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Autore: vieniesalvami    09/01/2014    2 recensioni
“Non credere che non mi manchi” disse Bill, guardando lontano, fissando un punto senza distogliere il suo sguardo.
“Mi manca quando mi alzo, guardo fuori dalla finestra e vedo il cielo azzurro a novembre. Mi manca quando chiudo gli occhi, la notte, prima di addormentarmi e penso alla mia infanzia e a Magdeburgo. Chi l’avrebbe mai detto? Odiavo quel posto, odiavo la Germania, la mia casa, la mia patria. E ora..” sospirò, voltandosi verso Frances. “Ora farei di tutto pur di tornarci” concluse, aspettando l’ennesima domanda della ragazza che sedeva vicino a lui.
“E allora perché non torni ad Amburgo?” gli chiese curiosa, “Che cosa stai aspettando?”
“Qualcosa per cui valga la pena tornare” sussurrò, prendendo tra le braccia la sua cagnolina, Luna.
“E tu Fran? Cosa stai aspettando?” continuò dopo pochi secondi, alludendo al fatto che anche a Frances non piacesse vivere in quell’enorme città dai grattaceli immensi.
Frances esitò qualche secondo, poi lo guardò intensamente e sussurrò quelle parole, senza nemmeno rendersene conto: “Qualcuno per cui valga la pena vivere”.
Genere: Erotico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Kaulitz, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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4. "Per ora regalo sorrisi"


Il primo giorno di Frances al Resnick fu normale: non successe nulla di eclatante, nulla per cui valesse la pena tornare il giorno dopo.
Aveva conosciuto un’infermiera su di età, che era stata così gentile da mostrarle il reparto neuropsichiatrico senza che Frances nemmeno glielo chiedesse. Jude, così si chiamava, le mostrò anche un volantino con la descrizione del programma UCLA e, da quel che ne comprese Frances, esso si divideva principalmente in due parti: la terapia di gruppo e l’incontro con lo psicologo Kyle Williams, un gran bel tipo, secondo Jude.
Jude accompagnò Frances alla terapia di gruppo e la salutò con un dolce: “A domani, cara”, avendo notato che la ragazza, fin troppo distratta, si era già dimenticata la strada che avevano fatto per trovare quella piccola stanza. “A domani” rispose anche Frances, facendo un respiro profondo ed entrando nella stanza.
Al suo interno, vi erano una ventina di ragazze, tra i 12 e i 25 anni, ed un solo ragazzo. Tutti erano disposti in cerchio e stavano ascoltando attenti una ragazza, che doveva avere all’incirca 15-16 anni, che subito si bloccò quando sentì la porta chiudersi e vide Frances entrare.
“Frances Schwarz, ti stavamo aspettando” disse la donna sulla cinquantina di fronte a lei.
“Piacere, io sono la Dottoressa Jones, ma chiamami pure Alexis” disse velocemente offrendole un posto a sedersi, vicino ad una ragazza e l’unico ragazzo del gruppo.
Frances, timidamente, si sedette, sentendosi gli occhi di 21 persone addosso.
“Ora finiamo di ascoltare il racconto di Ashley, poi vorremmo che ti presentassi brevemente” disse la Dottoressa Jones. “Non preoccuparti, per oggi sarà solo una presentazione. Ascolterai gli altri e piano, piano entrerai anche tu a far parte di questo nostro gruppo” concluse, e tutti, come degli automi, spostarono di nuovo lo sguardo su Ashley.
“Ashley, potresti ricominciare da capo e presentarti?” chiese Alexis.
La ragazza annuì e ricominciò a parlare: “Mi chiamo Ashley Olsen, sì, proprio come una delle due gemelle, ma no, purtroppo, non sono loro parente e lo sì può ben vedere. Ho 15 anni e vivevo in Florida, prima di trasferirmi qui in California. La mia vita, là, era un vero e proprio inferno tra bullismo e l’autostima che calava a picco sempre di più nel vedere le belle ragazze in bikini passeggiare in spiaggia..” si fermò un attimo per riprendere fiato.
