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Autore: Akilendra    10/01/2014    2 recensioni
Gli Hunger Games sono giochi senza un vincitore, ventitrè ragazzi perdono la vita, l'ultimo che rimane perde sè stesso in quell'arena, non c'è nulla da vincere, solo da perdere. Nell'arena si è soli, soli col proprio destino, Jenna però non è sola...
Cosa sei disposto a fare per non perdere te stesso? E se fossi costretto a rinunciare alla tua vita prima ancora di entrare nell'arena?
Gli Hunger Games saranno solo l'inizio...
(dal Capitolo 1):
"Un solo rumore e so che lei è qui...l'altra faccia della medaglia, il mio pezzo mancante, la mia immagine riflessa allo specchio, una copia così perfetta che forse potrebbe ingannare anche me, se non fosse che io sono la copia originale dalla quale è stata creata. Dopotutto sono uscita per prima dalla pancia di nostra madre, quindi io sono l'originale e lei la copia."
(dal Capitolo 29):
"'Che fai Jenna?'
Mi libero della menzogna.
'Che fai Jenna?'
Abbraccio la verità.
'Che fai Jenna?'
Mostro l'altra faccia della medaglia."
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Angoletto dell'autrice: Eccomi! Prima di tutto volevo ringraziare tantissimo imetjoshutcherson e Roberta Salvatore per le loro recensioni. Su questo capitolo non ho molto da dire, solo che è più corto degli altri e che getta le basi per il prossimo, che è stato un vero e proprio travaglio da scrivere! Spero che vi piaccia e che quindi vogliate lasciarmi una recensione piccina piccina, o magari non vi piace ed in quel caso a maggior ragione lasciate a questa poveraccia una recensione piccina picciò, piccola, minuscola, insignificante... per favoooreee *fa gli occhi dolci*
Ok, vi lascio al capitolo, buona lettura!









Pochi giorni dopo veniamo tutti trasportati al distretto 12, i cameramen vogliono fare qualche ripresa a Katniss e Gale mentre parlano della loro città distrutta. Attraversiamo il distretto, o quello che ne rimane in silenzio, questi luoghi un tempo erano casa loro, ora sono solo un ammasso di macerie. Quando raggiungiamo i boschi sento un tuffo al cuore, questi alberi sono sopravvissuti ai bombardamenti a differenza dei miei ridotti in cenere dal fuoco.
Penso che mi piaccia questo bosco, anche se ogni albero che guardo è una lama nel cuore, ogni albero che guardo mi ricorda casa mia, ma forse è proprio per questo che mi piace.
Anche Katniss ha molte lame nel cuore, glielo leggo negli occhi mentre intona le note di una vecchia canzone che le cantava sempre suo padre e perfino gli uccelli si zittiscono per ascoltarla; mentre parla della sua amicizia con Gale sulla sporgenza di roccia dove erano soliti incontrarsi; mentre davanti a ciò che rimane della casa di Peeta, gli manda un appello e ripete che non può esserci un cessate il fuoco.
 
