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Autore: sic58    10/01/2014    14 recensioni
Bella ed Edward, amici da una vita, si scoprono innamorati tra i banchi di scuola, ma la fine del liceo segna anche la rottura della loro storia perché, in qualche strano modo, lui sente che l’amore finirà per tappargli le ali sui suoi progetti futuri.
È così lei parte per il college in un’altra città, mentre lui resta lì continuando a inseguire i suoi sogni.
Dopo quattro anni sono diversi e lo sono altrettanto e soprattutto i mondi ai quali adesso appartengono.
Bella è una semplice ragazza che lavora in un locale e che trascorre le giornate con gli amici e il fidanzato.
Edward, invece, ha realizzato i suoi sogni. Pilota nella classe regina del motomondiale è il nuovo talento del momento, la superbega, il marziano che a soli 20 non è solo un nastro nascente, ma un vero e proprio problema colossale per i suoi avversari.
I due si rincontrano e nel tempo di uno sguardo capiscono che l’attrazione che li ha sempre legati in passato non è mai sparita, ma tanti saranno gli ostacoli che li attendono lungo la via...perchè vivere accanto a qualcuno che non teme la morte può risultare, a volte, più difficile del previsto.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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La seguente storia è stata scritta senza alcun scopo di lucro e i personaggi citati sono di proprietà di Stephenie Meyer


 

9.

Pov Bella

Scesi dalla macchina controllando l’orologio. Erano le nove della sera e io ero stanchissima dopo aver passato una giornata davvero frenetica al locale. Per fortuna il mio turno era finito e avevo volentieri ceduto il mio posto agli altri miei colleghi che si sarebbero sorbiti una lunga serata di lavoro visto che, anche durante la settimana, c’era un sacco di gente che frequentava il “Blue Moon” visto e considerato che era anche un pub, quindi molta gente, soprattutto ragazzi venivano a tarda serata per bere.

Ero davvero sfinita, ma la colpa era un po’ anche mia visto che negli ultimi giorni mi ero quasi auto costretta a distruggermi di lavoro pur di tenere lontani i pensieri. Edward era e doveva restare un tabù. Non mi era neppure concesso ricordare l’iniziale del suo nome ed era con questi pensieri che avevo trascorso quell’ultima settimana e mezza.

Ovviamente non avevo potuto evitare di guardare le prove e la gara nel circuito di Brno, nella Repubblica Ceca, nel fine settimana perché, per quanto volessi tenerlo lontano da me, era chiaro che non riuscissi a staccarmi del tutto da lui. Non si era guadagnato la pole position in quel circuito, ma comunque la prima fila partendo dalla terza casella. Il giorno dopo, comunque, aveva lottato in un testa a testa con Caius e alla fine era riuscito a scamparlo vincendo la quarta gara della stagione.

Questo fine settimana, invece, si correva nuovamente in America, in Texas per la precisione nel bellissimo circuito di Austin ed era una gara importante perché quel week-end della stagione avrebbe chiuso, insieme al prossimo, la prima metà della stagione.

Scacciai via quei pensieri e mi diressi verso l’ingresso del palazzo dove ormai vivevo da circa tre mesi. Avevo affittato un appartamento che condividevo con una ragazza con la quale ero diventata molto amica. Angela era una ragazza solare, ma riservata e a volte perfino timida, ma aveva un gran cuore ed avevamo legato subito avendo tantissime cose in comune, specialmente l’amore per la lettura.

Presi l’ascensore e quando arrivai al mio piano mi diressi verso l’appartamento afferrando le chiavi dalla borsa. Aprii e subito richiusi la porta alle mie spalle.

“Angela sono tornata” urlai per farmi sentire “mi sono fermata al ristorante messicano qui sotto e ho preso della roba. Muoviti altrimenti si fredda” aggiunsi dirigendomi direttamente in cucina e appoggiando i sacchetti sul bancone.

La cucina di casa era posizionata in uno spazio aperto con il salone, motivo per cui quando alzai lo sguardo verso il divano restai pietrificata da quello che vidi e la borsa che non avevo ancora posato mi cadde dalle mani.

Proprio di fronte a me, comodamente seduto a guardare la tv c’era l’ultima persona che mi aspettavo di vedere: Edward Cullen.

Che diavolo ci faceva lui lì?

“Angela non c’è” mi informò voltandosi a guardarmi “è uscita con un certo…” tentò di fare mente locale “boh, non mi ricordo il nome” aggiunse come se fosse normale che lui si trovasse lì.

Solo in quel momento mi ricordai che era mercoledì sera e di solito in quel giorno della settimana Angela usciva sempre a cena fuori con Ben, il suo fidanzato.

“Ben” dissi “si chiama Ben. è il suo ragazzo” gli spiegai “che diavolo ci fai tu qui?” domandai poi cercando di riprendermi.

Edward come se nulla fosse spense la tv e si avvicinò alla cucina sedendosi in uno degli sgabelli in modo che fossimo più vicini.

“Sono venuto per…” stava cercando di dire.

“Oddio se sei qui significa che Angela ti ha visto” presi a dire accorgendomi solo in quel momento dell’ovvietà “cazzo, cazzo, cazzo” imprecai tra me e me.

“Ok, fammi capire” prese a dire “io sono qui e tu imprechi sul fatto che Angela mi abbia visto?” mi domandò quasi deluso “si, mi ha visto e sinceramente non penso di avere la lebbra, né tanto meno di essere così impresentabile da non potermi fare vedere da qualcuno” aggiunse quasi infastidito.

