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Autore: youngblood    09/01/2014    1 recensioni
Sterek AU
Derek è un giovane scrittore che frequenta un'università vicino a Beacon Hills, cittadina in cui è nato. La sua vita è programmata in ogni dettaglio, o almeno lo era. Infatti, lo era, prima che si ritrovasse tra le mani un libro qualunque e tra i piedi un ragazzino logorroico, che avrebbe inaspettatamente invaso e modificato tutti i suoi schemi.
Slow-Burn
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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La mattina seguente Derek si era svegliato di soprassalto, quando suo zio gli urlò di scendere per la colazione, accorgendosi di essersi addormentato la sera precedente con il libro aperto appoggiato sul viso. Di solito Peter era via per lavoro e non era molto presente a casa, ma quando tornava, si faceva perdonare i suoi periodi di assenza in grande stile: pasti sfiziosi e regali per i due nipoti. Derek e Cora vivevano soli nella vecchia villa restaurata degli Hale. Pochi anni prima, la loro famiglia era stata sconvolta e distrutta da un incendio appiccato vicino alla casa e che pian piano  la divorò. Fortunatamente Peter, Derek e la piccola Cora non si trovavano nei pressi della villa e ne subirono le conseguenze solo a livello emotivo. Purtroppo, però, l’unica cosa che potevano fare era raccogliere i pezzi e andare avanti e, alla fine, ci erano riusciti. Lo zio Peter gestiva l’azienda di famiglia e riusciva a mantenere entrambi i ragazzi, che avevano sempre vissuto in maniera agiata.
Derek diede un’occhiata al telefono appoggiato sul comodino. Erano le 8.05 e per Derek era tardi, estremamente tardi. Probabilmente non aveva sentito la sveglia e aveva saltato la sua routine mattutina: un giro di corsa sul sentiero nel bosco vicino casa, qualche flessione e una doccia calda aspettando che la sorella si alzasse, per accompagnarla a scuola. Quella mattina, però, non aveva fatto niente di tutto ciò e sapeva che questo lo avrebbe tenuto in uno stato confusionario per il resto della giornata.
“Hey nipote, dormito bene?” Peter lo accolse con un certo tono sarcastico, che fece solo brontolare Derek quando questo scese in cucina.
“Cora sbrigati! Oggi ti porto io a scuola, tuo fratello sembra appena uscito da una lavatrice.” Aggiunse ridacchiando.
Derek lo guardò bieco, ma si rabbonì quando Peter appoggiò sul tavolo un bicchiere di ace e un piatto di pancakes appena fatti.
“I dolci: l’unico modo per renderti affabile.”
Derek era abituato al senso dell’umorismo dello zio e, in un certo senso, gli mancava quando era via per lavoro.
“Quando sei arrivato, Peter?”
“Questa notte, verso le due. L’aereo era in ritardo! Avrei voluto avvisarti una volta arrivato a casa, ma stavo per aprire la porta della tua stanza e ti ho sentito russare.”
“Io non ru…”
“Peter!” Cora, ancora in pigiama, scese le scale per salutare lo zio con la solita riservatezza, che forse, per gli Hale, era un fattore ereditario.
“Che bello, sei qui! Non pensavo riuscissi a venire! Quanto devi ripartire?”
“Dopo il tuo compleanno, bambina. E… nessuno mi chiama più “zio” in questa casa?”
La ragazza sorrise, prese una mela e tornò in camera per vestirsi.
“Hey, avevo fatto i pancak… Va beh non importa.”
“Sta crescendo.” Aggiunse Derek con quello che doveva essere un sorriso.
“Lo so, ha già detto cosa vuole fare per il suo compleanno?”
“Peter, compie diciassette anni. Secondo te cosa vorrebbe fare un diciassettenne per il proprio compleanno?”
“Organizziamo un festone, dai.”
“Peter, scherzi? Ragazzini ubriachi per tutta la casa?”
Lo zio scosse la testa ridendo.
“Ubriacati anche tu, magari riusciresti a essere un po’ più giovane dentro.”
Derek gli rifilò la stessa occhiata di qualche minuto prima.
“Basta. È deciso. La aiuteremo a organizzare una festa grandiosa, penso io all’alcol.”
Poco dopo Cora scese di nuovo le scale per andare a scuola, ma si fermò sulla porta d’ingresso ad aspettare lo zio che cercava le chiavi dell’auto.
“Derek, tu cosa fai oggi? Vieni a fare un giro con il tuo zietto?” chiese Peter mentre s’infilava il giubbotto.
“Devo studiare. Sai, per delle cose chiamate “esami”. Non credo che uscirò.”
“Va bene, dai. Ci vediamo più tardi. Cora, vieni! Dobbiamo anche parlare del tuo compleanno!” disse facendo l’occhiolino al nipote.
 
