9.
Pov Bella
Scesi dalla
macchina controllando l’orologio. Erano le nove della sera e io ero
stanchissima dopo aver passato una giornata davvero frenetica al locale. Per
fortuna il mio turno era finito e avevo volentieri ceduto il mio posto agli
altri miei colleghi che si sarebbero sorbiti una lunga serata di lavoro visto
che, anche durante la settimana, c’era un sacco di gente che frequentava il “Blue Moon” visto e considerato che era anche un pub, quindi
molta gente, soprattutto ragazzi venivano a tarda serata per bere.
Ero davvero sfinita,
ma la colpa era un po’ anche mia visto che negli ultimi giorni mi ero quasi
auto costretta a distruggermi di lavoro pur di tenere lontani i pensieri.
Edward era e doveva restare un tabù. Non mi era neppure concesso ricordare
l’iniziale del suo nome ed era con questi pensieri che avevo trascorso
quell’ultima settimana e mezza.
Ovviamente
non avevo potuto evitare di guardare le prove e la gara nel circuito di Brno,
nella Repubblica Ceca, nel fine settimana perché, per quanto volessi tenerlo
lontano da me, era chiaro che non riuscissi a staccarmi del tutto da lui. Non
si era guadagnato la pole position in quel circuito, ma comunque la prima fila
partendo dalla terza casella. Il giorno dopo, comunque, aveva lottato in un
testa a testa con Caius e alla fine era riuscito a scamparlo vincendo la quarta
gara della stagione.
Questo fine
settimana, invece, si correva nuovamente in America, in Texas per la precisione
nel bellissimo circuito di Austin ed era una gara importante perché quel
week-end della stagione avrebbe chiuso, insieme al prossimo, la prima metà
della stagione.
Scacciai via
quei pensieri e mi diressi verso l’ingresso del palazzo dove ormai vivevo da
circa tre mesi. Avevo affittato un appartamento che condividevo con una ragazza
con la quale ero diventata molto amica. Angela era una ragazza solare, ma
riservata e a volte perfino timida, ma aveva un gran cuore ed avevamo legato
subito avendo tantissime cose in comune, specialmente l’amore per la lettura.
Presi
l’ascensore e quando arrivai al mio piano mi diressi verso l’appartamento
afferrando le chiavi dalla borsa. Aprii e subito richiusi la porta alle mie
spalle.
“Angela sono
tornata” urlai per farmi sentire “mi sono fermata al ristorante messicano qui
sotto e ho preso della roba. Muoviti altrimenti si fredda” aggiunsi dirigendomi
direttamente in cucina e appoggiando i sacchetti sul bancone.
La cucina di
casa era posizionata in uno spazio aperto con il salone, motivo per cui quando
alzai lo sguardo verso il divano restai pietrificata da quello che vidi e la
borsa che non avevo ancora posato mi cadde dalle mani.
Proprio di
fronte a me, comodamente seduto a guardare la tv c’era l’ultima persona che mi
aspettavo di vedere: Edward Cullen.
Che diavolo
ci faceva lui lì?
“Angela non
c’è” mi informò voltandosi a guardarmi “è uscita con un certo…”
tentò di fare mente locale “boh, non mi ricordo il nome” aggiunse come se fosse
normale che lui si trovasse lì.
Solo in quel
momento mi ricordai che era mercoledì sera e di solito in quel giorno della
settimana Angela usciva sempre a cena fuori con Ben, il suo fidanzato.
“Ben” dissi
“si chiama Ben. è il suo ragazzo”
gli spiegai “che diavolo ci fai tu qui?” domandai poi cercando di riprendermi.
Edward come
se nulla fosse spense la tv e si avvicinò alla cucina sedendosi in uno degli
sgabelli in modo che fossimo più vicini.
“Sono venuto per…” stava cercando di dire.
“Oddio se sei
qui significa che Angela ti ha visto” presi a dire accorgendomi solo in quel
momento dell’ovvietà “cazzo, cazzo, cazzo” imprecai tra me e me.
“Ok, fammi
capire” prese a dire “io sono qui e tu imprechi sul fatto che Angela mi abbia
visto?” mi domandò quasi deluso “si, mi ha visto e sinceramente non penso di
avere la lebbra, né tanto meno di essere così impresentabile da non potermi
fare vedere da qualcuno” aggiunse quasi infastidito.
Raccolsi la
borsa da terra e presi una birra dal frigo iniziando a berla come una
forsennata. Mi sentivo pazza, ma soprattutto credevo di essere finita dentro un
sogno. Edward non poteva essere qui.
“Dai,
ammettiamolo, non sei reale” dissi a me stessa “non puoi essere reale. Edward
non sarebbe mai venuto qui, non dopo quello che ci siamo detti l’ultima volta”
aggiunsi continuando a bere.
Alzai lo
sguardo per guardare lui e lo trovai che se la rideva di gusto. Si stava
praticamente prendendo gioco di me. Era assurdo.
Afferrò il
pacchetto di sigarette che aveva in tasca e me le lanciò.
“Credo te ne
serva una” mi disse nel frattempo.
Lo afferrai e
ne presi una accendendola e cominciando a ispirare il fumo e più ispiravo più
mi rendevo conto che era tutto vero e che lui era davvero lì.
“Ho bisogno
di sedermi” spiegai buttandomi a peso morto sullo sgabello “lì c’è il frigo
prenditi quello che vuoi e smettila di ridere gentilmente” conclusi.
Tra noi
funziona così. La nostra non era mai stata quel genere di relazione
tradizionale che la maggior parte delle persone avevano. Noi eravamo un caso a
parte.