Raccolsi la borsa da terra e presi una birra dal frigo iniziando a berla come una forsennata. Mi sentivo pazza, ma soprattutto credevo di essere finita dentro un sogno. Edward non poteva essere qui.

“Dai, ammettiamolo, non sei reale” dissi a me stessa “non puoi essere reale. Edward non sarebbe mai venuto qui, non dopo quello che ci siamo detti l’ultima volta” aggiunsi continuando a bere.

Alzai lo sguardo per guardare lui e lo trovai che se la rideva di gusto. Si stava praticamente prendendo gioco di me. Era assurdo.

Afferrò il pacchetto di sigarette che aveva in tasca e me le lanciò.

“Credo te ne serva una” mi disse nel frattempo.

Lo afferrai e ne presi una accendendola e cominciando a ispirare il fumo e più ispiravo più mi rendevo conto che era tutto vero e che lui era davvero lì.

“Ho bisogno di sedermi” spiegai buttandomi a peso morto sullo sgabello “lì c’è il frigo prenditi quello che vuoi e smettila di ridere gentilmente” conclusi.

Tra noi funziona così. La nostra non era mai stata quel genere di relazione tradizionale che la maggior parte delle persone avevano. Noi eravamo un caso a parte.

Edward continuò a ridere, ma non si alzò, anzi avvicinò il suo sgabello al mio ritrovandoci praticamente a pochi centimetri di distanza.

“Perché sei qui?” gli domandai sperando che non si avvicinasse troppo “pensavo che non ti avrei più rivisto” aggiunsi.

“Hai smesso di guardare la tv?” domandò scherzosamente.

“Non in quel senso, idiota” gli risposi lasciandomi andare anche io ad un sorriso.

“Pensavo anche io che non ti avrei più vista, non dopo la promessa che ti ho fatto” mi rivelò tornando serio.

“Sbaglio o è la prima volta che non mantieni la tua parola? Hai detto che, se quel giorno me ne fossi andata, sarebbe stato come se non fossi mai esistita per te”.

“No, non sbagli. È solo che non posso fingere che tu non sia mai esistita”.

“Perché sei qui?” gli ripetei ancora una volta.

“Perché ti rivoglio con me, a qualunque costo” mi rispose prendendo la mia mano nella sua.

“Edward…” tentai di dire, ma lui non me lo permise.

“No, fammi parlare” mi disse zittendomi “per quattro anni siamo stati lontani e tutto sommato sono riuscito a fare una vita pressoché normale, ma l’ultima settimana è stata un inferno per me. I due giorni che abbiamo passato insieme mi hanno fatto capire che oggi non puoi non fare parte della mia vita perché io non la voglio una vita di cui tu non fai parte ed è per questo che me ne sono infischiato di quello che ti ho promesso, non mi importa niente: voglio solo che tu mi voglia nella tua vita” continuò guardandomi intensamente negli occhi.

“Ne abbiamo già parlato Edward”.

“No non ne abbiamo già parlato” mi rispose scuotendo la testa “non me ne frega un cazzo di quello che ci siamo detti. Io lo so che non sarà facile tra di noi, ma non mi importa. Le cose facili non mi sono mai piaciute e nemmeno a te, lo sai meglio di me” continuò.

Ci fu un attimo di silenzio e io preferii restare zitta per paura di quello che avrei potuto dire, poi alla fine mi decisi ad aprire la bocca, ma cambiai totalmente argomento.

“Chi tra tutti i ragazzi ti ha dato l’indirizzo di casa mia?” domandai.

Lui mi guardò stranito che gli avessi chiesto qualcosa che non c’entrava nulla con quello che mi aveva appena detto, ma poi scosse la testa e sorrise consapevole che anche questo faceva parte di me. Io giravo e rigiravo un discorso senza usare nessun senso logico.

“È anche per questo che ti amo” mi rivelò “comunque sia è stata Vic” aggiunse come se non avesse detto niente di importante qualche secondo prima.

Evitai di dare peso alle sue prime parole e mi concentrai solo sulla mia amica.

“Non avrebbe dovuto farlo”.

“Non avrebbe voluto”.

“Ma l’ha fatto”.

“So essere molto persuasivo se voglio”.

“Cosa le hai detto?” gli domandai conscia che dovesse aver per forza detto qualcosa di importante per farselo rivelare.

“Niente in più o in meno di quello che sto dicendo a te” mi rispose.

“Si, ma…”

“Ma cosa?” mi chiese “anche lei è convinta che quella che abbiamo avuto è una seconda possibilità che ci viene offerta e che non possiamo sprecarla” mi spiegò.

“E ad Angela? Cosa hai detto a lei?” domandai ignorando le sue parole.

“Prima o dopo che gli venisse quasi uno svenimento?” mi domandò scherzando.

Lo guardai e sorrisi pensando alla possibile reazione di Angela nel ritrovarsi alla porta di casa una persona che guardi in tv e pensi che non ci avrai mai nulla a che fare, soprattutto se quella stessa persona è quella di cui il tuo ragazzo ti parla costantemente come se fosse l’eroe del mondo intero.

“Gli sarà preso un colpo” ci scherzai su.

“Più o meno. Comunque le ho detto che cercavo te e che ero il fratello di una tua vecchia amica di Portland” mi raccontò “la cosa strana è che mi ha fatto entrare senza fare ulteriori domande” aggiunse.

“Beh, Angela è fatta così. è molto discreta” gli spiegai “e quanto pensi che ci abbia creduto?” domandai alla fine.

“Non lo so, ma alla fine non ho detto una bugia. Alice è davvero la tua migliore amica, non me lo sono inventato”.

“Certo che sei un paraculo tu, eh”.