La sera del giorno dopo veniamo tutti convocati al comando, il che non mi fa pensare a nulla di buono. Quando io e Sam entriamo la sala è affollata, con gioia noto che seduto vicino a Katniss c’è Finnick, sono contenta che finalmente gli abbiano permesso di partecipare alle riunioni.
-Eh così non ti reputano più mentalmente confuso – gli sussurro all’orecchio sendendomi vicino a lui e trascinandomi dietro Sam che si siede accanto a me dall’altro lato – Sembrerebbe di no. Oppure sono così disperati che hanno bisogno anche di un povero ragazzo confuso come me – scherza lui, mi concedo un piccolo sorriso – Sai perché siamo qui? – gli chiedo, un tempo lui sapeva tutto, chissà, forse non è cambiato poi tanto – Beete crede di aver trovato un modo per manipolare la programmazione su scala nazionale – risponde, Finnick sa sempre tutto.
Sullo schermo alzato sulla parete compare il sigillo di Capitol City seguito dallo squallido inno. Poco dopo appare Snow sul suo podio e vicino a lui, su una sedia rialzata siede un Peeta decisamente peggiorato dall’ultima volta che l’ho visto. Alla mia coda dell’occhio non sfugge la mano di Katniss stretta in quella di Finnick, l’ha notato anche lei. Peeta comincia a parlare irritato della necessità di un cessate il fuoco, elenca i disastri che ci sono stati nei vari distretti,ovviamente li atribuisce tutti ai ribelli, ho un sussulto quando nomina una diga squarciata nel 7. Poi all’improvvioso sullo schermo spezzoni di alcuni pass-pro realizzati in questi giorni dai ribelli si alternano alle immagini di Peeta e Snow: Beete è riuscito ad inserirsi nel sistema. Dopo vari tentativi alla fine ricompare il sigillo della capitale e Snow dice che le trasmissioni riprenderanno dopo, ma prima di chiudere chiede a Peeta se vuole rivolgere un addio a Katniss. Lui sembra fare uno sforzo immane quando inizia a parlare – Katniss…come credi che finirà? Che cosa credi rimarrà? Nessuno è al sicuro. Non a Capitol City. Non nei distretti. E tu…nel 13…- fa un brusco respiro, come se cercasse disperatamente di trovare aria. Ha occhi da pazzo - …sarai morta prima che faccia mattina! – dice. Subito dopo Snow ordina di chiudere le trasmissioni, ma lo schermo non si oscura abbastanza in fretta, le telecamere buttate a terra registrano le mattonelle bianche, si sente lo strisciare di stivali, l’impatto del colpo, il grido di dolore di Peeta e il suo sangue che schizza le mattonelle.
Nella sala esplode il panico. È Haymitch a zittire tutti e a chiamare l’attenzione su di sé, dice che la frase di Peeta è un chiaro avvertimento, che saremo attaccati, molti nella stanza sembrano titubanti – Voi non lo conoscete, noi sì. Faccia preparare la sua gente – dice alla Coin.
 
Così in poco tempo tutto il distretto 13 si trova ancora più nelle viscere della terra di quanto non sia normalmente. Mi sento mancare l’aria qui sotto, è ancora più opprimente del distretto stesso. Quando la prima bomba colpisce e viene seguita da un’esplosione che mi riecheggia nelle ossa, cambio decisamente idea, sarà opprimente quanto mi pare, ma se fossimo stati un po’ più su non so che fine avremmo fatto.
 
Stretta tra le braccia di Sam aspetto di sentirmi un po’ più al sicuro, ma non ci riesco, non sono le bombe, è un peso che sento all’altezza dello stomaco e che non riesco a levarmi. Quando mi rigiro nel letto per parlarne con Sam lo trovo addormentato, non ho il coraggio di svegliarlo, così mi libero dalle sue braccia cercando di non disturbare il suo sonno. Il pavimento di pietra scura del rifugio sotterraneo è freddo sotto i miei piedi nudi, le unità dove dorme la gente qui sotto mi sembrano tutte uguali, sono tutte uguali, non so se riuscirò a trovare Finnick. Poi lo vedo, lo raggiungo. È seduto a terra e stringe tra le mani il suo pezzo di corda, sto per sedermi vicino a lui, quando noto Katniss rannicchiata al suo fianco – Oh... non pensavo che fosse così affollato qui – dico, non voglio disturbare i loro discorsi, so che anche Katniss è molto amica di Finn. Faccio per andarmene ma lui mi trattiene per un braccio, batte il pavimento vicino a lui dalla parte in cui non è seduta Katniss ed io mi accascio là. Finnick fa un nodo al suo pezzo di corda e poi lo passa me, io faccio un nodo e poi passo a Katniss, anche lei fa un nodo e lo ripassa a Finnick. Continuiamo così finchè non c’è più spazio e allora sciogliamo i nodi e ricominciamo a farli da capo.
-Come fate a sopportarlo? – chiede all’improvviso Katniss, io scuoto la testa, Finnick la guarda, incredulo – Non ci riesco, Katniss! è ovvio che non ci riesco. Mi trascino fuori dai miei incubi ogni mattina e scopro che non c’è alcun sollievo nello svegliarsi - qualcosa nell'espressione di Katniss lo blocca - Farai meglio a non cedere a questa cosa. Rimettere insieme i pezzi richiede il dieci volte il tempo che serve per crollare - dice.
Lui lo sa bene.
Per un attimo Finnick scruta negli occhi di lei, poi guarda me, come per chiedermi il permesso di quello che sta per dire, permesso che gli concedo - Più riesci a distrarti e meglio è. Per prima cosa, domani ti procureremo una corda tutta per te. Sino ad allora, prendi la mia - dice porgendole il suo scacciapensieri.