Edward
continuò a ridere, ma non si alzò, anzi avvicinò il suo sgabello al mio
ritrovandoci praticamente a pochi centimetri di distanza.
“Perché sei
qui?” gli domandai sperando che non si avvicinasse troppo “pensavo che non ti
avrei più rivisto” aggiunsi.
“Hai smesso
di guardare la tv?” domandò scherzosamente.
“Non in quel
senso, idiota” gli risposi lasciandomi andare anche io ad un sorriso.
“Pensavo
anche io che non ti avrei più vista, non dopo la promessa che ti ho fatto” mi
rivelò tornando serio.
“Sbaglio o è
la prima volta che non mantieni la tua parola? Hai detto che, se quel giorno me
ne fossi andata, sarebbe stato come se non fossi mai esistita per te”.
“No, non
sbagli. È solo che non posso fingere che tu non sia mai esistita”.
“Perché sei
qui?” gli ripetei ancora una volta.
“Perché ti
rivoglio con me, a qualunque costo” mi rispose prendendo la mia mano nella sua.
“Edward…” tentai
di dire, ma lui non me lo permise.
“No, fammi
parlare” mi disse zittendomi “per quattro anni siamo stati lontani e tutto
sommato sono riuscito a fare una vita pressoché normale, ma l’ultima settimana
è stata un inferno per me. I due giorni che abbiamo passato insieme mi hanno
fatto capire che oggi non puoi non fare parte della mia vita perché io non la
voglio una vita di cui tu non fai parte ed è per questo che me ne sono
infischiato di quello che ti ho promesso, non mi importa niente: voglio solo che
tu mi voglia nella tua vita” continuò guardandomi intensamente negli occhi.
“Ne abbiamo
già parlato Edward”.
“No non ne
abbiamo già parlato” mi rispose scuotendo la testa “non me ne frega un cazzo di
quello che ci siamo detti. Io lo so che non sarà facile tra di noi, ma non mi
importa. Le cose facili non mi sono mai piaciute e nemmeno a te, lo sai meglio
di me” continuò.
Ci fu un
attimo di silenzio e io preferii restare zitta per paura di quello che avrei
potuto dire, poi alla fine mi decisi ad aprire la bocca, ma cambiai totalmente
argomento.
“Chi tra
tutti i ragazzi ti ha dato l’indirizzo di casa mia?” domandai.
Lui mi guardò
stranito che gli avessi chiesto qualcosa che non c’entrava nulla con quello che
mi aveva appena detto, ma poi scosse la testa e sorrise consapevole che anche
questo faceva parte di me. Io giravo e rigiravo un discorso senza usare nessun
senso logico.
“È anche per
questo che ti amo” mi rivelò “comunque sia è stata Vic” aggiunse come se non
avesse detto niente di importante qualche secondo prima.
Evitai di
dare peso alle sue prime parole e mi concentrai solo sulla mia amica.
“Non avrebbe
dovuto farlo”.
“Non avrebbe
voluto”.
“Ma l’ha
fatto”.
“So essere
molto persuasivo se voglio”.
“Cosa le hai
detto?” gli domandai conscia che dovesse aver per forza detto qualcosa di
importante per farselo rivelare.
“Niente in
più o in meno di quello che sto dicendo a te” mi rispose.
“Si, ma…”
“Ma cosa?” mi
chiese “anche lei è convinta che quella che abbiamo avuto è una seconda
possibilità che ci viene offerta e che non possiamo sprecarla” mi spiegò.
“E ad Angela?
Cosa hai detto a lei?” domandai ignorando le sue parole.
“Prima o dopo
che gli venisse quasi uno svenimento?” mi domandò scherzando.
Lo guardai e sorrisi
pensando alla possibile reazione di Angela nel ritrovarsi alla porta di casa
una persona che guardi in tv e pensi che non ci avrai mai nulla a che fare,
soprattutto se quella stessa persona è quella di cui il tuo ragazzo ti parla
costantemente come se fosse l’eroe del mondo intero.
“Gli sarà
preso un colpo” ci scherzai su.
“Più o meno.
Comunque le ho detto che cercavo te e che ero il fratello di una tua vecchia
amica di Portland” mi raccontò “la cosa strana è che mi ha fatto entrare senza
fare ulteriori domande” aggiunse.
“Beh, Angela
è fatta così. è molto discreta”
gli spiegai “e quanto pensi che ci abbia creduto?” domandai alla fine.
“Non lo so,
ma alla fine non ho detto una bugia. Alice è davvero la tua migliore amica, non
me lo sono inventato”.
“Certo che
sei un paraculo tu, eh”.
“Che vuoi
farci?” mi domandò quasi a prendermi in giro “certe cose non cambiano mai”.
Scoppiammo
entrambi a ridere e per un momento l’atmosfera parve distendersi e mi sentii
come avvolta da una nube di serenità. Stavo bene, dannatamente bene e sapevo
che era tutto merito di lui. Che io lo avessi ammesso o meno era stato chiaro
da sempre che Edward era la mia isola felice, lui era il mio posto nel mondo o,
forse, semplicemente lui era il mio mondo.
Stava per
dire qualcosa, ma non ne ebbe il tempo perché sentimmo suonare alla porta.
“Chi è?”
chiesi.
“Amore, sono
io” mi rispose l’inconfondibile voce di Jake.
Cazzo, ero
nei guai. Non poteva essere vero, doveva per forza trattarsi di un incubo.
Feci cenno a
Edward di stare zitto, poi ripresi a parlare.
“Un attimo
Jake” gli urlai per farmi sentire “arrivo” aggiunsi prendendo Edward e
spintonandolo verso la mia stanza.