“Che vuoi farci?” mi domandò quasi a prendermi in giro “certe cose non cambiano mai”.

Scoppiammo entrambi a ridere e per un momento l’atmosfera parve distendersi e mi sentii come avvolta da una nube di serenità. Stavo bene, dannatamente bene e sapevo che era tutto merito di lui. Che io lo avessi ammesso o meno era stato chiaro da sempre che Edward era la mia isola felice, lui era il mio posto nel mondo o, forse, semplicemente lui era il mio mondo.

Stava per dire qualcosa, ma non ne ebbe il tempo perché sentimmo suonare alla porta.

“Chi è?” chiesi.

“Amore, sono io” mi rispose l’inconfondibile voce di Jake.

Cazzo, ero nei guai. Non poteva essere vero, doveva per forza trattarsi di un incubo.

Feci cenno a Edward di stare zitto, poi ripresi a parlare.

“Un attimo Jake” gli urlai per farmi sentire “arrivo” aggiunsi prendendo Edward e spintonandolo verso la mia stanza.

“Quanta fretta di portarmi in camera” ci scherzò lui come se la cosa non fosse tragica “avevo intenzione di parlare, ma se proprio vuoi venire a letto con me non ci sono problemi” continuò malizioso.

“Ti sembra il momento di scherzare?” gli domandai retorica “sta fermo qui e non muoverti. Se è possibile evita anche di respirare” continuai facendo per tornare di là.

Non riuscii a fare pochi passi che lui mi bloccò attirandomi nuovamente a sé.

“Per quale motivo me ne dovrei stare buono qui dentro?” mi domandò alzando un sopracciglio.

“Edward finiscila” gli risposi provando a divincolarmi.

“Potresti sempre presentarci” ci scherzò su.

“Non è divertente”.

“Oh, si che lo è, invece. Dovresti guardare la tua faccia”.

“Non mi stai aiutando facendo così”.

“Non ho mai detto di volerlo fare”.

Stavo per rispondergli, ma la voce di Jake arrivò di nuovo forte e chiara.

“Hai intenzione di lasciarmi qui fuori tutta la sera?” mi domandò quello retorico.

“Arrivo” gli urlai “lasciami andare, non fare il bambino” aggiunsi poi rivolgendomi a Edward.

Lui si portò l’indice sul mento come a riflettere sulla cosa.

“Beh, cosa si guadagno io a starmene buono qui mentre tu vai di là da quello lì?” mi domandò con una delle sue solite espressione maliziose.

“Mi faresti un favore”.

“Non mi basta”.

“Oddio Edward, smettila” lo rimproverai “sembri un bambino” gli ribadì nuovamente riuscendo a scrollarmi dalla sua presa.

Stavo per allontanarmi, ma nuovamente lui mi catturò a sé.

Smettil…” tentai di ribadire, ma non ne ebbi il tempo perché mi ritrovai la bocca tappata dalla sua.

Mi stava baciando nel suo solito modo semplice, ma coinvolgente, quel modo che usava tutte le volte che io gli urlavo contro e lui, prontamente, mi zittiva in quel modo. Mi stava baciando in attesa che anche io ci mettessi del mio perché, probabilmente, non era sicuro di star facendo la cosa giusta, o quantomeno qualcosa che avrei condiviso.

Provai a cercare dentro di me quel barlume di ragione che mi facesse allontanare da lui, ma non trovai assolutamente nulla. Fu per questo che praticamente mi ritrovai a buttarmi addosso a lui posizionando le mie mani dietro il suo collo e tirandolo ancora di più a me per i capelli. Lui ovviamente non si tirò indietro e notando la mia reazione approfondì il bacio con un mezzo sorrisetto compiaciuto.

“Bella che succede?” sentii urlare da Jake che ancora aspettava che gli aprisse la porta.

Fu in quel preciso istante che mi staccai da Edward e lo guardai alzando un sopracciglio.

“Non guardarmi così” mi disse lui ridendo soddisfatto “non sono mai stato uno che fa niente per niente” aggiunse con espressione sghemba.

Era chiaro che quel bacio fosse stato il suo “guadagno” nel restare chiuso lì dentro ed in silenzio.

Lo guardai e scossi la testa consapevole che non sarebbe mai cambiato, poi gli chiusi la porta in faccia e mi diressi velocemente verso l’ingresso. Aprii la porta e mi ritrovai il mio ragazzo proprio davanti agli occhi.

“Finalmente. Credevo mi avresti lasciato qui fuori” mi disse spazientito entrando dentro.

“Scusa, ma…” tentai di rispondergli.

“Perché ci hai messo tanto ad aprire?”

“Stavo andando a fare la doccia ed ero praticamente nuda. Mi sono rivestita prima di aprirti la porta” provai a mentire.

“Beh non mi sarebbe dispiaciuto se ti fossi presentata nuda” mi rispose malizioso.

“Idiota” gli dissi ridendo.

“Allora, che si fa?” mi domandò “quali sono i programmi per la serata?” continuò.

“Nessun programma, Jake. Ho mal di testa e sono stanchissima per via del lavoro. Stavo andando a fare la doccia e poi mi sarei messa a letto”.

“Così presto?”

“Non mi reggo in piedi”.

Jake si guardò attorno e vide i sacchetti del ristorante messicano che erano appoggiati al bancone.

“E quelli?” mi chiese.

“Ero passata al ristorante qui sotto per prendere qualcosa da mangiare, ma mi ero tolta dalla testa che oggi è mercoledì e che, quindi, Angela avrebbe mangiato fuori con Ben come al solito” gli risposi.

