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Autore: CrossEyed    09/01/2014    0 recensioni
Cronache di Mornhen, terra situata ai piedi del monte Orod Forah, che ha privato del Sole le genti che lì abitavano. Cronache di un popolo dagli occhi di pietra, basalto, dai canini sporgenti e dalla pelle grigiastra. Cronache delle Ninfee di Luna, dei loro corpi brulli come la terra che esse abitano, delle loro labbra fredde come l'acqua in cui ogni notte si immergono. Cronache dei poteri di queste donne, delle perversioni dei Signori di Asfodelo. Cronache del Regno di Lith, macrocosmo fantastico in cui ogni fatto è ambientato.
Genere: Fantasy, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Non-con, Violenza
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GLI OCCHI DI MORNHEN

 

Cap.1

Introduzione: ai piedi di Orod Forah

 

 

 

 

 

 

 

Di norma in quella terra il sole mai splendeva. Per ere intere le persone si erano persino dimenticate dell'esistenza di quella candela diurna che illuminava il manto celeste, si erano così tanto abituati all'assenza della luce che la Natura aveva forgiato per loro occhi nuovi, occhi di basalto, neri come quella pietra, coperti da un sottile velo opaco. Erano occhi ruvidi, per nulla lucidi, che non conoscevano lacrime o umor vitreo. Erano occhi di pietra, duri, frastagliati, che si sgretolavano sotto il peso delle palpebre. Lì in quella terra a nord-est di Asfodelo, la capitale, coperti dal manto roccioso di Orod Forah, la cui pelle si faceva bronzea e rosea in tardo pomeriggio, il sole non esisteva. I loro avi l'avevano conosciuto, quando ancora Forah era troppo giovane per far loro ombra. Si parlava nei loro antichi libri di una strana candela che irradiava una luce intensa, di una palla di fuoco nel mezzo dell'arazzo azzurro sulle loro teste, di una ruota gialla che faceva crescere il frumento, che scaldava le loro pelli. Ma con il terremoto della seconda era, migliaia d'anni addietro, il Picco s'era così alzato da creare una spessa parete capace di separare nettamente i popoli ai suoi piedi dalla “Malen Norn”, la ruota gialla.

Dopo il terremoto quella terra sprovvista di luce, i cui occhi parevano inserti di basalto, prendeva il nome di Mornhen, e i Mornheniani erano le genti che vi abitavano. “Occhi neri”, poiché per davvero le loro iridi s'erano tramutate in pietra nera, graffiante, che nel corso dei secoli aveva imparato a non sfregiare le palpebre dei Mornheniani. Prima del terremoto, tuttavia, Malenhen era il nome che quella terra portava. “Occhi gialli”, poiché essi riflettevano il colore del frumento, segale e grano, che quotidianamente i Malenheniani coltivavano, con le schiene piegate ed in mano gli strumenti da lavoro. E Malenhen era, ai tempi che furono, il centro di ogni commercio. Fin da Asfodelo i carri giungevano carichi d'oro, e dai piedi di Orod Forah ne partivano altri in tutto il Regno di Lith per esportare i frutti della loro terra, fertile e mai lasciata a sé stessa.

Dopo la seconda era, tuttavia, la metamorfosi colpì ogni terra da quella parte del monte. Le attività commerciali ed agricole si fermarono di colpo, le terre vennero trascurate, i contadini chiusero abbandonarono gli aratri e le zappe, e si dedicarono a ben altre attività. Ci si accorse nel corso del tempo che esistevano altri modi di ricavare denaro, più o meno onesti, al di fuori del commercio e dell'agricoltura. I Mornheniani scoprirono che nei boschi appena limitrofi alla loro piccola terra ormai infeconda si aggiravano ogni giorno centinaia di commercianti, diretti ad ovest, ad asfodelo: essi aggiravano Orod Forah tenendosi lontani dai centri abitati, spaventati da quelle cittadine “abitate da orchi”, “colme di strani esseri” (queste erano infatti alcune delle leggende che si erano venute a creare dopo il terremoto, per giustificare quell'improvviso interrompersi dei commerci), e favorendo le vie silvane, colme solo di orsi e cani selvatici, facilmente eliminabili con asce e spade d'acciaio. I Mornheniani si accorsero presto di quanto semplice potesse rivelarsi l'uccisione di quegli avidi mercanti, troppo spaventati alla vista di quegli occhi di pietra dalle palpebre incrostate e sanguinanti per riuscire a sguainare la spada e difendersi.

Ma il nuovo Sole di Mornhen si rivelò non il brigantaggio, bensì le perversioni degli avidi signori di Lith, che -abbandonata dignità e pudore- trovarono nella miseria delle terre ai piedi di Orod Forah una fonte a cui attingere per soddisfare ogni loro desiderio. Se nei mercanti quegli occhi di pietra e quegli zigomi alti destavano terrore e spavento, nei Signori abituati a comodità e sfarzo, a donne dalle guance rosee e dagli occhi ch'erano cieli a primavera, destava brama ed eccitamento.

