Serie TV > Hélène e i suoi amici
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Autore: Magica Emy    09/01/2014    1 recensioni
Già, il mio Cri Cri adorato odia i cambiamenti, lo hanno sempre spaventato un po’, e poi…si, devo ammetterlo, adoro quella sua aria da cucciolo smarrito mentre si aggira per casa chiedendosi cosa abbia fatto di male per meritarsi tutto questo…il solito esagerato. Ma che posso farci? È fatto così, ed è anche per questo che sono pazza di lui...
Seguito di "Une nouvelle vie"
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Il telefono squilla ma non mi prendo nemmeno la briga di rispondere, così lo lascio suonare. Non ho bisogno di leggere il display per controllare chi stia chiamando, perché lo so già. La suoneria che ho scelto di associare al suo numero di telefono è allegra e solare esattamente come lei, e ancora una volta mi fa rendere conto di quanto senta la sua mancanza. Si, mi manca. Mi manca terribilmente e non passa giorno in cui non pensi a lei e a quel viso meraviglioso che amo tanto, alle sue risate e all’incredibile solarità che la contraddistingue, ma allora…perché? Perché non riesco più a parlare con lei, per quale strano motivo non sono più in grado di sostenere una conversazione con mia moglie che duri almeno per più di cinque minuti, senza che mi venga una voglia matta di chiudere la comunicazione e gettare via dalla finestra questo stramaledetto cellulare? Già, proprio lui, l’unico collegamento che mi è rimasto con la mia famiglia, con i miei amici, con la mia vita al di fuori di queste mura che ora, per qualche strano e inspiegabile motivo, non credo di aver più voglia di lasciare. Proprio ora che ci siamo, ora che finalmente il momento è arrivato, mi chiedo se io sia davvero pronto ad affrontare tutto ciò che mi aspetta al mio ritorno. Tutto quello che ho lasciato in sospeso e che presto mi ripiomberà addosso con la stessa forza di un uragano, e io non potrò farci nulla. Ma in fondo il mio sogno più grande non era proprio quello di poter tornare a casa mia, circondato dalla gioia e dall’affetto delle persone che amo? Ma ora non sono più sicuro che sia questo ciò che voglio davvero. Non sono più sicuro di niente in verità, so solo che quando meno me lo aspetto la paura prende il sopravvento e mi blocca completamente, impedendomi di pensare lucidamente e facendomi sentire tremendamente in colpa verso tutti. Anche verso Nicolas, che da quando se ne è andato mi chiama tutti i giorni per assicurarsi che tutto proceda per il meglio e che, puntualmente, tutte le volte avrei voglia di non sentire. E non so neanche il perché. No, non è vero. È una bugia, e io lo so benissimo. Ma a che serve continuare a tormentarmi su tutte le cose già successe, se non posso cambiarle? Dio solo sa quante volte ho avuto la tentazione di chiamare Laly, di chiederle di perdonarmi per tutto il dolore che le ho causato col mio comportamento da pazzo criminale, ma poi rimanevo a fissare il telefono senza avere il coraggio di farlo. In fondo a cosa servirebbe? Dannazione, perché dev’essere tutto così complicato? Se solo Sophie fosse qui a consolarmi, o semplicemente a tirarmi su di morale come sapeva fare lei, forse le cose sarebbero molto più semplici da affrontare adesso. Forse tutte le mie stupide e inutili domande avrebbero finalmente una risposta. Perché lei era così e, nonostante la giovane età, sembrava sempre avere una risposta a ogni domanda e non si è mai arresa, nonostante le enormi difficoltà che la vita le ha riservato. Sospiro profondamente e se chiudo gli occhi mi sembra ancora che il suo lungo racconto, confidatomi in quella notte stellata di ormai due mesi prima mi risuoni ancora nelle orecchie, provocandomi una stretta al cuore che mi fa sussultare.