“Possiamo mangiare noi quella roba, allora”.

“Ti fa schifo il messicano” gli feci notare “e comunque sia io non ho fame. Ho solo voglia di buttarmi a letto”.

“E io ti ci butterei volentieri” mi disse malizioso.

Riuscivo a capire che dietro quella sua battuta c’era dell’altro. Da quando eravamo tornati dalla corsa non ci eravamo spinti oltre dei baci o delle coccole. Non eravamo più andati a letto insieme e la cosa sembrava cominciare a pesargli. Non sapevo perché lo scansavo quando provava a passare la soglia, ma quando lo faceva non riuscivo a non immaginare Edward al suo posto e così lo scacciavo via.

“Non stasera Jake, davvero”.

“Mi stai praticamente cacciando via, giusto?” mi domandò retorico.

“No, non ti sto cacciando via. È solo che non mi sento bene. Ho solo bisogno di dormire un po’. Se vuoi restare, puoi farlo, ma io mi metto a letto” gli dissi sperando che alla fine non accettasse la cosa.

Non potevo non dirglielo, altrimenti avrei rischiato che potesse anche scoprire che c’era qualcosa che non quadrava. In fondo non era la prima volta che io me ne stavo a letto e lui restava lì in casa mia.

“No tranquilla amore, si vede che non ti senti bene. Ti lascio da sola. Ne approfitto per passare da Paul, magari trascorro la serata tra una partita di play e l’altra” mi rispose mentre io tirai un sospiro di sollievo.

“Divertiti, allora” gli dissi.

Lui mi sorrise e poi si diresse nuovamente verso la porta, ma prima di farlo vide il pacchetto di sigarette sul bancone della cucina e si avvicinò.

“Ti dispiace se te ne frego una?” mi domandò retorico “ho dimenticato di andarle a comprare. Adesso vado” aggiunse.

Gli sorrisi e ringraziai mentalmente il fatto che sia io che Edward fumassimo Marlboro rosse altrimenti davvero avrei rischiato grosso visto che le sigarette sul bancone erano di Edward. Le avevo posate io poco prima quando me ne aveva data una.

Jake nel frattempo se ne accese una, conservandone un’altra nel taschino del giubbotto, poi fece una faccia leggermente schifata.

“Non capisco come fai a fumare questa roba” si lamentò “sono fortissime” aggiunse.

“E le tue leggerissime” precisai.

In realtà non è che le Merit fossero proprio leggere, ma a confronto delle mie sembravano tali. 

“Si certo, come no” mi rispose “adesso vado. Ci sentiamo domattina” concluse.

“A domani”.

Si avvicinò e mi baciò a fior di labbra, poi uscì di casa e io aspettai che entrasse nell’ascensore prima di chiudere la porta alle mie spalle.

“Puoi uscire” urlai per farmi sentire da Edward.

Qualche secondo dopo lo vidi comparire in cucina con sguardo soddisfatto e compresi subito che avesse quell’espressione per il bacio di poco prima.

“Hai mangiato?” gli chiesi.

“No”.

“Hai fame?”

“Cos’hai qui dentro?” mi domandò indicandomi i sacchetti.

“Cibo messicano. Ci andavi pazzo”.

“Ci vado pazzo” mi corresse “a te, invece, faceva schifo” aggiunse.

“Beh, adesso non più così tanto”.

“Fammi capire: hai iniziato a mangiare tutte quelle schifose salse piccanti? Non era così che li definivi?” mi prese in giro.

“Lo sapevo che lo avresti detto”.

“E la cosa ti stupisce?”

“No, per nulla. In fondo nessuno ti conosce meglio di me” mi lasciai scappare.

Lui mi sorrise, poi si sedette nello sgabello.

“Avanti, vediamo che hai comprato” mi disse indicandomi i sacchetti.

Uscii dalle buste tutto quello che c’era e lo misi in tavola iniziando a mangiarlo insieme a lui. Ci fu un attimo di silenzio, poi non sapendo come introdurre una qualunque conversazione tirai fuori la prima cosa che mi venne in mente.

“Jake ti ha fregato due sigarette” gli feci notare indicandogli il suo pacchetto a pochi centimetri da lui.

“Jake mi ha fregato la donna, che è diverso” mi corresse “chi se ne frega di due fottute sigarette” aggiunse.

Lo guardai comprendendo che il discorso era caduto proprio dove non volevo che cadesse, ma in fondo non potevamo non parlare di quello. Non potevamo continuare a fingere che tutto questo fosse normale.

“In realtà non è proprio vero. Quando mi sono messa con lui noi non stavamo più insieme”.

Sentendo quelle parole lui alzò gli occhi dal piatto e mi guardò alzando un sopracciglio.

“Sai perfettamente cosa intendo, non fare finta di non capire”.

“Non faccio finta di nulla” gli feci notare “pensavi che ti avrei aspettato per sempre?” continuai.

“No, ma…”

“Ma cosa? Che altro dovevo fare? Sono andata avanti con la mia vita” gli dissi “lo hai fatto anche tu. Li so leggere i giornali” aggiunsi riferendomi a tutte le relazioni che gli avevano attribuito in quegli anni.

“Non ho mai avuto nessuna relazione importante. Nulla che durasse più di qualche mese”.

“Non importa”.

“Importa invece” mi rispose “io mi sono solo divertito con qualche ragazza, tu, invece, ti sei messa con uno e l’hai fatta diventare una cosa seria” aggiunse stizzito.

Abbassai lo sguardo e ripresi a mangiare senza aggiungere nulla consapevole che tanto non sarebbe servito.

“Non pensavo saresti venuto” dissi tentando di cambiare discorso.