Finita l'allerta ci viene permesso di ritornare 'sopra', per quanto si possa dire che sia sopra il distretto 13. Molte stanze ed ambienti sono rimasti danneggiati, ma l'efficenza di questo distretto sotterraneo è impareggiabile e ci vengono fornite nuove sistemazioni in un batter d'occhio.
Purtroppo però gli avvenimenti delle ultime ore hanno fatto più danni alle persone che agli edifici. Me ne rendo amaramente conto vedendo Katniss stringere i pugni, la vedo pallida e con gli occhi spalancati mentre cerca di trovare la forza di registrare un nuovo spot in cui mostra che è viva e che Snow non è riuscito con le sue bombe a scalfirla. In realtà c'è riuscito eccome. Ma non sono state le bombe, è stato guardare Peeta, vederlo in condizioni pietose mentre cercava di salvarle ancora una volta la vita. C'è riuscito, ancora una volta. Ormai Katniss ha capito che Snow lo sta usando. Lui è l'unico modo che ha per spezzarla.
In un attimo la vedo esplodere sotto i miei occhi, vedo riaffiorare la rabbia e riempirle gli occhi. Prima che possa accorgersene un ago è infilato nel suo collo e sprofonda nell'incoscienza. Poco dopo assisto con molta tristezza alla stessa scena, un altro ago viene infilato nel collo di Finnick e anche lui scivola nel sonno.
- Devo preparare un ago anche per te, dolcezza? - mi chiede Haymitch. Ma la mia rabbia inspiegabilmente non viene fuori e nessun ago si infila nel mio collo.

- Dobbiamo fare qualcosa! - la mia voce è implorante mentre mi rivolgo ad Haymitch, lui annuisce con aria mesta - La Coin ha ordinato una spedizione. Ci andiamo a riprendere i nostri vincitori... E tua sorella - mi dice cupo ed il mio cuore non può fare a meno di fare capriole. - Quando partiamo? - domando scossa da un tremito, lui mi guarda stralunato e scuote la testa con aria grave - Non c'è nessun 'noi', dolcezza. Loro non ci lasceranno andare. Hanno finto di non vedere la mia mano alzata quando mi sono offerto per la spedizione - mi risponde, mi sento andare a fuoco. - Non possono impedirmi di andare a riprendermi mia sorella! - urlo in preda al panico - Tu non capisci Haymitch, io devo essere là, io devo salvarla, non posso affidare la sua vita ad altri, l'ho già fatto in passato e guarda com'è andata... - farfuglio incapace di contenere le mille emozioni che mi ribollono dentro. All'improvviso qualcosa nel suo sguardo cambia - E invece capisco - bisbiglia a sorpresa Haymitch - Capisco eccome...ma non è questo il modo di comportarsi se vuoi convincerli a mandarti a Capitol City in missione. Devi essere imperturbabile, una roccia. Fagli vedere che non sei una ragazzina isterica sopraffatta dalle emozioni. Mostragli che prima di essere sua sorella, sei un soldato - le sue parole scavano dentro il mio petto e prima che possa anche solo elaborarle so che ha ragione. È esattamente quello che devo fare se voglio guadagnarmi un posto nella missione, è esattamente quello che farò.

