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Autore: Alex Wolf    09/01/2014    5 recensioni
Ultima parte della storia di LegolasxElxSauron. Ispirata al film "Il ritorno del re".
Dal 13° capitolo:
"Mi sono sempre chiesto perché amore e sangue avessero lo stesso colore: adesso lo so.
- Alessandro D'Avenia"
« Stai lontano! Stai lontano da me! » Gli ordinai, facendo un passo indietro. I suoi occhi celesti mi guardarono stupiti dal mio comportamento e le sue labbra si socchiusero un poco. « Non voglio farti del male, ti prego. » Lo implorai, e per la prima volta dopo tanto tempo mi sentii fragile, distrutta e vuota dentro, con le lacrime che minacciavano di scendere. Ma non volevo piangere, perché non volevo mostrarmi debole, non volevo essere debole.
Genere: Avventura, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Legolas, Nuovo personaggio, Sauron
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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You must go. ‘Cause it’s time to choose.
 

 
Mi fido di te, che cosa sei disposo a perdere?
 
-Non ricordo di chi sia questa canzone, scusssatemiiii. ( Leggetelo come se fosse la canzoncina del pese di Gollum, fa uno strano effetto. Vero? )  

 
 
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Legolas accarezzò la linea della mia mascella con i polpastrelli; le sue dita lasciarono una scia infuocata ad ogni tocco, quasi volesse farlo apposta fregandosene delle condizioni in cui eravamo. Le coperte avvolgevano i nostri corpi sudati, caldi e eccitati. Il suo bacino si scontrava con il mio e ogni tanto non potevo fare a meno di ansimare e affondare le dita fra i suoi capelli, oppure nelle sue spalle lasciando righe rosse. Le labbra sottili dell’elfo si posarono sul mio collo, la sua fronte contro la mia guancia mentre le spinte diventavano più febbrili e veloci. Dentro di me era come se un uragano stesse crescendo, pronto a mettere confusione dappertutto, e un fuoco sembrava stesse bruciando le mie carni e le ossa; e la cosa strana era che mi piaceva. Non avrei voluto che quella sensazione finisse mai. Mi piaceva sentirmi così viva, in estasi, così vicina a Legolas: come se fossimo stati una cosa sola. In realtà in quei pochi momenti d’intimità che avevamo di rado, come quello, eravamo una cosa sola. Feci correre le mie mani sulla sua pelle candida e calda  e inarcai la schiena gettando la testa indietro. Le mie dita graffiarono il giovane elfo che strinse i miei fianchi nella sua presa salda e spinse un’ultima volta, prima di rilassare i muscoli e sdraiarsi sul mio petto, sfinito. Chiusi gli occhi e lasciai le dita libere di scorrere fra i suoi capelli  sudati, cosparsi sul mio torace come una coperta. Sospirai appagata e aprii le palpebre; il soffitto della sua stanza brillava del giallo riflesso dal sole che sorgeva sopra le montagne che circondavano Edoras;  un alito di vento mi accarezzava la pelle immergendomi in uno stato di quiete assoluta. Sentivo il respiro caldo di Legolas sulla mia pelle, e il suo cuore battere. Con una spinta il principe elfico si gettò al mio fianco e poggiò il mento sul suo palmo per osservarmi: i suoi occhi celesti sorridevano e io potevo sentirli osservarmi. Roteai le iridi e strinsi le coperte fra le dita portandomele al petto. Lui rise dolcemente, mentre io voltavo il capo nella sua direzione per osservarlo: aveva i capelli arruffati, gli occhi brillanti, e sembrava davvero spensierato; come se in quel momento nulla avesse potuto disturbare l’equilibrio di precaria quiete che si era creato nella stanza, neppure il mio caratteraccio . Le sue mani scivolarono sul mio braccio, facendomi sorridere per il solletico, poi descrissero le mie curve e infine si fermarono ad accarezzare il mio ventre. Aveva un tocco delicato, quasi inesistente che tutta via aveva il potere di rilassarmi ancora di più. Se avessi chiuso gli occhi probabilmente mi sarei sciolta sul materasso: non stavo così bene da mesi.
