata sottoposta a grandi stress emotivi, mi pare una reazione più che giustificata la sua….

“E se fosse stata colpita da qualche incantesimo?!

“L’abbiamo visionata più e più volte, nessun incantesimo.

“Magari era magia oscura!”

“Siamo esperti anche nel rintracciare quella. Senta signore, perchè non va a riposarsi pure lei? Le ricordo che non è messo molto meglio. Il suo corpo ha bisogno di riacquistare energie.

“Si, si… andrò…”

 

Le voci le arrivavano lontane, ovattate. Ma capiva perfettamente a chi appartenessero.

Con uno sforzo immane obbligò le sue palpebre ad aprirsi. E, con un altro ancora più grande, cercò di liberarsi dal peso delle coperte. Aveva caldo. Aveva voglia di alzarsi. E aveva, ancor più, gran desiderio di chiarire tutto quanto.

Hermione!” Gridò la sua voce. E pochi attimi vide il suo viso davanti a lei.

Era invecchiato, la prigionia lo aveva distrutto. Aveva grandi occhiaie scure, il viso scavato, la barba lunga ed i capelli che quasi parevano un manto nero.

Gli occhi però, erano rimasti quelli di sempre: vivi, vitali, dolci, di quel magico colore far l’azzurro e il viola che l’aveva fatta innamorare.

Sorrise lievemente.

“Sai, sei davvero orribile… molto meglio che morto però, senza dubbio. Disse, con la voce arrochita dal sonno prolungato.

Lui scoppiò a ridere, prendendole una mano e baciandogliela. “Tu invece sei diventata una pappamolle. Da quando in qua Hermione Granger sviene e rimane addormentata per più di un giorno?”

Lei lo fissò. Blaise era di nuovo lì, con lei. Sentì il sangue che riprendeva a fluire nelle sue vene… sentì il cuore svegliarsi, e la felicità invaderla. Si mise a sedere, senza lasciare, anche per un solo attimo, i suoi occhi ametista. “Da quando le hanno fatto credere di aver perso parte della sua anima.

 

Blaise, sentendo ciò, deglutì amaro. Si chinò su di lei, la strinse forte a se, e la baciò. Un bacio infinito dal sapore dolce amaro, che riunì, in un solo attimo, i loro cuori, devastati da tanto dolore.

“Non facevo altro che pensare a te, laggiù. Tu mi hai salvato.”

“E tu stavi per uccidermi. Pensavo fossi morto.”

“No. Però ero stato ferito gravemente.”

“Ti ho visto avviluppato fra le fiamme.”

“Era un incantesimo antico. Voldemort l’ha usato per trasportarmi nel suo palazzo. Lì, ha deciso di lasciarmi morire di stenti per il mio peccato di tradimento. Sono sopravvissuto solo grazie alle mie conoscenze mediche… e a Theodore Nott, che di tanto in tanto, quando ce la faceva, veniva a portarmi acqua e cibo.

 

“Theo…? Ma, allora qualcuno sapeva che eri ancora in vita?” Sussurrò, allibita. Li esitò un attimo prima di risponderle, il rischio che si arrabbiasse a tale rivelazione era molto alto.

Potter e Weasley. Ci ho parlato poco fa. Solo loro. Ma hanno scelto di non dirlo a nessuno, per evitare che le voci arrivassero a te, e tu decidessi di fare qualche pazzia per venirmi a liberare.

Due lacrime scesero dagli occhi di Hermione. “Era il caso di fare qualche pazzie per liberarti però, non credi? Non sai quanto sono stata male…”

“Nessuno avrebbe mai permesso che tu rischiassi la vita, Herm. Neanche io. Avrei anche passato tutta la vita in quella prigione di morte, fosse solo per saperti in vita e al sicuro!” Replicò lui, con durezza. Poi sospirò, ben sapendo che, nonostante tutto, su quell’argomento non avrebbero mai trovato un compromesso su cui andare d’accordo, e le accarezzò i capelli, avviando un discorso che, in fondo, gli premeva ancora di più. “Mi hanno detto che hai lasciato l’Inghilterra, e sei andata a vivere alle Hawaii per tutto questo tempo...

“Già…”

“E… ora… c’è un altro uomo nella tua vita?”

 

Lei, sentendo ciò, lo fissò allibita. “Non dire scemenze, Blaise Zabini! Tu mi hai letteralmente avvelenato l’anima, serpe maledetta!”

L’uomo non potè fare a meno di scoppiare a ridere, mentre il suo animo si rasserenava un poco.

“E poi – continuò lei – se avessi un altro ora, pensi che prima mi sarei lasciata baciare da te?!”

“Giusta osservazione… ma sai, sono passati cinque anni, e i dubbi…”

“Ti amo ancora, Blaise. Ti ho amato in passato, e penso continuerò a farlo per sempre. Gli disse lei, seria.