Frances non era pronta ad una cosa simile; Certo, era già stata ad una terapia di gruppo, ma non aveva mai sentito una ragazzina parlare in quel modo della sua malattia e, soprattutto, non aveva mai visto una quindicenne faticare a respirare per la troppa magrezza. Le venne un brivido al solo pensiero.
“.. Pesavo 83 chili ed ero bassa, per la mia età, all’incirca un metro e 50. Ero obesa e ogni giorno i miei compagni me lo facevano notare, dandomi degli strani nomignoli, che preferisco non ricordare. Di punto in bianco, a 12 anni, ho smesso di mangiare. Ho smesso di voler mangiare e di avere fame. Perché? Perché volevo che la smettessero di trattarmi così e volevo essere anche io una di quelle ragazze senza problemi, in bikini. Magra e bella da guardare. Ero stanca di soffrire. Così ho smesso di.. come dire..” prese un attimo di pausa, di nuovo, “Così ho smesso di ragionare con la mia testa. Anzi, ho cominciato a ragionare con una testa.. malata” disse sussurrando.
Frances aveva le lacrime agli occhi; Ashley era a dir poco scheletrica, aveva per fino gli occhi infossati. Non voglio diventare così, pensò fra sé e sé.
“Ma piano, piano, sto ricominciando a vivere, ne sto uscendo” disse sicura di sé. Sembrava essere l’unica ad esserlo, tra tutti noi.
E tutti ne usciremo, se veramente lo vogliamo” furono le ultime parole che Frances le sentì dire.
 
Quando Ashley finì di parlare, Frances si presentò a tutti. Non disse niente in più di ciò che Alexis le aveva chiesto: nome, cognome, nazionalità, età e per quale motivo si trovava al Resnick. Motivo che era condiviso da tutti, ma che, secondo la Dottoressa, doveva essere chiaro nelle menti di ogni persona in quella stanza.
Successivamente, si diresse all’incontro con lo psicologo.
Jude aveva ragione: Kyle Williams era decisamente un gran bel tipo. Aveva gli occhi scuri, i capelli folti e neri, la pelle abbronzata, la cravatta dello stesso colore della camicia e dei calzini, ovvero un azzurrino molto chiaro, ed un completo. Un uomo decisamente affascinante, alla mano e amichevole.
.. Come Hans, pensò Frances, ricordandosi delle psicologo che la teneva sotto osservazione in Germania. Un grandissimo figlio di.. buona madre. Stronzo, continuò a pensare.
Il signor Williams, comunque, le diede un piccolo diario, una Moleskine, sulla quale Frances avrebbe dovuto scriverci ogni giorno.
“Devi sfogarti, scrivere tutto ciò che ti passa per la testa, anche le cose più assurde, e devi farlo da sola, in assoluto silenzio, in pace. Devi essere da sola con la tua testa e il tuo cuore” disse d’un fiato.
“Domani leggeremo la tua presentazione, fino ad allora, mi ha fatto piacere conoscerti, Frances” concluse alzandosi ed accompagnando la mora alla porta.
“La ringrazio Signor Williams” disse Frances, titubante. Le metteva un po’ di soggezione quell’uomo.
“Chiamami Kyle. Kyle e basta” sbottò. “A domani, Frances”
“A domani Kyle” rispose Frances, uscendo definitivamente dallo studio del suo nuovo psicologo.
 
“Allora come è andata?” chiese Evelin a Frances. “Successo qualcosa?” continuò a chiedere.
“E che cos’è quel diario?”
“Ev, è andata benissimo, non è successo niente di speciale e questo diario me lo ha dato Kyle” disse Frances, stringendosi nelle spalle.
“Kyle?” chiese di nuovo, sorridendo.
“Il mio nuovo psicologo. Mi ha detto che devo scriverci ogni giorno, quando sono da sola, e che devo sfogarmi. Noi parleremo di ciò che scriverò qui” disse Frances, indicando la sua Moleskine nera.