Derek ci aveva provato, ci aveva provato davvero. Cercava di studiare da quando lo zio e la sorella se ne erano andati da casa, ma sembrava che ci fosse sempre qualcosa di più interessante o importante che gli passasse per la testa. Aveva concluso poco, era riuscito solo a ricopiare gli appunti presi durante l’ultima lezione, ma sentiva di non aver memorizzato niente. Non era da lui, si sentiva scombussolato. Perciò, verso le cinque del pomeriggio, prese la sua Camaro e uscì dal vialetto. Così, per schiarirsi le idee e prendere un po’ d’aria. Girò la cittadina una decina di volte quando decise che ne aveva abbastanza. Stava perdendo tempo e nei suoi programmi sicuramente non c’era quella specie di gita. Tornò a casa provò a scrivere qualcosa. Quello era il suo sogno: scrivere. Non sapeva esattamente cosa, ma era quello che gli piaceva fare e quando si ritrovò a dover scegliere una facoltà universitaria, aiutato dallo zio e dalla sorella, decise di fidarsi del proprio istinto e scegliere in base a ciò che sapeva fare meglio. Quel giorno, però, non riusciva a fare nemmeno quello. Aveva fissato la pagina bianca di Word e la piccola stanghetta nera che compariva e scompariva per quelle che gli erano sembrate delle ore, prima di lasciar perdere. Era la classica giornata no.
Ancora seduto alla scrivania in camera sua, si guardò attorno. Era tutto al suo posto. Tutto in ordine. Tranne una cosa. Sul suo letto c’era ancora quel libro, la copertina blu scuro risaltava sul copriletto azzurro. Si alzò sospirando. Pensò che forse sarebbe stato il caso di riportarlo al ragazzo del negozio, in fondo era suo e, personalmente, Derek detestava prestare i propri libri. Aveva una sorta di ossessione per quel mucchio di fogli pieni d’inchiostro. Erano il suo nascondiglio e, allo stesso tempo, il suo modo di fuggire. Erano stati la sua casa quando non ne aveva più una. Erano qualcosa di suo. E quando qualcosa era suo, era suo e basta.
Prese in mano il libro e lo sfogliò velocemente. C’erano tantissime sottolineature e per Derek era difficile da ammettere, ma erano giustificate: pur restando, nella sua mente, un libro da ragazzine, era davvero bello. La trama e l’ambientazione erano comuni: una storia d’amore tra una ragazza comune e un licantropo. Tutta la vicenda narrata era, però, così semplice, intensa e per certi versi innocente che la sera prima, mentre leggeva, riusciva a percepire il profumo del bosco in cui si muovevano i protagonisti e la magia di un posto simile.
Derek continuava a sfogliarlo frettolosamente, fermandosi ogni tanto, solo per leggere di nuovo quello che il suo proprietario aveva sottolineato.
 
Non ero un lupo, eppure non ero ancora Sam.
Ero un grembo gocciolante rigonfio della promessa di pensieri coscienti: il bosco freddo che mi ero lasciato alle spalle, la ragazza sull'altalena fatta con un copertone, il suono delle dita su corde di metallo. Il futuro e il passato, mischiati, neve e poi estate e poi di nuovo neve.
 
Derek ogni tanto sfiorava con le dita le parole stampate nel libro e i segni lasciati dalla matita del suo precede lettore.
Trascorse così anche il resto del pomeriggio. In compagnia di quelle parole.
 