« Dio, potrei sciogliermi all’istante. » Mormorai stiracchiandomi leggermente.
« Ah si? » Rise l’elfo, spostandomi con la mano libera una ciocca di capelli dal viso. « Allora ho fatto un buon lavoro. »
« Legolas! » Risi, alzando di scatto il busto per tirargli il mio cuscino in faccia. Il colpò arrivò a destinazione e in pochi secondi Legolas me lo rigettò. Risi di gusto e abbracciai la stoffa morbida del tessuto, per poi gettarmi su un lato e chiudere gli occhi.
« Pensi che sarà una femmina? Perché io credo lo sarà. » A un tratto la sua voce echeggiò come un lampo improvviso. Storsi il naso e arricciai le labbra, aprendo le palpebre per incontrare per l’ennesima volta i suoi occhi che adesso, contro sole, parevano fatti di vetro.
« No. Per me sarà maschio. » Ammisi dopo averci pensato un poco. Lui corrugò le sopracciglia  e incrociò le braccia al petto; i muscoli del torace guizzarono e quelli delle braccia si gonfiarono.
« Cosa te lo fa credere? »
« Cosa fa credere a te che sarà femmina? » Rigirai la domanda divertita. Mi piaceva battibeccare con lui, era divertente vedere le smorfie che si dipingevano sul suo volto. Per esempio: ora aveva portato una mano sulla guancia e se l’accarezzava perso nei meandri della sua mente, mentre gli occhi correvano dal soffitto alla finestra dalla quale entravano i raggi del sole alto in cielo.
« Beh, sono il padre. » Rispose qualche minuto dopo averci, pensato fissandomi direttamente negli occhi.
« E io sono la madre: perciò ho ragione io. Punto. Storia conclusa. » Prima che potesse rispondere all’appello qualcuno bussò alla nostra porte e immediatamente ci voltammo verso di essa. Sbiancai pensando a tutto quello che gli altri avrebbero potuto udire mentre eravamo solo io e l’elfo, poi arrossii violentemente. Lanciai un’occhiata al giovane principe e in pochi istanti ci alzammo pronti a vestirci.
« Arrivo! » Gridai, mentre con fretta finivo di stringere l’abito rosso che Eowyn mi aveva prestato al nostro ritorno da Mordor. Mi sistemai i capelli più velocemente possibile e aprii la porta uscendo velocemente fuori, per poi richiudermela alle spalle. Fanie mi fissò inarcando un sopracciglio e io sorrisi angelicamente.
« Si? » Domandai, con ancora la mano stretta sulla maniglia dell’uscio. La guardai negli occhi per tentare di capire se qualcosa non andava ed effettivamente mi sembrò così. L’azzurro che adornava il suo bel viso giovanile era spento e cupo, quasi al suo interno ci fosse stata una tormenta di neve e la pelle era più chiara del solito. Lei sorrise accarezzandosi un bracci con la mano e una delle maniche azzurre del suo vestito scivolò sul braccio rivelando uno strano tatuaggio azzurrognolo. Socchiusi le palpebre e l’osservai: più che un tatuaggio sembrava una specie di marchio, o una voglia che però non avevo mai visto prima. « Fanie, che cos’è questo? » Immediatamente le mie dita strinsero con leggerezza il suo polso per voltarlo verso l’alto. Lei si sbrigò a staccarmi e coprire il tutto, per poi prendermi la mano. La sua testa si voltò in tutte le direzioni possibili prima che tornasse a guardarmi.
« E di questo che volevo parlarti. Questo e un’altra cosa. » Mi comunicò, cominciando a camminare velocemente con me al seguito. Cominciavo a non capire quello che intendeva: mi sembrava strana. Questo comportamento mi inquietava. I suoi gesti erano strani, la sua camminata di solito lenta ora era molto veloce, e i suoi occhi che fuggivano a destra e sinistra sembravano farlo apposta per mettermi in difficoltà. Mi morsi il labbro e rimasi in silenzio, aspettando che mi conducesse dove voleva lei.
 