“Mi sembri abbastanza soddisfatta del tuo primo giorno al Resnick” constatò la bionda dopo qualche secondo.
“Lo sono, infatti” disse Frances sorridendo. “A dire il vero, non vedo l’ora di vedere Billy. A proposito, come sta? Dov’è?” chiese la ragazza allarmata. Poi si girò e lo vide accucciato sul sedile posteriore dell’auto, con la lingua di fuori, e una gran voglia di fare una passeggiata.
“Sta bene, Fran” rispose la ragazza al volante. “Fin troppo bene. Oggi a casa ha combinato un casino! Continuava a correre come un pazzo e non si fermava nemmeno per mangiare. Impressionante” borbottò la bionda.
“Comunque, a proposito di Billy. Stamattina ho ispezionato Los Angeles, non tutta ovviamente, e ho trovato un parco per cani stupendo. Purtroppo ho un colloquio di lavoro proprio ora, quindi dovrai fermartici tu” disse sorridendo, nel vedere Frances che saltellava sul sedile del passeggero felice.
“Oddio che bello!” esclamò Frances euforica. E finalmente felice.
 
Il parco per cani che aveva trovato Evelin era stupendo: c’era molto verde, un sacco di cani, qualche panchina e perfino degli alberi enormi, che facevano ombra.
Frances teneva Billy fra le braccia, dato che non avevano ancora comprato un guinzaglio, e quando lo mise a terra, cominciò a correre scatenato.
Che cagnolino stupidino.. pensò fra sé e sé.
Poi prese fra le mani la sua Moleskine e si sedette su una panchina, continuando a tenere d’occhio Billy.
Aprì il suo diario ed estrasse la penna dalla tasca.
Le prime pagine sono sempre le più difficili.. pensò. Ed era proprio vero. Non aveva la ben che minima idea di cosa scrivere.  Forse dovrei semplicemente presentarmi come a detto Kyle.
E così fece:
Mi chiamo Frances Schwarz, ho 19 anni, sono tedesca e sono anoressica”, scrisse. Doveva essere il più sincera possibile, se voleva veramente uscirne questa volta.
D’un tratto, alzò lo sguardo per cercare Billy, che poco prima si trovava esattamente davanti a lei, e non lo trovò.
“Oh cazzo” disse. Si alzò e chiuse il suo diario, mettendolo in tasca, insieme alla penna.
Iniziò a guardarsi in giro allarmata e a gridare il suo nome, ma del piccolo cagnolino non vi era alcuna traccia.
“Dannazione, Billy!” urlò, continuando a correre avanti ed indietro alla ricerca del suo piccolo Labrador. Scoppiò per fino a piangere dall’agitazione, mentre lo cercava.
Billy!!” urlò di nuovo.
E poi lo vide, tra le braccia di un ragazzo.
Frances si avvicinò velocemente, asciugandosi le lacrime con il torso della mano.
“Hey, è tuo questo splendore?” chiese il ragazzo che lo teneva tra le braccia.
Frances annuì senza guardarlo in volto: in quel momento le interessava solamente di Billy.
“Sì..” sussurrò lievemente. “Billy, Santo Cielo, mi hai fatto prendere un colpo” sussurrò al cagnolino, abbracciandolo.
“Mi scusi se l’ha..” quando alzò lo sguardo, per scusarsi con il ragazzo che lo aveva trovato, le parole le morirono in bocca.
Dio, quant’è bello.. pensò. Sentì il suo cuore perdere qualche colpo e fu costretta a sedersi sulla panchina, dove poco prima era seduto quel ragazzo.
“Va tutto bene?” le chiese, in tedesco.
Frances, perplessa, annuì e rispose anche lei in tedesco: “Sì, solo un forte capogiro, mi capita spesso” mentì.