***
 
Un altro esame si stava avvicinando e così anche l’inverno. Il caldo dell’estate aveva ormai salutato la cittadina di Beacon Hills e i suoi abitanti, ma, in fondo, non era una cosa negativa per Derek. I pomeriggi illuminati da un sole pallido e il freddo che avanzava, lo aiutavano a studiare e a essere più concentrato. Purtroppo, però, quel giorno non si trovava al caldo a casa sua, ma quel pomeriggio si era armato di una delle sue giacche di pelle ed era tornato in libreria. Era passato solo qualche giorno da quando ne era uscito con uno stupido libretto da ragazzine e ora stava varcando la soglia del negozio proprio con quello tra le mani. Aveva deciso definitivamente di non darlo a sua sorella, avrebbe trovato un altro regalo. Il libro era maledettamente bello, ma non poteva regalarlo a qualcun altro. Ormai erano giorni che la sera, prima di addormentarsi, ne rileggeva qualche parola. Faceva parte della sua routine e quindi era una cosa sua, solo sua. Notando, però, che la presenza di quel libro sulla scrivania lo stava decisamente distraendo dalla preparazione dell’esame e considerando che Derek voleva sempre dare il massimo in tutto ciò che riguardava l’università, decise anche che forse sarebbe stato meglio restituirlo al proprietario.
Entrò nella libreria stringendo la presa sul libro, non voleva davvero restituirlo, ma stava diventando una sottospecie di assurda mania.
Si avvicinò alla cassa, di sottofondo una canzone indie pop riempiva l’atmosfera. Derek rimase sorpreso, e forse anche un po’ deluso, nel vedere che alla cassa non c’era chi si aspettava, ma la ragazza bionda che lo aveva accolto anche qualche giorno prima. Stava leggendo un giornale con le cuffiette alle orecchie.
Derek tossì per fare in modo che lei lo notasse e questa lo squadrò, soffermandosi sul libro che il ragazzo più grande teneva stretto tra le mani.
“Derek, giusto? Derek Hale?” disse lei sorridendo.
“Sì… Erica, vero?”
“Sì, dimmi. Cosa posso fare per te?” aggiunse togliendosi le cuffiette dalle orecchie e chiudendo la rivista.
“Umh. Sto cercando il tuo amico… Quello che lavora qui. Quello che l’altra volta ti ha…” Derek avrebbe voluto dire quello che l’altra volta ti ha impedito di saltarmi addosso, ma, nonostante Derek per certi versi riconoscesse il fatto di essere effettivamente attraente, non gli sembrava il caso.
“… quello che ci ha interrotto.”
La ragazza con un sorriso meno brillante di quello che gli aveva regalato poco prima gli rispose in modo un po’ più freddo.
“Mi dispiace, il tuo amichetto non è venuto al lavoro oggi. Mi ha chiesto di sostituirlo.”
Derek sospirò, ma nemmeno lui riuscì a capire se era un sospiro di sollievo perché avrebbe potuto tenere il suo libro o un sospiro di delusione per aver percorso tutta la strada sperando in qualcosa che non era accaduto. Cioè, sperando di poter ridare il libro a quel ragazzo sia chiaro, niente di più… Già.
“Dimmi se hai bisogno di qualcos’altro.”
Ma Derek, ormai perso nei suoi pensieri, non l’aveva nemmeno sentita. Infatti, si stava chiedendo se fosse il caso di lasciare il libro a Erica, sperando che poi lo avrebbe restituito all’amico, ma una parte di lui insisteva per prendere la decisione di passare in libreria un altro giorno per darglielo di persona. Solo perché sarebbe stato più educato da parte sua... E così decise, ovviamente.
Senza nemmeno voltarsi per salutare la ragazza uscì dalla libreria e tornò a casa, in parte felice di avere ancora con sé il libro.
 
