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Autore: Sereously    09/01/2014    3 recensioni
La pazzia è la malattia più interessante. Non c'è causa, non c'è cura. Forse perchè non c'è male da curare. La pazzia sta negli occhi di chi guarda. Se una cosa non si capisce fa paura e quale cosa migliore che rinchiudere la paura laddove nella paura ci si annega?
..dal Prologo..
“Chi parla?”.
“Sono nella casa davanti a te, mi chiamo..”.
“No! Non dirmelo. Dimmi invece di che colore è il sole”, chiese lei affacciandosi.
“Cosa?”.
“Di che colore è il sole! Puoi vederlo?”.
“Si beh.. è giallo. Forse un po’ bianco”.
“E com’è quando ti tocca?”.
“Caldo. È bello”.
“Ah.. è bello..”.
“Come ti chiami?”.
“Non te lo dico. Tu che nome mi daresti?”.
“Io cosa?”.
“Forza, dimmi come vorresti che mi chiamassi!”.
“Boh non lo so..”.
“Eddai! Per me tu sei Gorm.. significa azzurro. Il colore del cielo quando è giorno ed è sereno”.
“Eabhair!”.
“Come?”.
“Sotto la luce della luna la tua pelle è come l’avorio”.
“Bello..”.
“Ti piace?”.
“Molto. D’ora in poi io sarò Eabhair e tu sarai Gorm”.
“Andata!”, rise lui.
Genere: Drammatico, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Louis Tomlinson, Niall Horan, Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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PROLOGO   

 Guardava i bambini giocare. Scivolo, altalena, sabbia, nascondino, un..due..tre..STELLA. Tutti a correre sotto il sole cocente, soffocante. Tutti tranne lei. Lei se ne stava seduta sotto ad un albero, il suo ombrellino che le girava nelle mani e un sorriso malinconico ad ombreggiarle il viso. Un’assistente, di quelle che si vedono accanto ai bambini dislessici o autistici, stava al suo fianco sbuffando e facendo scrocchiare le dita ogni venti secondi, dandole modo di intuire quanto fosse scocciata ad essere lì con lei.
La giornata era cominciata con il precoce sorgere del sole, caldo e splendente come non si era mai visto lì a Mullingar.
Quel giorno, come tutti quelli passati della sua breve vita, una bambina dai boccoli d’ebano si era alzata e non era riuscita a distinguere il giorno appena iniziato dalla notte in cui si era addormentata, a causa dei vetri oscurati delle sue finestre.
“Il sole ti fa male”, le diceva suo padre. E da quando la madre se n’era andata, il numero di volte che aveva sentito quella frase erano raddoppiate, se non triplicate. Lo diceva al mattino quando scendeva a fare colazione, quando la lasciava a scuola – sempre munita di ombrello azzurro a pois. Lo diceva al pomeriggio quando la portava in palestra a nuotare e la sera, quando le chiudeva le finestre e la mandava a letto.
Ma nel momento in cui socchiudeva la porta, la piccola sollevava il chiodo in ottone che le teneva chiuse e le spalancava, ammirando la bellezza del cielo notturno con occhi sognanti e un dolce sorriso sul volto.
Esattamente dall’altra parte della strada, nel complesso di fronte, abitava invece un bambino i cui occhi avevano preso il colore ceruleo del cielo a furia di guardarlo e il cui sorriso formava una mezza luna un po’ sdentata, ma dolce all’occhio estraneo.
Gli scuri capelli erano sempre sporchi a causa delle tante partite di calcio giocate nella terra o nel fango. I suoi genitori infatti non gli proibivano di correre o giocare con gli altri bambini, gli intimavano soltanto di tornare a casa in tempo per la cena o gli avrebbero impedito di uscire a giocare per una settimana.
Per questo, quando la bimba della casa di fronte di affacciava lui era lì, lavato, profumato e con la pancia piena, in attesa di vedere il suo bel visino spuntare fuori dal quadrato nero della finestra. Un giorno si era deciso; aveva preso i suoi walkie-talkie e ne aveva lasciato uno nel buco sotto all’albero dalla larga chioma sempreverde dove spesso giocava lei, con un biglietto.
 