“Avevo solo quindici anni quando fui stuprata da un branco di sconosciuti, da allora la mia vita cambiò radicalmente. A seguito di quella violenza rimasi incinta e mi sembrò che il mondo mi crollasse addosso, e fu davvero così quando mia madre mi strappò mio figlio dalle braccia, senza nemmeno darmi la possibilità di salutarlo per l’ultima volta prima che mi facesse perdere le sue tracce. Ero ancora poco più che una bambina e sapevo perfettamente che non sarei stata in grado di prendermi cura di lui, ma sentivo di essermi già affezionata a quel piccolo frugoletto che sembrava guardarmi già con occhi vispi e attenti, proprio come se mi avesse riconosciuta. Proprio come se sapesse che ero la sua mamma. Ma la mia è una famiglia ricca e mia madre ha sempre pensato che non ci fosse cosa che non potesse essere ottenuta attraverso il denaro, e soprattutto un buon nome, così le bastò sganciare un paio di bigliettoni per “fare ciò che andava fatto” e farlo sparire dalle nostre vite una volta per tutte. A quel punto cominciò la mia ascesa verso l’inferno. La disperazione, infatti, fu tale da farmi precipitare nel mondo della droga, trasformandomi in poco tempo in una tossica fuori controllo. Ho pochi e confusi ricordi di quei giorni terribili, ma forse è meglio così. Mia madre cercò in tutti i modi di tirarmi fuori da questo oblìo senza uscita, ma con scarsi risultati. Non volevo ascoltarla, la odiavo, lei mi aveva portato via mio figlio. Lei era la diretta responsabile di tutto ciò che stavo passando. Poi, appena qualche anno dopo e attraverso varie ricerche che nel frattempo alcuni degli amici che mi ero fatta in strada conducevano per me, riuscii finalmente ad avere notizie del mio bambino. Seppi che era stato adottato da una famiglia benestante e da allora rivederlo divenne il mio chiodo fisso. Anche una volta, soltanto una volta mi sarebbe bastata. Non volevo certo portarlo via ai suoi genitori adottivi, anche volendo non avrei potuto, mi bastava sapere che stesse bene e fosse felice. E lui lo era. Lo era davvero, lo so perché in breve tempo divenni la sua baby sitter e per questo smisi di drogarmi. Ci riuscii con le mie sole forze, non c’era niente che non avrei fatto pur di potergli stare accanto. Scappai quindi di casa, raccontando a quella famiglia di essere un’orfana in cerca di lavoro e loro mi presero con sé, permettendomi così di occuparmi di Richard, così lo avevano chiamato. E il nome in fondo non mi dispiaceva. Quello fu sicuramente il periodo più felice della mia vita, ma durò poco, perché mia madre riuscì a scoprire tutto e un giorno si presentò a casa e raccontò ai genitori di Richard che avevo detto loro un sacco di bugie e che ero una tossica senza speranza, e quindi pericolosa per il piccolo. Ma non era vero. Lei sapeva che avevo smesso ma disse quella bugia di proposito per allontanarmi da quella famiglia che, anche se per breve tempo, era stata anche la mia famiglia. Per allontanarmi da lui. Così successe, e ancora una volta per la disperazione ripresi a drogarmi, rischiando più volte di morire finchè mia madre, contro la mia volontà non mi rinchiuse in questo istituto e da allora sono qui. Il resto…bè, lo conosci già. Sai cosa penso? Che questa sia stata la decisione più saggia e sensata che mia madre abbia mai preso in tutta la sua vita, perché solo ora, molto più lucida e padrona di me stessa, riesco finalmente a rendermi conto di quanto valgo.  Il mio percorso di guarigione è quasi terminato, e quando sarò del tutto ripulita da questo schifo voglio provare a riavvicinarmi al mio bambino. Non so se ci riuscirò e se un giorno mi permetteranno di nuovo di stare con lui ma io voglio crederci, ed è questa la promessa che mi sono fatta.”

La sua tragica storia quella volta mi aveva commosso e spiazzato, ma non potevo fare a meno di ammirarla per il coraggio e la tenacia dimostrata anche nelle occasioni difficili. Sophie è una ragazza che non si arrende facilmente, in questi mesi ho imparato a conoscerla molto bene ed è stata molto importante per me in questo lungo periodo di ripresa. Senza di lei, forse, non ce l’avrei mai fatta a risalire la china e sconfiggere finalmente la dipendenza.

- Che ci fa una brava ragazza come te in un posto come questo?

Mi ero ritrovato a chiederle una di quelle sere in cui, seduti sul tetto ci divertivamo a sgranocchiare cioccolata, e lei era scoppiata a ridere, come se non riuscisse a credere alle mie parole.

- Potrei chiederti la stessa cosa, sai?

Aveva risposto. Ha lasciato questo posto appena qualche giorno fa, e già mi manca. Quando ci siamo salutati aveva le lacrime agli occhi e mi ha abbracciato stretto, come se non volesse più lasciarmi.

- Abbi cura di te Christian, e ricordalo sempre: sei una persona meravigliosa e non c’è nulla che tu non possa riuscire a fare, perciò non arrenderti mai e credi sempre in te stesso. Qualunque cosa accada.

Mi scopro a sorridere ripensando alle sue ultime parole prima che ci separassimo per sempre, e spero proprio che un giorno possa riuscire a realizzare il suo sogno: riavvicinarsi a suo figlio e, perché no, magari vivere insieme a lui. In fondo è quello che desidera di più al mondo. Anche se forse sarà difficile, ma so che lei non si arrenderà tanto facilmente. Il telefono ha smesso di squillare e io lo prendo tra le mani per controllare l’ultima chiamata persa, anche se non ne avrei affatto bisogno, ma è solo per leggere il nome di mia moglie scritto sul display. Penso che potrei chiamarla e comunicarle la bella notizia, ma mi blocco quasi subito. E se le facessi una sorpresa? Si, sarebbe bello. Sophie ha ragione: non devo più aver paura. Sto tornando da te Johanna, aspettami. Sto tornando dalla mia famiglia…

   
 
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