***
 
Un paio di giorni dopo, durante i quali Derek aveva tentato di prepararsi al meglio per l’esame che ormai era alle porte, Peter era riuscito a portare a termine con successo l’organizzazione della festa per Cora. La ragazza era elettrizzata, tanto da mostrare solo in minima parte quel carattere tenace e un po’ solitario, che aveva in comune con il fratello maggiore. Derek era felice anche solo di vederla sorridere. Ne avevano passate tante insieme e, vederla così esaltata, metteva di buon umore anche lui. Tenevano l’uno all’altra più di quanto volessero dimostrare, semplicemente perché per un breve periodo erano tutto ciò che era loro rimasto. Così, Derek non riuscì a trattenere un sorriso quando vide Cora scendere le scale con un vestito di pizzo color prugna e il suo solito paio di Dr Martens neri.  Niente trucco pesante, ma era bellissima lo stesso, non ne aveva bisogno.
Fortunatamente la casa degli Hale si trovava accanto alla riserva di Beacon Hills e non aveva vicini. Era una villa al limitare del bosco, quindi nessuno si sarebbe dovuto preoccupare di eventuali lamentele per il volume della musica o la confusione. Nonostante sembrasse che non ci sarebbero stati particolari problemi, Derek non era totalmente favorevole alla festa, al contrario di suo zio, che ne era entusiasta. Le feste non facevano per lui: non era mai riuscito a lasciarsi andare. In più, come aveva ribadito più volte a Peter, senza però essere ascoltato, trovarsi un mucchio di ragazzini ubriachi in giro per casa non era di certo il suo ideale di serata divertente. Proprio per questo Derek decise di chiudersi nella sua stanza tutta la sera, senza intromettersi nell’evento che si sarebbe svolto al piano di sotto.
 
Sotto la supervisione di Peter, che per l’occasione si occupava anche delle bibite, la festa progrediva senza alcun intoppo. Era già mezzanotte e Derek scriveva al suo portatile steso sul suo letto. Sentiva le voci di ragazzini che cantavano canzoni commerciali scelte da un dj improvvisato e la musica rimbombare nelle pareti. Insomma, era la classica festa di liceali e lui, fortunatamente, non doveva averci niente a che fare.
Così, Derek si rilassò e, tra la battitura di una parola e un’altra, si addormentò al ritmo regolare della musica.
 