 


°    °
 
 



Attorno a noi c’erano le praterie che costeggiavano Edoras; l’erba stava cominciando a crescere, la primavera era alle porte ormai e il sole batteva su di nomi caldo. Dall’alto un rombo d’aria ci costrinse a proteggerci il viso con le braccia: poi tutto cessò e tornò la normalità.
Ciao, ragazzina. La voce del drago nero rimbombò nella mia mente forte e fiera, mentre si avvicinava e allungava un ala su di me per proteggermi dal sole. Ti sei divertita col tuo elfo?
« Turon! » Esclamai imbarazzata guardandolo. I suoi occhi rossi sorrisero e mi parve di sentirlo ridere divertito, per quanto quella di un drago possa definirsi una risata. Sbuffai incrociando le braccia al petto e tornai a fissare Fanie, che aveva iniziato a torturarsi le mani. Il drago d’oro sedeva al suo fianco, e per la prima volta notai quanto fosse piccolo rispetto a Turon.
 
 
 

°    °
 
 
 



Fanie l’osservó, mentre Eleonora guardava il drago d'oro; poi gli occhi scuri della giovane umana erano tornarono sulla sua figura ancora muta e in piedi nel bel mezzo del nulla. Per quanto sapesse di esserle sembrata strana aveva sentito questo bisogno di rivelare a Eleonora il suo segreto, perché ormai non c’è la faceva più a mantenerlo.
« Dimmi, Fanie, perché mi hai portata qui? » Chiese incuriosita la guerriera, senza però usare un tono duro e rigato. La ragazza dei draghi prese un bel respiro e ascoltò il proprio cuore battere velocemente, qualche volta saltando persino qualche battito.
« E’ più facile se te lo mostro. » Mormorò allungando un braccio nella sua direzione, per poi alzare il palmo verso l’alto. Serrò la mascella e si concentrò su quello che voleva fare: subito una sensazione glaciale le avvolse il corpo in una stretta ferrea. La vista le si appannó per un istante, prima di tornare vivida, e come sempre vide le vene scomparire nel bianco candido della pelle; subito una scia di ghiaccio le perforò il palmo salendo verso l’alto: cristallina e brillante a causa del sole che vi si rifletteva. Fanie non si era mai soffermata realmente a osservare quelle cascate di gelo cha sapeva creare, perché erano anni che non le usava ( eccezion fatta per la tomba di Elendil ). Ora, che però, la guardava salire verso il cielo le parve una delle cose più belle che avesse mai visto: così preziosa, e naturale ed era lei a farla essere così. Per la prima volta si sentì, in un certo modo, unica e non più la ragazza che da bambina era l’ombra di se stessa: quelle giovane che viveva perché era nata, oppure che se veniva chiamata era solo a causa della sua parentela con Sauron; lo stesso che le aveva rovinato la vita successivamente.
« Per tutti i Valar. » Sentì sospirare a un tratto e immediatamente richiuse la mano a pugno. I suoi occhi da gatto si posarono sulla giovane nascosta dalle ali del dragone nero e l’espressione sul suo viso la fece sorridere; Eleonora sorrideva ammaliata, rapita dalla piccola cascata che ora cadeva su di loro in piccole goccioline che si coloravano d’arcobaleni. Il drago d’oro, accanto all’elfa allungò il collo e si beò del fresco che l’acqua gli poteva dare. « Fanie, questa cosa è strepitosa! Come riesci a farlo? » La guerriera uscì dall’ombra e in pochi passi la raggiunse: i finimenti d’oro del suo vestito brillarono al sole, così come i suoi occhi scuri.
« Nello stesso modo in cui tu fai quella cosa con il fuoco; solo che io sono sempre riuscita a farlo. » Spiegò la bionda, poggiando una mano sulla possente zampa del suo drago.
« Perché non c’è l’hai mai detto? »
« Non ne ho avuto il tempo, Eleonora sono successe così tante cose in così poco tempo; e poi non usavo questo potere da tanto. Da quando Sauron si alleò con Morgoth. »  Decise di non dire nulla della tomba di cristallo, tanto non sarebbe servito a niente raccontarlo. Lei non conosceva Elendil e non avrebbe più potuto farlo.