“Quanta
fretta di portarmi in camera” ci scherzò lui come se la cosa non fosse tragica
“avevo intenzione di parlare, ma se proprio vuoi venire a letto con me non ci
sono problemi” continuò malizioso.
“Ti sembra il
momento di scherzare?” gli domandai retorica “sta fermo qui e non muoverti. Se
è possibile evita anche di respirare” continuai facendo per tornare di là.
Non riuscii a
fare pochi passi che lui mi bloccò attirandomi nuovamente a sé.
“Per quale
motivo me ne dovrei stare buono qui dentro?” mi domandò alzando un
sopracciglio.
“Edward
finiscila” gli risposi provando a divincolarmi.
“Potresti
sempre presentarci” ci scherzò su.
“Non è
divertente”.
“Oh, si che
lo è, invece. Dovresti guardare la tua faccia”.
“Non mi stai
aiutando facendo così”.
“Non ho mai
detto di volerlo fare”.
Stavo per
rispondergli, ma la voce di Jake arrivò di nuovo forte e chiara.
“Hai intenzione
di lasciarmi qui fuori tutta la sera?” mi domandò quello retorico.
“Arrivo” gli
urlai “lasciami andare, non fare il bambino” aggiunsi poi rivolgendomi a
Edward.
Lui si portò
l’indice sul mento come a riflettere sulla cosa.
“Beh, cosa si
guadagno io a starmene buono qui mentre tu vai di là da quello lì?” mi domandò
con una delle sue solite espressione maliziose.
“Mi faresti
un favore”.
“Non mi
basta”.
“Oddio
Edward, smettila” lo rimproverai “sembri un bambino” gli ribadì nuovamente
riuscendo a scrollarmi dalla sua presa.
Stavo per
allontanarmi, ma nuovamente lui mi catturò a sé.
“Smettil…” tentai di ribadire, ma non ne ebbi il tempo
perché mi ritrovai la bocca tappata dalla sua.
Mi stava
baciando nel suo solito modo semplice, ma coinvolgente, quel modo che usava
tutte le volte che io gli urlavo contro e lui, prontamente, mi zittiva in quel
modo. Mi stava baciando in attesa che anche io ci mettessi del mio perché,
probabilmente, non era sicuro di star facendo la cosa giusta, o quantomeno
qualcosa che avrei condiviso.
Provai a
cercare dentro di me quel barlume di ragione che mi facesse allontanare da lui,
ma non trovai assolutamente nulla. Fu per questo che praticamente mi ritrovai a
buttarmi addosso a lui posizionando le mie mani dietro il suo collo e tirandolo
ancora di più a me per i capelli. Lui ovviamente non si tirò indietro e notando
la mia reazione approfondì il bacio con un mezzo sorrisetto compiaciuto.
“Bella che
succede?” sentii urlare da Jake che ancora aspettava che gli aprisse la porta.
Fu in quel
preciso istante che mi staccai da Edward e lo guardai alzando un sopracciglio.
“Non
guardarmi così” mi disse lui ridendo soddisfatto “non sono mai stato uno che fa
niente per niente” aggiunse con espressione sghemba.
Era chiaro
che quel bacio fosse stato il suo “guadagno” nel restare chiuso lì dentro ed in
silenzio.
Lo guardai e
scossi la testa consapevole che non sarebbe mai cambiato, poi gli chiusi la
porta in faccia e mi diressi velocemente verso l’ingresso. Aprii la porta e mi
ritrovai il mio ragazzo proprio davanti agli occhi.
“Finalmente.
Credevo mi avresti lasciato qui fuori” mi disse spazientito entrando dentro.
“Scusa, ma…”
tentai di rispondergli.
“Perché ci
hai messo tanto ad aprire?”
“Stavo
andando a fare la doccia ed ero praticamente nuda. Mi sono rivestita prima di
aprirti la porta” provai a mentire.
“Beh non mi
sarebbe dispiaciuto se ti fossi presentata nuda” mi rispose malizioso.
“Idiota” gli
dissi ridendo.
“Allora, che
si fa?” mi domandò “quali sono i programmi per la serata?” continuò.
“Nessun
programma, Jake. Ho mal di testa e sono stanchissima per via del lavoro. Stavo
andando a fare la doccia e poi mi sarei messa a letto”.
“Così
presto?”
“Non mi reggo
in piedi”.
Jake si
guardò attorno e vide i sacchetti del ristorante messicano che erano appoggiati
al bancone.
“E quelli?”
mi chiese.
“Ero passata
al ristorante qui sotto per prendere qualcosa da mangiare, ma mi ero tolta
dalla testa che oggi è mercoledì e che, quindi, Angela avrebbe mangiato fuori
con Ben come al solito” gli risposi.
“Possiamo
mangiare noi quella roba, allora”.
“Ti fa schifo
il messicano” gli feci notare “e comunque sia io non ho fame. Ho solo voglia di
buttarmi a letto”.
“E io ti ci
butterei volentieri” mi disse malizioso.
Riuscivo a
capire che dietro quella sua battuta c’era dell’altro. Da quando eravamo
tornati dalla corsa non ci eravamo spinti oltre dei baci o delle coccole. Non
eravamo più andati a letto insieme e la cosa sembrava cominciare a pesargli.
Non sapevo perché lo scansavo quando provava a passare la soglia, ma quando lo
faceva non riuscivo a non immaginare Edward al suo posto e così lo scacciavo
via.
“Non stasera
Jake, davvero”.
“Mi stai
praticamente cacciando via, giusto?” mi domandò retorico.