“Non lo pensavo neanche io, non dopo quello che ti ho detto”.

“Ma sei qui” gli risposi “non pensavo che riuscissi ad avere la meglio sul tuo orgoglio” aggiunsi.

“L’orgoglio è importante, ma a volte ti fa perdere di vista le cose importanti e rischia di mandare a puttane quello di cui non puoi fare a meno”.

“Sono contenta che finalmente tu l’abbia capito. è quello che ho cercato di farti capire sempre”.

Lui mi sorrise, poi prese a guardarmi intensamente e non so cosa lesse in me, ma quando riprese a parlare il suo tono di voce era cambiato.

“Non hai intenzione di darmi un’altra possibilità, non è vero?”

Quelle parole furono peggio di una pugnalata al cuore, ma cercai di non darlo a vedere.

“È complicato, Edward”.

“Cosa c’è di complicato?”

“Tutta questa storia. Noi due, Jake, i nostri mondi diversi, il nostro passato”.

“Nessuna delle cose che hai nominato non può essere risolta”.

“Io…” tentai di dire, ma lui mi interruppe.

“Lo so, Bella. Tu vuoi delle certezze perché hai paura a lasciare quello che ti sei costruita senza di me. Ed è questo il problema”.

“Quale?”

“Io non ho certezze da darti. Non so quanto e se durerà, ma se non ci proviamo non lo sapremo mai. Un motivo, però, ci vede essere se dopo tutti questi anni ci vogliamo ancora così tanto”.

“Non ho mai detto di volerti ancora” tentai di dire.

“Non serve che tu lo dica. Lo vedo e lo sento”.

“Quando l’hai sentito?”

“Quando mi tocchi, quando mi baci e ancora di più quando abbiamo fatto l’amore”.

“È tutto così strano”.

“Forse si, forse lo è, ma bisogna capire solo cosa vuoi tu perché io lo so”.

“Non è così facile”.

Ci fu un attimo di silenzio in cui lui pensò bene di fissarmi intensamente per qualche istante, poi riprese a parlare.

“Stare con te è difficile perché tu sei una persona complicata, esigente, diversa e la cosa più assurda è che tu lo sai, ma non ti interessa completamente. Tu non vuoi un rapporto piatto e inutile, tu vuoi un rapporto in cui ci sia confronto, conflitto anche. Tu sei quella che quando ti arrabbi ti metti ad urlare finchè non ti finisce la voce, sei quella che mi mandava al diavolo anche cento volte e in modi diversi e poi non ti scusavi neppure perché sapevi che non serviva. Sei semplicemente quella che ha capito che bisogna vivere per come si vuole senza facilitare niente a nessuno. Io lo so che sei così e per questo so quanto sia difficile starti accanto, ma voglio farlo comunque” prese a dire “lui le sa queste cose? Lui ti conosce così bene come ti conosco io? A lui basta guardarti qualche secondo per capire cosa ti passa per la testa, cosa ti preoccupa?” continuò guardandomi intensamente negli occhi.

“Edward…” tentai di dire, ma lui mi interruppe.

“No, nessuno ti conosce meglio di me, né ti conoscerà mai così. E lui è solo il mio surrogato. Lo so io e soprattutto lo sai tu”.

“Smettila” urlai sentendogli dire quelle cose “finiscila” aggiunsi.

Lui mi guardò e poi scosse la testa.

“Ti fa male la verità, non è vero?” mi domandò.

“Tu non sai nulla” gli risposi “nulla” continuai alzandomi dallo sgabello e passandomi una mano tra i capelli con espressione frustata. 

Edward restò in silenzio senza dire nulla, poi si alzò e mi venne vicino bloccando il mio corpo tra il suo e il bancone della cucina.

“Tu non capisci” gli dissi prima che lui riuscisse a dire qualcosa “nonostante tutti i problemi che avevamo negli ultimi tempi io non avrei mai rinunciato a te, al nostro amore” tentai di spiegargli.

Edward mi sorrise debolmente, poi mi accarezzò dolcemente una guancia.

“Metti da parte il passato per un po’” mi spiegò “pensa solo ad adesso e a quello che ti sto dicendo ora” continuò “sono venuto qui fregandomene di quello che ti avevo detto e l’ho fatto perché questi quattro anni sono serviti a farmi capire che sei tu la persona che voglio vicino a me quando i miei sogni si realizzeranno e sei tu quella che voglio vicino a me se questi stessi sogni dovrebbero rivoltarsi contro di me. Io voglio te e tutti i problemi che vedi intorno a noi sono risolvibili. Non sarà una passeggiata, lo sappiamo entrambi, ma stare insieme è quello che abbiamo sempre voluto, fin da bambini, ricordi?” prese a dirmi con assoluta convinzione sorridendomi pronunciando quelle ultime parole.

Avevo capito subito a cosa si riferisse e subito un ricordo si impadronì di me.

 

Avevamo entrambi dieci anni e passavamo un sacco di tempo insieme, tutto quello che ci era concesso. Stare in compagnia degli altri era bello, ma pure a quella età io ed Edward sentivamo la necessità di trascorrere del tempo da soli, del tempo solo per noi. E così, all’improvviso, scomparivamo dal radar degli altri e ci nascondevamo per essere lasciati in pace.

Succedeva spesso, un po’ troppo spesso e per questo gli altri, specialmente Alice si infuriavano un sacco. Lei era quella che voleva sempre avere tutto sotto controllo, fin da piccolissima, e il fatto che io e suo fratello c’è la svignavamo di nascosto mentre giocavamo tutti insieme non gli andava giù per nulla. Con il tempo mi resi conto che questo suo sbuffare non era dovuto solo al fatto ci isolavamo dal resto della compagnia, ma anche e soprattutto perché lei era tremendamente gelosa del fratello e lo voleva sempre avere intorno.