È esattamente quello che faccio mentre mi siedo su un cumulo di macerie accanto a Finnick e gli tengo la mano mentre parla davanti alla telecamera - Il presidente Snow aveva l'abitudine di... vendermi... di vendere il mio corpo - inizia lui, con un tono di voce piatto, distante, come se gli orrori che sta per raccontare non lo riguardassero davvero. È esattamente quello che faccio. Sono imperturbabile, sono una roccia mentre comincio anch'io a parlare e le mie parole si intrecciano a quelle di Finnick come le mie dita nelle sue.
Il mio amico comincia a tessere un arazzo così ricco di dettagli che non si può dubitare della sua autenticità. Quando ha svelato i segreti di mezza Capitol City, comincia a snocciolare tutti i sotterfugi di potere con i quali Snow si è fatto strada nella politica. Quando smette di parlare nessuno per qualche minuto osa rompere il silenzio e la telecamera continua ad inquadrare i nostri volti senza che le nostre labbra si schiudano. Ad un tratto sono io a rompere il silenzio - Il mio nome è Jenna Wellington e non sono chi credevate che fossi -.

'Che fai Jenna?'
Mi libero della menzogna.
'Che fai Jenna?'
Abbraccio la verità.
'Che fai Jenna?'
Mostro l'altra faccia della medaglia.

Sento la mano di Finnick irrigidirsi nella mia e lo sguardo di Sam bruciarmi addosso, eppure quando incrocio i suoi occhi, le sue iridi azzurre sembrano voler incoraggiarmi a continuare.
- Io sono Jenna Wellington - ripeto, il mento alto e gli occhi fissi sul puntino rosso che segnala che la telecamera sta registrando - Quando il nome di mia sorella è stato estratto durante la mietitura dei 73esimi Hunger Games ho finto di essere lei e sono entrata nell'arena al suo posto - tutti gli occhi dei presenti sono incollati su di me - Quando ho vinto i giochi e sono tornata a casa, l'unica cosa che volevo era riprendermi la mia vita, ma non ho potuto fare neanche questo. Snow me l'ha impedito. Mi ha ricattata, ha minacciato di fare del male alle persone che amavo ed io ho dovuto continuare a vivere una vita che non era la mia - La mano di Finnick non stringe più la mia, è scivolata sulle sue gambe i suoi occhi sono fissi su di me.
- Ma non bastava. Mi ha esposta come fossi un trofeo, ha venduto il mio corpo, ha bruciato i boschi del mio distretto...ha rapito mia sorella facendo credere a tutti che fosse morta nell'incendio - la mia voce è chiara, nitida, non mossa dai tremiti, non interrotta dai singhiozzi. Sono imperturbabile, sono una roccia.
- In questo momento Anna Wellington è prigioniera del presidente Snow a Capitol City. C'è solo una cosa che vorrei dire al presidente... - mi fermo un attimo e faccio schioccare la lingua sul palato soddisfatta, le mie iridi color notte incatenate al puntino rosso. Sul mio viso si dipinge un sorriso sghembo, mi avvicino alla telecamera fin quasi a sfiorarla col naso - Hai visto? Mi sono ripresa la mia vita. E comunque vada a finire, non c'è niente che tu possa fare... Ho vinto. Ho mostrato a tutti l'altra faccia della medaglia -.

La telecamera non si è neppure spenta che io sono già dalla Coin a chiedere, anzi a pretendere, il mio posto nella missione. All'inizio non è facile, vuole tenermi qui, incatenata e al sicuro nella mia gabbietta dorata come gli altri vincitori. Ma io non sono come gli altri vincitori, io non ho intenzione di mollare. Io sono Jenna, mi sono ripresa la mia vita ed ora vado a riprendermi mia sorella.
Un'ora dopo sono su un hovercraft e sto viaggiando verso Capitol City.