“No, non ti
sto cacciando via. È solo che non mi sento bene. Ho solo bisogno di dormire un
po’. Se vuoi restare, puoi farlo, ma io mi metto a letto” gli dissi sperando
che alla fine non accettasse la cosa.
Non potevo
non dirglielo, altrimenti avrei rischiato che potesse anche scoprire che c’era
qualcosa che non quadrava. In fondo non era la prima volta che io me ne stavo a
letto e lui restava lì in casa mia.
“No
tranquilla amore, si vede che non ti senti bene. Ti lascio da sola. Ne
approfitto per passare da Paul, magari trascorro la serata tra una partita di
play e l’altra” mi rispose mentre io tirai un sospiro di sollievo.
“Divertiti,
allora” gli dissi.
Lui mi
sorrise e poi si diresse nuovamente verso la porta, ma prima di farlo vide il
pacchetto di sigarette sul bancone della cucina e si avvicinò.
“Ti dispiace
se te ne frego una?” mi domandò retorico “ho dimenticato di andarle a comprare.
Adesso vado” aggiunse.
Gli sorrisi e
ringraziai mentalmente il fatto che sia io che Edward fumassimo Marlboro rosse
altrimenti davvero avrei rischiato grosso visto che le sigarette sul bancone
erano di Edward. Le avevo posate io poco prima quando me ne aveva data una.
Jake nel
frattempo se ne accese una, conservandone un’altra nel taschino del giubbotto,
poi fece una faccia leggermente schifata.
“Non capisco
come fai a fumare questa roba” si lamentò “sono fortissime” aggiunse.
“E le tue
leggerissime” precisai.
In realtà non
è che le Merit fossero proprio leggere, ma a
confronto delle mie sembravano tali.
“Si certo,
come no” mi rispose “adesso vado. Ci sentiamo domattina” concluse.
“A domani”.
Si avvicinò e
mi baciò a fior di labbra, poi uscì di casa e io aspettai che entrasse
nell’ascensore prima di chiudere la porta alle mie spalle.
“Puoi uscire”
urlai per farmi sentire da Edward.
Qualche secondo
dopo lo vidi comparire in cucina con sguardo soddisfatto e compresi subito che
avesse quell’espressione per il bacio di poco prima.
“Hai
mangiato?” gli chiesi.
“No”.
“Hai fame?”
“Cos’hai qui
dentro?” mi domandò indicandomi i sacchetti.
“Cibo messicano.
Ci andavi pazzo”.
“Ci vado
pazzo” mi corresse “a te, invece, faceva schifo” aggiunse.
“Beh, adesso
non più così tanto”.
“Fammi
capire: hai iniziato a mangiare tutte quelle schifose salse piccanti? Non era
così che li definivi?” mi prese in giro.
“Lo sapevo
che lo avresti detto”.
“E la cosa ti
stupisce?”
“No, per
nulla. In fondo nessuno ti conosce meglio di me” mi lasciai scappare.
Lui mi
sorrise, poi si sedette nello sgabello.
“Avanti,
vediamo che hai comprato” mi disse indicandomi i sacchetti.
Uscii dalle
buste tutto quello che c’era e lo misi in tavola iniziando a mangiarlo insieme
a lui. Ci fu un attimo di silenzio, poi non sapendo come introdurre una
qualunque conversazione tirai fuori la prima cosa che mi venne in mente.
“Jake ti ha
fregato due sigarette” gli feci notare indicandogli il suo pacchetto a pochi
centimetri da lui.
“Jake mi ha
fregato la donna, che è diverso” mi corresse “chi se ne frega di due fottute
sigarette” aggiunse.
Lo guardai
comprendendo che il discorso era caduto proprio dove non volevo che cadesse, ma
in fondo non potevamo non parlare di quello. Non potevamo continuare a fingere
che tutto questo fosse normale.
“In realtà
non è proprio vero. Quando mi sono messa con lui noi non stavamo più insieme”.
Sentendo
quelle parole lui alzò gli occhi dal piatto e mi guardò alzando un
sopracciglio.
“Sai
perfettamente cosa intendo, non fare finta di non capire”.
“Non faccio
finta di nulla” gli feci notare “pensavi che ti avrei aspettato per sempre?”
continuai.
“No, ma…”
“Ma cosa? Che
altro dovevo fare? Sono andata avanti con la mia vita” gli dissi “lo hai fatto
anche tu. Li so leggere i giornali” aggiunsi riferendomi a tutte le relazioni
che gli avevano attribuito in quegli anni.
“Non ho mai
avuto nessuna relazione importante. Nulla che durasse più di qualche mese”.
“Non
importa”.
“Importa
invece” mi rispose “io mi sono solo divertito con qualche ragazza, tu, invece,
ti sei messa con uno e l’hai fatta diventare una cosa seria” aggiunse stizzito.
Abbassai lo
sguardo e ripresi a mangiare senza aggiungere nulla consapevole che tanto non
sarebbe servito.
“Non pensavo
saresti venuto” dissi tentando di cambiare discorso.
“Non lo
pensavo neanche io, non dopo quello che ti ho detto”.
“Ma sei qui”
gli risposi “non pensavo che riuscissi ad avere la meglio sul tuo orgoglio”
aggiunsi.
“L’orgoglio è
importante, ma a volte ti fa perdere di vista le cose importanti e rischia di
mandare a puttane quello di cui non puoi fare a meno”.
“Sono
contenta che finalmente tu l’abbia capito. è
quello che ho cercato di farti capire sempre”.
Lui mi
sorrise, poi prese a guardarmi intensamente e non so cosa lesse in me, ma
quando riprese a parlare il suo tono di voce era cambiato.
