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Autore: fremmy    09/01/2014    1 recensioni
Un tempo la razza umana poteva essere controllata, dominata, vi erano pochi individui evoluti ma col tempo iniziò a civilizzarsi, crescere e svilupparsi. Gli dei ne dovettero prelevare alcuni, collocandoli in un piccolo angolo terrestre, formando una cittadina, Greenway, invisibile al resto del mondo . Nessuno poteva entrare o uscire, nessuno poteva stabilire contatti con l'esterno. Nessuno poteva parlare, scrivere o fermarsi ad immaginare una vita diversa dalla propria, tutto doveva essere ordinato sotto la guida dei sacerdoti. Kàlima non tollerava più questa oppressione, desiderava avventure, desiderava sapere cosa si celava dietro le grandi mura...
Genere: Angst, Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Da ragazza vivevo in un angolo di mondo, sperduto e dimenticato dagli stessi terrestri, invisibile a chiunque non fosse di quella città. Non importava in che anno fossimo, non importava in che pianeta vivevamo, non importava nulla di quello che accadeva fuori dalle grandi mura; noi piccolo popolo multietnico della cittadina di Greenway siamo stati cresciuti ed educati secondo rigide regole per mantenere l'equilibrio e l'ordine in città. Nessuno poteva entrare o uscire, nessuno poteva stabilire contatti con il mondo esterno al nostro, nessuno poteva parlare, scrivere o fermarsi ad immaginare una vita diversa dalla propria, nemmeno i bambini. Io stessa neanche dovevo pensarle certe cose, ma il mio desiderio di fuggire era talmente forte che a ogni minima leggenda o storia sentita al mercato alimentava le mie speranze. Una mattina andai a fare la spesa e sentii dalla vecchia della lana una storia interessante di un giovane ragazzo di nome Kito, che scappò dalle grandi mura per vedere il mondo lì fuori, si dice riuscì a sopravvivere diventando un grande esploratore, ma erano solo leggende, nessuno uscì mai per confermare questa storia, per vedere se fosse veramente sopravvissuto, cambiando la sua vita. Volevo essere come Kito, volevo andare via, cambiare identità, incontrare nuove persone, ma era troppo pericoloso. Come ogni mattina mi incantavo alle luci dell'alba, con la mia mente vagavo e pensavo estraniandomi da ciò che avevo intorno, non sentivo i rimproveri di mia madre o i rumori della casa, mi chiudevo in una bolla facendo vagare la mente. Poi la bolla scoppiava, poiché le urla insistenti di mia madre erano come un grosso ago. << Kàlimaaaaa! Kàlimaa! >> maledizione! Mia madre! mi ero per un attimo illusa che la giornata non fosse ancora iniziata! << Kàlima, sono le sei e mezza, alzati io e tuo padre dobbiamo andare al mercato, la roba non si vende da sola! Alzati! Sveglia i tuoi fratelli sennò faranno tardi al tempio, noi non abbiamo il tempo di accompagnarli, portali tu! >>, il letto era caldo e morbido sotto il mio corpo, mi invitava a non lasciarlo, ma non potevo ignorare i miei doveri, << va bene mamma! >>. I miei genitori erano venditori di seta, nel tempo libero li aiutavo con la vendita, poichè ormai avevo finito gli studi; ho due fratelli più piccoli, Evo e Mesh, due gemelli impossibili. La mia casa non era molto grande, potrei definirla mediamente normale; come tutte le costruzioni a Greenway era in legno e mattoni, su un piano, con un piccolo ma meraviglioso giardino sul retro che era l'orgoglio di mia madre. Un grosso albero di acero vi si estendeva altezzoso vero il cielo, mentre piccoli e rossi gerani ne circondavano la base insieme al verde e rigoglioso prato; sembrava un piccolo angolo di paradiso. La stanza più confusionaria della casa era quella dei miei fratelli, i miei genitori non si aspettavano la nascita di un'altro figlio, figuriamoci di due, così dovettero improvvisare lo stanzino come cameretta. Come ogni volta che li dovevo accompagnare al tempio, la loro sveglia toccava a me, tirai su le tende e avvicinandomi ai loro letti << Evooo, Mesh, svegliatevi è tardii, dovete andare al tempio! >> mi facevano una gran tenerezza, erano tutte e due ben incappucciati fra le loro coperte, si vedevano uscire solo piccoli ciuffi scuri e arruffati << Uffaaa!, Kàlima zitta facci dormire! >>, << Mesh è tardi, è stata la mamma a dirmi di andarvi a svegliare, forza, non fare il broncio! Evooo sei sveglioooo??? >> << Non urlaree, si, si, ora mi alzo, ci vediamo in cucina per la colazione >> << Lo spero, vi do quindici minuti per vestirvi e lavarvi!! >> << sii! >> mi ricordo che io alla loro età ero più pigra, mia madre a volte mi svegliava con secchiate d'acqua e dopo forse mi alzavo!