« Oh, capisco. » Una nota di tristezza tinse la voce della guardiana, che si voltò verso il drago d’oro; ma poi scomparve quando alzò il viso nuovamente lo sguardo verso di lei. « Anche Armë può farlo? »  
« Chi? » La voce di Fanie le uscì alta e confusa dalla domanda postale; lei non conosceva nessuna ragazza con quel nome. Osservò Eleonora sorridere innocentemente e indicarle poi il drago al suo fianco.
« Armë , il tuo drago. »   L’elfa esaminò per un attimo il viso della giovane, tentando di capire se la prendesse in giro o no, ma poi si ricordò che prima aveva chiamato per nome il drago nero e quello aveva riso, a suo modo; perciò, voltò il viso verso destra in alto e trovò il drago, o meglio Armë  a osservarla curiosa. Brillava al sole come fosse fata d’oro colato e i suoi occhi dell’ennesimo colore le studiavano. Una nube di fumo bianco le fuoriuscì dalle narici.
« Si, anche… lei può gelare ogni cosa. E’ colpa mia: un giorno per caso i miei poteri si sono scatenati e lei ha ingerito il risultato. Credo di aver gelato il punto in cui si creava il fuoco, così adesso è una sputa neve. »
« Ah, lo stesso giorno in cui hai seppellito il tuo amico e rubato l’armatura fatta con le squame di Titano, il mio primo guardiano, all’Uruck-ai? » Fanie sbiancò e gettò un’occhiata di sottecchi a entrambi gli animali, che ora si osservavano sorridenti. Si era completamente dimenticata che la giovane umana poteva comunicare con loro, in quanto guardiana di uno degli alati: lo sputafuoco. Con un nodo allo stomaco dovuto al fatto che ora la giovane sapesse, e avrebbe potuto sapere ogni cosa sul suo viaggio e lei, socchiuse le labbra pronta a rispondere. Fu bloccata dalla stessa guardiana che aveva ripreso a parlare: « A proposito: grazie di non aver lasciato l’armatura li. Se proprio doveva tenerla qualcuno, ora che era successo quel che era successo, sono felice che l’abbia presa tu. » Accarezzò il volto del suo dragone, che si era sdraiato completamente a terra. La voce di Eleonora aveva una nota grave, quel qualcosa che, sebbene potesse manipolare il ghiaccio, fece fremere Fanie fin dentro l’anima: nella voce della giovane umana c’era una tristezza che veniva celata al mondo intero per non appesantirlo di altri problemi. Una tristezza che voleva dire “mi manca. Mi manca talmente tanto che sto annegando ma nessuno lo sa, perché non voglio lo scoprano.” Quella tristezza che Fanie aveva imparato a riconoscere, perché anche lei aveva attraversato un periodo così: quando Sauron si era convertito al male.
« Eleonora… » La bionda allungò una mano nella direzione della castana, ma subito, svelta come una lepre, la ragazza le sorrise e allungò le mani in avanti.
« Sto bene, tranquilla. Solo un po’ di nostalgia. » Scosse il capo come per risvegliarsi. « Ogni tanto mi succede. In ogni modo: gli altri lo sanno che tu e la tua dragonessa potete fare quella cosa col ghiaccio? » 
« Cosa? No, certo che no. Io… »
« Fanie, dobbiamo dirglielo. Questa cosa potrebbe rivoluzionare completamente le sorti della guerra. Potremmo vincere di sicuro. » C’era una nota di speranza nella voce della giovane. L’elfa esitò, e rimase ferma a guardarla: era incredibile come cambiasse umore da un momento all’altro, riuscendo  a nascondere quei sentimenti tristi che comunque non scomparivano.
« Io, El, non lo so. Pensavo di aspettare. Insomma… »
« Quello non è fuoco? » Domandò ad un tratto Eleonora, indicando una montagna alle spalle dell’elfa. Fanie allora si voltò verso le montagne e una luce in lontananza, splendente e ben visibile nonostante il sole, brillò facendole sbattere le palpebre. Le ci vollero qualche secondi per carburare il segnale, ma quando lo fece sgranò gli occhi e gridò:  « Gondor! Gondor chiede aiuto! » Lanciò uno sguardo alla giovane umana e poco dopo si misero a correre.
 