“Non hai
intenzione di darmi un’altra possibilità, non è vero?”
Quelle parole
furono peggio di una pugnalata al cuore, ma cercai di non darlo a vedere.
“È
complicato, Edward”.
“Cosa c’è di
complicato?”
“Tutta questa
storia. Noi due, Jake, i nostri mondi diversi, il nostro passato”.
“Nessuna
delle cose che hai nominato non può essere risolta”.
“Io…” tentai
di dire, ma lui mi interruppe.
“Lo so,
Bella. Tu vuoi delle certezze perché hai paura a lasciare quello che ti sei
costruita senza di me. Ed è questo il problema”.
“Quale?”
“Io non ho
certezze da darti. Non so quanto e se durerà, ma se non ci proviamo non lo
sapremo mai. Un motivo, però, ci vede essere se dopo tutti questi anni ci
vogliamo ancora così tanto”.
“Non ho mai
detto di volerti ancora” tentai di dire.
“Non serve
che tu lo dica. Lo vedo e lo sento”.
“Quando l’hai
sentito?”
“Quando mi
tocchi, quando mi baci e ancora di più quando abbiamo fatto l’amore”.
“È tutto così
strano”.
“Forse si,
forse lo è, ma bisogna capire solo cosa vuoi tu perché io lo so”.
“Non è così
facile”.
Ci fu un
attimo di silenzio in cui lui pensò bene di fissarmi intensamente per qualche
istante, poi riprese a parlare.
“Stare con te
è difficile perché tu sei una persona complicata, esigente, diversa e la cosa
più assurda è che tu lo sai, ma non ti interessa completamente. Tu non vuoi un
rapporto piatto e inutile, tu vuoi un rapporto in cui ci sia confronto,
conflitto anche. Tu sei quella che quando ti arrabbi ti metti ad urlare finchè
non ti finisce la voce, sei quella che mi mandava al diavolo anche cento volte
e in modi diversi e poi non ti scusavi neppure perché sapevi che non serviva.
Sei semplicemente quella che ha capito che bisogna vivere per come si vuole
senza facilitare niente a nessuno. Io lo so che sei così e per questo so quanto
sia difficile starti accanto, ma voglio farlo comunque” prese a dire “lui le sa
queste cose? Lui ti conosce così bene come ti conosco io? A lui basta guardarti
qualche secondo per capire cosa ti passa per la testa, cosa ti preoccupa?”
continuò guardandomi intensamente negli occhi.
“Edward…”
tentai di dire, ma lui mi interruppe.
“No, nessuno
ti conosce meglio di me, né ti conoscerà mai così. E lui è solo il mio
surrogato. Lo so io e soprattutto lo sai tu”.
“Smettila”
urlai sentendogli dire quelle cose “finiscila” aggiunsi.
Lui mi guardò
e poi scosse la testa.
“Ti fa male
la verità, non è vero?” mi domandò.
“Tu non sai
nulla” gli risposi “nulla” continuai alzandomi dallo sgabello e passandomi una
mano tra i capelli con espressione frustata.
Edward restò
in silenzio senza dire nulla, poi si alzò e mi venne vicino bloccando il mio
corpo tra il suo e il bancone della cucina.
“Tu non
capisci” gli dissi prima che lui riuscisse a dire qualcosa “nonostante tutti i
problemi che avevamo negli ultimi tempi io non avrei mai rinunciato a te, al
nostro amore” tentai di spiegargli.
Edward mi
sorrise debolmente, poi mi accarezzò dolcemente una guancia.
“Metti da
parte il passato per un po’” mi spiegò “pensa solo ad adesso e a quello che ti
sto dicendo ora” continuò “sono venuto qui fregandomene di quello che ti avevo
detto e l’ho fatto perché questi quattro anni sono serviti a farmi capire che
sei tu la persona che voglio vicino a me quando i miei sogni si realizzeranno e
sei tu quella che voglio vicino a me se questi stessi sogni dovrebbero
rivoltarsi contro di me. Io voglio te e tutti i problemi che vedi intorno a noi
sono risolvibili. Non sarà una passeggiata, lo sappiamo entrambi, ma stare
insieme è quello che abbiamo sempre voluto, fin da bambini, ricordi?” prese a
dirmi con assoluta convinzione sorridendomi pronunciando quelle ultime parole.
Avevo capito
subito a cosa si riferisse e subito un ricordo si impadronì di me.
Avevamo entrambi dieci anni e
passavamo un sacco di tempo insieme, tutto quello che ci era concesso. Stare in
compagnia degli altri era bello, ma pure a quella età io ed Edward sentivamo la
necessità di trascorrere del tempo da soli, del tempo solo per noi. E così,
all’improvviso, scomparivamo dal radar degli altri e ci nascondevamo per essere
lasciati in pace.
Succedeva spesso, un po’ troppo spesso
e per questo gli altri, specialmente Alice si infuriavano un sacco. Lei era
quella che voleva sempre avere tutto sotto controllo, fin da piccolissima, e il
fatto che io e suo fratello c’è la svignavamo di nascosto mentre giocavamo
tutti insieme non gli andava giù per nulla. Con il tempo mi resi conto che
questo suo sbuffare non era dovuto solo al fatto ci isolavamo dal resto della
compagnia, ma anche e soprattutto perché lei era tremendamente gelosa del
fratello e lo voleva sempre avere intorno.
“Rispondi alla mia domanda” mi disse
lui quando ci fermammo nascondendoci dietro un albero.
“No” gli risposi io “credi che ci
troveranno se restiamo qui?” domandai poi ignorando le sue parole.