 La cucina odorava sempre di spezie e fiori di campo, ricordo che da bambina andavo a nascondermi qui chiudendo la porta quando i miei mi sgridavano, quegli odori così caldi mi rasserenavano calmando i sensi!  Dopo qualche minuto, baldanzosi, quasi festanti, i miei due rumorosi ma adorabili fratelli, stranamente puntuali arrivarono in cucina. << Hai visto? siamo qua! >> dissero in coro con un pizzico di soddisfazione nella voce e allargando le braccia << bravissimi! La mamma vi ha lasciato per colazione frittelle con uno yogurt, e per pranzo in questi sacchetti ci sono dei panini col prosciutto e formaggio >> << Noo! Ancora panini! >>, << Hei, almeno voi avete il pranzo, ci sono ragazzini della vostra età che non hanno nulla da mangiare e sono costretti a rubare per procurarsi qualcosa >> << Bé, almeno hanno una vita avvincente! >> esclamò entusiasta Evo facendo ridere di gusto il fratello, << Evo! Ma che dici! >> << Scusaa! >> ma avevano ragione. Distrattamente guardai il grosso orologio sulla parete, erano già le sette, mi rizzarono i peli sulla nuca. distrattamente guardai il grosso orologio sulla parete, erano già le sette << ragazzi forza prendete le vostre cose, siamo molto in ritardo, finirete la colazione per strada, devo accompagnarvi e poi correre da mamma al mercato! E non voglio farmi rimproverare oggi >> mi sarebbe attesa un'altra lunga e noiosa giornata, come potevo spezzare quella routine? << va bene! >> dissero con una nota di malinconia, addentarono le frittelle e uscirono dalla porta. Presi le loro cartelle e uscimmo di casa, la confusione per le strade era già impressionante.
A Greenway ci si muoveva a piedi o in bicicletta; solamente le poche famiglie benestanti e i sacerdoti potevano disporre di carri con cavalli o asini, i sacerdoti avevano anche una scorta personale per garantire loro immunità e alleggerirli da futili oneri. Io e la mia famiglia non eravamo benestanti, ma facevamo parte del segmento G, ognuno in questa città era divisa in segmenti, per indicare la provenienza; ad esempio chi viene dal segmento C, come Kito ( il ragazzo della leggenda ) ha connotati orientali, noi  dovremmo essere europei, in realtà non so cosa significhi, così ci insegnavano al tempio e così dico e ripeto. Non importava molto a che segmento appartenevamo , la legge, le tasse e le concessioni erano uguali per tutti; i sacerdoti, che erano le autorità e guide spirituali, gestivano la città e dicevano che serviva solo per ricreare la multietnicità del pianeta, per permettere agli dei di sbirciare noi umani senza fargli perdere tempo. Per noi doveva essere un onore vivere fra queste mura, perché avevamo lo sguardo continuo degli dei che ci proteggevano, mentre la gente lì fuori si perdeva nella propria monotonia accrescendo il vuoto interiore nella propria anima; noi dovevamo sentirci degli eletti, e quindi non potevamo dissacrare questa cittadina facendo pensieri impuri come quello di fuggire via. Ad essere sincera non ho mai visto questi dei ma solo i loro emissari che vanno in giro a comprare merci per i loro padroni

*** scusate per l'inizio palloso ma ho iniziato questa storia qualche anno fa, decidendo di continuarla adesso, quindi i primi capitoli non lasciano nulla, ho iniziato a scrivere ex novo dal terzo
   
 
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