“Rispondi alla mia domanda” mi disse lui quando ci fermammo nascondendoci dietro un albero.

“No” gli risposi io “credi che ci troveranno se restiamo qui?” domandai poi ignorando le sue parole.

“Non credo che Alice e Rose abbiamo intenzione di correre così tanto fino ad arrivare qui”.

“Ma Vic potrebbe convincerle”.

“Vic farà quello che farà James”.

“Non è vero”.

“Lui gli piace” mi spiegò sicuro di sé.

“Ha solo dieci anni”.

“E allora?” mi rimbeccò lui retorico “adesso mi rispondi?” mi domandò poi spazientito.

Edward era sempre stato così. Era un bambino energico, solare, ribelle, ma soprattutto voleva sempre avere tutto sotto controllo. Lui dettava le regole e gli altri ubbidivano. Era così che funzionava e non riusciva a darsi pace per il fatto che con me i suoi giochetti non funzionassero. Io lo sfidavo continuamente e, forse, era proprio questo strano legame che avevamo creato che ci rendeva così uniti. Indispensabili l’uno all’altra.

“No” gli risposi nuovamente.

“No non vuoi rispondermi o no non vuoi essere la mia fidanzata?” si impuntò lui.

“Edward Cullen ho solo dieci anni. Ho tutta una vita davanti” gli feci notare assumendo un’espressione da donna adulta, anche se mi risultava difficile non scoppiare a ridere.

“E che significa questo?”

“Siamo solo dei bambini” gli risposi “e poi si può sapere perché vuoi essere il mio fidanzato?” continuai riferendomi chiaramente alla domanda che mi aveva posto poco prima mentre correvamo per fuggire dagli altri.

“Perché così posso baciarti quando mi pare” mi rispose lui sorridendomi.

Lo guardai e non potei non ricambiare quel fantastico sorriso che mi aveva rifilato e così mi alzai sulla punta di piedi per arrivare alla sua altezza e alzai il viso per baciarlo. Lui comprese subito il mio gesto, si avvicinò sorridendomi e abbassò la testa per permettere alle nostre labbra si sfiorarsi mente mi teneva le mani ferme lungo il busto.

Fu un gesto semplice e naturale, qualcosa che durò pochissimi secondi perché non appena le nostre labbra si sfiorarono ci staccammo entrambi tornando a guardarci e a sorriderci.

Come se nulla fosse ci sedemmo sulla ghiaia e appoggiammo la schiena al tronco dell’albero e riprendemmo a parlare come se nulla fosse successo.

Eravamo solo due bambini che non ne sapevano nulla dell’amore, ma forse, proprio per questo, ci amavamo ancora di più del resto delle persone. Ci amavamo come possono amarsi i bambini, di un amore puro, vero, reale, un amore che nemmeno lo schifo del mondo poteva corrompere.

 

Tornai con la mente nel presente e notai che Edward mi stava ancora fissando in attesa di una mia risposta.

“Quanto vorrei che fosse così semplice” mi lasciai scappare.

“Le cose semplici non ci sono mai piaciute”.

“Forse, in questo caso, potrebbero iniziare a piacermi” gli rivelai convinta.

Lui mi guardò per qualche istante e poi dal mio sguardo comprese tutto perché si staccò allontanandosi di qualche passo.

Lo guardavo come si guarda qualcosa che si sa già che ci mancherà. Troppo bello per durare, per essere vero, troppo bello per diventare un’abitudine. Lo guardavo con gli occhi di un bagnante che alla fine dell’estate si sofferma a guardare il mare, quando le giornate sono ancora limpide, ma si sa che presto le nuvole prenderanno il sopravvento insieme alla noia e alla malinconia. Lo guardavo come una ragazzina che guarda i diciotto anni quando ancora ne ha quattordici sapendo, o comunque sperando, che raggiunto quel traguardo un po’ le cose sarebbero cambiate. Lo guardavo così e in quel momento le lacrime presero a inumidirmi gli occhi con il chiaro intento di bagnarmi le guance. Lo guardavo, forse, come facevo quando avevo quindici anni quando si divincolava tra una ragazza e l’altra e a me lui sembrava troppo bello per essere mio, troppo bello per amarmi, troppo bello per restarmi accanto nel modo in cui avrei voluto.

“Tu hai già deciso” mi disse “hai deciso che non ci meritiamo una seconda possibilità, non è vero?” mi domandò con quel briciolo di speranza che gli restava.

“Abbiamo avuto quattro anni per darci una seconda possibilità. Adesso non possiamo più averla”.

“Perché? Perché stai con un altro?”

“Tu non capisci, Edward” tentai di dire.

“Non capisco? Che cazzo non capisco, eh?” mi urlò arrabbiato “che cazzo c’è da capire?” continuò.

“Io non posso fargli questo. Jake non se lo merita. Mi è stato accanto senza chiedere nulla per tanto tempo e io a modo mio lo…” tentai di dire.

“No Bella, mi dispiace, ma non lascerò che tu lo dica perché questo non è amore e non ci si avvicina neppure di un poco. Questa è gratitudine. Tu sei grata a lui per averti aiutato, per aver provato a ricucire le ferite che io ti ho causato, ma sai che c’è? A quanto pare non c’è riuscito così bene e, forse, sono io l’unico che può rimediare. Solo io posso guarire quello che ho infettato” mi rivelò sincero come poche volte lo era stato e sinceramente non potevo dargli torto.

