I’M
A SELFISH BASTARD
Jared era sconvolto, in
realtà.
Non lo aveva dato a vedere
davanti a Shannon, ma non si capacitava che la sua vita avesse preso
quella
strana piega. Ora, seduto sulla veranda di casa sua a godersi la
tiepida serata
californiana con una bottiglietta d’acqua in mano, doveva
assolutamente
decidere il da farsi.
Lui, padre?
Di un bambino?
Da una donna che lo odiava,
che lui conosceva appena e della quale non era innamorato?
Cosa doveva fare, ora?
Precipitarsi da Kate e dirle
“ti amo facciamo finta che tutto funzioni perché
avremo un figlio?”. No. Decisamente
no. Non era in discussione nemmeno un secondo. Dirle una cosa del
genere
significava solo raccontarle una balla bella e buona, falsa anche se,
volendo,
poteva essere confezionata bene. Ma Jared non aveva intenzione di
impacchettare
e infiocchettare alcunchè.
Dire a Kate ‘ti
amo’?
Assurdo. Non aveva mai pensato nemmeno per un momento di amarla. Non
sapeva
cosa poteva provare per lei, ma non era amore. Non era quello che
vedeva negli
occhi di Shan e di Stella quando si guardavano: niente del genere. Non
era
desiderio di stare insieme ad una persona speciale: erano quasi sei
mesi che
non la vedeva, a Kate aveva pensato sì e no un paio di volte
e, soprattutto,
non gli mancava per niente. E allora cos’era? Che cosa
provava lui veramente
per Kate? Non sapeva spiegarselo.
Perché era andato a casa
sua, quella sera? Aveva detto a Shannon che era perché la
donna gli faceva
pena, visto che era da sola come un cane, ma non era del tutto vero. O
forse
sì?
Allora perché?
Per dare cibo al suo ego,
offeso da una donna che lo odiava e poi vendicarsi di lei facendoci
l’amore?
No, gli pareva che non fosse quello. Non era stato spiacevole fare
l’amore con
Kate, dopotutto, anzi. Si ricordò che aveva goduto di ogni
momento che aveva
trascorso nel suo letto: si ricordava perfettamente il profumo di
lavanda della
sua pelle, il suo corpo arrendevole, i suoi baci appassionati, le sue
mani
calde. Aveva certamente avuto compagne di una notte ben peggiori, molte
delle
quali pagate profumatamente.
Allora cos’era?
Jared non riusciva a darsi
una risposta, nonostante la sua mente razionale provasse tutte le
possibilità.
E Kate, cosa provava per
lui? Probabilmente niente. Forse lo odiava: lo aveva sempre trattato
con
freddezza, fin da quando si erano conosciuti, non erano mai entrati in
sintonia. Non si erano mai davvero conosciuti. E poi il modo in cui si
erano
congedati quella mattina, dopo un’intera notte passata una
nella braccia
dell’altro, era da incubo. Lei non lo voleva nella sua vita,
non l’aveva mai
voluto. E ora cosa avrebbe potuto aspettarsi da lei? Una porta chiusa
in faccia
e un insulto, sicuramente.
Era un casino. Un gran
casino.
E ora uscirci? Come si
poteva fare?
Jared riprese a guardare il
panorama di Los Angeles, sospirando.
Cosa poteva fare?
Niente?
Niente?
Esatto.
Niente.
Forse a Kate non era il caso
di parlare affatto.
Jared pensò che poteva
tranquillamente fare finta di niente. In certi casi, non fare niente
era come
fare tutto e permetteva di risolvere situazioni apparentemente senza
soluzione.
Chi sapeva dell’arrivo di
questo bambino?
In pratica, NESSUNO.
Lui ufficialmente no: Kate
non gli aveva detto niente.
Shannon lo supponeva
soltanto, sulla base dei suoi conti e sulla dimensione della pancia di
Kate,
ma… che diavolo ne sapeva Shan di donne incinte? Da quando
suo fratello si
intendeva di Pediatria applicata? Diceva che la donna era di cinque
mesi e
magari non era vero per niente. Shannon non sapeva nulla di certo e se
Kate,
all’aeroporto, non gli aveva detto niente era
perché non voleva che Jared lo
sapesse, oppure perché lui non era affatto il padre del suo
bambino. Altrimenti
glielo avrebbe sbandierato in faccia, no?
Quindi: che problema
c’era?
Nessun problema.
Bastava che Shannon stesse
zitto con quella sua ciabatta di bocca da comare e non dicesse niente a
nessuno. Nemmeno a Stella… dopo tutto non erano affari di
nessuno dei due.
Bastava che lui non vedesse
più Kate, il che era anche fattibile visto che lei abitava
nella East Coast e
lui nella West. Se lei avesse voluto trovarlo lo avrebbe fatto, no?
L’indirizzo
di casa sua la clinica lo aveva e anche il numero di telefono. Vuol
dire che
Kate non voleva, a maggior ragione.
Bastava che nessuno parlasse
ed era finita lì, ancora prima di iniziare.
Un giorno, in futuro, FORSE
Kate avrebbe detto qualcosa su suo padre al bambino e allora, e solo in
quel
momento, FORSE Jared si sarebbe posto il problema. O FORSE Kate non
avrebbe
raccontato nulla al suo bambino e allora non sarebbe cambiato comunque
niente.
Perfetto. Bastava fare
così.
A giorni sarebbe partito il
tour mondiale dei 30 Seconds To Mars che avrebbe toccato
l’Europa, l’America
Latina, l’Asia e l’Australia: Jared avrebbe
cambiato addirittura continente e
per tre mesi non sarebbe tornato per niente negli Stati Uniti,
impegnato in
Festival, concerti ed apparizioni televisive.
Perfetto. Meglio di
così…
Ormai era sera tardi. Jared
si alzò dalla veranda per andare a letto.
Sbadigliò e si stiracchiò i muscoli,
togliendosi la maglietta.
Si sentì sollevato per
avere
trovato una soluzione, come quando faceva i compiti da bambino e
trovava il
risultato del problema, velocemente e senza sporcarsi più di
tanto le mani.
Bene, era tutto a posto.
Tutto.
Proprio tutto.
E allora perché non ne
era
così felice?