Lui, colpito da quella rivelazione, la baciò con ardore, sussurrandole fra le labbra tutto il suo amore. Senza neanche accorgersene, ben presto finirono l’uno sopra l’altra, beandosi di quel contatto di cui, per cinque anni, avevano dovuto fare a meno.

 

 

“Secondo te se la sta mangiando?” Chiese una bella bimba, ferma all’ingresso dell’infermeria con la mano stretta a quella di un altro bambino, della stessa età, biondo come il sole.

“No, i miei genitori lo fanno sempre.” Disse con tono rassicurante lui.

“Davvero?”

“Sì, certo! Si stanno solo baciando: lo fanno tutte le persone adulte che si vogliono bene! Non hai mai visto nessuno baciarsi?”

“Certo che sì! Ma mia mamma non l’ha mai fatto!” Replicò, arrabbiata.

“Un giorno lo faremo anche noi!”

“Dici?”

“Certo, quando ci sposeremo.”

“Va bene.”

 

Nel sentire quelle vocine, i due amanti furono costretti a dividersi, voltando poi i loro sguardi incuriositi sulle due figure indiscrete che avevano rovinato quel magico momento.

Hermione, nel riconoscere la bambina, saltò subito a sedere, facendo letteralmente cadere giù dal letto il povero Blaise.

“Berenice!” Sentendosi chiamare, la bambina le corse incontro abbracciandola. I suoi occhi, però, rimanevano sempre fissi su quelli dell’uomo, e lo scrutavano, duri. “Quando sei arrivata?”

“Ieri mamma. Mi a accompagnato la signora Tzumén. Ha detto che ormai il peggio era finito, e potevo tornare dalla mia famiglia.

“Oh, quella donna è davvero un portento! Non finirò mai di ringraziarla per tutto quello che ha fatto!”

“Comunque, lui è Sirius.” Aggiunse laconica, mentre il bambino prendeva posto al suo fianco, salutando educatamente gli adulti.

“Sì, lo so, lo ho già conosciuto. Ciao Sirius!”

 

“Non mi dire, sei il figlio di Draco e Pansy!” Commentò divertito Blaise, scompigliando affettuosamente i capelli del giovanotto.

“Sì signore. E lei chi è?”

“Un loro caro amico.” Sorrise, fiero.

 

“E’ mio padre.” Aggiunse però la voce della bimba. All’uomo scese letteralmente un colpo. “Vero mamma?”

“…Herm?!” Sussurrò quello, scioccato, senza riuscire a staccare gli occhi di dosso dal piccolo splendore che aveva davanti.

La donna sorrise. “Beh, era ora che vi incontraste voi due!”

“E’ mia figlia?!

“Sì Blaise.”

“E… quando…?!

“Cinque anni fa. Dopo quella battaglia mi sono scoperta incinta. E’ nata e cresciuta alle Hawaii.”

“Abbiamo avuto una bambina?! Per Merlino!” Gridò il moro, baciandola con fervore e poi alzandosi per andare a prendere il braccio la figlia.

 

I due rimasero un poco a studiarsi. Occhi negli occhi. Vederli assieme fece venire le lacrime agli occhi alla leonessa, che le ricacciò indietro prepotentemente: stava decisamente piangendo troppo in quegli ultimi tempi!

Hermquant’è bella…” Sussurrò infine lui.

“Sono perfettamente d’accordo.” Annuì il piccolo Sirius. “Per questo abbiamo deciso di sposarci.”

“Ehi, giovanotto, non correre troppo!” Rise il padre, scioccato.

“E’ vero papà! Lui ha detto che mi regalerà tutti i libri che vorrò!”

“’Mione, ma è una secchiona come te!”

“Verissimo! Però dovessi vedere quanto è attenta alla moda… una vera piaga, non le va mai bene niente!”

“Oh, allora hai preso anche i miei pregi!”

“La mamma non ha un gran bel gusto, bisogna sempre dirle cosa mettersi…!”

“Sono perfettamente d’accordo!”

“Non iniziate ad allearvi contro di me, disgraziati!”

 

“Ehi, signor Blaise, guardi che io sono ancora qui!” Protestò il biondino, per nulla contento di essere stato palesemente ignorato per quei pochi attimi.

“Tu, invece, sei tutto a tuo padre!”

“E ne vado fiero!”

“Però, che lingua!”

“Allora, mi lascia sposare sua figlia?”

“Perduri nei tuo fini, vedo!”

“Certamente!”

“Spero che, prima di sposarvi, voi due vogliate prendere parte al nostro matrimonio… vero Herm?”

 

La mora, a quelle parole, ebbe un tuffo al cuore. Le stava chiedendo di sposarlo. Il sorriso le si allargò sul viso, mentre rispondeva “Sì, tesoro”.

 

 

E dopo la guerra, dopo la sofferenza, dopo il dolore

Vissero tutti

Per sempre

Felici e Contenti

 

 

The End

 

 

   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: kishal