Aveva detto solo e soltanto la verità.

“Comunque sia io non ci riesco”.

“A fare cosa?”

“A fidarmi di te ancora. Lo vorrei tanto, ma qualcosa dentro di me, me lo impedisce” gli spiegai.

Edward prese una sigaretta e in religioso silenzio se la accese senza dire nulla, poi qualche istante più tardi riprese a parlare.

“Me ne andrò Bella” mi disse e a sentire pronunciare quelle parole il mio cuore sembrò spezzarsi di nuovo “ma prima che lo faccia devi guardarmi negli occhi e dirmi che una vita accanto a me non la vuoi, ma soprattutto che non provi più nulla” prese a dirmi “guardami e dimmi che non mi ami più perché se è così la mia presenza qui è del tutto fuori luogo” concluse avvicinandosi a me in modo che io non potessi divincolarmi.

Mi stava costringendo a guardarlo negli occhi e io non sapevo davvero cosa fare, motivo per cui me ne rimasi zitta.

“Sto aspettando che tu lo dica” mi informò.

Ci fu ancora silenzio e io non sembravo per nulla intenzionata a parlare. Non potevo mentirgli e soprattutto non potevo farlo guardandolo negli occhi.

“Bella…” mi richiamò lui.

Lo guardai ancora per qualche secondo, poi scoppiai.

“Smettila, Edward” gli urlai divincolandomi dalla sua presa “credi davvero che se non ti amassi mi farei così tanti problemi? Credi che se non ti amassi ci sarebbe confusione nella mia testa?” aggiunsi sfinita da quella conversazione “si, ti amo, ti amo come non ho mai amato in vita mia e l’unica cosa che vorrei è stare con te, ma non posso. Non posso correre rischi, non più” aggiunsi trattenendo a stento le lacrime.

Lui mi guardò soddisfatto che gli avessi confessato i miei sentimenti, poi riprese a parlare.

“Non puoi o non vuoi?” mi chiese “perché sarebbe diverso” aggiunse.

Rimasi in silenzio, poi mi avvicinai allo sgabello e mi lasciai cadere.

“Entrambi forse” mentii sperando che mi credesse e dovette farlo visto che cambiò radicalmente espressione.

“Bene” mi disse “è meglio che io vada” aggiunse prendendo le sigarette dal bancone e posandole nella tasca “ho già avuto le risposte che cercavo” continuò voltandomi le spalle.

Mi alzai di botto e lo afferrai per un polso.

“Edward…” lo chiamai facendolo girare nuovamente verso di me.

“Mi ami, ma non vuoi stare con me” mi disse “è chiaro che vogliamo cose diverse” aggiunse “almeno adesso andrò avanti senza avere rimpianti” mi rivelò riferendosi chiaramente al fatto che ci avesse provato fino alla fine di stare insieme.

“Mi dispiace” riuscii solamente a dirgli abbassando lo sguardo.

“Solo una cosa, prima che vado” prese a dire.

“Cosa?”

“Quella sera al locale a Monterey hai detto che ero stato l’errore più grande della tua vita. Lo pensi davvero?” mi domandò.

Sapevo di averlo ferito con quelle parole ed era giusto essere sincera adesso.
“Si, lo sei stato” gli risposi.

“Bene” aggiunse lui visibilmente ferito.
“Lo sei stato” ripetei “ma sei stato un errore che, tornando indietro, rifarei altre centinaia di volte” aggiunsi “perché oltre a questo sei stato il mio primo amore, il mio vero amore, il mio porto sicuro, la mia isola felice, il mio posto nel mondo. Tu sei stato la mia persona” gli rivelai sincera.

Lui mi guardò e mi bastò fissare quegli occhi per qualche istante prima che interrompessi le distanze e lo stringessi a me più forte che potei. Lui ricambiò subito la stretta e in quell’abbraccio mi sentii finalmente a casa come non mi succedeva da troppo tempo.

“Vorrei non doverti mandare via” gli dissi mentre lui mi stringeva ancora a sé “ma non ci riesco Edward, non me la posso permettere più la speranza di noi due insieme perché se le cose dovessero andare male io non c’è la farei a superarlo, non adesso” conclusi mentre calde lacrime scesero bagnandomi le guance e finendo dritte sulla maglietta di lui.

Edward se ne accorse e mi abbracciò ancora di più, poi mi diede un leggero bacio sulla testa.

“Mi dispiace Bella, mi dispiace davvero tanto” mi disse “non avrei mai voluto farti tutto il male che ti ho fatto” aggiunse “mi dispiace” ripetè nuovamente con fare sincero.

“Lo so” gli risposi stringendolo ancora un po’.

Qualche istante dopo ci staccammo e lui si avvicinò baciandomi a fiori di labbra e io, io semplicemente glielo lasciai fare.

Quando, qualche secondo dopo, si staccò mi sentii vuota e sola, come se con quel bacio si fosse portato via tutto quello che mi era rimasto dentro.

Mi voltò le spalle e si diresse verso la porta, ma prima di uscire lo richiamai.

“Edward?”

“Si”.

“In bocca al lupo per la corsa di domenica” gli dissi.

Lui mi guardò e mi sorrise.

“Crepi” mi rispose prima di voltarsi nuovamente ed uscire dalla porta.

Non gli diedi il tempo di chiuderla che mi scaraventai fuori giusto il tempo di vederlo entrare nell’ascensore e quando le portiere si chiusero compresi che se ne era andato e ciò che era peggio era che io stessa l’avevo mandato via, io che non ero stata forte abbastanza per sfidare la vita e lottare per quell’amore che sentivo ancora scorrere nelle mie vene con un’intensità assoluta.