“Non credo che Alice e Rose abbiamo
intenzione di correre così tanto fino ad arrivare qui”.
“Ma Vic potrebbe convincerle”.
“Vic farà quello che farà James”.
“Non è vero”.
“Lui gli piace” mi spiegò sicuro di
sé.
“Ha solo dieci anni”.
“E allora?” mi rimbeccò lui retorico
“adesso mi rispondi?” mi domandò poi spazientito.
Edward era sempre stato così. Era un
bambino energico, solare, ribelle, ma soprattutto voleva sempre avere tutto
sotto controllo. Lui dettava le regole e gli altri ubbidivano. Era così che
funzionava e non riusciva a darsi pace per il fatto che con me i suoi giochetti
non funzionassero. Io lo sfidavo continuamente e, forse, era proprio questo
strano legame che avevamo creato che ci rendeva così uniti. Indispensabili
l’uno all’altra.
“No” gli risposi nuovamente.
“No non vuoi rispondermi o no non vuoi
essere la mia fidanzata?” si impuntò lui.
“Edward Cullen ho solo dieci anni. Ho
tutta una vita davanti” gli feci notare assumendo un’espressione da donna
adulta, anche se mi risultava difficile non scoppiare a ridere.
“E che significa questo?”
“Siamo solo dei bambini” gli risposi
“e poi si può sapere perché vuoi essere il mio fidanzato?” continuai
riferendomi chiaramente alla domanda che mi aveva posto poco prima mentre
correvamo per fuggire dagli altri.
“Perché così posso baciarti quando mi
pare” mi rispose lui sorridendomi.
Lo guardai e non potei non ricambiare
quel fantastico sorriso che mi aveva rifilato e così mi alzai sulla punta di
piedi per arrivare alla sua altezza e alzai il viso per baciarlo. Lui comprese
subito il mio gesto, si avvicinò sorridendomi e abbassò la testa per permettere
alle nostre labbra si sfiorarsi mente mi teneva le mani ferme lungo il busto.
Fu un gesto semplice e naturale,
qualcosa che durò pochissimi secondi perché non appena le nostre labbra si
sfiorarono ci staccammo entrambi tornando a guardarci e a sorriderci.
Come se nulla fosse ci sedemmo sulla
ghiaia e appoggiammo la schiena al tronco dell’albero e riprendemmo a parlare
come se nulla fosse successo.
Eravamo solo due bambini che non ne
sapevano nulla dell’amore, ma forse, proprio per questo, ci amavamo ancora di
più del resto delle persone. Ci amavamo come possono amarsi i bambini, di un
amore puro, vero, reale, un amore che nemmeno lo schifo del mondo poteva
corrompere.
Tornai con la
mente nel presente e notai che Edward mi stava ancora fissando in attesa di una
mia risposta.
“Quanto
vorrei che fosse così semplice” mi lasciai scappare.
“Le cose
semplici non ci sono mai piaciute”.
“Forse, in
questo caso, potrebbero iniziare a piacermi” gli rivelai convinta.
Lui mi guardò
per qualche istante e poi dal mio sguardo comprese tutto perché si staccò
allontanandosi di qualche passo.
Lo guardavo
come si guarda qualcosa che si sa già che ci mancherà. Troppo bello per durare,
per essere vero, troppo bello per diventare un’abitudine. Lo guardavo con gli
occhi di un bagnante che alla fine dell’estate si sofferma a guardare il mare,
quando le giornate sono ancora limpide, ma si sa che presto le nuvole
prenderanno il sopravvento insieme alla noia e alla malinconia. Lo guardavo
come una ragazzina che guarda i diciotto anni quando ancora ne ha quattordici
sapendo, o comunque sperando, che raggiunto quel traguardo un po’ le cose
sarebbero cambiate. Lo guardavo così e in quel momento le lacrime presero a
inumidirmi gli occhi con il chiaro intento di bagnarmi le guance. Lo guardavo,
forse, come facevo quando avevo quindici anni quando si divincolava tra una
ragazza e l’altra e a me lui sembrava troppo bello per essere mio, troppo bello
per amarmi, troppo bello per restarmi accanto nel modo in cui avrei voluto.
“Tu hai già
deciso” mi disse “hai deciso che non ci meritiamo una seconda possibilità, non
è vero?” mi domandò con quel briciolo di speranza che gli restava.
“Abbiamo
avuto quattro anni per darci una seconda possibilità. Adesso non possiamo più
averla”.
“Perché?
Perché stai con un altro?”
“Tu non
capisci, Edward” tentai di dire.
“Non capisco?
Che cazzo non capisco, eh?” mi urlò arrabbiato “che cazzo c’è da capire?”
continuò.
“Io non posso
fargli questo. Jake non se lo merita. Mi è stato accanto senza chiedere nulla
per tanto tempo e io a modo mio lo…” tentai di dire.
“No Bella, mi
dispiace, ma non lascerò che tu lo dica perché questo non è amore e non ci si
avvicina neppure di un poco. Questa è gratitudine. Tu sei grata a lui per
averti aiutato, per aver provato a ricucire le ferite che io ti ho causato, ma
sai che c’è? A quanto pare non c’è riuscito così bene e, forse, sono io l’unico
che può rimediare. Solo io posso guarire quello che ho infettato” mi rivelò
sincero come poche volte lo era stato e sinceramente non potevo dargli torto.
Aveva detto
solo e soltanto la verità.
“Comunque sia
io non ci riesco”.
“A fare
cosa?”
“A fidarmi di
te ancora. Lo vorrei tanto, ma qualcosa dentro di me, me lo impedisce” gli
spiegai.