L'hovercraft è enorme, ma desolato se si esclude il pilota. Sono sola, completamente sola.
O almeno credevo di esserlo, poi una chioma rossa spunta da una cabina, i suoi occhi di ghiaccio inchiodano i miei. Ci fissiamo per lunghi istanti, è immobile come una statua di cera, poi il suo viso si rilassa in un piccolo sorriso - Diana - la chiamo piano - Che ci fai qui? - chiedo, sento la testa improvvisamente pesante - Sono un soldato, Jenna, e questa è una missione a cui voglio partecipare - risponde semplicemente mentre afferra un biscotto dal vassoio e lo porta alla bocca. Ma ovviamente non ha risposto alla mia domanda. Perché partire ora? Perché con me? Poteva benissimo andare con gli altri volontari, ma non l'ha fatto.
Tuttavia decido che non è il momento di indagare sulle sue decisioni, la mia mente è occupata da ben altri pensieri. L'hovercraft scivola veloce sulle nuvole e prima ancora che possa rendermene conto la capitale si mostra ai nostri occhi.
- Quando scatterà la missione? - chiedo a Diana interrompendo il silenzio che aveva accompagnato il nostro viaggio - Tra un paio d'ore - dice guardando un aggeggio che ha al polso - Bene. Suppongo che dovremo salutarci qui, allora - dico guardando dappertutto tranne che nei suoi occhi. Corruga la fronte confusa - Raggiungi gli altri. C'è una missione da far partire, no? - le dico decisa - E tu? - mi chiede non proprio convinta - Io vado a far partire la mia, di missione...- rispondo - E non è la stessa? - è sempre più confusa -Non proprio... - rispondo evasiva. Diana si sfila l'aggeggio e me lo aggancia al polso - Un orologio? - chiedo riconoscendo l'oggetto - Non solo, è anche un...oh, non mi ricordo come diavolo si chiama ma puoi parlarci dentro. È collegato con l'hovercraft che verrà a riprenderci quando la missione sarà finita. Penso che serva di più a te...- mi spiega. Do uno sguardo all'orologio, ho sempre avuto un polso piccolo, infatti mi sta lento, spero di non perderlo - Grazie - sussurro e prima che possa dire qualsiasi altra cosa, sono già scesa sul tetto del centro di addestramento ormai abbandonato sul quale siamo atterrati. Cammino a passi decisi ed ormai sono lontana di qualche metro dall'hovercraft, quando la sua voce mi fa voltare indietro - Sii coraggiosa, Jenna - dice ed anche se non urla le sue parole mi arrivano lo stesso chiare.
E all'improvviso sento che voglio tornare indietro ad abbracciarla e lo faccio, perché ne ho tremendamente bisogno.
Sciolto l'abbraccio ognuna riprende la sua strada, lei raggiungerà gli altri, io andrò diretta nella residenza del presidente, so per certo che è là che troverò Anna.

Non è difficile orientarsi per le strade della capitale, scopro che conosco molto meglio di quanto credessi questi vicoli e in un tempo ragionevole arrivo in prossimità della grande e sfarzosa villa, mi nascondo in un edificio abbandonato e aspetto. È davvero molto vicino, deve essere stata l'abitazione del primo stratega, quando ancora ce n'era uno, o comunque di qualcuno di importante, è troppo vicina alla villa del presidente per essere un'abitazione qualsiasi. Sono dentro un armadio, l'anta leggermente aperta così da avere una piccola visuale della televisione appesa al muro, è vuoto se si escludono le stampelle giallo canarino al suo interno, è impensabile che addirittura le stampelle a Capitol City riescano ad essere eccentriche. Do un veloce sguardo all'orologio che mi ha dato Diana, sospiro attenta a non fare rumore, manca ancora un po', devo aspettare, è importante che io aspetti, è fondamentale, ma è così difficile aspettare!
Conto i miei respiri. Chiudo gli occhi.
Uno.
'Calmati'
Due.
'Farai la cosa giusta'
Tre.
'Sii coraggiosa, Jenna'
  
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