 
 

°   °
 
 
« Sauron ha anticipato l’attacco! » Affermai, con il fiato corto mentre correvamo verso il castello di Theoden. Il vento caldo ci spirava in faccia, schiaffeggiandoci i capelli che volavano oltre le spalle. Eravamo state costrette a prenderci le gonne fra le braccia - fregandocene delle occhiate che i contadini ci lanciavano per la nostra “inadeguatezza” -  per correre più veloce che potevamo. Una gocciolina di sudore scese a rigarmi la pelle, poi finalmente giungemmo nella sala del trono. C’era un mucchio di gente quel giorno: stratega, capi militari, serve e noi della compagnia. Guardandomi attorno scorsi la figura famigliare dell’elfo vicino a un pilastro, perciò feci cenno a Fanie di seguirmi e entrambe ci avventurammo nella sua direzione. Mentre percorrevamo il poco tratto che ci divideva, non potei fare a meno di pensare alla giovane elfa che avevo alle spalle. Turon mi aveva raccontato prima, assieme al drago d’oro, com’erano andate le cose al Fosso di Helm, di come lei aveva pianto per quel giovane elfo – uno fra i tanti, che però quell’uno a cui era legata fra i molti – e l’aveva seppellito sotto il cristallo di ghiaccio.  Di come era emersa da dietro le mura con l’armatura scintillante al sole – motivo per cui aveva pensato le avesse strappate lei , ma che la dragonessa aveva corretto dicendomi la verità. – In un certo senso, la capivo. Capivo lei e la sua storia complicata, le difficoltà che aveva dovuto affrontare a causa di Sauron, e le paure e le avversioni che il tempo le aveva gettato contro nonostante fosse sola.
In un certo senso, pensai, non ha una storia così diversa dalla mia. Solo che nella sua versione il diavolo era Sauron mentre nella mia il diavolo ero io.
« Gondor chiede aiuto. » Solo questo riuscii a udire; solo quella frase riuscì a scalfire i miei pensieri su Fanie. Mi bloccai accanto a Legolas e rimasi a osservare. Aragorn era in piedi fermo davanti al re di Rohan; poco più indietro i suoi nipoti Eomer e Eowyn attendevano la risposta del sovrano, così come tutti glia altri, compresi noi. Come se ci fossimo letti nel pensiero io e l’elfo ci scambiammo uno sguardo preoccupato, ansiosi di sapere cosa il re avrebbe detto, per poi tornare a osservarlo. Il sole gli batteva sul viso facendo sembrare i suoi capelli bianchi. Strinsi la mano a Legolas come per trovare un appiglio,  un qualcosa di concreto a cui sorreggermi mentre speravo che Theoden accettasse di aiutarli.
« E Rohan risponderà. » Affermò ad un tratto, rompendo il silenzio che si era creato. « Radunate i Rohirrim. » Per la prima volta dopo tanto potevo affermare che Theoden aveva preso una decisione giusta. Ora, però, sorgeva una nuova sfida per me: convincere Legolas e tutti gli altri a partire con loro nonostante il mio stato attale. Mi guardai la pancia e l’accarezzai con la mano libera, gettando un’occhiata all’elfo che si accingeva a lasciare la presa per correre a preparare tutto il necessario per la guerra.
Spero solo che si fidi di me.
 
 
 
 
 
Ciao Peipe!
Che ne dite di questo capitolino di passaggio? Abbiamo trovato un Legolas e una El molto più uniti rispetto al solito, no? Evidentemente il fatto di aver fatto crollare i muri di lei ha dato una svolta alla storia. Ora è molto più dolce, ma non temete: ci saranno dei momenti in cui tornerà a essere lei.
Vi spiego un'attimo la frase d'inizio capitolo e la foto: la frase ( di cui non ricordo la canzone d'apparteneza ) è indirizzata più che altro all'ultima parte del capitolo: quella in cui El si domanda se Legolas si fiderà tanto da lasiarla patire con loro; e la foto uguale. Rappresenta ( a mio parere ) sia il salvataggio della fiducia che la perdita, perché non sappiamo cosa dirà l'elfetto.
Anyway: volevo ringraziare le ragazze e Simone ( unico ragazzo. Lo so che esisti, almeno nel gruppo ci sei. ) del gruppo di facebook e dirgli che sono fantastiche.  Vi ho fatto quel SUPER SPOILER sulla discendenza di Thranduil perché ve lo meritavate: insomma, siete uniche.
Colgo anche l’occasione per fare un po’ di pubblicità a qualche storia che io adoro (sempre su LOTR ):
Probabilmente le conoscete già, ma se la risposta è “no”, non fate i babbani e correte a leggerle che sono fantastiche.
-Sopravvissuta: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2375159
-Neve e Fiamme: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2111380&i=1
 
P.s: Chiara, conto alla rovescia finitoooo. Giulia, la parte “hot” andava bene? Aspetto una delle tue iper recensioni che mi fanno morire dal ridere.
 
  
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