Edward prese
una sigaretta e in religioso silenzio se la accese senza dire nulla, poi
qualche istante più tardi riprese a parlare.
“Me ne andrò
Bella” mi disse e a sentire pronunciare quelle parole il mio cuore sembrò
spezzarsi di nuovo “ma prima che lo faccia devi guardarmi negli occhi e dirmi
che una vita accanto a me non la vuoi, ma soprattutto che non provi più nulla”
prese a dirmi “guardami e dimmi che non mi ami più perché se è così la mia
presenza qui è del tutto fuori luogo” concluse avvicinandosi a me in modo che
io non potessi divincolarmi.
Mi stava
costringendo a guardarlo negli occhi e io non sapevo davvero cosa fare, motivo
per cui me ne rimasi zitta.
“Sto
aspettando che tu lo dica” mi informò.
Ci fu ancora
silenzio e io non sembravo per nulla intenzionata a parlare. Non potevo
mentirgli e soprattutto non potevo farlo guardandolo negli occhi.
“Bella…” mi
richiamò lui.
Lo guardai
ancora per qualche secondo, poi scoppiai.
“Smettila,
Edward” gli urlai divincolandomi dalla sua presa “credi davvero che se non ti
amassi mi farei così tanti problemi? Credi che se non ti amassi ci sarebbe
confusione nella mia testa?” aggiunsi sfinita da quella conversazione “si, ti
amo, ti amo come non ho mai amato in vita mia e l’unica cosa che vorrei è stare
con te, ma non posso. Non posso correre rischi, non più” aggiunsi trattenendo a
stento le lacrime.
Lui mi guardò
soddisfatto che gli avessi confessato i miei sentimenti, poi riprese a parlare.
“Non puoi o
non vuoi?” mi chiese “perché sarebbe diverso” aggiunse.
Rimasi in
silenzio, poi mi avvicinai allo sgabello e mi lasciai cadere.
“Entrambi
forse” mentii sperando che mi credesse e dovette farlo visto che cambiò
radicalmente espressione.
“Bene” mi
disse “è meglio che io vada” aggiunse prendendo le sigarette dal bancone e
posandole nella tasca “ho già avuto le risposte che cercavo” continuò
voltandomi le spalle.
Mi alzai di
botto e lo afferrai per un polso.
“Edward…” lo
chiamai facendolo girare nuovamente verso di me.
“Mi ami, ma
non vuoi stare con me” mi disse “è chiaro che vogliamo cose diverse” aggiunse
“almeno adesso andrò avanti senza avere rimpianti” mi rivelò riferendosi
chiaramente al fatto che ci avesse provato fino alla fine di stare insieme.
“Mi dispiace”
riuscii solamente a dirgli abbassando lo sguardo.
“Solo una
cosa, prima che vado” prese a dire.
“Cosa?”
“Quella sera
al locale a Monterey hai detto che ero stato l’errore più grande della tua
vita. Lo pensi davvero?” mi domandò.
Sapevo di
averlo ferito con quelle parole ed era giusto essere sincera adesso.
“Si, lo sei stato” gli risposi.
“Bene”
aggiunse lui visibilmente ferito.
“Lo sei stato” ripetei “ma sei stato un errore che, tornando indietro, rifarei
altre centinaia di volte” aggiunsi “perché oltre a questo sei stato il mio primo
amore, il mio vero amore, il mio porto sicuro, la mia isola felice, il mio
posto nel mondo. Tu sei stato la mia persona” gli rivelai sincera.
Lui mi guardò
e mi bastò fissare quegli occhi per qualche istante prima che interrompessi le
distanze e lo stringessi a me più forte che potei. Lui ricambiò subito la
stretta e in quell’abbraccio mi sentii finalmente a casa come non mi succedeva
da troppo tempo.
“Vorrei non
doverti mandare via” gli dissi mentre lui mi stringeva ancora a sé “ma non ci
riesco Edward, non me la posso permettere più la speranza di noi due insieme
perché se le cose dovessero andare male io non c’è la farei a superarlo, non
adesso” conclusi mentre calde lacrime scesero bagnandomi le guance e finendo
dritte sulla maglietta di lui.
Edward se ne
accorse e mi abbracciò ancora di più, poi mi diede un leggero bacio sulla
testa.
“Mi dispiace
Bella, mi dispiace davvero tanto” mi disse “non avrei mai voluto farti tutto il
male che ti ho fatto” aggiunse “mi dispiace” ripetè
nuovamente con fare sincero.
“Lo so” gli
risposi stringendolo ancora un po’.
Qualche
istante dopo ci staccammo e lui si avvicinò baciandomi a fiori di labbra e io,
io semplicemente glielo lasciai fare.
Quando,
qualche secondo dopo, si staccò mi sentii vuota e sola, come se con quel bacio
si fosse portato via tutto quello che mi era rimasto dentro.
Mi voltò le
spalle e si diresse verso la porta, ma prima di uscire lo richiamai.
“Edward?”
“Si”.
“In bocca al
lupo per la corsa di domenica” gli dissi.
Lui mi guardò
e mi sorrise.
“Crepi” mi
rispose prima di voltarsi nuovamente ed uscire dalla porta.
Non gli diedi
il tempo di chiuderla che mi scaraventai fuori giusto il tempo di vederlo
entrare nell’ascensore e quando le portiere si chiusero compresi che se ne era
andato e ciò che era peggio era che io stessa l’avevo mandato via, io che non
ero stata forte abbastanza per sfidare la vita e lottare per quell’amore che
sentivo ancora scorrere nelle mie vene con un’intensità assoluta.