Per la bambina che guarda la luna.
 
La sera stessa era tornato a casa presto, avrebbe perfino lasciato a metà la partita con gli amici se avesse avuto il passaggio. Si era lavato in fretta e furia, tralasciando qualche chiazza di fango che si sarebbe seccata sulle mani e sui talloni, aveva mangiato per la prima volta senza lamenti il passato di verdure fatto dalla nonna, solo per filare di corsa in camera sua appena finito. E lì si era accovacciato sul piccolo davanzale interno alla finestra, avvolto in una coperta di pile e aveva atteso per quasi mezz’ora che la bambina della luna si sporgesse come tutte le sere.
Stava quasi per addormentarsi quando dal walkie-talkie uscirono degli strani suoni.
“Chi sei?”.
“Sei la bambina che guarda la luna?”.
“Chi parla?”.
“Sono nella casa davanti a te, mi chiamo..”.
“No! Non dirmelo. Dimmi invece di che colore è il sole”, chiese lei affacciandosi.
“Cosa?”.
“Di che colore è il sole! Puoi vederlo?”.
“Si beh.. è giallo. Forse un po’ bianco”.
“E com’è quando ti tocca?”.
“Caldo. È bello”.
“Ah.. è bello..”.
“Come ti chiami?”.
“Non te lo dico. Tu che nome mi daresti?”.
“Io cosa?”.
“Forza, dimmi come vorresti che mi chiamassi!”.
“Boh non lo so..”.
“Eddai! Per me tu sei Gorm.. significa azzurro. Il colore del cielo quando è giorno ed è sereno”.
“Eabhair!”.
“Come?”.
“Sotto la luce della luna la tua pelle è come l’avorio”.
“Bello..”.
“Ti piace?”.
“Molto. D’ora in poi io sarò Eabhair e tu sarai Gorm”.
“Andata!”, rise lui.
Ma non ci furono molte occasioni per collaudare i due nomi inventati. Pochi giorni dopo le finestre della casa  si chiusero e non si riaprirono più. Un mese dopo, porta e imposte vennero sbarrate e la casa messa in vendita.
Il piccolo Gorm non seppe più niente della bambina d’avorio e presto se ne dimenticò, buttando il walkie-talkie nella cassa dei giochi vecchi e crescendo.

 

EIGHT YEARS LATER

 

Correre non era mai stato così divertente. I piedi completamente nudi sguazzavano nelle minuscole pozze, risultato della recente pioggerella autunnale, schizzandole caviglie e polpacci.

La tunica bianca che le arrivava alle ginocchia era strappata lungo una coscia per permetterle di correre meglio.

Era da poco passato il tramonto e il sole non poteva più farle alcun male. Correva da dieci minuti buoni, ma non era mai stata così rilassata in vita sua. Dietro di lei i guardiani della Casa stavano perdendo le suole delle scarpe nel cercare di raggiungerla. Ormai era un appuntamento quotidiano il loro, più o meno da sette anni. Ogni tanto la guardia cambiava e lei poteva sgattaiolare fuori con più facilità. Dan e Colin però la conoscevano da un po’. Erano stati tra i primi a testimoniare le sue abilità di fuga e inganno, ed ora si erano offerti di fare questo turno di guardia.

Ma non erano gli unici ad aver affinato le proprie abilità.

L’allarme era suonato solo 5 minuti dopo essere uscita dal perimetro, delimitato da una grossa rete metallica e un’infida siepe di biancospino.

Scavalcò il muretto che dava sulla piazza e si diresse verso l’enorme fontana. Nello specchiarsi vide alta nel cielo la sua migliore amica.