 

 

 

 

 

Spoiler:

“Posso entrare?” le domandai bussando alla porta che lei aveva lasciato semiaperta.

“Certo” mi disse soltanto “scusami, non volevo disturbarvi” aggiunse poi con tono di voce più basso.

“Non ci hai disturbati. Stavamo solo guardando un film” le spiegai sincera.

Lei non mi rispose, si limitò solo a sorridermi.

“Se vai da Ben perché di là c’è Edward non farlo. È un vecchio amico che mi è venuto a trovare, tutto qui” tentai di dire.

“Resto da Ben perché stasera ha la casa libera, non perché il tuo vecchio amico è qui” mi spiegò lei marcando un po’ sulle parole che io stessa avevo utilizzato.

Angela…” tentai di dire non sapendo bene cosa dire in realtà.

“È lui, non è vero?” mi chiese con tatto facendo un cenno con la testa quasi come a confermarsi da sola quello che mi aveva appena chiesto.

Non era il tipo da fare domande troppo personali, ma forse aveva capito che c’era qualcosa che le stavo nascondendo, qualcosa di importante e nonostante non ci conoscessimo da tantissimo tempo ci volevamo bene e lei si stava solo preoccupando per me.

“Lui chi?”

“Edward è il tuo lui, non è così? Quello che ti ha lasciata e che ti ha spinto a venire a studiare qui a Seattle?” mi domandò “mi sto sbagliando?” aggiunse poco dopo.

Come diavolo aveva fatto a capirlo?

Lui…” tentai di dire.

“Ho trovato una foto vostra tempo fa” mi rivelò non facendomi finire di parlare.

“Cosa?” chiesi non capendo.

“Ti ricordi quando ti ho chiesto di prestarmi Via col Vento?” prese a dire e quando io annuii lei continuò “mi hai detto di prenderlo io stessa dalla mensola che avevi in camera tua. Quando ho preso il libro per sbaglio ho fatto cadere la copia di Cime Tempestose e da lì è caduta una foto in cui c’eravate tu ed Edward. Eravate seduti al tavolo di un locale e ridevate a chiunque vi avesse fatto quella foto. Ho notato che le vostre mani erano intrecciate e mi sono ricordata della storia del tuo ex di cui non vuoi mai parlare. Ho fatto due più due e poi lui è apparso qui” mi raccontò quasi mortificata per aver invaso involontariamente la mia privacy.

Restai stupita da quello che mi aveva appena raccontato, ma non tanto perché aveva scoperto della foto quanto per il fatto che non avesse minimamente accennato alla cosa in tutto quel tempo.

“È una storia complicata” tentai di dire non avendo intenzione di mentirle.

“Sicuramente lo sarà, altrimenti non avresti fatto tante storie prima di deciderti ad andare a quella corsa con Jake e gli altri”.

“Avevo paura di rivederlo”.
“Ma l’hai rivisto e adesso lui è di là. Edward Cullen è nel salone della nostra casa” mi fece notare quasi eccitata dall’idea.

“Vedi perché è così difficile parlare di lui? Edward non è solo il mio ex fidanzato, lui è anche un personaggio pubblico e non è facile dire al mondo che per me è solo il ragazzino che mi visto crescere o l’adolescente che mi ha fatto perdere la testa”.

 

 

…Sic58…

 

 

Per chi volesse seguirla ho in corso un’altra storia sempre con protagonisti Edward e Bella. Si intitola “This crazy love” e la trama è la seguente:

Isabella Swan è una ragazza di Seattle che conduce una vita normale finchè qualcosa non irrompe nella sua normalità sconvolgendo ogni cosa. È per questo che, insieme al fratello, decide di trasferirsi a New York dal padre per iniziare una nuova vita cercando di buttarsi alle spalle il suo passato. Qui conosce degli amici e sembra ritrovare un’apparente stabilità. 
È nella Grande Mela che incontra Edward Cullen, un ragazzo difficile dal passato oscuro. Lui è sexy, miliardario, irresponsabile, ribelle, irrispettoso delle regole e, a volte, perfino autodistruttivo. Un ragazzo cresciuto tra i motori, le donne e il sesso e che vive la sua vita in continua lotta con il mondo, sempre accompagnato dagli amici di una vita.
Bella ed Edward non potrebbero essere più diversi, eppure sullo scenario di una New York magica e caotica i due si incontrano, si scontrano e imparano a conoscersi, ma tanti ostacoli li attendono dietro l’angolo.
Lei lotta con le questioni irrisolte che ha lasciato a Seattle, mentre lui combatte ogni giorno con le scelte passate, tra tutte quelle di essersi allontanato inesorabilmente dalla sua famiglia.
Saranno in grado di scacciare via i fantasmi passati e aprirsi nuovamente, o per la prima volta, all’amore?

Vi lascio anche il mio contatto facebook nel caso qualcuno voglia contattarmi: https://www.facebook.com/sic.efp

Vi lascio inoltre anche il link della pagina facebook che ho creato dove troverete spoiler, anticipazioni e quanto altro sulla storia e dove risponderò a qualunque vostra domanda. La pagina è stata creata proprio per aggiornarvi sulle storie di mia invenzione e vi aggiornerò spesso e volentieri di ogni cosa. Specificherò sempre in alto di che storia si tratta, in modo che chi non segue le altre potrà comunque tenersi informato con questa. Il link è il seguente: https://www.facebook.com/pages/This-crazy-love/395351823906419?ref=ts&fref=ts

 

  
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