Spoiler:
“Posso
entrare?” le domandai bussando alla porta che lei aveva lasciato semiaperta.
“Certo”
mi disse soltanto “scusami, non volevo disturbarvi” aggiunse poi con tono di
voce più basso.
“Non
ci hai disturbati. Stavamo solo guardando un film” le spiegai sincera.
Lei
non mi rispose, si limitò solo a sorridermi.
“Se
vai da Ben perché di là c’è Edward non farlo. È un vecchio amico che mi è
venuto a trovare, tutto qui” tentai di dire.
“Resto
da Ben perché stasera ha la casa libera, non perché il tuo vecchio amico è qui” mi spiegò lei marcando un po’ sulle parole che
io stessa avevo utilizzato.
“Angela…” tentai di dire non sapendo bene cosa dire in
realtà.
“È
lui, non è vero?” mi chiese con tatto facendo un cenno con la testa quasi come
a confermarsi da sola quello che mi aveva appena chiesto.
Non
era il tipo da fare domande troppo personali, ma forse aveva capito che c’era
qualcosa che le stavo nascondendo, qualcosa di importante e nonostante non ci
conoscessimo da tantissimo tempo ci volevamo bene e lei si stava solo
preoccupando per me.
“Lui
chi?”
“Edward
è il tuo lui, non è così? Quello che ti ha lasciata e che ti ha spinto a venire
a studiare qui a Seattle?” mi domandò “mi sto sbagliando?” aggiunse poco dopo.
Come
diavolo aveva fatto a capirlo?
“Lui…” tentai di dire.
“Ho
trovato una foto vostra tempo fa” mi rivelò non facendomi finire di parlare.
“Cosa?”
chiesi non capendo.
“Ti
ricordi quando ti ho chiesto di prestarmi Via col Vento?” prese a dire e quando
io annuii lei continuò “mi hai detto di prenderlo io stessa dalla mensola che
avevi in camera tua. Quando ho preso il libro per sbaglio ho fatto cadere la
copia di Cime Tempestose e da lì è caduta una foto in cui c’eravate tu ed
Edward. Eravate seduti al tavolo di un locale e ridevate a chiunque vi avesse
fatto quella foto. Ho notato che le vostre mani erano intrecciate e mi sono
ricordata della storia del tuo ex di cui non vuoi mai parlare. Ho fatto due più
due e poi lui è apparso qui” mi raccontò quasi mortificata per aver invaso
involontariamente la mia privacy.
Restai
stupita da quello che mi aveva appena raccontato, ma non tanto perché aveva
scoperto della foto quanto per il fatto che non avesse minimamente accennato
alla cosa in tutto quel tempo.
“È
una storia complicata” tentai di dire non avendo intenzione di mentirle.
“Sicuramente
lo sarà, altrimenti non avresti fatto tante storie prima di deciderti ad andare
a quella corsa con Jake e gli altri”.
“Avevo
paura di rivederlo”.
“Ma l’hai rivisto e adesso lui è di là. Edward Cullen è nel salone della nostra
casa” mi fece notare quasi eccitata dall’idea.
“Vedi
perché è così difficile parlare di lui? Edward non è solo il mio ex fidanzato,
lui è anche un personaggio pubblico e non è facile dire al mondo che per me è
solo il ragazzino che mi visto crescere o l’adolescente che mi ha fatto perdere
la testa”.
…Sic58…
Per chi volesse seguirla ho in
corso un’altra storia sempre con protagonisti Edward e Bella. Si intitola “This crazy
love” e la trama è la seguente:
Isabella Swan è una ragazza di Seattle che conduce una vita
normale finchè qualcosa non irrompe nella sua normalità sconvolgendo ogni cosa.
È per questo che, insieme al fratello, decide di trasferirsi a New York dal
padre per iniziare una nuova vita cercando di buttarsi alle spalle il suo
passato. Qui conosce degli amici e sembra ritrovare un’apparente stabilità.
È nella Grande Mela
che incontra Edward Cullen, un ragazzo difficile dal passato oscuro. Lui è
sexy, miliardario, irresponsabile, ribelle, irrispettoso delle regole e, a
volte, perfino autodistruttivo. Un ragazzo cresciuto tra i motori, le donne e
il sesso e che vive la sua vita in continua lotta con il mondo, sempre
accompagnato dagli amici di una vita.
Bella ed Edward non
potrebbero essere più diversi, eppure sullo scenario di una New York magica e
caotica i due si incontrano, si scontrano e imparano a conoscersi, ma tanti
ostacoli li attendono dietro l’angolo.
Lei lotta con le
questioni irrisolte che ha lasciato a Seattle, mentre lui combatte ogni giorno
con le scelte passate, tra tutte quelle di essersi allontanato inesorabilmente
dalla sua famiglia.
Saranno in grado di
scacciare via i fantasmi passati e aprirsi nuovamente, o per la prima volta,
all’amore?
Vi lascio anche il mio contatto facebook nel caso qualcuno voglia contattarmi: https://www.facebook.com/sic.efp
Vi lascio inoltre anche il link della pagina
facebook che ho creato dove troverete spoiler, anticipazioni e quanto altro
sulla storia e dove risponderò a qualunque vostra domanda. La pagina è stata
creata proprio per aggiornarvi sulle storie di mia invenzione e vi aggiornerò
spesso e volentieri di ogni cosa. Specificherò sempre in alto di che storia si
tratta, in modo che chi non segue le altre potrà comunque tenersi informato con
questa. Il link è il seguente: https://www.facebook.com/pages/This-crazy-love/395351823906419?ref=ts&fref=ts