Singolari erano i tratti delle donne Mornheniane: la chioma, sempre lunga e folta, incolta, mai raccolta in complesse e sofisticate acconciature variava dal nero corvino al bianco pallido, senza sfumature intermedie. Come ogni cosa in quella terra, non conosceva vie di mezzo: come le persone a Mornhen erano o morte o vive, quasi sempre fino a quel momento più morte che vive, così i loro capelli erano o bianchi o neri, ma sempre così lunghi da coprire tutta la schiena fino alle natiche. La loro pelle era bianchissima, paragonabile solo al pallore lunare, e delle volte sulla loro carne si potevano avvertire certe cicatrici, certi segni pari ai crateri della luna che, per qualche motivo ancora ignoto, Orod Forah ancora non era riuscito a coprire. Gli occhi erano senz'altro il tratto distintivo di quelle donne. Neri, sempre, di roccia, spigolosi, acuminati. Essi mancavano di palpebre: erano scomparse dopo secoli, ormai inutili: procuravano solo dolore, poiché sottoposte allo sfregamento contro gli occhi di basalto, e di conseguenza finivano spesso per sanguinare copiosamente. La Natura, dunque, aveva astutamente deciso di eliminare il problema alla radice, non rendendole più forti o resistenti, bensì eliminandole totalmente. Gli zigomi erano alti e particolarmente duri, le bocche sottili e grigiastre, i denti acuminati, i canini aguzzi leggermente sporgenti, il naso anch'esso aguzzo, la punta che mirava il cielo, le narici alte ed allungate. Erano alte e magre, nessuna curva ingentiliva quel corpo ossuto che pareva quasi uno dei picchi di Orod Forah. La montagna aveva tolto il sole ai Mornheniani, e li aveva plasmati a sua immagine e somiglianza. Li aveva resi duri e forti, resistenti, impassibili al freddo, alti e d'avorio. Li aveva forgiati nel ghiaccio e nella pietra, nel dolore e nella sopportazione di quest'ultimo. Ed esattamente per questo i ricchi Signori avevano scelto Mornhen come proprio Eden: perchè in cambio di denaro la povera gente che abitava quella terra non avrebbe detto in nessun caso di no. Le donne di Mornhen erano ben diverse dalle donne del resto di Lith, poiché nella loro vita non avevano conosciuto sfarzo, carezze ed acqua profumata alla lavanda. Esse conoscevano solo il pungente contatto dei loro piedi bianchissimi scalzi contro i cocci aguzzi su cui camminavano da mattina a sera, il freddo paralizzante della fonte gelida in cui ogni giorno si immergevano completamente nude per forgiare come un'arma il proprio corpo senza vita, e il sapore insipido delle erbe selvatiche sulle loro lingue e sotto i loro palati.

Ma quello che più attirava i Signori a Mornhen era la voce delle donne che vi abitavano. Fino ad Asfodelo si narrava di quelle Ninfee di Luna, grige in piena notte, prive di seni, immergersi nell'unico lago ai piedi di Orod Forah. Schiene inarcate dal contatto con l'acqua gelida, occhi che si sgretolavano tant'era il freddo, e i cui residui andavano a creare uno strato all'interno dello specchio d'acqua che nei secoli si alzava sempre di più: prima o poi il lago stesso sarebbe scomparso, sostituito da strati su strati degli occhi che le Mornheniane disperdevano. Quelle erano le lacrime di Mornhen, la sofferenza fisica che per qualche motivo le Ninfee di Luna si infliggevano, il patimento e la sopportazione sconosciuti a tutto il resto di Lith. Ma di quelle leggende una cosa in particolare attirava i Signori di Asfodelo: la voce delle Ninfee. I mercanti sopravvissuti all'assalto dei Mornheniani raccontavano di urla acute e quasi impercettibili non appena una di quelle donne immergeva il primo piede nel lago, e di soavi canti in una lingua quasi sconosciuta quando ormai esse si abituavano alla temperatura dell'acqua. Di quei canti ricorrenti gli uomini ricordavano qualche parola, delle frasi al massimo: “ghiaccio”, “lingue strappate nei baci d'avorio”, “la carne sconvolta dei figli del Forah”,..

Ed esattamente per quel velo di fascino e mistero che avvolgeva come un abito di seta le donne di Mornhen, lasciando intravedere gli aridi seni e la brulle carne grigiastra, i Signori da tutta Lith, in particolare dalla ricca capitale, Asfodelo, giungevano in massa ai piedi di Orod Forah, a pagari sacchi d'argento in cambio di pelli d'argento da stringere tra le loro dita avide e bramose, per mirare tracotanti quelle labbra sottili, per fare delle donne di Mornhen ciò che più li soddisfaceva, per lasciare su d'esse segni indelebili, per prosciugare poco a poco la virtù e il pudore che da sempre avevano contraddistinto le donne di Malenhen. Ma nell'era degli Occhi Neri certe qualità si erano rivelate improduttive, inutili, prive di ogni profitto. Inutile, si era pensato, coltivare fedeltà quando non si è in grado di coltivare grano. Più utile lasciarsi rubare questa fedeltà da una parte, e dall'altra rubare a loro.

Perchè ciò che i Signori di Lith non sapevano è che essi non erano gli unici a lasciare segni indelebili: a Mornhen non esistono mezze misure, chi entra in questa terra non esce più tale a prima. Quello che i Signori di Lith non sapevano era che Orod Forah non aveva donato alle Ninfee di Luna solo un corpo simile al proprio.

  
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