Quando Derek riaprì gli occhi non si aspettava assolutamente di doversi svegliare per un motivo simile.
Un rumore lo aveva costretto ad aprire gli occhi, più precisamente un tonfo e poi una risatina. Derek capì che c’era qualcosa di strano appena si accorse che la musica non si era ancora fermata. Si mise a sedere sul letto immediatamente, accorgendosi anche di essersi addormentato ancora con jeans e t-shirt. Fu in quel momento che lo vide: un ragazzo steso a pancia in su vicino al suo letto. Scombussolato, cercò di collegare tutto ciò che stava succedendo. Prese in fretta il cellulare dal comodino vicino al letto e guardò l’ora. Erano le due di notte, era logico che la festa non fosse ancora finita.
Derek guardò di nuovo il ragazzo.
“Non ci posso credere” gli sfuggì.
Il ragazzo più giovane rispose con un’altra risatina.
Derek lo aveva riconosciuto subito: era il ragazzo della libreria, era proprio lui. I suoi capelli, i suoi nei, il suo naso all’insù… Sì, insomma. Era lui.
‘E ora che faccio?’ pensò, mentre desiderava essere ovunque, ma non in quella situazione.
“Sei.. sei ubriaco?” Derek chiese al più piccolo che intanto cercava di alzarsi.
“No… No, sono… sono solo inciampato. Il…”
Derek reggeva con un braccio il ragazzo che barcollava.
“… il tappeto, sono inciampato… Ho sonno.” Riuscì a terminare la frase, accompagnandola con un’altra risatina.
“Sì, certo. Sei ubriaco, devi sederti.”
Derek accompagnò il ragazzo a sedersi sul suo letto.
“Sì dormiamo! Ho sonno...” Esclamò il ragazzo abbracciando Derek, che, per la sorpresa del gesto, non reagì immediatamente e si ritrovò steso sul letto con lui.
“No, no, no… Ok, cambio di programma. Devi alzarti.” Disse Derek liberandosi dalla morse di quel ragazzino che era molto più forte di quanto sembrasse.
“Amico... Sei un… guastafeste. Ciao.” Furono le parole del ragazzo che abbracciò il cuscino e mettendo il broncio, chiuse gli occhi.
“No, devi restare sveglio. Hey!”
Ma come risposta, Derek ricevette solo qualche mugolio confuso.
Derek non sapeva cosa fare, e lui aveva sempre un piano. Decise di alzarsi e di scendere per chiedere aiuto a suo zio, pregando perché il ragazzo chiuso in camera sua non combinasse qualche disastro.
“Dov’è Peter?” chiese Derek a gran parte degli invitati ricevendo solo dei “Non lo so” al sapore di vodka.
Finalmente Derek riuscì a trovare Cora, sperando che lei lo potesse aiutare.
“Derek? Non ti ha avvisato? Se n’è andato un’ora dopo che è iniziata la festa! C’è stata un’emergenza al lavoro ed è dovuto partire immediatamente per Los Angeles.”
“E vi ha lasciati da soli con gli alcolici?”
“Non li abbiamo nemmeno distribuiti gli alcolici. Dopo aver saputo che doveva andare via mi ha ordinato di non toccarli e così abbiamo fatto. Quelli che stanno bevendo, hanno portato l’alcol da casa. Ora mi dici che ti prende?”
In effetti, Derek sembrava sempre più confuso e stordito. Si guardò attorno: nessuno dei presenti sembrava ubriaco, o almeno non quanto il ragazzo che lo aspettava al piano di sopra.
“Ok. Devi tenere d’occhio tu la casa. Stai attenta, per favore. Devo andare via, torno tra poco. Tu promettimi che quando tornerò sarà tutto come prima e non ci sarà nessun ragazzino in coma etilico.” Disse Derek con un’espressione che non ammette esitazione.
La sorella gli rispose con altrettanta sicurezza e lui si sentì sollevato.
Si diresse di nuovo verso la sua camera e, quando aprì la porta, fu felice di vedere che il ragazzo non si era mosso di un millimetro.
“Ok, ora devi alzarti.” Disse Derek in piedi vicino al letto.
“… con le buone o con le cattive. Devi alzarti.”
Il ragazzo rispose con un lamento e si girò dal lato opposto.
“Bene.” Derek allora lo alzò a forza dal letto, cercando di tenerlo in piedi con un braccio intorno alla vita.
Il ragazzo stringeva ancora il cuscino di Derek. Il più grande tentò di farglielo lasciare, ma più tirava il cuscino da una parte, più il ragazzo stringeva la presa. La situazione aveva assolutamente un che di comico.
“Va bene, va bene. Tienitelo.” Disse Derek, ormai esausto. Il ragazzo rise e si fece condurre dal più grande giù per le scale e poi fuori casa verso l’automobile di Derek.
Una volta sistematolo sul sedile del passeggero, Derek si mise al volante e accese il motore.
Fuori faceva ormai freddo,  la brezza estiva della notte si era già trasformata in un venticello invernale tutt’altro che piacevole.
Derek guardò il ragazzo seduto di fianco a lui. Era ubriaco fradicio, eppure, abbracciato al suo cuscino aveva un che d’innocente che fece addolcire Derek per un attimo.
L’auto uscì lentamente dal vialetto e si allontanò dalla riserva di Beacon Hills. Derek doveva riuscire a portare il ragazzo a casa, era l’unico piano sensato che gli era venuto in mente.
“Derek… mi viene… da vomitare…” Disse il ragazzo abbracciando ancora di più il cuscino azzurro.
“Oh non lo farai. Non nella mia Camaro.” Rispose Derek senza esitazione.
“Come ti chiami?”
Derek ricevette solo qualcosa che gli era sembrato un sibilo come risposta.
“Ti ricordi dove abiti?”
“…No. Non puoi. Non a casa. Non posso…”
“E allora cosa dovrei fare?!”
“Scott… chiama Scott.”

Note dell'autrice:
Allooora. Eccoci qui con il secondo capitolo. Spero davvero che vi sia piaciuto. Chiedo scusa se non ho risposto alle vostre recensioni (non succederà mai più giuro, parola di lupetto), ma sinceramente non mi aspettavo proprio di riceverne e quindi avevo deciso di non accedere al sito per tutta la settimana, per evitare che la mia autostima prendesse un altro colpo ahahah avevo una paura assurda che la storia non vi sarebbe piaciuta, ma sono stata devvero davvero felice di vedere che è stata apprezzata e mi sono ritrovata a sorridere come un ebete per tutto il pomeriggio. Beh che altro dire? Non so se ve ne siete accorti, ma il capitolo questa volta è stato più lungo, soprattutto perchè volevo farvi un piccolo regalino visto che lunedì è stato il mio compleanno ed è anche uscito il nuovo episodio di Teen Wolf yeee :) Ah all'interno della storia ho inserito una citazione di Shiver che è un libro veramente fantastico. Se vi piace l'urban fantasy, vi consiglio di leggerlo! beh penso di avervi detto tutto! ciao bellii
 
  
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