Si fece forza e riprese a guardare il ragazzo seduto vicino a lei. Aveva gli occhi marroni, gli occhi di un cerbiatto; i capelli biondicci e la pelle chiara. Aveva la barba e qualche piercings, ma Frances era troppo intenta a guardare i suoi occhi per contare quanti ne avesse.
“Piacere, mi chiamo Bill” disse il biondo, porgendole la mano. Che coincidenza, pensò, Billy e Bill.
“Piacere, Frances” rispose la mora.
“Non sei americana, giusto?” chiese, dopo qualche secondo di silenzio.
Frances aveva ancora tra le braccia Billy, che continuava a voler le carezze e le attenzioni di Bill: quel piccolo cagnolino aveva bei gusti, in fatto di ragazzi.
“No, sono tedesca” disse. “Anche tu, per caso?” chiese.
Bill annuì e prese fra le braccia Billy, sorridendogli.
“Sì, sono tedesco” rispose.
Che coincidenza” dissero entrambi, all’unisono. Dopo di che, scoppiarono a ridere.
“Sei qui da molto?” le chiese il biondo, studiandola con lo sguardo.
“No, a dire il vero. Sono arrivata a Los Angeles due giorni fa” disse, accarezzando Billy tra le braccia di Bill. “E tu?”
“Io ci vivo” rispose con un sorriso malinconico e nostalgico. “Da due anni e mezzo, ormai” concluse.
“Come mai hai deciso di trasferirti proprio qui a Los Angeles?” chiese Bill dopo qualche secondo di silenzio.
Frances si schiarì la voce, cercando di pensare ad una scusa: sicuramente non gli avrebbe detto che era anoressica e che si trovava a Los Angeles perché era la sua “ultima opportunità” per uscirne del tutto. Non voleva che anche lui la guardasse come se fosse malata, con disprezzo o, ancor peggio, con pena negli occhi. Non in quei suoi bellissimi occhi.
“Per lavoro” disse, cercando di sembrare il più sicura possibile.
“E che lavoro fai?” gli domandò, ingenuo.
E che lavoro faccio..? Pensò.
“Per ora, mi limito a regalare sorrisi” scherzò Frances.
“Bellissimi sorrisi, direi” sussurrò il ragazzo, prendendo a guardare il cagnolino che teneva tra le braccia.
Frances arrossì di colpo, si schiarì la voce e disse: “Per ora sono disoccupata, non ho ancora trovato lavoro” rispose diventando sempre più rossa. Sempre di più. Si sentiva una ragazzina di 13 anni alle prese con la sua prima cotta. “E tu? Lavori?” gli chiese, curiosa.
Nel frattempo Billy si era accoccolato sulle gambe di Frances e le leccava la mano, facendole il solletico.
“Sì, o meglio.. non ancora” disse. “E’ un po’ complicato da spiegare” continuò grattandosi la testa.
“Mi piacciono le cose complicate” disse Frances, cercando di metterlo a suo agio.
“Praticamente, ho una band. Sono il cantante di una band e stiamo incidendo il nostro primo album qui a Los Angeles” disse, guardandola negli occhi.
Entrambi si persero l’uno negli occhi dell’altra: rimasero in silenzio qualche secondo, guardandosi studiandosi ed osservandosi. Poi Frances abbassò lo sguardo, spostandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“Che meraviglia” disse, immaginando Bill cantare.
Aveva notato la suo voce melodiosa, dolce ed innocente: le piaceva, molto.
“Vieni spesso qui?” gli chiese Frances, curiosa e cambiando discorso. Aveva paura che le facesse altre domande.
“Dipende” sussurrò il biondo, accarezzando la testa di Billy.
“Io credo che dovrò venirci spesso. Billy non sta mai fermo, ha sempre voglia di giocare e vuole sempre uscire” disse Frances, alzando le spalle.
“Allora, d’ora in poi, verrò tutti i giorni” rispose Bill, prendendo tra le braccia un'altra cagnolina. Salutò Frances e si diresse fuori dal parco.
  
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