S’immerse nella vasca a pancia in su, osservando rapita quella grossa palla bianca. Era sempre nello stesso punto, ovunque andasse. Era l’unica a non averla mai tradita. L’unica di cui si fidasse.

“Forza Colin! L’ho vista correre di qua!”.

“Merda..!”. Si alzò e ricominciò a correre.

La vestaglia le si era appiccicata addosso, aderendo a tutte le sue curve spigolose.

Si distrasse un attimo, solo un secondo, ma bastò per farla andare a sbattere.

***

La serata non avrebbe potuto andare peggio.

Si era slogato una caviglia, avrebbe dovuto rimanere fermo per due mesi. I suoi avevano divorziato da anni, e con quello aveva già fatto i conti. Ma da qualche tempo suo padre aveva iniziato a vedersi con una strega che quasi avrebbe potuto far paura a quelle descritte nelle fiabe dei fratelli Grimm. E tanto per cambiare anche questa, come qualsiasi altra compagna di suo padre, lo odiava.

La sua parrucchiera poi, aveva sbagliato la tinta e da castano che era, invece di diventare biondo era diventato rosso scuro.

Per di più, il suo motorino aveva deciso di mollarlo nel bel mezzo della strada, per quanto ricordava nelle vicinanze di un manicomio. Una Casa di Cura per malati di mente. Così la chiamava sua madre.

Stava tornando a casa, le mani in tasca e il broncio verso terra.

Lo alzò appena in tempo per vedere una folta chioma di capelli ricci e scuri che lo travolgeva. Caddero entrambi, ma lei – se di una lei si trattava – tentò di tirarsi su immediatamente.

Due occhi verdi lo inchiodarono a terra, brillando quasi, in mezzo a tutti quei capelli scuri e scompigliati che le ricadevano sul viso.

Era sporca, graffiata e spettinata, aveva il fiato corto e si guardava attorno in allerta. Gli ricordò un gatto. All’improvviso gettò uno sguardo su di lui e tese le sottili labbra rosse in un sorriso inquietante.

Poi lo baciò. Fu un bacio frettoloso e senza apparente significato, ma per qualche strano motivo gli parve di averlo desiderato da una vita.

Si alzò e l’unica cosa che mormorò rapita, prima che due uomini in uniforme la trascinassero via fu: “Gorm..?”.

Non seppe cosa fu a causarlo, se la botta, il bacio o la voce profonda e tagliente di quella ragazza, ma qualcosa nella sua testa fece clack.

Osservò la ragazza dimenarsi senza convinzione e i suoi occhi percorsero il corpo minuto e mezzo scoperto dalla pelle tanto chiara da sembrare intessuta con i raggi della luna che l’illuminava. Non potè fare molto. Le tre figure sparirono nell’ombra prima che se ne potesse rendere conto.

Nel tornare a casa la sua testa non smise un attimo di frugare nei cassetti della memoria, senza però raggiungere alcun risultato.

Chi era o cos’era Gorm?
 

 

Poche parole per questa FF spuntata dal nulla. Mi piace molto scrivere e ancora di più scrivere di questi 5 magnifici ragazzi e mischiarli ai miei personaggi sgangherati  e stralunati. Mi sento realizzata quando l'anima di questi individui prende vita e i pensieri intricati nella mia testa cominciano a delinearsi come si deve. Sono molto orgogliosa di questa storia, Sarà che me la sono sognata per settimane e poi, finalmente, ho visto la luce.
Ho cominciato a scrivere e scrivere, cercando di modellare Avory esattamente come me l'ero immaginata e mi sembra di esserci riuscita: una bellissima gatta dagli occhi verdi come smeraldi e i capelli neri e ricci, minuta e aggraziata anche se un po' sfortunata. Ma questo si vedrà successivamente.
Spero che questa storia vi piaccia perchè io me ne sono innamorata e ci tengo davvero tanto!
E nel caso voleste lasciare un piccolissimo commento ve ne sarei immensamente grata.
Buona lettura :)
-S

   
 
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